Tremonti: ecco la mia riforma fiscale
"Sistema con 5 imposte e 3 aliquote"Il ministro delle Finanze all'assemblea della Confartigianato punta il dito contro gli sprechi e rilancia la riduzione degli scaglioni per contrastare l'evasione: "Togliere le agevolazioni a chi ha il gippone". E poi l'invito alla classe politica a dare il buon esempio: "Meno aerei blu, più Alitalia"
ROMA - "Non si può fare la riforma fiscale in deficit, sarebbe una contraddizione rispetto all'impegno morale che tutti i governanti devono avere in questo periodo". Il ministro del Tesoro, Giulio Tremonti, intervenendo all'assemblea della Confartigianato, parla di riforma fiscale, ribadendo che il progetto c'è, ma bisogna trovare i soldi per finanziarlo tutelando i conti pubblici: "La parola data va mantenuta anche nel nostro interesse", ha detto, spiegando che "se vai a chiedere i soldi in giro, ti dicono dammi un segno che riduci il deficit, un segno della tua serietà ed è quello noi che stiamo facendo". L'equilibrio della finanza pubblica è "la prima condizione" da rispettare perché "scassare il bilancio pubblico è una strategia che non è nel bene della gente ed è il prodotto della irresponsabilità".
La crisi è ancora qui - "Tutti i fattori che hanno causato la crisi sono ancora in essere e questo aumenta i rischi di incertezza e instabilità", ha sottolineato Tremonti. "Siamo in una fase storica marcata da una grandissima discontinuità, la parola giusta che si usa è crisi: è finita un'età durata tanti anni, un'età basata sulla certezza e della stabilità. Poi è avvenuta una rottura di continuità, e adesso abbiamo tre tipologie di crisi: quella economica, quella geopolitica e quella scientifica".
Taglio
delle aliquote - Il titolare delle Finanze coglie l'occasione per precisare la sua idea di riforma fiscale. Un sistema più semplice, che prevede la riduzione degli scaglioni e possibilmente articolato su non più di ''cinque imposte'' in cui ''molti tributi minori possono essere concentrati''. "Credo siano giuste tre aliquote Irpef, le più basse possibili", dice, perché la base imponibile "deve essere la più larga, senza i regimi di favore, e le aliquote le più basse possibili sono il miglior investimento per ridurre l'evasione fiscale". Beninteso, ha specificato, "gli scaglioni e i calcoli vanno fatti secondo quanto riusciamo a tagliare per finanziare" la riforma.
La logica del prelievo, secondo Tremonti, dovrebbe essere modificata su dei principi base "figli e natalità, lavoro e giovani": "Credo vada combinata - spiega - l'etica delle intenzioni con l'etica della responsabilità"
Meno agevolazioni - Il ministro torna a puntare il dito contro gli sprechi e, recupero dell'evasione a parte, pensa a una riduzione mirata delle agevolazioni: "C'è un enorme bacino da cui derivare risorse per fare la riforma fiscale e correggere l'andamento della finanza pubblica - ha detto - . Nella spesa fiscale c'è un enorme catalogo di voci e regimi di favore, ci sono 471 voci di esenzioni che vangono in totale 150 miliardi in totale, si tratta di un magazzino da rivedere". Perché è "giusto dare assegni e benefici a chi ne ha bisogno. Ma non è giusto dare assegni a quelli che non hanno ragione di riceverli". Le agevolazioni, ha riassunto Tremonti, "vanno tolte a quelli che hanno il gippone".
I tagli della politica - Le risorse per fare la riforma fiscale devono arrivare in primis dai tagli ai costi della politica, ha ribadito Giulio Tremonti: "Come prima cosa - ha detto - è fondamentale che la classe politica dia un buon esempio; ci sono molti costi che devono essere ridotti, non conta quanti soldi valgono, conta che così puoi legittimarti nel disegno di un paese nuovo. Tutti gli incarichi politici e pubblici vanno remunerati come la media europea, basta limitarsi ai paesi dell'area euro. Questo è il presupposto fondamentale per cominciare a discutere di finanza pubblica". E quindi: "Meno aerei blu e più Alitalia".
Tremonti ha annunciato che domani i risultati tecnici sulla riforma verranno inviati al premier e ai ministri ed ha ribadito il suo sì alla detassazione sulle nuove attività produttive, precisando che però "ci vuole coraggio". A proposito della manovra, ha detto che non vi saranno correzioni sui conti pubblici per il 2011 e il 2012, ma solo "rifinanziamento delle spese obbligatorie"..
http://www.repubblica.it/economia/2011/ ... -17680601/
Riforma fiscale.
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io invece condivido più qualcosa di simile.....
Subito aliquote più basse senza pietà per chi evadedi Claudio Borghi - ilgiornale.it.
Tagliare le tasse senza perdere gettito? Si può e si deve. Ieri lo ha ricordato Vittorio Feltri con la solita franchezza citando le spese inutili, ma si può essere ancora più ambiziosi. Utopia? No, però occorre presentarsi davanti ai cittadini con una discontinuità credibile: un giorno zero delle tasse che possa essere visto come un vero patto tra il fisco e i contribuenti. Vediamo come.
Innanzitutto bisogna sgombrare pesantemente il campo dalla demagogia: ogni argomento o proposta di riforma che inizi dicendo che chi dichiara diecimila euro è povero e chi ne dichiara centomila è ricco non porterà da nessuna parte. Diciamo piuttosto che in media in Italia chi dichiara poco è un evasore e chi dichiara tanto è onesto: il primo va stanato il secondo va premiato. Ovvio che in mezzo agli evasori ci siano anche alcuni poveri veri: di loro parleremo dopo, ma per questa categoria di persone le tasse non sono il primo problema, necessitano di aiuti di altro tipo. Tutto ciò premesso, come tagliare pesantemente le aliquote per i contribuenti onesti senza perdere gettito? La soluzione c’è già ed è contenuta in una riforma che è già stata fatta in modo bipartisan e della quale si parla poco: si tratta della riforma delle esattorie avviata in modo lungimirante da Tremonti nel 2004 e integrata dal centrosinistra con alcuni provvedimenti sin troppo invasivi di ispezione dei conti correnti. Il risultato è che in tanti si stanno rendendo conto che il nuovo fisco informatizzato ti vede, eccome. La paletta della finanza che «censisce» le macchine di grossa cilindrata sta venendo vista da sempre più persone, così come stanno diventando normalità le ispezioni nei porti e la raccolta degli elenchi dei clienti di chi vende beni di lusso. Il tutto raccolto in database informatici. A questo punto le minacce di sanzioni per gli evasori potrebbero diventare per la prima volta credibili, invece delle solite grida manzoniane che finora non hanno mai fatto paura a nessuno.
Ecco quindi su cosa si dovrebbe fondare il nuovo patto fiscale: uno Stato che riduce di molto le sue pretese, anche tagliando fuor di demagogia le irrealistiche aliquote marginali, che oggi colpiscono solo pochissimi benefattori, ma che insieme a ciò si dichiara inflessibile con chi nonostante tutto continuerà a evadere, con pene esemplari e soprattutto per la prima volta con la credibilità di saper scovare chi fa il furbo. Basterebbe stabilire che le supersanzioni, anche penali e proporzionate alla cifra evasa, si applicheranno solo a partire dal momento in cui le aliquote verranno abbassate. Sarebbe opportuno anche coinvolgere nel patto la magistratura, chiedendo un particolare zelo e processi per direttissima ( tanto abbiamo visto che se vogliono sanno fare in fretta) per i futuri evasori pescati senza più giustificazione. È la ricetta svizzera: tasse percentualmente ragionevoli anche per i «ricchi» ma controllo inflessibile e tolleranza zero per chi fa il furbo. Un mix possibile solo se è credibile il timore di essere scoperti e puniti: oggi forse per la prima volta ciò è realizzabile anche in Italia. Il punto degli sgravi per gli indigenti è conseguente: finché non si ricostruisce la base imponibile corretta, applicarli sul reddito basso dichiarato non serve a nulla perché rischiano di andare a chi non li merita. Nel «nuovo patto» il sostegno ai poveri dovrebbe essere assai sostanzioso ma subordinato anch’esso a verifica dell’effettiva condizione di bisogno, una specie di schema a specchio dove le ispezioni si accertino che il ricco paghi il giusto e che gli aiuti finiscano a chi davvero li necessita.
Subito aliquote più basse senza pietà per chi evadedi Claudio Borghi - ilgiornale.it.
Tagliare le tasse senza perdere gettito? Si può e si deve. Ieri lo ha ricordato Vittorio Feltri con la solita franchezza citando le spese inutili, ma si può essere ancora più ambiziosi. Utopia? No, però occorre presentarsi davanti ai cittadini con una discontinuità credibile: un giorno zero delle tasse che possa essere visto come un vero patto tra il fisco e i contribuenti. Vediamo come.
Innanzitutto bisogna sgombrare pesantemente il campo dalla demagogia: ogni argomento o proposta di riforma che inizi dicendo che chi dichiara diecimila euro è povero e chi ne dichiara centomila è ricco non porterà da nessuna parte. Diciamo piuttosto che in media in Italia chi dichiara poco è un evasore e chi dichiara tanto è onesto: il primo va stanato il secondo va premiato. Ovvio che in mezzo agli evasori ci siano anche alcuni poveri veri: di loro parleremo dopo, ma per questa categoria di persone le tasse non sono il primo problema, necessitano di aiuti di altro tipo. Tutto ciò premesso, come tagliare pesantemente le aliquote per i contribuenti onesti senza perdere gettito? La soluzione c’è già ed è contenuta in una riforma che è già stata fatta in modo bipartisan e della quale si parla poco: si tratta della riforma delle esattorie avviata in modo lungimirante da Tremonti nel 2004 e integrata dal centrosinistra con alcuni provvedimenti sin troppo invasivi di ispezione dei conti correnti. Il risultato è che in tanti si stanno rendendo conto che il nuovo fisco informatizzato ti vede, eccome. La paletta della finanza che «censisce» le macchine di grossa cilindrata sta venendo vista da sempre più persone, così come stanno diventando normalità le ispezioni nei porti e la raccolta degli elenchi dei clienti di chi vende beni di lusso. Il tutto raccolto in database informatici. A questo punto le minacce di sanzioni per gli evasori potrebbero diventare per la prima volta credibili, invece delle solite grida manzoniane che finora non hanno mai fatto paura a nessuno.
Ecco quindi su cosa si dovrebbe fondare il nuovo patto fiscale: uno Stato che riduce di molto le sue pretese, anche tagliando fuor di demagogia le irrealistiche aliquote marginali, che oggi colpiscono solo pochissimi benefattori, ma che insieme a ciò si dichiara inflessibile con chi nonostante tutto continuerà a evadere, con pene esemplari e soprattutto per la prima volta con la credibilità di saper scovare chi fa il furbo. Basterebbe stabilire che le supersanzioni, anche penali e proporzionate alla cifra evasa, si applicheranno solo a partire dal momento in cui le aliquote verranno abbassate. Sarebbe opportuno anche coinvolgere nel patto la magistratura, chiedendo un particolare zelo e processi per direttissima ( tanto abbiamo visto che se vogliono sanno fare in fretta) per i futuri evasori pescati senza più giustificazione. È la ricetta svizzera: tasse percentualmente ragionevoli anche per i «ricchi» ma controllo inflessibile e tolleranza zero per chi fa il furbo. Un mix possibile solo se è credibile il timore di essere scoperti e puniti: oggi forse per la prima volta ciò è realizzabile anche in Italia. Il punto degli sgravi per gli indigenti è conseguente: finché non si ricostruisce la base imponibile corretta, applicarli sul reddito basso dichiarato non serve a nulla perché rischiano di andare a chi non li merita. Nel «nuovo patto» il sostegno ai poveri dovrebbe essere assai sostanzioso ma subordinato anch’esso a verifica dell’effettiva condizione di bisogno, una specie di schema a specchio dove le ispezioni si accertino che il ricco paghi il giusto e che gli aiuti finiscano a chi davvero li necessita.
Have a Nice Day
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- Non c'è nenti!
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- Iscritto il: 11/05/2011, 16:55
Da quel poco che si è letto e dal tanto che si è visto
il ceto alto sarà contento
il ceto medio continuerà a piangere
e il ceto basso...ha fnito le lacrime
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il ceto medio continuerà a piangere
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La speranza appartiene ai figli.
Noi adulti abbiamo già sperato e quasi sempre perso.
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