Regmi ha scritto:Questo articolo fornisce un quadro più ampio con accenno al modello adottato.
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18/02/2012 A. Crupi, C. Minniti, Calabria Ora
REGGIO CALABRIA – «Dalle intercettazioni emerge che il collaboratore di giustizia Antonino Fiume sovrintendeva all’azione del sindaco e che questi si faceva appoggiare dalla famiglia De Stefano». Dopo una serie di udienze durante le quali avevano trovato spazio le posizioni minori, ieri il colonnello Valerio Giardina ha riservato un botto. Che deflagra come una bomba e devasta tutto ciò che trova per la sua strada. Il sindaco Giuseppe Scopelliti, oggi governatore, secondo quanto emerso dal processo “Meta”, sarebbe stato appoggiato dalla più potente famiglia reggina, ovvero quella dei De Stefano. Ma non solo. L’attuale collaboratore di giustizia, Antonino Fiume, sarebbe stato una sorta di sovrintendente del percorso amministrativo dell’ex primo cittadino. Sono concetti che rappresentano l’interpretazione che il Ros ha dato alle intercettazioni captate tra gli imprenditori Franco Labate e Domenico Barbieri. Parlano i due amici e lo fanno senza peli sulla lingua. Giardina riferisce come anche Giovanni Zumbo era inserito nei circuiti, visto che era stato all’interno della segreteria di Alberto Sarra, dove avrebbe trovato posto Pino Scaramozzino, imprenditore e proprietario dell’Oasi. Il racconto di Giardina, sempre riferito alle intercettazioni, si fa inquietante: Labate avrebbe saputo del ruolo di Fiume da conversazioni intercorse tra Giuseppe Alampi e Carmelo Gattuso. Fiume, dunque, «avrebbe sovrinteso al sindaco».
Ma Giardina si pone un interrogativo: «Come faceva Labate a sapere queste cose così gravi sul conto del primo cittadino? Come sapeva che la sua azione politica era appoggiata dalla cosca De Stefano, dato che io non ho mai visto nel mio ufficio un verbale di Fiume nel quale parlasse di ciò?». Da qui l’invito molto concreto: «Venga a chiarire questa vicenda, dato che Labate è anche suocero dell’appuntato dei carabinieri Roccella (militare in più occasioni in contatto con Zumbo “la talpa”), ma soprattutto è il proprietario della casa dove alloggiava il boss Cosimo Alvaro e, all’atto dell’esecuzione di Meta, solo Cosimo Alvaro si è reso irreperibile». La mannaia di Giardina si abbatte poi su alcuni soggetti ritenuti a capo di una lobby affaristico- criminale: «Giorgio De Stefano e Paolo Romeo sono quelli che – riferisce Giardina – come dice il Labate presiedevano lobby di gestione della cosa pubblica a Reggio Calabria». Fa una sintesi estrema, il colonnello ex comandante del Ros. Nelle sue parole conclusive riesce a coagulare diverse ore di discussione: «Emerge – afferma – un sistema garantito dalla mafia e creato dal mondo politico che conta a Reggio Calabria, con una partecipazione attiva degli imprenditori di riferimento e operativamente di alcuni tecnici comunali come Crucitti e Basile che gestiscono l’assegnazione degli appalti pubblici.
Il tutto può essere ricondotto a soggetti più raffinati che hanno dato vita al sistema. E chi se non Giorgio De Stefano e Paolo Romeo? Ecco il modello Reggio che emerge dalle parole di Franco Labate e Domenico Barbieri». Una conclusione durissima con cui il colonnello Giardina sintetizza tutto ciò che è stato esposto in precedenza. Ma nella giornata di ieri c’è stato spazio anche per un altro famoso episodio, ovvero quel pranzo al quale avrebbe preso parte il governatore Scopelliti alla presenza del boss Cosimo Alvaro. Il 50° anniversario dei Barbieri. Giardina ricostruisce con minuzia tutti i passaggi che riguardano il giorno 15 ottobre 2006, quando si organizzò un ricevimento al ristorante Villa Fenice di Gallico. «Al ricevimento – ha spiegato Giardina – prese parte anche Cosimo Alvaro, il fratello Giuseppe, l’altro fratello Antonio. Ma vi erano anche altri personaggi politici, oltre Scopelliti. Come ad esempio Manlio Flesca e Santo Alfonso Martorano, nonché Gesuele Vilasi». Giardina spiega come i fratelli Vincenzo e Domenico Barbieri si fossero sentiti ed avessero parlato della presenza di Scopelliti e Flesca al pranzo. L’evento era previsto per il 25 ottobre 2006 e fu disposto un servizio di controllo. Furono viste tutte le auto dei personaggi “importanti” arrivare una dopo l’altra. Di Scopelliti si vide pure che andò via dopo circa un’ora in direzione dello stadio “Granillo”. Di questo ne parla anche Natale Bueti che, secondo Giardina, è incredulo rispetto alla presenza di Scopelliti a quel pranzo. E ne discute con Cosimo Alvaro che conferma: «Era lì con loro». «Per noi – ha evidenziato Giardina, questi contatti sono significativi del legame che c’era. In quell’occasione vi fu una commistione tra esponenti di spicco della criminalità organizzata ed esponenti di spicco della politica».
Da evidenziare, infine, un corposo passaggio che viene fatto da Giardina per narrare di un presunto sistema di mazzette all’interno del Comune di Reggio Calabria, per l’aggiudicazione di alcuni lavori. Al centro di questo sistema perverso, così come emerge dalle intercettazioni sempre di Francesco Labate, vi sarebbero – tra gli altri – anche il tecnico comunale Pasquale Crucitti ed il fratello del governatore, Tino Scopelliti. Barbieri, infatti, dice a Labate: «Come ha fatto ad entrare Edilma (un’impresa, ndr)? Con il fratello del sindaco. È lui che prende i soldi».
«Il colonnello Giardina dice cose false»
(Giuseppe Scopelliti) APPRENDO con stupore e sconcerto le dichiarazioni rese del colonnello Giardina durante il processo Meta. Le considerazioni sulla mia persona sono false ed infondate. Oggi si è consumata una cosa molto grave perché un uomo delle istituzioni, per la seconda volta, ha reso una testimonianza non veritiera. Quanto affermo non è oggetto di interpretazione ma è fondato su verità storica ed atti giudiziari. Faccio espresso riferimento al cosiddetto “Caso Reggio”. Dalle cui conversazioni inserite nell’ordinanza del Gip Baudi del 9.11.2004 emerge testualmente ed in maniera chiara ed incontrovertibile, non solo la contrapposizione politica, ma finanche l’odio personale e la disistima nei miei confronti che giungono sino all’offesa personale proprio da parte dei soggetti che avrebbero dovuto rappresentare, secondo quanto riferito da Giardina, i miei interlocutori. Ritengo che quanto affermato sia un’offesa non soltanto alla mia persona ma alla nobile arma dei carabinieri
Il pentito Fiume svelò i segreti della cosca
REGGIO CALABRIA – È uno dei collaboratori di giustizia più attendibili Antonino Fiume. Di lui si ricorda soprattutto la modalità con cui ha deciso di iniziare il suo percorso di collaborazione con la giustizia. Questi, infatti, pienamente inserito all’interno della consorteria mafiosa dei De Stefano, dopo la cattura del latitante Carmine De Stefano decide di presentarsi spontaneamente in questura e vuotare il sacco. Era il febbraio del 2002 e Fiume iniziò a parlare con i pubblici ministeri fornendo una considerevole mole di informazioni sugli assetti organizzativi della cosca De Stefano e su una serie di attività criminali riconducibili ai nuovi personaggi inseriti a pieno titolo nella cosca. Fiume riuscì anche a far ritrovare diversi arsenali a disposizione della cosca. Da soggetto libero, dunque, Nino Fiume decise di interrompere la sua vita da ’ndranghetista e passare dalla parte dello Stato. Le sue propalazioni hanno aperto uno squarcio notevole all’interno della geografia criminale della cosca De Stefano.