Roccaforte, feudo di 'ndrangheta
Inviato: 31/05/2013, 10:16
Roccaforte, feudo di 'ndrangheta
Il paese dove è proibito votare
ROCCAFORTE DEL GRECO (Reggio Calabria) - Ci sono solo vecchi che salgono cauti e bambini che corrono troppo a Vunì, il paese che dorme, e che ha chiuso allo Stato.
Sono gli stessi abitanti, 545 cristiani in tutto, oltre a una cinquantina tra pecore, capre e maiali, che tra qualche giorno saluteranno a distanza il commissario che la Prefettura di Reggio Calabria avrà inviato quassù per la quinta volta in 17 anni. Elezioni nulle a Roccaforte del Greco, a mille metri sull'Aspromonte. Hanno votato solo in 54 su 522, alle recenti amministrative. Quorum bloccato sul 10 per cento. E il candidato sindaco era solo uno, un trentenne della Fiamma Tricolore, Giuseppe Minnella. Il commissario resterà in carica 18 mesi, poi si andrà di nuovo alle (odiate) urne. Comune vuoto, di nuovo, dopo tre scioglimenti per infiltrazioni di 'ndrangheta. Stavolta, per astensione vendicativa.
"Ma se non votano a Roma è normale sfiducia, e qui invece diventa un ordine di mafia?", ti sfotte qualche testa più accesa al bar di via Roma, ritrovo per soli uomini, quasi tutti operai del vecchio carrozzone dei forestali dell'Afor, facce cotte di sole e ventri gonfi di bevute. Poco più a valle, nella chiesa dello Spirito Santo, la Provvidenza compensa con brutti scherzi: ha mandato un prete-ragazzino, don Armando Turoni, 29 anni, al volante di una Qashqai. È il parroco che fa su e giù anche con la neve, si batte quando un medico non arriva, quando l'acqua la staccano "anche in estate e non si sa perché", o quando hanno chiuso l'asilo e lui ha fatto entrare bimbi di 4 anni al catechismo, a fare "Gioca e colora con la Bibbia". "La gente da queste parti è stata lasciata sola. Restano tanti posti da riqualificare, ma il paese sta finendo. Eppure io qui sto bene, ho sempre chiesto al Signore di mandarmi in un posto dove si è utili, la città mi stanca". Don Armando è riuscito a non arrabbiarsi neanche quando sei di quelli "che corrono troppo", di fronte al diniego di usare l'oratorio di sera, hanno scavalcato, rotto i vetri e preso possesso.
Eccola Roccaforte. Vunì, Roccia in lingua grecanica - il nome antico e secco con cui gli anziani riconoscono questo luogo - ha dettato ancora la sua legge? "Non potendosi più scegliere uno dei loro, non hanno scelto", analizzano gli inquirenti. Replicano loro: "Non potevamo votarlo, quello. Siamo sempre stati di sinistra, qui". Già: qui, dove si porta il lutto di agguati feroci e si campava senza pagare tasse. Dove negli anni Novanta si scatenò la terribile faida di Roghudi, quasi 50 morti tra il clan Zavettieri e quello dei Pangallo-Maesano-Favasuli. Dove una notte affondarono il tetto di una casa con una bomba di 'ndrangheta solo per stanare Antonino "Chiumbino" Pangallo, ma colpirono il fratello e accecarono sua madre. E tutto quel sangue - saldato alla fine dalla mediazione dell'astutissimo Peppe Morabito, il boss "Tiradrittu" - per colpa della mancata elezione di uno 'ndranghetista come dodicesimo consigliere comunale a Roccaforte. Era il giugno '92. Ventun anni dopo, il divorzio tra loro e lo Stato è compiuto.
http://www.repubblica.it/cronaca/2013/0 ... ef=HREC1-2
Il paese dove è proibito votare
ROCCAFORTE DEL GRECO (Reggio Calabria) - Ci sono solo vecchi che salgono cauti e bambini che corrono troppo a Vunì, il paese che dorme, e che ha chiuso allo Stato.
Sono gli stessi abitanti, 545 cristiani in tutto, oltre a una cinquantina tra pecore, capre e maiali, che tra qualche giorno saluteranno a distanza il commissario che la Prefettura di Reggio Calabria avrà inviato quassù per la quinta volta in 17 anni. Elezioni nulle a Roccaforte del Greco, a mille metri sull'Aspromonte. Hanno votato solo in 54 su 522, alle recenti amministrative. Quorum bloccato sul 10 per cento. E il candidato sindaco era solo uno, un trentenne della Fiamma Tricolore, Giuseppe Minnella. Il commissario resterà in carica 18 mesi, poi si andrà di nuovo alle (odiate) urne. Comune vuoto, di nuovo, dopo tre scioglimenti per infiltrazioni di 'ndrangheta. Stavolta, per astensione vendicativa.
"Ma se non votano a Roma è normale sfiducia, e qui invece diventa un ordine di mafia?", ti sfotte qualche testa più accesa al bar di via Roma, ritrovo per soli uomini, quasi tutti operai del vecchio carrozzone dei forestali dell'Afor, facce cotte di sole e ventri gonfi di bevute. Poco più a valle, nella chiesa dello Spirito Santo, la Provvidenza compensa con brutti scherzi: ha mandato un prete-ragazzino, don Armando Turoni, 29 anni, al volante di una Qashqai. È il parroco che fa su e giù anche con la neve, si batte quando un medico non arriva, quando l'acqua la staccano "anche in estate e non si sa perché", o quando hanno chiuso l'asilo e lui ha fatto entrare bimbi di 4 anni al catechismo, a fare "Gioca e colora con la Bibbia". "La gente da queste parti è stata lasciata sola. Restano tanti posti da riqualificare, ma il paese sta finendo. Eppure io qui sto bene, ho sempre chiesto al Signore di mandarmi in un posto dove si è utili, la città mi stanca". Don Armando è riuscito a non arrabbiarsi neanche quando sei di quelli "che corrono troppo", di fronte al diniego di usare l'oratorio di sera, hanno scavalcato, rotto i vetri e preso possesso.
Eccola Roccaforte. Vunì, Roccia in lingua grecanica - il nome antico e secco con cui gli anziani riconoscono questo luogo - ha dettato ancora la sua legge? "Non potendosi più scegliere uno dei loro, non hanno scelto", analizzano gli inquirenti. Replicano loro: "Non potevamo votarlo, quello. Siamo sempre stati di sinistra, qui". Già: qui, dove si porta il lutto di agguati feroci e si campava senza pagare tasse. Dove negli anni Novanta si scatenò la terribile faida di Roghudi, quasi 50 morti tra il clan Zavettieri e quello dei Pangallo-Maesano-Favasuli. Dove una notte affondarono il tetto di una casa con una bomba di 'ndrangheta solo per stanare Antonino "Chiumbino" Pangallo, ma colpirono il fratello e accecarono sua madre. E tutto quel sangue - saldato alla fine dalla mediazione dell'astutissimo Peppe Morabito, il boss "Tiradrittu" - per colpa della mancata elezione di uno 'ndranghetista come dodicesimo consigliere comunale a Roccaforte. Era il giugno '92. Ventun anni dopo, il divorzio tra loro e lo Stato è compiuto.
http://www.repubblica.it/cronaca/2013/0 ... ef=HREC1-2