Il segreto della super Germania

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E’ risaputo che la supremazia economica della Germania è frutto della sua forte crescita accompagnata, a differenza di altri Paesi, da una notevole stabilità dei prezzi e da forti avanzi nei propri conti con l’estero.

Uno degli elementi più importanti di questo successo è stato, dunque, il basso tasso di inflazione che ha caratterizzato fin dal primo dopo guerra lo sviluppo tedesco.

Si dice che questa ossessione dei tedeschi verso il contenimento a tutti i costi dell’inflazione sia dovuta al fatto che la Germania abbia conosciuto i drammi e la crisi provocato dall’iperinflazione verificatasi all’epoca della Repubblica di Weimar, quando le massaie andavano al mercato a fare la spesa con miliardi di marchi dall’irrisorio valore reale. In Germania, insomma, lo spettro dell’inflazione farebbe assai più paura che altrove, a causa di quella esperienza storica.

In un processo di interazione reciproca è evidente che le continue rivalutazioni del marco tedesco sono state, soprattutto negli anni ’70, un fattore potente di contenimento dell’inflazione. Gli acquisti all’estero sia di prodotti di consumo che di materie prime e prodotti intermedi, in seguito alle rivalutazioni del marco erano via via meno cari e ciò contribuiva a deprimere il livello medio dei prezzi.

La super Germania odierna ha potuto permettersi una politica monetaria che ha ostacolato rigidamente ogni spinta inflazionistica perché ha potuto facilmente ridurre la moneta in circolazione, rendendo più costoso il credito. Ciò, grazie ad alcune favorevoli condizioni del tutto particolari che hanno consentito di manovrare più liberamente la leva monetaria, senza temere troppo ripercussioni negative.

La Germania, per molti anni, ha potuto tenere i livelli di disoccupazione molto più bassi di quelli di altri paesi europei, come per esempio l’Italia, perché, a differenza degli altri, ha potuto adottare medicine amare in quanto i disoccupati tedeschi erano pochi, in secondo luogo perché la Germania è stato il primo e più importante paese europeo importatore di manodopera a basso costo. Infatti, italiani, turchi, greci, nordafricani, iugoslavi; milioni di lavoratori provenienti da questi paesi più poveri sono andati in Germania a lavorare negli anni ’60 e ’70. Per le autorità della politica economica tedesca, stringere il credito e abbassare il tasso di sviluppo del’economia non significava ritrovarsi schiere di disoccupati su posizioni politiche di opposizione al governo in carica, ma più semplicemente rimandare “a casa”, magari solo temporaneamente, manodopera immigrata clandestinamente, senza alcuna forma di protezione.

Le politiche che ancora contraddistinguono l’azione economica della Germania, cioè di “stretta monetaria”, che provocano normalmente un aumento della disoccupazione, i Paesi che hanno già parecchi disoccupati, come il nostro, non possono adottare o comunque a praticare con la stessa durezza, per paura dei gravi problemi sociali che ne deriverebbero.

Inoltre, la Germania ha goduto di un altro considerevole vantaggio rappresentato dall’unificazione tedesca. Infatti, mentre per la generalità degli altri paesi europei avvicinarsi o raggiungere la condizione di piena occupazione provocava notevoli rischi di tensioni sociali, con conseguenti rischi di inflazione e di rallentamento del tasso di sviluppo, perché per proseguire lo sviluppo a ritmi sostenuti ciò provocava aumenti salariali sensibili, tendenzialmente incompatibili con il mantenimento di condizioni di competitività, la Germania questo problema non l’ha avuto.

Gli imprenditori non tedeschi sono stati così costretti, da tali congiunture, a compensare i maggiori costi, derivanti dalla rarefazione della manodopera a buon mercato, aumentando i prezzi dei propri prodotti, aprendo la strada alla spirale dell’inflazione. Come detto, ciò per la Germania non si è realizzato perché ha potuto contare su una importante sacca di riserva di manodopera costituita dai lavoratori tedeschi dell’Est: lavoratori, per giunta di lingua tedesca con una preparazione professionale del tutto analoga a quella dei loro connazionali dell’Ovest. Un vantaggio indiscutibile e senza precedenti, Manodopera qualificata a basso costo.

Queste situazioni particolarmente favorevoli hanno consentito alla attuale Germania di avvantaggiarsene in maniera eccezionale, favorendo tassi di sviluppo superiori a quelli che si potevano consentire altri Paesi che non volessero correre il rischio di un’eccessiva inflazione.

In pratica la Germania è riuscita, grazie anche al suo rigore fiscale, ma soprattutto a condizioni di partenza del tutto favorevoli, a consolidare la sua leadership europea.

Essa, nonostante la posizione così acquisita, persevera nella sua politica di austerità, nonostante gli altri partners europei chiedano con forza che si assuma le sue responsabilità di continuare ad essere la “locomotiva” dello sviluppo europeo.

Berlino però continua a privilegiare il contenimento dell’inflazione, l’avanzo dei conti con l’estero, un tasso basso di sviluppo, facendo politiche monetarie restrittive, almeno relativamente al buono stato di salute della propria economia e al livello ormai raggiunto di quasi equilibrio interno, infischiandosene delle grida di lamento provenienti dalle vicine cicale.

Qual è la logica che presiede a questo comportamento egoistico ? Comportamento duramente criticato da tutti gli altri paesi industrializzati (europei e non).
Anche qui una spiegazione, quantomeno parziale, la si può rintracciare nelle caratteristiche attuali del mercato del lavoro tedesco. Da molti anni la crescita demografica tedesca è nulla o negativa, anche i tedeschi purtroppo invecchiano, quindi i lavoratori pensionati aumentano molto più rapidamente in percentuale sulla popolazione attiva, di conseguenza i tedeschi sembrano pensare: perché fare una rischiosa politica espansiva che potrebbe accendere l’inflazione (il loro incubo), minacciare il cospicuo benessere economico già acquisito, per assorbire una disoccupazione che ha tutte le caratteristiche di essere temporanea, che verrà riassorbita non già dal maggiore sviluppo degli anni a venire, ma dal fatto che le nuove leve che si presenteranno sul mercato del lavoro, le generazioni del declino demografico, saranno poco numerose ? Meglio, quindi, sovvenzionare la disoccupazione attuale con notevoli sussidi, con un’assistenza costosa ma temporanea ed a tasso zero (ricordo che i mercati prestano i soldi alla Germania a tasso zero), fino all’ormai vicino momento (ma vicino quanto non si sa, visto che loro possono resistere a lungo) in cui la disoccupazione diminuirà non per effetto dell’aumento della occupazione, ma per la riduzione della popolazione attiva.

Più che un disegno lungimirante pare essere un disegno miope, quello di un paese che rifugge dalle responsabilità che il suo importante ruolo economico gli assegna nel quadro internazionale e che si avvia sempre più inesorabilmente verso quella che è stata definita l’eurosclerosi della Germania :salut
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Molto interessante l'articolo apparso oggi sul Foglio on-line di Paolo Savona

Senza eurosoluzione, Monti prolungherà solo l’agonia italiana

L’unione politica non può ridursi a uno scambio tra assistenza e perdita di sovranità. Ecco perché i mercati non cambiano tono

I mercati non hanno recepito il messaggio di speranza venuto dal recente Consiglio europeo perché il problema di fondo, quello dell’architettura dell’eurosistema, non è stato affrontato. Un’acuta riflessione del professore Giuseppe Guarino indica che gli organismi giuridici, una volta creati, vivono producendo effetti talvolta non previsti, anche opposti a quelli attesi. Guarino li ha chiamati organismi biogiuridici. Il trattato di Maastricht e l’eurosistema hanno prodotto effetti indesiderati rispetto a quelli previsti dal documento “Il costo della non-Europa” voluto da Jacques Delors per propiziarne l’accettazione. Anche se qualche voce contraria – come quella di Martin Feldstein e dell’autore di questa riflessione – aveva subito avvertito che l’organismo come tale non poteva generare benessere, si deve riconoscere che i fondatori dell’Ue credevano veramente nelle possibilità di un futuro brillante dell’Unione.
Vent’anni di sperimentazioni dimostrano l’infondatezza di queste speranze: tassi di sviluppo in regresso, disoccupazione in aumento, unione politica sotto forma di esproprio delle sovranità senza contropartita democratica. E’ pur vero che la Germania e pochi altri dei 27 paesi europei mostrano di sapersi muovere meglio degli altri nell’organismo biogiuridico creato, ma ciò è dovuto, almeno sul piano economico, al fatto che beneficiano della sottovalutazione del “loro” euro per il contrappeso permesso dalla sopravalutazione dell’euro “degli altri”. Ciò può accadere perché l’organismo biogiuridico ideato non consente aggiustamenti e sottrae potere d’acquisto a chi ne ha bisogno per lo sviluppo, approfondendo i divari tra paesi e accrescendo le iniquità sociali.

Di ciò non si è parlato nel recente Consiglio europeo il quale, invece, ha dedicato molta attenzione e preso decisioni (peraltro contestate) sul binomio assistenza-perdita di sovranità, vendendolo come un passo avanti verso l’unificazione politica, mentre è un approfondimento dei difetti dell’organismo o, nella migliore delle ipotesi, un aggiramento del problema di fondo che non sono stati capaci di affrontare: come gestire un’area monetaria non ottimale in presenza di un mercato sempre più pieno di regole, in cui sopravvivono storiche protezioni che vanno dall’agricoltura ai servizi. Il binomio assistenza-perdita di sovranità contrasta con lo spirito che pochi giorni prima, il 26 giugno, in uno storico incontro tra Parlamento europeo, Commissione e Bce, era stato annunciato da Harman Van Rompuy il quale aveva indicato che l’Ue intendeva muovere “verso una genuina unione economica e monetaria” caratterizzata da “legittimità democratica e rendicontazione del processo decisionale nell’ambito europeo comunitario”. Invece di affermare che s’intendeva muovere verso l’unione politica si è trovata, come sovente accade nei comunicati europei, un’allocuzione verbale che mette tutti d’accordo coprendo i disaccordi esistenti. Il presidente francese François Hollande ha sintetizzato il concetto affermando che l’Europa muove verso un’“integrazione solidaristica”, lasciando a ciascun paese il compito di definire l’uno e l’altro termine. Il compito è più facile se si prende a riferimento l’integrazione solidaristica che si pretende di attuare in Grecia e il solidarismo discriminante offerto alla Spagna per le sue banche in dissesto.
Solo il tempo – noto galantuomo – dirà se i paesi in difficoltà per carenze di sviluppo e di occupazione beneficeranno delle decisioni prese il 28-29 giugno a Bruxelles. Lo speriamo, ma non possiamo, non dobbiamo e non vogliamo sottacere che i provvedimenti che l’Italia va prendendo in linea con gli indirizzi dell’eurosistema e dell’Ue allungheranno la lenta agonia economica del paese. Gli italiani sono un popolo forte e capace di sacrifici ma il pericolo sta proprio in ciò: si adatterà a essere più povero in un habitat meno solidaristico, certamente non quello promessoci da Van Rompuy e illustri colleghi. C’è da augurarsi che si esca dal combinato effetto di un organismo europeo mal costruito e di gravi errori di politica economica interna.
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kimba
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il segreto è che sono tedeschi e non italiani e non hanno zavorre come le regioni del sud
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EktorBaboden
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kimba ha scritto:il segreto è che sono tedeschi e non italiani e non hanno zavorre come le regioni del sud
La germania est in 20 anni l'hanno fata diventare come l'ovest.
In Itaglia è un continuo spruppamento da 150 anni (a spruppare è il nord eh...).
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Lillo sei uno ha scritto:Molto interessante l'articolo apparso oggi sul Foglio on-line di Paolo Savona

Senza eurosoluzione, Monti prolungherà solo l’agonia italiana

L’unione politica non può ridursi a uno scambio tra assistenza e perdita di sovranità. Ecco perché i mercati non cambiano tono

I mercati non hanno recepito il messaggio di speranza venuto dal recente Consiglio europeo perché il problema di fondo, quello dell’architettura dell’eurosistema, non è stato affrontato. Un’acuta riflessione del professore Giuseppe Guarino indica che gli organismi giuridici, una volta creati, vivono producendo effetti talvolta non previsti, anche opposti a quelli attesi. Guarino li ha chiamati organismi biogiuridici. Il trattato di Maastricht e l’eurosistema hanno prodotto effetti indesiderati rispetto a quelli previsti dal documento “Il costo della non-Europa” voluto da Jacques Delors per propiziarne l’accettazione. Anche se qualche voce contraria – come quella di Martin Feldstein e dell’autore di questa riflessione – aveva subito avvertito che l’organismo come tale non poteva generare benessere, si deve riconoscere che i fondatori dell’Ue credevano veramente nelle possibilità di un futuro brillante dell’Unione.
Vent’anni di sperimentazioni dimostrano l’infondatezza di queste speranze: tassi di sviluppo in regresso, disoccupazione in aumento, unione politica sotto forma di esproprio delle sovranità senza contropartita democratica. E’ pur vero che la Germania e pochi altri dei 27 paesi europei mostrano di sapersi muovere meglio degli altri nell’organismo biogiuridico creato, ma ciò è dovuto, almeno sul piano economico, al fatto che beneficiano della sottovalutazione del “loro” euro per il contrappeso permesso dalla sopravalutazione dell’euro “degli altri”. Ciò può accadere perché l’organismo biogiuridico ideato non consente aggiustamenti e sottrae potere d’acquisto a chi ne ha bisogno per lo sviluppo, approfondendo i divari tra paesi e accrescendo le iniquità sociali.

Di ciò non si è parlato nel recente Consiglio europeo il quale, invece, ha dedicato molta attenzione e preso decisioni (peraltro contestate) sul binomio assistenza-perdita di sovranità, vendendolo come un passo avanti verso l’unificazione politica, mentre è un approfondimento dei difetti dell’organismo o, nella migliore delle ipotesi, un aggiramento del problema di fondo che non sono stati capaci di affrontare: come gestire un’area monetaria non ottimale in presenza di un mercato sempre più pieno di regole, in cui sopravvivono storiche protezioni che vanno dall’agricoltura ai servizi. Il binomio assistenza-perdita di sovranità contrasta con lo spirito che pochi giorni prima, il 26 giugno, in uno storico incontro tra Parlamento europeo, Commissione e Bce, era stato annunciato da Harman Van Rompuy il quale aveva indicato che l’Ue intendeva muovere “verso una genuina unione economica e monetaria” caratterizzata da “legittimità democratica e rendicontazione del processo decisionale nell’ambito europeo comunitario”. Invece di affermare che s’intendeva muovere verso l’unione politica si è trovata, come sovente accade nei comunicati europei, un’allocuzione verbale che mette tutti d’accordo coprendo i disaccordi esistenti. Il presidente francese François Hollande ha sintetizzato il concetto affermando che l’Europa muove verso un’“integrazione solidaristica”, lasciando a ciascun paese il compito di definire l’uno e l’altro termine. Il compito è più facile se si prende a riferimento l’integrazione solidaristica che si pretende di attuare in Grecia e il solidarismo discriminante offerto alla Spagna per le sue banche in dissesto.
Solo il tempo – noto galantuomo – dirà se i paesi in difficoltà per carenze di sviluppo e di occupazione beneficeranno delle decisioni prese il 28-29 giugno a Bruxelles. Lo speriamo, ma non possiamo, non dobbiamo e non vogliamo sottacere che i provvedimenti che l’Italia va prendendo in linea con gli indirizzi dell’eurosistema e dell’Ue allungheranno la lenta agonia economica del paese. Gli italiani sono un popolo forte e capace di sacrifici ma il pericolo sta proprio in ciò: si adatterà a essere più povero in un habitat meno solidaristico, certamente non quello promessoci da Van Rompuy e illustri colleghi. C’è da augurarsi che si esca dal combinato effetto di un organismo europeo mal costruito e di gravi errori di politica economica interna.
Anche il mio ex prof si diverte con le allocuzioni verbali arzigogolate, da buon cagliaritano.
L'euro debole, per i più forti, rappresenta ulteriore impulso alle già forti esportazioni. Aggiungiamoci che grazie ancora ai più "poveri" i tedeschi riescono a finanziarsi con tassi prossimi allo zero e addirittura negativi se consideriamo l'inflazione, per cui non esiste uno solo, che sia uno, motivo per cui si debba/possa parlare di passaggio dalle parole, già di per se confuse, ai fatti di unione politica. L'orizzonte di breve periodo dice ciò. La "solidarietà" è un termine che non appartiene a questo mondo

Sabato il governatore di Bankitalia ha affermato che dei quasi 500 punti di spread solo 200 ci appartengono, sono endogeni del sistema Italia, il resto sono della speculazione...lo scorso anno di questi tempi stavamo a 120, più o meno.
Se coloro che vincono le gare hanno certificati antimafia ma sono in strette relazioni con altre imprese sottoposte all'attenzione della mafia,tutte munite di certificazioni delle prefetture,allora è un problema diverso che non compete a me valutare. I.F.
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io ribadisco nel dire che secondo me la germania,terminate le due guerre mondiali e seduta al tavolo con i vincitori,abbia vinto e non perso..............
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Molto istruttivo l'articolo apparso oggi su "la Repubblica" on-line

La Germania davanti al bivio
di BARBARA SPINELLI

A VOLTE, quando critichiamo Angela Merkel, dimentichiamo quel che sta succedendo in Germania: l'astio che domina tanti commenti di cittadini e politici, contro un'Europa del Sud che sta divenendo loro estranea. L'esigenza democratica, che si mescola ambiguamente a un nuovo nazionalismo e che spinge i tedeschi a fidarsi quasi solo della Corte costituzionale: proprio ieri, la Corte ha iniziato l'esame degli impegni presi da Berlino a Bruxelles, per verificare la loro compatibilità con la sovranità del popolo e del Parlamento. Il Sud Europa non si stanca di ammonire Berlino, evocando l'espandersi di sentimenti antitedeschi. Ma conoscono poco i sentimenti antieuropei che si addensano in Germania.

Citiamo, fra gli epiteti usati dai frequentatori dei giornali sul web, i più significativi: gli italiani, greci, spagnoli, portoghesi sono scrocconi, parassiti, perfidi, svergognati. Puntando l'indice sul passato tedesco, sono soprattutto ricattatori. Sono "cani, e che abbaino pure alla loro altezza". Un lettore conclude: "Chi ha amici simili, non ha più bisogno di nemici". L'astio colpisce anche europeisti come gli ex cancellieri Schmidt e Kohl, i verdi Trittin e Roth, l'ex ministro degli Esteri Joschka Fischer ("un depravato morale"): sono "traditori del popolo", "odiatori della Germania".
Bastano queste citazioni per capire che sarà pieno di insidie, il cammino degli europei verso una progressiva messa in comune dei debiti. La parola solidarietà è vista come una trappola, tesa per costringere i tedeschi a svenarsi per espiare chissà quale colpa.

Questo clima va tenuto presente, quando si parla di scudo antispread o Fondi salva-stati, o si celebrano i progressi raggiunti ai vertici europei. È un clima incendiario, che le classi dirigenti tedesche non sanno evidentemente governare: il più delle volte lo lusingano, altre volte lo contrastano, ma avendone paura. Manca tragicamente la pedagogica capacità di spiegare le cose "nei dettagli": è l'accusa, pesante, che il Presidente Gauck ha rivolto sabato al governo. Né serve la politica dei piccoli passi: solo un salto qualitativo (Unione politica, potenziamento della Bce) creerebbe la scossa che calmerebbe gli animi oltre che i mercati. Le misure piccole sono vissute come una tortura della goccia cinese. Ma nessuno osa, e tra chi osa di meno nelle classi dirigenti ci sono gli economisti: una corporazione che ovunque ha mancato - salvo eccezioni - l'appuntamento con la crisi del 2007-2008.

Ben 172 economisti tedeschi, e non dei minori, hanno firmato giovedì un appello in cui intimano al governo di non cedere alle pressioni e ricusare le misure concordate al vertice del 28 giugno, troppo costose per Berlino. Pur non firmando, è d'accordo anche il governatore della Bundesbank Weidmann, ostile a scudi salva-spread e unione bancaria. Weidmann è membro di un'istituzione comunitaria (il Consiglio direttivo della Bce), e l'uscita è quantomeno anomala. All'appello dei 172 hanno risposto due contro-appelli, firmati tra gli altri da Peter Bofinger e Bert Rürup, membri del Consiglio degli esperti economici che nel 2011 suggerì una messa in comune parziale dei debiti: i 172 sono accusati di nazionalismo e incompetenza. Siamo, insomma, di fronte a un grande dibattito che lascerà tracce, non dissimile dalla disputa fra storici del 1986-87 attorno al passato nazista. Oggi è l'economia al centro, e il ruolo più o meno egemonico, o dominatore, che Berlino deve svolgere nell'Unione.

L'economia può sembrare un tema minore, ma per la storia tedesca non lo è affatto. Quando la Repubblica federale nacque dalle rovine della guerra, l'economia prese il posto della coscienza nazionale, statale, democratica. Quanto all'egemonia: molti invitano la Merkel a esercitarla - - Obama per primo - ma Berlino tentenna. Non dubita del proprio modello economico, che giudica anzi l'unico valido, superiore a ogni altro. Quel che fatica a fare, è guidare con efficace magnanimità i paesi deboli dell'Unione, come fecero gli americani col Piano Marshall nel dopoguerra. Irretita in dogmi contabili, la Germania ricade nel passato: sa comandare, non ancora guidare.

Il dogma non è solo quello che impone di mettere la "casa in ordine" prima di creare unioni transnazionali (l'assioma non tiene, perché l'unione sovranazionale muta l'ordine casalingo). Dogmatico è il primato dell'economia, fonte pressoché unica dello Stato e della democrazia. Divenne tale soprattutto nel dopoguerra, quando ai tedeschi era negato il diritto di divenire Stato giuridico, ma ha radici lontane. È dai tempi dell'Unione doganale (il Zollverein del 1834 e 1866) che i tedeschi fanno dell'economia il sifone della comunità politica. L'Unione europea deve ricalcare quel modello, che peraltro fallì quando la Prussia inglobò la Confederazione tedesca del nord: prima viene l'economia, poi la politica, lo Stato, il consenso dei popoli. Come scrive Marco D'Eramo su Micromega, anche in Europa, come nello Zollverein, "è la moneta a "battere" lo Stato invece dello Stato a battere moneta". La Merkel e il ministro Schäuble nuotano contro una corrente forte e anche contro se stessi, quando implorano un'unione politica federale: non ascoltarli, come non fu ascoltato Kohl, è letale.

Il primato economico ha una storia nel pensiero tedesco che va esplorata, se non vogliamo che l'unità europea degeneri in guerra prima verbale, poi civile. Alle origini, c'è l'esperienza d'un paese vinto dalla guerra, dimezzato, che nell'economia vide un surrogato di sovranità statale. Gli artefici del nuovo Stato economico furono Ludwig Erhard e i cosiddetti ordoliberali, che negli anni fra le due guerre avevano osteggiato l'idea keynesiana che i mercati possano, debbano esser governati.
L'ordoliberalismo divenne il credo della Repubblica federale, la via per uscire dallo statalismo nazista. Vale la pena ricordare come ne parla Michel Foucault, nelle lezioni del 1978-79. Le parole-chiave furono quelle che Erhard, futuro Cancelliere e allora responsabile dell'amministrazione nella zona occupata dagli anglo-americani, pronunciò il 28 aprile '48: "Bisogna liberare l'economia dai vincoli statali (...) ed evitare sia l'anarchia sia lo Stato-termite. Solo uno Stato capace di stabilire al contempo la libertà e la responsabilità dei cittadini può legittimamente parlare in nome del popolo". Decaduto lo Stato, solo la libera economia poteva ricostituirlo. Un marco solido, una crescita forte, una bilancia dei pagamenti salda: divennero la sovranità sostitutiva della Germania. "La storia aveva detto no allo Stato tedesco, ma d'ora in poi sarà l'economia a consentirgli di affermarsi", e in più di dimenticare un nazismo che non "parlava in nome del popolo" (Foucault, Nascita della biopolitica, Feltrinelli 2005).

Mettere la casa in ordine, e soltanto dopo farsi Stato: il prototipo dello Zollverein fu ripreso da Erhard, e ora va applicato all'Europa. Gli Stati sono incitati a cedere sovranità, ma la costituzione europea sarà economica e di marca tedesca, o non sarà. È stupefacente la disinvoltura con cui un uomo intelligente come Thomas Schmid, vicino nel '68 a Fischer e Cohn-Bendit, confonda il comando con l'egemonia, nel carteggio con Ezio Mauro apparso il 28 giugno su Repubblica: "La Germania deve usare la sua forza per aiutare altri, deve diventare un amministratore e garante per la stabilità riconquistata di Stati oggi deboli (...) deve essere egemone, ma in modo amichevole".
Forse è qui uno dei nodi da sciogliere, nelle discussioni fra governi e fra economisti. L'operazione tedesca è singolare. Parla di Federazione, ma intanto tratta i paesi meridionali dell'Eurozona come se fossero nazioni dimezzate e vinte in guerra, i cui Stati hanno perduto non tanto consistenza, quanto legittimità. Come se tutti dovessero percorrere la via tedesca, pur venendo da storie così diverse.
(11 luglio 2012)
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Germania, i disperati di Amazon
Lo scandalo dei lavoratori a tempo
Fa scalpore un'inchiesta della Ard, la prima rete tv pubblica tedesca, sulle condizioni di lavoro di molti dipendenti nelle sedi locali della più grande anzienda di commercio online del mondo. Sono sorvegliati da spietati vigilantes spesso appartenenti o vicini all'ultradestra neonazista
di ANDREA TARQUINI (repubblica on-line)

BERLINO - Sono a migliaia, vengono dalla Spagna o da altri paesi dell'Europa mediterranea colpiti dalla crisi, oppure da Romania, Ungheria, altri Stati dell'Unione europea dove la povertà di massa spinge a emigrare, e il basso costo del lavoro scatena gli appetiti di produzione low cost delle multinazionali. E i big blogal players li sfruttano come bestie, come forzati, roba da ricordare gli schiavi nelle prigioni di cotone, il lavoro infantile in Pakistan o le fabbriche-lager in Cina. Amazon, il più grosso commerciante online del mondo, è sotto accusa: ha costruito un vero e proprio Arcipelago GuLag del lavoro forzato con miseri contratti a termine per gli schiavi e i forzati del turbocapitalismo globale, neoliberista e senza scrupoli. O una riedizione dell'Organizzazione Todt, quella con cui SS e Gestapo reclutavano forzati in tutta l'Europa occupata, o dell'omologa e ancor più spietata autorità del lavoro giapponese nella Cina in mano al Tenno. Il GuLag di Amazon non è però in Siberia, ma in Germania, sede ottimale per gli ottimi trasporti infrastrutture e servizi di spedizione. Gli schiavi e i forzati del 21mo secolo, spinti da miseria e fame, vengono in Germania (e forse anche altrove, ma la posizione geografica centrale della Bundesrepublik è ovviamente ideale per le spedizioni di Amazon ovunque). Sono pagati malissimo, nove euro al lordo dei contributi, e lavorano soprattutto nel turno di notte. Alloggiano in sette per camerata in vecchi alberghi sciistici decaduti o chiusi fuori stagione, sono sorvegliati da spietati vigilantes spesso appartenenti o vicini all'ultradestra neonazista.

Non sono gruppi dell'ultrasinistra, né Anonymous o i no global, ad aver denunciato lo scandalo: la scoperta dei disperati di Amazon la dobbiamo a una squadra di investigative reporters della Ard, la prima rete tv pubblica tedesca che, sorta nel dopoguerra con l'aiuto di 'istruttori' britannici e americani, ha l'abitudine di puntare tutto sulle inchieste scomode, da cane da guardia di democrazia e diritti umani. Almeno cinquemila persone, ha detto la Ard nel suo reportage appena andato in onda in mezza serata, prime time, sono impiegate da Amazon nei suoi centri di smistamento e spedizione, specie in Assia, lo Stato centrale dove sorge la metropoli finanziaria Francoforte. A casa erano insegnanti, o neolaureati, ma la disoccupazione di massa nell'Europa del sud e nei Balcani rende inutile ogni qualifica. Sono ingaggiati da Amazon con email vaghe che promettono una buona paga e un contratto sicuro con il gigante stesso.

I disperati di Amazon arrivano a spese proprie in Germania e sono accolti dai vigilantes e da persone di agenzie di collocamento private senza scrupoli. La tratta dei disperati avviene soprattutto prima di Natale, quando volano ovviamente le ordinazioni ad Amazon in tutto il mondo. Da Amazon i disperati apprendono che la paga è minore, l'orario di lavoro più lungo del previsto. E quasi sempre nello stressante turno di notte. Vengono alloggiati, racconta ancora la tv pubblica tedesca, in camerate dove appunto dormono in gruppo, chi su brande chi su vecchi divani sfondati. Alloggi e toilettes sporchi e pericolanti, cibo di pessima qualità, e devono anche pagarselo da soli con parte del misero guadagno. E spesso i vigilantes sadici si divertono a minacciarli e impaurirli per dissuaderli da ogni protesta.

In ogni momento i vigilantes hanno diritto di entrare per perquisirli e accusarli di furto al minimo sospetto. Vengono portati al centro smistamento, distante spesso decine e decine di chilometri dai dormitori-lager, con autobus stracolmi su cui spesso devono viaggiare anche in piedi. Se a causa del traffico o del maltempo l'autobus arriva tardi, il ritardo viene loro decurtato dalla misera paga. Alcuni di loro, riconosciuti perché si sono fatti intervistare, hanno ricevuto subito la lettera di licenziamento.

Lo scandalo ha fatto grande impressione in Germania, al punto che alcune case editrici tedesche stanno pensando di mettere in discussione i loro contratti con l'azienda di Jeff Bezos: la patria del capitalismo sociale, del welfare e della cogestione padroni/sindacati si scopre anche territorio del più bieco sfruttamento da capitalismo selvaggio, roba da terzo mondo. E' un colpo all'immagine di Amazon, ma anche all'attendibilità dei controlli delle autorità tedesche. L'ufficio di collocamento federale ha aperto in corsa. Il sindacato del terziario, la forte centrale Ver.Di, è entrata in azione, e sta obbligando Amazon a far eleggere rappresentanze sindacali nei suoi depositi. Partecipazione prevista al voto attorno al 60 per cento, nonostante azienda e vigilantes minaccino di rappresaglie i lavoratori che andranno alle elezioni sindacali. Almeno si è cominciato a votare nel centro logistico Amazon di Graben vicino ad Augsburg (Augusta), poi in quelli di Bad Hersfeld e Lipsia. E il sindacato prepara elezioni nel centro di Rheinberg. A Werne, Pforzheim e Coblenza ancora non si è mosso niente. L'arcipelago GuLag del turbocapitalismo sfrenato globale comincia a vacillare, grazie al coraggio dei media. "I vigilantes hanno minacciato anche noi, ma abbiamo continuato, con riprese e interviste di nascosto", narrano i colleghi del team della Ard. Quando i media pubblici sono veramente al servizio dell'informazione e non dei potenti, contro orrori, crimini e soprusi si può almeno combattere. Ma certo tra i milioni di persone che hanno ordinato da Amazon regali per Natale, chi sa quanti o quanto pochi avranno crisi di coscienza.

(16 febbraio 2013)
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spiny79
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leggete qualcosa sui Rotschild, una delle dinastie che governano il mondo, altro che Europa, Parlamento, PD, PDL...
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Pickwick
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spiny79 ha scritto:leggete qualcosa sui Rotschild, una delle dinastie che governano il mondo, altro che Europa, Parlamento, PD, PDL...
Il fatto che siamo un paese di merda si deduce anche dalla mancanza di umiltà nel valutare fatti oggettivi come questi.
C'è chi dice che la Germania è uscita vincitrice dalla guerra...?? Secondo quali basi poi---bho--stendiamo un velo pietoso,
chi da la colpa agli ebrei oppure a poteri forti che condizionerebbero non solo la crescita tedesca ma anche la mancanza di crescita nostra.
La verità è semplice ed è di fronte a noi.
L'italia di oggi fa cacare ed i tedeschi sono un popolo migliore di quello italiano nel 2013.
Avremmo anche una storia più grande e gloriosa ma il presente non appartiene alla nostra nazione.
Se vogliamo migliorare e creare un'italia migliore in futuro dobbiamo partire da questa consapevolezza e rimboccarci le maniche,
trovare alibi non gioverà a nessuno.
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pellarorc
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L'Italia non ha nulla da invidiare alla Germania.
Noi potremmo mangiar la la Germania se...
Se non avessimo un evasione fiscale spaventosa (60miliardi di euro all'anno!)
Se non avessimo la zavorra di regioni come la Calabria o la Campania ecc ecc.
Se non ci fossero le mafie e la corruzione
Se ci fossero dei politici non corrotti!

Mafie e sud Italia sono caso unici in Europa ma se la politica non fa nulla....

Se lasci fare la ndrangheta per cento anni non puoi presentati a Reggio cal e travestirti da sceriffo,perche ormai é inutile.

E poi...la popolazione é diversa.
Il commerciante che dice "governo ladro" e poi non rilascia gli scontrini....
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pellarorc ha scritto:L'Italia non ha nulla da invidiare alla Germania.
Noi potremmo mangiar la la Germania se...
Se non avessimo un evasione fiscale spaventosa (60miliardi di euro all'anno!)
Se non avessimo la zavorra di regioni come la Calabria o la Campania ecc ecc.
Se non ci fossero le mafie e la corruzione
Se ci fossero dei politici non corrotti!

Mafie e sud Italia sono caso unici in Europa ma se la politica non fa nulla....

Se lasci fare la ndrangheta per cento anni non puoi presentati a Reggio cal e travestirti da sceriffo,perche ormai é inutile.

E poi...la popolazione é diversa.
Il commerciante che dice "governo ladro" e poi non rilascia gli scontrini....
Pensa che l' evasione la potresti sconfiggere rendendo deducibili/detraibili tutte le spese...
E quindi? Ma poi, fondamentalmente...tu, chi cazzo sei? (cit.)
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spiny79
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ai tedeschi, come anche ai francesi o agli inglesi, invidio una sola cosa: la loro capacità di unirsi per il bene della loro nazione, quando ci sono degli interessi da difendere sono uniti, noi in italia ci scanniamo per qualunque cosa, non siamo una nazione...
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pellarorc
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spiny79 ha scritto:ai tedeschi, come anche ai francesi o agli inglesi, invidio una sola cosa: la loro capacità di unirsi per il bene della loro nazione, quando ci sono degli interessi da difendere sono uniti, noi in italia ci scanniamo per qualunque cosa, non siamo una nazione...
non siamo una nazione perchè l'italia ricordiamoci che è stata unita con la forza!
Il meridione è stato colonizzato dal regno dei savoia! Questa è la verità.
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spiny79
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pellarorc ha scritto:
spiny79 ha scritto:ai tedeschi, come anche ai francesi o agli inglesi, invidio una sola cosa: la loro capacità di unirsi per il bene della loro nazione, quando ci sono degli interessi da difendere sono uniti, noi in italia ci scanniamo per qualunque cosa, non siamo una nazione...
non siamo una nazione perchè l'italia ricordiamoci che è stata unita con la forza!
Il meridione è stato colonizzato dal regno dei savoia! Questa è la verità.
concordo con te, è la vera storia della nostra nazione, ancora oggi ne paghiamo le conseguenze...
la nazione italiana è nata da un complotto dei savoia con la massoneria inglese (che ha fornito appoggio logistico-militare alla spedizione dei mille) e tedesca (che ha fornito risorse finanziarie)...
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Crisi, Germania accusata di dumping sociale davanti all’Unione europea

I ministri belgi dell’economia e del lavoro Johan Vande Lanotte e Monica De Coninck, dopo che alcune aziende del loro paese sono state costrette a chiudere per concorrenza sleale, hanno deciso di denunciare Berlino che sfrutta lavoratori immigrati pagandoli 3-4 euro l'ora senza contributi e in condizioni sanitarie disastrose.

Dumping sociale. L’accusa è arrivata direttamente sul tavolo della Commissione europea. E’ il Belgio a denunciare la Germania di sfruttare i lavoratori immigrati, principalmente romeni e bulgari, assunti da società fittizie e costretti a lavorare per 3-4 euro l’ora per 10 ore al giorno, senza sicurezza sociale, in condizioni sanitarie disastrose. Con la conseguenza che le imprese belghe sono costrette a chiudere o a delocalizzare.

I ministri belgi dell’economia e del lavoro Johan Vande Lanotte e Monica De Coninck, dopo una visita ad Hannover dove hanno discusso con le autorità tedesche della questione, hanno annunciato che scriveranno all’esecutivo Ue “per chiedere di mettere fine a queste pratiche”. “Non cerchiamo il confronto con un paese ma si tratta qui di mettere fine a pratiche indegne” hanno affermato i ministri, spiegando di aver deciso di agire dopo essere stati messi al corrente che alcune aziende belghe nel settore della macellazione hanno cominciato a chiudere, ristrutturare o delocalizzare proprio verso la Germania, non riuscendo più a far fronte alla concorrenza sleale dei suoi bassi costi.

“Aspettiamo di ricevere la lettera e vedere nel dettaglio le accuse”, ha dichiarato il portavoce del commissario Ue agli affari sociali Lazslo Andor, che ha riconosciuto come in Germania ci sono “7,5 milioni di persone che svolgono mini-lavori il cui salario mensile arriva al massimo a 450 euro senza contributi né sicurezza sociale”. Non esiste, infatti, un salario minimo per queste categorie di lavori. E quindi, ha accusato il ministro Lanotte, “tutto è permesso perché non si infrange nessuna legge dal momento che non ce ne sono”. L’anno scorso, ha ricordato la Commissione, tra le raccomandazioni rivolte a Berlino c’erano proprio l’aumento dei salari in parallelo con la produttività e l’uscita dei lavoratori dalla “trappola dei mini-lavori”, come quelli su cui punta il dito il Belgio, verso impieghi più stabili.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/03 ... ea/535542/
S'a Reggina è na malatia, prima Gallo e poi Saladini sunnu i so merici curanti.
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st.george legion
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il bello deve ancora venire...ho letto che stanno creando un fondo monetario per finanziare tutti i paesi in crisi assorbendo i debiti pubblici e di fatto commissariandoli intervenendo direttamente nelle politiche finanziarie di ogni stato.
un diplomatico 4 reitch in pratica :D
« Ecco l'antica Reggio, le cui origini si perdono nella notte dei tempi! Ecco la Reggio della Magna Grecia. »
(Papa Giovanni Paolo II, Reggio Cal, 7 ottobre 1984)
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spiny79
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st.george legion ha scritto:il bello deve ancora venire...ho letto che stanno creando un fondo monetario per finanziare tutti i paesi in crisi assorbendo i debiti pubblici e di fatto commissariandoli intervenendo direttamente nelle politiche finanziarie di ogni stato.
un diplomatico 4 reitch in pratica :D
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pellarorc
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ma perchè prima ve la mbuccavate la germania?
nel momento in cui si sono resi conto che erano la più foprte economia dell'area euro (non essendoci dentro l'inghilterra) hanno detto: siamo l'economia più forte, abbiamo le banche più ricche, paghiamo più di tutti per il fondo salva stati...ora decidiamo noi!!!

Tenere l'europa in recessione per loro non fa differenza visto che campano di esportazioni più degli altri. Sono la cina, la russia, l'india che in questo momento riempiono la germania di soldi acquistando automobili, macchine utensili, grandi macchine per le costruzioni ecc ecc...

per non parlare delal vendita in blocco di titoli di stato italiani per metterci in difficoltà
per non parlare delle operazioni bancarie insieme a goldman sachs per mettere in merda la grecia (con i famosi default swap...)
tito
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ragazzi, nn mi piace questo tono di quasi odio nei confronti di un altro paese dell'europa.
Questi toni in passato sono stati la scusa per inescare conflitti terribili.

Prima di tutto, perché la Germania va così bene ora. Subito dopo l'introduzione dell'Euro l'economia tedesca andava MALISSIMO. La Germania si era pesantemente indebitata (debito pbblico)in seguito a grossissimi investimenti nell'est per cercare di spingere l'est a livelli prossimi all'ovest. In pochi anni hanno costruito ferrovie ed autostrade, rifatto nuova Berlino e tanti aiuti alle ditte che aprivano nell'est. Ancora oggi tanti tedeschi dell'ovest si lamentano d quei tempi perché per fare le autostrade nell'est non hanno rinnovato quelle dell'ovest.
Contemporaneamente l'industria automobilistica andava molto bene all'estero, come al solito, e i vari governi avevano spinto una forte immigrazione, specialmente dalla turchia. Il risultato è stato che le retribuzioni sono crollate e il mercato interno è crollato; non a caso ancora oggi la Germania è uno dei paesi più economici d'Europa, sopratutto per generi alimentari.

La svolta c'è stata nel 2003 quando il cancelliere del tempo, Schroeder, ha varato la cosiddetta Agenda 2010

http://en.wikipedia.org/wiki/Agenda_2010 purtroppo non l'ho trovato in italiano.

in breve, ha riformato il mercato del lavoro, le pensioni, la disoccpazione, la sanità. Ovviamente tutto a sfavore dei lavoratori. Una grandissima riforma in senso liberalista fatta da un uomo di sinistra. Inutile dire che questa riforma ha significato la fine della vita politica di Schroeder, ma per la Germania è stata una grandissima svolta che l'ha portata ad essere estremamente competitiva.

Fra i vari effetti dell'agenda ci sono stati: la disoccupazione è scesa, le retribuzioni non sono salite, la gente va in pensione più tardi e con meno soldi, i prezzi sono rimasti stabili...

Ora, se gli dici ad un tedesco che il suo governo deve ripianare i debiti di altri stati, credo sia normale che si incazzi un pochetto... perché i tedeschi devono pagare per un francese che va in pensione a 62 anni quando loro ci vanno a 67?? Con gli stesssi soldi loro potrebbero andare in pensione un po' prima...
Non dimenticate inoltre che le retribuzioni dopo l'introduzione dell'euro sono cresciute un po' dappertutto tranne che in Germania.
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