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Da Fortugno a Fedele, passando per Crea: i Giglio, famiglia di grandi elettori
Giovedì 08 Dicembre 2011 10:32
di Claudio Cordova - Secondo quanto riferito nell’interrogatorio di garanzia dal magistrato Enzo Giglio (nella foto), arrestato su richiesta della Dda di Milano per favoreggiamento alla ‘ndrangheta e per corruzione, i boss calabro-milanesi, Giulio e Francesco Lampada si sarebbero recati, per ben cinque volte, a casa sua per parlare di voti. Quattro dei cinque incontri verificati dalla Squadra Mobile sono, effettivamente, avvenuti prima del voto regionale che ha visto prevalere, nel 2010, Giuseppe Scopelliti, e uno dopo le consultazioni. I boss sarebbero stati introdotti nella centralissima abitazione del magistrato dal cugino del giudice Vincenzo Giglio, medico suo omonimo. Secondo l’accusa quei cinque incontri avrebbero avuto come principale argomento la richiesta dei Lampada di notizie riservate circa l’eventuale iscrizione nel registro degli indagati presso la Dda di Reggio Calabria. Notizie che Giglio, in qualità di magistrato reggino, avrebbe potuto reperire.
Al cospetto del Gip di Milano, Giuseppe Gennari, ed assistito dall’avvocato di fiducia, Francesco Albanese, il giudice Giglio, presidente della Sezione Misure di Prevenzione e della Corte d’Assise del Tribunale di Reggio Calabria, ha però raccontato una versione diversa che ha a che fare con la politica. Stando al racconto del magistrato, gli incontri presso la propria abitazione con i Lampada e con il cugino medico non sarebbero stati destinati alla rivelazione di atti coperti da segreti, ma ad argomentazioni politiche: sia i Lampada che il medico Giglio, in quel periodo, sarebbero stati impegnati nel sostenere la campagna elettorale del candidato al Consiglio Regionale Luigi Fedele, poi effettivamente eletto nei ranghi del Pdl. E in quel periodo, i primi mesi del 2010 avrebbero richiesto il sostegno di Giglio, presidente reggino di Magistratura Democratica.
Assecondando la versione di Giglio, i Lampada si sarebbero rivolti alla sua famiglia per ottenere dei voti, qualificandoli, praticamente, come una famiglia di “grandi elettori”. Una qualifica, priva di alcun senso, almeno all’apparenza. Una storia da verificare, su cui il giudice Giglio basa una parte della propria difesa, espressa nel corso di un interrogatorio di quasi quattro ore, ma anche in un dettagliato memoriale.
Non è la prima volta che la famiglia Giglio viene associata alle attività riguardanti la campagna elettorale. La circostanza si intreccia con le indagini che i pubblici ministeri Mario Andrigo e Marco Colamonici svolgono sull’omicidio del vicepresidente del Consiglio Regionale, Franco Fortugno, e sulle attività dell’ex consigliere regionale Domenico Crea, condannato in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa. L’avvocato Mario Giglio, fratello del medico Vincenzo Giglio e quindi anch’egli cugino del magistrato, viene ascoltato, in qualità di testimone, nell’ambito del processo sul delitto Fortugno, mentre nelle carte dell’indagine “Onorata Sanità”, che aveva come protagonista proprio Mimmo Crea, è possibile leggere, più volte, riferimenti al medico Vincenzo Giglio, fratello di Mario.
E’ lo stesso Mario Giglio, nell’udienza del 7 novembre 2007, al cospetto della Corte d’Assise di Locri, presieduta da Olga Tarzia, a raccontare le capacità della famiglia nel raccogliere voti a Reggio Calabria nell’ambito del processo di primo grado per far luce sul delitto Fortugno. Lo stesso avvocato Mario Giglio è stato, infatti, consigliere comunale di centrosinistra a Reggio Calabria con Italo Falcomatà sindaco, mentre un altro fratello, Carlo, è stato consigliere comunale nei ranghi dell’Udc, durante il primo mandato del sindaco Scopelliti, oggi Presidente della Giunta Regionale. L’avvocato Mario Giglio sarà un soggetto molto vicino a Franco Fortugno, raccoglierà voti per lui, entrerà poi nella sua struttura. Poi, il 16 ottobre del 2005, Fortugno verrà barbaramente assassinato a Locri. Giglio attenderà alcuni mesi, dopodiché passerà nell’entourage di Mimmo Crea, colui il quale viene indicato, da più parti, come il più acerrimo rivale di Fortugno. Una scelta che Mario Giglio afferma di aver preso dopo alcuni mesi di riflessione e dopo essere stato contattato da diversi esponenti politici, proprio in virtù della sua capacità di stringere relazioni sociali che, in futuro, si sarebbero potute tramutare in consensi: “Venni contattato dall’onorevole Naccari, venni contattato dall’onorevole Nicolò di Forza Italia, venni contattato dall’onorevole Vilasi, venni contattato dall’onorevole Crea”.
Rispondendo alle domande dei pubblici ministeri Andrigo e Colamonici, Mario Giglio racconta di essere capace, insieme alla propria famiglia, insieme ai propri amici, di raccogliere, a Reggio Calabria, circa cinquecento voti per il proprio candidato di riferimento. E Fortugno, infatti, nelle elezioni in cui primeggia Agazio Loiero, costruisce gran parte del proprio successo (a discapito proprio di Mimmo Crea) a Reggio Calabria. E Mario Giglio chiede appoggio anche al fratello Carlo, in quel tempo consigliere comunale di centrodestra, per appoggiare un candidato regionale che, invece, è un elemento di spicco della coalizione di centrosinistra. Poi, dopo la morte di Fortugno, l’avvocato Giglio passerà nuovamente nel centrodestra, dato che Mimmo Crea, dalla Margherita dove era approdato come antagonista di Fortugno, tornerà a sbattere dall’altra parte.
Dal verbale d’udienza del 7 novembre 2007:
PUBBLICO MINISTERO – Allora, considerato che avete questo pacchetto elettorale che riuscite ad orientare, considerato che siete stati nel corso della vostra attività piuttosto ...(incomprensibile)..., siete passati più volte da una parte all’altra dello schieramento mantenendo questo pacchetto, com’è che... cioè cosa c’è dietro il passaggio da una parte all’altra, c’è solo una questione ideologica, c’è una convenienza economica?
GIGLIO MARIO – No, quale convenienza?
PUBBLICO MINISTERO – Come riuscite a convogliare questo tipo di...
GIGLIO MARIO – Ma non è che si convoglia, è un gruppo di amici che... noi siamo di famiglia sette fratelli voglio dire e cinquanta cugini dico, noi di famiglia abbiamo cento voti, centotrenta, quindi abbiamo... tutti svolgiamo una professione, tutti...
PUBBLICO MINISTERO – Ma questo... quindi le voglio dire, siccome si passa sempre da un campo all’altro che teoricamente dovrebbe essere due campi opposti, distinti, siccome invece c’è un continuo travaso di questo pacchetto, tra virgolette, da una parte all’altra dello schieramento, e allora volevo sapere come era possibile, se c’erano questioni di ...(incomprensibile)... ideologico...
GIGLIO MARIO – Non sempre gli stessi, cioè ...(incomprensibile)... sono cinquecento voti che si
prendono qua e si spostano là, ma è normale che se io faccio politica all’interno della Margherita instauro rapporti con dieci consiglieri di circoscrizione...
PUBBLICO MINISTERO – Cioè ...(incomprensibile)... cinquecento...
GIGLIO MARIO – In Italia conosco cinquanta colleghi che fanno politica all’interno di Forza Italia con cui ho un rapporto di amicizia e chiedo a loro una mano d’aiuto, una preferenza, cioè non è che c’è un pacchetto, da qua li spostiamo là e...
PRESIDENTE – Cioè non c’è un bacino fisso
PUBBLICO MINISTERO – A seconda (incomprensibile per sovrapposizione di voci).
GIGLIO MARIO – Cioè io vado all’interno della Margherita, conosco cinquanta amici che...
PUBBLICO MINISTERO – E quindi quando lei e suo fratello passate da uno schieramento all’altro lo fate per motivi politico-ideologico.
GIGLIO MARIO – Quando sono partiti organizzati, è normale, c’è un bacino che si sposta.
PUBBLICO MINISTERO – Va bene, d’accordo; grazie non ho altre domande.
Mario Giglio, dunque, al pari del fratello Vincenzo, arrestato nell’ambito dell’indagine milanese, sarebbe dunque un raccoglitore di voti a Reggio Calabria. Come espresso anche nella requisitoria del processo Fortugno dal pm Marco Colamonici che lo definisce “titolare di un serbatoio di voti su Reggio Calabria, pronto a recarli in dote semplicemente al miglior offerente. Proprio lui, nominato capo struttura dello staff politico del Fortugno evidentemente per l’appoggio garantito nella campagna elettorale delle elezioni regionali, all’indomani della sua morte passerà armi e bagagli al servizio proprio di Crea Domenico, il suo più importante rivale. Per poi cambiare nuovamente più volte, sempre a seconda delle convenienze”.
Da qui, dunque, la versione del giudice Giglio: i Lampada e i fratelli Vincenzo e Mario Giglio (che accompagnano i mafiosi a casa del magistrato) chiedevano voti per Luigi Fedele.
Se coloro che vincono le gare hanno certificati antimafia ma sono in strette relazioni con altre imprese sottoposte all'attenzione della mafia,tutte munite di certificazioni delle prefetture,allora è un problema diverso che non compete a me valutare. I.F.