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C'erano le mani della storica cosca Fontana di Archi sulla Leonia. La ndrina si era fatta strada all'interno della società mista del Comune di Reggio Calabria che si occupa dello smaltimento dei rifiuti, grazie a un proprio uomo, una testa di ponte messa a governo della stessa società, e da lì per anni ha continuato a gestire quello che gli inquirenti non hanno timore a definire "il controllo strutturale delle imprese impegnate nello specifico settore della raccolta dei rifiuti, tra le quali la società mista "pubblico-privata" LEONIA S.p.A., partecipata al 51% delle azioni dal Comune di Reggio Calabria". Una colonizzazione sottolineano i magistrati portata avanti dai vertici decisionali della 'ndrina e dai loro compiacenti prestanome, il cui risultato era "un pervasivo potere di condizionamento e controllo di tipo mafioso sul "Comparto Ambientale" o "Comparto rifiuti" di Reggio Calabria".
Ed è con le accuse di associazione a delinquere di stampo mafioso all'intestazione fittizia dei beni, dalla turbativa d'asta alla sovrafatturazione , che sono finiti in manette il capocosca Giovanni Fontana, i suoi quattro figli Antonino, Francesco Carmelo, Giuseppe Carmelo e Giandomenico, il direttore della società partecipata e due donne, Eufemia Maria Sinicropi e Giuseppina Maria Grazia Surace, rispettivamente mogli di Antonino e Giuseppe Carmelo Fontana.
Secondo la ricostruzione dei magistrati della Dda di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo e Michele Prestipino Giarritta. i boss con l'accordo di De Caria, accusato di essere parte integrante della cosca, truccavano gli appalti e gestivano l'intero comparto della manutenzione dei compattatori.
Un'inchiesta che parte da lontano, risultato di due distinte indagini svolte dalla Squadra Mobile della Questura di Reggio Calabria negli anni 2000-2006 e, successivamente, dal G.i.c.o. della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, mirata all'aggressione del patrimonio societario, mobiliare ed immobiliare della 'ndrina dei Fontana,arrivata a insinuarsi nello specifico settore produttivo e redditizio dei rifiuti.
Già nell lontano 2001, gli inquirenti erano stati in grado di documentare l'inserimento della ndrina nel quadro delle "spartizioni" mafiose, nel ricco e lucroso comparto ambientale, attraverso la SEMAC S.r.l., società alla quale era ed è affidata la "manutenzione dei mezzi meccanici" della società mista pubblico-privata LEONIA S.p.A.
Proprio il controllo del lucroso comparto della "manutenzione dei mezzi meccanici" della società mista pubblico-privata LEONIA S.p.A. ha assicurato alla 'cosca un costante flusso di denaro pubblico che – hanno confermato i collaboratori di Giustizia - era diventato un "fondo cassa" a disposizione delle più potenti cosche mafiose reggine.
Una "rimessa di denaro contante" proveniente dall'acquisto sovrastimato di pezzi di ricambio e componenti meccanici dei mezzi utilizzati nel "Comparto rifiuti" che, grazie ad un ben collaudato sistema di "fatture gonfiate", venivano sostituiti dalla SEMAC S.r.l. con assoluta facilità e senza una preventiva autorizzazione del cliente, ovvero della LEONIA S.p.A., registrando altissimi costi aziendali che, una volta sottratti all'erario statale, erano da destinare al pagamento delle tangenti in favore delle 'ndrine di Reggio Calabria, per il tramite del "direttore operativo" Bruno De Caria.
Le intercettazioni hanno offerto, inoltre, pieno risconto a quanto riferito dai collaboratori di Giustizia Nino Lo Giudice, Roberto Moio e Consolato Villani che, in più occasioni nel corso degli interrogatori con magistrati della Dda reggina, hanno riferito di essere al corrente del sistema di "fatture gonfiate" utilizzato dalle cosche di ndrangheta nella Leonia. Ma soprattutto, i collaboratori hanno raccontato come la società sia stata al centro di un passaggio storico di "consegne" che ha segnato la fine del "governo" della cosca FONTANA con il subentro del "triumvirato" formato dalle famiglie De Stefano, Tegano E Condello.
Secondo quanto riferito da Nino Lo Giudice e da Consolato Villani, per "volere" di Pasquale CONDELLO, Giovanni Fontana e la sua cosca non dovevano "prendere niente" poiché aveva già avuto la "manutenzione della Leonia" e nonostante ciò "non dava conto a nessuno" motivo per cui, a seguito di una riunione tra lo stesso Pasquale Condello, Giuseppe De Stefano e Giovanni Tegano si era deciso di agire nei confronti di Giovanni Fontana ponendo in essere alcuni atti intimidatori ai danni degli auto compattatori della società.
Affermazioni che hanno trovato riscontro negli atti intimidatori perpetrati, il 9, il 13 ed il 16 gennaio 2008, effettuati con colpi d'arma da fuoco e fucile ai danni di mezzi della società. società miste pubblico-private", come la Leonia o qualche tempo fa la Multiservizi, hanno rappresentato la "nuova frontiera" dei rapporti tra le cosche mafiose ed il tessuto economico e sociale.
"si può ritenere – afferma il Gip - senza tema di smentite, come le società miste hanno rappresentato uno dei poli di attenzione della 'ndrangheta, finendo con il rivelarsi strumento (l'ennesimo) mediante il quale la criminalità organizzata ha infiltrato (sarebbe meglio, forse, dire l'ha fatta propria) l'economia cittadina. Con la prima aggravante che ciò è avvenuto in un settore, come quello dei servizi pubblici, destinato alla collettività e con l'ulteriore rappresentata dall'incapacità (a voler essere ottimisti) del socio di maggioranza (n.d.r. Comune di Reggio Calabria detentore dl 51% delle azioni della LEONIA S,.p.A.) di controllare, nel corso degli anni, cosa accadesse in seno alla società mista".
Parole pesantissime che testimoniano non solo la capacità della ndrangheta di penetrare ogni settore dell'economia, ma anche la sostanziale assenza di controllo di cui tale penetrazione può beneficiare. Una strategia di successo che dipende, anche e soprattutto, dall'apporto collusivo della cosiddetta "area grigia", che - sottolineano gli inquirenti – in questo caso è costituita dalla "struttura manageriale della società mista in stretto raccordo e sinergia con i vertici del clan Fontana".
Oltre agli arresti di questa mattina, i militari della Guardia di Finanza hanno proceduto al sequestro di beni mobili, immobili e società facenti capo agli arresti per un totale di 32 milioni di euro. Tra i beni sequestrati, la parte privata (pari al 49% delle quote societarie) della LEONIA S.p.A., società mista "pubblico-privata", attiva nel "Comparto rifiuti", il ptrimonio aziendale della ditta individuale "FONTANA Giuseppe Carmelo"4, esercente l'attività di commercio al dettaglio di carburante per autotrazione ivi compresi i beni intestati al titolare, Capitale sociale, quote societarie ed intero patrimonio aziendale della ditta "ITALSERVICE S.r.l."5, esercente "l'attività di commercio al dettaglio di carburante per autotrazione", titolare di nr. 4 distributori della Q8 e dell'Eni, icapitale sociale, quote societarie ed intero patrimonio aziendale della ditta S.I.C.E. Società immobiliare costruzioni edilizia S.r.l.6, esercente l'attività di compravendita di beni immobili, capitale sociale, quote societarie ed intero patrimonio aziendale della ditta la ditta SEMAC S.r.l.7, esercente l'attività di riparazione dei mezzi NISSAN e degli auto compattatori per conto della LEONIA S.p.A.