calabriora di oggi pubblica la notizia che l'architetto labate avrebbe chiesto una transazione al comune di reggio per le somme che deve restituire...
se venisse accettata sarebbe l'ennesimo scandalo di questa città
Caso Fallara:l'architetto Labate offre transazione
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offre?? cioè... fa un favore alla città?
ma non dovrebbe star dentro questo qui?
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quindi il comune gli starebbe offrendo una opportunità di conciliazione per recuperare soldi...
Audi rivammu....fra qualche anno questo tizio probabile continuai a lavorare per la regione o lo stesso comune..mah..
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Non è dipendente della p.a. quindi nn puo essere incriminato per peculato.
Però, secondo me, qualche altro reatuccio, anche minore, dovrebbero contestarglielo.
Almeno spero e me lo auguro vivamente.
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InGinocchioSi ha scritto:Non è dipendente della p.a. quindi nn puo essere incriminato per peculato.
Però, secondo me, qualche altro reatuccio, anche minore, dovrebbero contestarglielo.
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appropriazione indebita.... truffa... speriamo non finisca tutto in fuffa
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il bello è che per appropriazione indebita(almeno stando alla relazione dei periti per il buco di bilancio al comune)dovrebbero essere anche interessati diversi dirigenti comunali assunti senza concorso(vedasi comandante della PM Priolo)...goldenboy ha scritto:InGinocchioSi ha scritto:Non è dipendente della p.a. quindi nn puo essere incriminato per peculato.
Però, secondo me, qualche altro reatuccio, anche minore, dovrebbero contestarglielo.
Almeno spero e me lo auguro vivamente.
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Ancora sto aspettando di vedere questo film in TV...spero che vada in onda presto...così sarà fatta vera giustizia...
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Credo siano 2 cose distinte..per quanto riguarda l'assunzione dei dirigenti deve rispondere chi li ha assunti...nel bene o nel male,hanno lavorato,ma sto Labate,che ha mai fatto???Motociclista ha scritto:il bello è che per appropriazione indebita(almeno stando alla relazione dei periti per il buco di bilancio al comune)dovrebbero essere anche interessati diversi dirigenti comunali assunti senza concorso(vedasi comandante della PM Priolo)...goldenboy ha scritto:InGinocchioSi ha scritto:Non è dipendente della p.a. quindi nn puo essere incriminato per peculato.
Però, secondo me, qualche altro reatuccio, anche minore, dovrebbero contestarglielo.
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spiny79 ha scritto:cioè, se ho capito bene, ha chiesto la possibilità di restituire la somma di cui si è indebitamente appropriato dilazionata in più anni e senza interessi nè rivalutazione...
io con gli interessi gli darei solo calci in culo
Il dolore ci rimette in mezzo alle cose in modo nuovo.
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Motociclista ha scritto:quindi il comune gli starebbe offrendo una opportunità di conciliazione per recuperare soldi...
Audi rivammu....fra qualche anno questo tizio probabile continuai a lavorare per la regione o lo stesso comune..mah..
due sono le cose: o tu con la lingua italiana non hai un gran bel rapporto, oppure preferisci interpetrare gli eventi a modo tuo....non è il comune che ha offerto la transazione, ma al contrario labate che ha chiesto la transazione. Questo è scritto nel titolo e riportato nel 3d
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Una transazione con il Comune di Reggio Calabria senza interessi e rivalutazione. È questa la proposta che l’architetto Bruno Labate avrebbe avanzato alla ragioneria del Comune per la restituzione delle somme indebitamente percepite ed accertate nell’ambito del cosiddetto “caso Fallara”.
Secondo alcune indiscrezioni, infatti, Labate avrebbe presentato una richiesta di transazione che prevedrebbe di spalmare su più anni la cifra di circa 600mila euro che l’architetto ha percepito nel periodo in cui a guidare il settore finanze e tributi vi era Orsola Fallara.
Come è ormai noto, tra la Fallara e Labate vi era un legame sentimentale. Secondo quanto accertato dall’inchiesta condotta dalla procura della Repubblica di Reggio Calabria, all’uomo sarebbero state corrisposte delle cifre per un totale di 842mila euro circa, almeno stando a quanto emerso dalla relazione degli ispettori che lo stesso ufficio di procura ha inviato a palazzo San Giorgio per verificare la situazione dell’ente. Labate, già da tempo indagato nell’indagine relativa al “caso Fallara”, avrebbe poi restituito, di sua spontanea volontà, una cifra vicina ai 160mila euro. A lui sarebbero stati affidati degli incarichi, in realtà mai eseguiti, in qualità di esperto del settore lavori pubblici.
Liquidazioni che gli sono costate un’iscrizione nel registro degli indagati con le pesanti accuse di peculato in concorso, con Orsola Fallara (suicidatasi nel dicembre scorso poche ore dopo un’intensa conferenza stampa in sua difesa), e truffa.
Nei confronti di Labate, nelle scorse settimane, è stato notificato l’avviso di conclusione indagini ed anche un sequestro preventivo dei beni, per un valore corrispondente a quanto l’architetto avrebbe intascato illegalmente. Adesso, dopo aver restituito parte di quella somma, Labate ha avanzato una proposta al Comune che, però, dovrà essere debitamente valutata dall’ufficio legale dell’ente. Ecco, in estrema sintesi, cosa potrebbe accadere: l’architetto darebbe indietro la somma di circa 600mila euro, con una transazione pluriennale, senza però considerare interessi e rivalutazioni. In buona sostanza le somme tornerebbero al Comune che non otterrebbe un centesimo in più rispetto a quanto “indebitamente percepito” da Labate. Una sorta di pagamento a tasso zero. Inutile dire che, se davvero fosse confermata una simile ipotesi, allora si profilerebbe per l’ente di palazzo San Giorgio un possibile danno erariale. Insomma, una situazione ancora lontana dalla sua completa risoluzione, ma che vedrebbe Labate, difeso dall’avvocato Pasquale Foti, intenzionato a fare un ulteriore passo verso la restituzione di quanto avuto in modo illegale.
Certo, adesso bisognerà capire quali sono i termini esatti e particolareggiati della vicenda, ma ce n’è quanto basta per comprendere come l’inchiesta sul caso Fallara stia arrivando ad uno snodo cruciale. Non fosse altro che, nei prossimi giorni, è atteso al sesto piano del Cedir, il governatore Giuseppe Scopelliti, indagato nella medesima inchiesta per abuso d’ufficio e falso in atto pubblico. Il presidente della giunta regionale dovrà rispondere alle domande di Pignatone, Sferlazza, Ombra e Tripodi, e dovrà spiegare il perché di alcune operazioni che sono state ritenute illegali da parte della procura di Reggio Calabria. A partire da quel momento, probabilmente, ogni giorno sarà quello buono per la chiusura delle indagini e l’emissione del contestuale avviso che sancirà un primo definitivo punto fermo su un’inchiesta nata dall’esposto di Demetrio Naccari Carlizzi e Sebi Romeo, su autoliquidazioni illegali, da parte dell’ex dirigente al settore finanze e tributi.
Consolato Minniti
Secondo alcune indiscrezioni, infatti, Labate avrebbe presentato una richiesta di transazione che prevedrebbe di spalmare su più anni la cifra di circa 600mila euro che l’architetto ha percepito nel periodo in cui a guidare il settore finanze e tributi vi era Orsola Fallara.
Come è ormai noto, tra la Fallara e Labate vi era un legame sentimentale. Secondo quanto accertato dall’inchiesta condotta dalla procura della Repubblica di Reggio Calabria, all’uomo sarebbero state corrisposte delle cifre per un totale di 842mila euro circa, almeno stando a quanto emerso dalla relazione degli ispettori che lo stesso ufficio di procura ha inviato a palazzo San Giorgio per verificare la situazione dell’ente. Labate, già da tempo indagato nell’indagine relativa al “caso Fallara”, avrebbe poi restituito, di sua spontanea volontà, una cifra vicina ai 160mila euro. A lui sarebbero stati affidati degli incarichi, in realtà mai eseguiti, in qualità di esperto del settore lavori pubblici.
Liquidazioni che gli sono costate un’iscrizione nel registro degli indagati con le pesanti accuse di peculato in concorso, con Orsola Fallara (suicidatasi nel dicembre scorso poche ore dopo un’intensa conferenza stampa in sua difesa), e truffa.
Nei confronti di Labate, nelle scorse settimane, è stato notificato l’avviso di conclusione indagini ed anche un sequestro preventivo dei beni, per un valore corrispondente a quanto l’architetto avrebbe intascato illegalmente. Adesso, dopo aver restituito parte di quella somma, Labate ha avanzato una proposta al Comune che, però, dovrà essere debitamente valutata dall’ufficio legale dell’ente. Ecco, in estrema sintesi, cosa potrebbe accadere: l’architetto darebbe indietro la somma di circa 600mila euro, con una transazione pluriennale, senza però considerare interessi e rivalutazioni. In buona sostanza le somme tornerebbero al Comune che non otterrebbe un centesimo in più rispetto a quanto “indebitamente percepito” da Labate. Una sorta di pagamento a tasso zero. Inutile dire che, se davvero fosse confermata una simile ipotesi, allora si profilerebbe per l’ente di palazzo San Giorgio un possibile danno erariale. Insomma, una situazione ancora lontana dalla sua completa risoluzione, ma che vedrebbe Labate, difeso dall’avvocato Pasquale Foti, intenzionato a fare un ulteriore passo verso la restituzione di quanto avuto in modo illegale.
Certo, adesso bisognerà capire quali sono i termini esatti e particolareggiati della vicenda, ma ce n’è quanto basta per comprendere come l’inchiesta sul caso Fallara stia arrivando ad uno snodo cruciale. Non fosse altro che, nei prossimi giorni, è atteso al sesto piano del Cedir, il governatore Giuseppe Scopelliti, indagato nella medesima inchiesta per abuso d’ufficio e falso in atto pubblico. Il presidente della giunta regionale dovrà rispondere alle domande di Pignatone, Sferlazza, Ombra e Tripodi, e dovrà spiegare il perché di alcune operazioni che sono state ritenute illegali da parte della procura di Reggio Calabria. A partire da quel momento, probabilmente, ogni giorno sarà quello buono per la chiusura delle indagini e l’emissione del contestuale avviso che sancirà un primo definitivo punto fermo su un’inchiesta nata dall’esposto di Demetrio Naccari Carlizzi e Sebi Romeo, su autoliquidazioni illegali, da parte dell’ex dirigente al settore finanze e tributi.
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E allura and'esti u problema...lappo ha scritto:Motociclista ha scritto:quindi il comune gli starebbe offrendo una opportunità di conciliazione per recuperare soldi...
Audi rivammu....fra qualche anno questo tizio probabile continuai a lavorare per la regione o lo stesso comune..mah..
due sono le cose: o tu con la lingua italiana non hai un gran bel rapporto, oppure preferisci interpetrare gli eventi a modo tuo....
e se magari non avessi capito bene.???
Dato che sei preciso nel redarguirmi non hai pensato alla terza possibilità..peccato.
pensaci la prossima volta prima di riprendere qualcuno...
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Motociclista ha scritto:E allura and'esti u problema...lappo ha scritto:Motociclista ha scritto:quindi il comune gli starebbe offrendo una opportunità di conciliazione per recuperare soldi...
Audi rivammu....fra qualche anno questo tizio probabile continuai a lavorare per la regione o lo stesso comune..mah..
due sono le cose: o tu con la lingua italiana non hai un gran bel rapporto, oppure preferisci interpetrare gli eventi a modo tuo....
e se magari non avessi capito bene.???
Dato che sei preciso nel redarguirmi non hai pensato alla terza possibilità..peccato.
pensaci la prossima volta prima di riprendere qualcuno...
stavolta avevo pensato male io....chiedo venia
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lappo ha scritto:
stavolta avevo pensato male io....chiedo venia
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Onestamente ad una persona del genere gli pignorerei pure i pantaloni pur di riprendere i soldi ma non dimentichiamo che siamo a Reggio la città dell'amore quindi lo premieremo con un assessorato oppure lo farei dirigente esterno tanto più pagliacci di così
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http://www.strill.it/index.php?option=c ... &Itemid=86
Manipolavano informazioni sui casi Fallara, Fortugno e Congiusta: tre in manette
I militari del Comando Provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria stanno eseguendo tre ordinanze di applicazione di misure cautelari per i reati di associazione per delinquere finalizzata a commettere più delitti di violenza privata, tentata truffa, falso e sostituzione di persona.
L’indagine ha documentato l’attività di un nucleo organizzato di soggetti che manipolava informazioni in suo possesso anche per ragioni d’ufficio e le offrivano - in una logica palesemente ricattatoria - ai prossimi congiunti di persone a vario titolo coinvolte - realmente o ipoteticamente - in vicende giudiziarie. Tra i soggetti tratti in arresto dai militari dell'Arma vi sarebbe anche un poliziotto.
Oggetto delle investigazioni della Procura di Reggio Calabria sono state le seguenti vicende che riguardano l’invio di lettere anonime a parenti della defunta Orsola Fallara (dirigente uffici Tributi del comune di RC), il tentativo di fornire materiale probatorio falso che avrebbe dimostrato l’innocenza di Alessandro e Giuseppe Marcianò, relativamente all’accusa di concorso nell’omicidio dell’onorevole Francesco Fortugno e anche il tentativo di fornire materiale probatorio falso idoneo a dimostrare la colpevolezza dei Salerno e quindi l’innocenza del boss Tommaso Costa in relazione all’accusa di concorso nell’omicidio di Gianluca Congiusta.
Manipolavano informazioni sui casi Fallara, Fortugno e Congiusta: tre in manette
I militari del Comando Provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria stanno eseguendo tre ordinanze di applicazione di misure cautelari per i reati di associazione per delinquere finalizzata a commettere più delitti di violenza privata, tentata truffa, falso e sostituzione di persona.
L’indagine ha documentato l’attività di un nucleo organizzato di soggetti che manipolava informazioni in suo possesso anche per ragioni d’ufficio e le offrivano - in una logica palesemente ricattatoria - ai prossimi congiunti di persone a vario titolo coinvolte - realmente o ipoteticamente - in vicende giudiziarie. Tra i soggetti tratti in arresto dai militari dell'Arma vi sarebbe anche un poliziotto.
Oggetto delle investigazioni della Procura di Reggio Calabria sono state le seguenti vicende che riguardano l’invio di lettere anonime a parenti della defunta Orsola Fallara (dirigente uffici Tributi del comune di RC), il tentativo di fornire materiale probatorio falso che avrebbe dimostrato l’innocenza di Alessandro e Giuseppe Marcianò, relativamente all’accusa di concorso nell’omicidio dell’onorevole Francesco Fortugno e anche il tentativo di fornire materiale probatorio falso idoneo a dimostrare la colpevolezza dei Salerno e quindi l’innocenza del boss Tommaso Costa in relazione all’accusa di concorso nell’omicidio di Gianluca Congiusta.
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"Orsola Fallara si è suicidata". La Procura chiede l'archiviazione del caso
Orsola Fallara si è suicidata. Secondo quanto accertato dalla Procura della Repubblica si tratta di un suicidio vero, non indotto. Con la richiesta di archiviazione del caso inoltrata dalla Procura della Repubblica nei confronti del Gip sembra volersi chiudere uno dei capitoli più buii della storia di Reggio Calabria. Ad ucciderla tre dita di acido muriatico versato in un bicchierino di caffè ed autonomamente ingerito. Secondo la ricostruzione degli inquirenti la Dirigente del Settore Finanze e Tributi del Comune di Reggio Calabria si sarebbe suicidata per timore di finire in carcere per le gravi irregolarità certificate dall’inchiesta della Magistratura circa le appropriazioni indebite dalle casse di Palazzo San Giorgio. Sono dunque falsi gli spifferi che in questi mesi sono circolati in città circa un possibile “suicidio indotto” di Orsola Fallara. A provare questa tesi è la ricostruzione fatta nei minimi dettagli da parte degli inquirenti che hanno accertato una serie di particolari che non sembrano lasciare alcun dubbio.
Anzitutto la Fallara, contrariamente a quanto in molti hanno sempre pensato fino ad oggi, è arrivata al Pronto Soccorso dei Riuniti sveglia e vigile. Le sue condizioni si aggravano solo più tardi fino a determinare la morte circa 36 ore dopo l’ingresso in Ospedale. Durante questo lasso di tempo Orsola Fallara era vigile e cosciente, ha avuto modo di parlare, seppure con qualche difficoltà, con parenti e sanitari e si è addirittura alzata per andare in bagno con le proprie gambe. Nessuno tra i familiari e i medici che hanno avuto contatto con lei dopo l’ingerimento dell’acido ha dichiarato che Orsola Fallara possa aver fatto riferimento diretto o indiretto ad un’induzione al suicidio.
Altro dato incontrovertibile è che nella tragica notte del suicidio Orsola Fallara è sempre stata da sola in macchina. Lo confermano le registrazioni acquisite dalle telecamere a circuito chiuso istallate nelle adiacenze del porto. Dalle immagini si evince appunto che nessuno era con lei quando è entrata nell’area del porto, ne altre macchine la seguivano.
Un ultimo dettaglio fondamentale ricostruito dagli inquirenti è che la bottiglia di acido muriatico che la Dirigente ha usato per togliersi la vita era presente sulla sua automobile già una settimana prima della notte in cui è stato compiuto il fatale gesto. Questo fa pensare che la Fallara avesse già intenzione di togliersi la vita. Ciò molto probabilmente perché sentiva gravare sulle sue spalle il peso delle inchieste che dalla Magistratura che stavano iniziando a scoperchiare tutto ciò che avveniva nelle stanze di Palazzo San Giorgio.
"Orsola Fallara si è suicidata". La Procura chiede l'archiviazione del caso
Orsola Fallara si è suicidata. Secondo quanto accertato dalla Procura della Repubblica si tratta di un suicidio vero, non indotto. Con la richiesta di archiviazione del caso inoltrata dalla Procura della Repubblica nei confronti del Gip sembra volersi chiudere uno dei capitoli più buii della storia di Reggio Calabria. Ad ucciderla tre dita di acido muriatico versato in un bicchierino di caffè ed autonomamente ingerito. Secondo la ricostruzione degli inquirenti la Dirigente del Settore Finanze e Tributi del Comune di Reggio Calabria si sarebbe suicidata per timore di finire in carcere per le gravi irregolarità certificate dall’inchiesta della Magistratura circa le appropriazioni indebite dalle casse di Palazzo San Giorgio. Sono dunque falsi gli spifferi che in questi mesi sono circolati in città circa un possibile “suicidio indotto” di Orsola Fallara. A provare questa tesi è la ricostruzione fatta nei minimi dettagli da parte degli inquirenti che hanno accertato una serie di particolari che non sembrano lasciare alcun dubbio.
Anzitutto la Fallara, contrariamente a quanto in molti hanno sempre pensato fino ad oggi, è arrivata al Pronto Soccorso dei Riuniti sveglia e vigile. Le sue condizioni si aggravano solo più tardi fino a determinare la morte circa 36 ore dopo l’ingresso in Ospedale. Durante questo lasso di tempo Orsola Fallara era vigile e cosciente, ha avuto modo di parlare, seppure con qualche difficoltà, con parenti e sanitari e si è addirittura alzata per andare in bagno con le proprie gambe. Nessuno tra i familiari e i medici che hanno avuto contatto con lei dopo l’ingerimento dell’acido ha dichiarato che Orsola Fallara possa aver fatto riferimento diretto o indiretto ad un’induzione al suicidio.
Altro dato incontrovertibile è che nella tragica notte del suicidio Orsola Fallara è sempre stata da sola in macchina. Lo confermano le registrazioni acquisite dalle telecamere a circuito chiuso istallate nelle adiacenze del porto. Dalle immagini si evince appunto che nessuno era con lei quando è entrata nell’area del porto, ne altre macchine la seguivano.
Un ultimo dettaglio fondamentale ricostruito dagli inquirenti è che la bottiglia di acido muriatico che la Dirigente ha usato per togliersi la vita era presente sulla sua automobile già una settimana prima della notte in cui è stato compiuto il fatale gesto. Questo fa pensare che la Fallara avesse già intenzione di togliersi la vita. Ciò molto probabilmente perché sentiva gravare sulle sue spalle il peso delle inchieste che dalla Magistratura che stavano iniziando a scoperchiare tutto ciò che avveniva nelle stanze di Palazzo San Giorgio.
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''Vendevano'' ai parenti informazioni false sui casi Fallara-Fortugno e Congiusta. Tre arresti, tra cui un poliziotto
Era un poliziotto, Antonino Consolato Franco, il principale promotore dell’associazione a delinquere che avrebbe tentato di truffare i parenti delle persone coinvolte, a vario titolo, nei casi Fallara, Fortugno e Congiusta. Insieme alla moglie, Rosa Bruzzese, e a un complice, Angelo Belgio, il poliziotto, in servizio presso la Questura di Reggio Calabria, avrebbe messo in piedi, sfruttando anche la propria posizione e le proprie conoscenze, un’organizzazione finalizzata alla truffa, utilizzando notizie false per prospettare problemi, o possibili vie d’uscita da essi, a persone implicate in alcune delle vicende giudiziarie più “calde” degli ultimi anni.
I tre sono stati tratti in arresto dai Carabinieri del Comando Provinciale, che hanno dato esecuzione a un’indagine della Procura di Reggio Calabria. I due uomini sono stati tradotti in carcere, mentre la donna è stata sottoposta alla misura degli arresti domiciliari. Alle vittime del sistema, dunque, venivano richieste somme di denaro, che si aggiravano di solito sui trentamila euro, in cambio di informazioni o documentazione, che avrebbe potuto modificare la vicenda giudiziaria in cui si trovavano.
CASO FALLARA
A Paolo Fallara, fratello di Orsola Fallara, la dirigente del Settore Finanze del Comune di Reggio Calabria, deceduta, circa un anno fa, in un inquietante caso di suicidio, dopo essere stata coinvolta in uno scandalo riguardante presunte autoliquidazioni di denaro effettuate durante il proprio mandato, i tre avrebbero spedito più lettere anonime in cui veniva paventata l’imminente emissione di un provvedimento cautelare nei confronti della donna, con tanto di firma (falsa, ovviamente) di un magistrato. Una circostanza del tutto infondata che, però, nell’ottica dei tre indagati, avrebbe potuto gettare nel panico la famiglia, inducendo al pagamento di 30mila euro. Paolo Fallara, però, non acconsentì alla richiesta, denunciando le lettere ai Carabinieri, che, immediatamente, si misero sulle tracce degli artefici. E così, i militari dell’Arma riuscirono a pizzicare Franco, vice sovrintendente della Polizia presso il Nucleo Operativo di Prevenzione, e il complice, Belgio, sul luogo designato per il pagamento di una prima tangente di 13mila euro. Raffazzonata la giustificazione del poliziotto che raccontò di trovarsi in quel luogo per incontrarsi con un confidente che gli avrebbe potuto svelare dove si trovasse un pericoloso latitante.
CASO FORTUGNO
Anche la famiglia di Alessandro e Giuseppe Marcianò, presunti mandanti dell’omicidio del vicepresidente del Consiglio Regionale, Franco Fortugno, assassinato a Locri il 16 ottobre del 2005, finirono nella rete di Franco e dei suoi complici: Francesca Bruzzaniti, moglie di Alessandro Marcianò e madre di Giuseppe, ricevette, infatti, due lettere anonime, in cui erano indicate le istruzioni da seguire per ottenere, in cambio di 10mila euro, dei documenti che avrebbero potuto scagionare i due parenti, condannati in primo e in secondo grado all’ergastolo e in attesa della sentenza definitiva della Cassazione. Franco e Belgio, attraverso le lettere anonime avrebbero coinvolto la famiglia in una caccia al tesoro, in cui un messaggio seguiva l’altro per l’individuazione del luogo (sempre piuttosto nascosto) dove trovare le preziose informazioni.
CASO CONGIUSTA
Da ultimo, anche Mario Congiusta, padre di Gianluca, il giovane assassinato a Siderno il 24 maggio del 2005, fu contattato dal gruppo, con una lettera anonima che, anche in questo caso, parlava di fantomatico materiale probatorio che avrebbe dimostrato la colpevolezza di Salerno, scagionando, di fatto, il boss Tommaso Costa, ritenuto responsabile del delitto del giovane. Ancora più esosa, rispetto ai primi due casi, la richiesta dei membri dell’organizzazione: Congiusta, infatti, avrebbe dovuto sborsare ben 50mila euro per ottenere le vitali informazioni, necessarie per avere verità e giustizia sull’assassinio del figlio. Anche in questo caso, però, il tentativo fallì, vista la denuncia presentata dall’uomo alle forze dell’ordine.
Un sistema, dunque, che avrebbe avuto il poliziotto Franco come capo e promotore del sodalizio e in Belgio un valido aiutante, pronto a fornire il necessario supporto logistico e informativo per i tentativi di truffa. Prezioso anche il contributo di Rosa Bruzzese, moglie del poliziotto: la donna, infatti impiegata presso il negozio di telefonia “Top Line Service”, di proprietà del cognato di Paolo Fallara, avrebbe attivato diverse sim card intestate a soggetti diversi dai reali utilizzatori. Non facile, dunque, per i militari dell’Arma, riuscire a venire a capo dell’enigma: il poliziotto, infatti, per anni aveva svolto attività presso reparti investigativi della Polizia di Stato e quindi conosceva alcuni “trucchetti” necessari per evitare la pressione degli inquirenti. Franco è stato incastrato anche dall’individuazione della propria autovettura, da parte di una delle vittime, sul luogo designato per il ritrovamento di una delle lettere anonime. All’arresto del poliziotto, peraltro, ha contribuito anche la Squadra Mobile di Reggio Calabria, decisa nel voler fare pulizia delle “mele marce” all’interno della Questura.
Un unico gruppo, quindi, avrebbe tentato di sviare le indagini su alcuni casi giudiziari importantissimi del distretto reggino, mettendo sotto scacco tre famiglie. Un’organizzazione smascherata dalle indagini coordinate dal procuratore aggiunto Ottavio Sferlazza. Nel corso di alcune perquisizioni, nella disponibilità degli indagati sono state rinvenuti diversi oggetti comuni ai tre episodi: buste intestate alla Questura di Reggio Calabria e cartellette trasparenti del medesimo colore blu. Sebbene i tre tentativi non siano andati a buon fine, secondo l’analisi dell’hard disk del computer del poliziotto Antonino Franco, i tre stavano progettando qualche altro tentativo, magari, ancora una volta, nei confronti di qualche soggetto noto.
''Vendevano'' ai parenti informazioni false sui casi Fallara-Fortugno e Congiusta. Tre arresti, tra cui un poliziotto
Era un poliziotto, Antonino Consolato Franco, il principale promotore dell’associazione a delinquere che avrebbe tentato di truffare i parenti delle persone coinvolte, a vario titolo, nei casi Fallara, Fortugno e Congiusta. Insieme alla moglie, Rosa Bruzzese, e a un complice, Angelo Belgio, il poliziotto, in servizio presso la Questura di Reggio Calabria, avrebbe messo in piedi, sfruttando anche la propria posizione e le proprie conoscenze, un’organizzazione finalizzata alla truffa, utilizzando notizie false per prospettare problemi, o possibili vie d’uscita da essi, a persone implicate in alcune delle vicende giudiziarie più “calde” degli ultimi anni.
I tre sono stati tratti in arresto dai Carabinieri del Comando Provinciale, che hanno dato esecuzione a un’indagine della Procura di Reggio Calabria. I due uomini sono stati tradotti in carcere, mentre la donna è stata sottoposta alla misura degli arresti domiciliari. Alle vittime del sistema, dunque, venivano richieste somme di denaro, che si aggiravano di solito sui trentamila euro, in cambio di informazioni o documentazione, che avrebbe potuto modificare la vicenda giudiziaria in cui si trovavano.
CASO FALLARA
A Paolo Fallara, fratello di Orsola Fallara, la dirigente del Settore Finanze del Comune di Reggio Calabria, deceduta, circa un anno fa, in un inquietante caso di suicidio, dopo essere stata coinvolta in uno scandalo riguardante presunte autoliquidazioni di denaro effettuate durante il proprio mandato, i tre avrebbero spedito più lettere anonime in cui veniva paventata l’imminente emissione di un provvedimento cautelare nei confronti della donna, con tanto di firma (falsa, ovviamente) di un magistrato. Una circostanza del tutto infondata che, però, nell’ottica dei tre indagati, avrebbe potuto gettare nel panico la famiglia, inducendo al pagamento di 30mila euro. Paolo Fallara, però, non acconsentì alla richiesta, denunciando le lettere ai Carabinieri, che, immediatamente, si misero sulle tracce degli artefici. E così, i militari dell’Arma riuscirono a pizzicare Franco, vice sovrintendente della Polizia presso il Nucleo Operativo di Prevenzione, e il complice, Belgio, sul luogo designato per il pagamento di una prima tangente di 13mila euro. Raffazzonata la giustificazione del poliziotto che raccontò di trovarsi in quel luogo per incontrarsi con un confidente che gli avrebbe potuto svelare dove si trovasse un pericoloso latitante.
CASO FORTUGNO
Anche la famiglia di Alessandro e Giuseppe Marcianò, presunti mandanti dell’omicidio del vicepresidente del Consiglio Regionale, Franco Fortugno, assassinato a Locri il 16 ottobre del 2005, finirono nella rete di Franco e dei suoi complici: Francesca Bruzzaniti, moglie di Alessandro Marcianò e madre di Giuseppe, ricevette, infatti, due lettere anonime, in cui erano indicate le istruzioni da seguire per ottenere, in cambio di 10mila euro, dei documenti che avrebbero potuto scagionare i due parenti, condannati in primo e in secondo grado all’ergastolo e in attesa della sentenza definitiva della Cassazione. Franco e Belgio, attraverso le lettere anonime avrebbero coinvolto la famiglia in una caccia al tesoro, in cui un messaggio seguiva l’altro per l’individuazione del luogo (sempre piuttosto nascosto) dove trovare le preziose informazioni.
CASO CONGIUSTA
Da ultimo, anche Mario Congiusta, padre di Gianluca, il giovane assassinato a Siderno il 24 maggio del 2005, fu contattato dal gruppo, con una lettera anonima che, anche in questo caso, parlava di fantomatico materiale probatorio che avrebbe dimostrato la colpevolezza di Salerno, scagionando, di fatto, il boss Tommaso Costa, ritenuto responsabile del delitto del giovane. Ancora più esosa, rispetto ai primi due casi, la richiesta dei membri dell’organizzazione: Congiusta, infatti, avrebbe dovuto sborsare ben 50mila euro per ottenere le vitali informazioni, necessarie per avere verità e giustizia sull’assassinio del figlio. Anche in questo caso, però, il tentativo fallì, vista la denuncia presentata dall’uomo alle forze dell’ordine.
Un sistema, dunque, che avrebbe avuto il poliziotto Franco come capo e promotore del sodalizio e in Belgio un valido aiutante, pronto a fornire il necessario supporto logistico e informativo per i tentativi di truffa. Prezioso anche il contributo di Rosa Bruzzese, moglie del poliziotto: la donna, infatti impiegata presso il negozio di telefonia “Top Line Service”, di proprietà del cognato di Paolo Fallara, avrebbe attivato diverse sim card intestate a soggetti diversi dai reali utilizzatori. Non facile, dunque, per i militari dell’Arma, riuscire a venire a capo dell’enigma: il poliziotto, infatti, per anni aveva svolto attività presso reparti investigativi della Polizia di Stato e quindi conosceva alcuni “trucchetti” necessari per evitare la pressione degli inquirenti. Franco è stato incastrato anche dall’individuazione della propria autovettura, da parte di una delle vittime, sul luogo designato per il ritrovamento di una delle lettere anonime. All’arresto del poliziotto, peraltro, ha contribuito anche la Squadra Mobile di Reggio Calabria, decisa nel voler fare pulizia delle “mele marce” all’interno della Questura.
Un unico gruppo, quindi, avrebbe tentato di sviare le indagini su alcuni casi giudiziari importantissimi del distretto reggino, mettendo sotto scacco tre famiglie. Un’organizzazione smascherata dalle indagini coordinate dal procuratore aggiunto Ottavio Sferlazza. Nel corso di alcune perquisizioni, nella disponibilità degli indagati sono state rinvenuti diversi oggetti comuni ai tre episodi: buste intestate alla Questura di Reggio Calabria e cartellette trasparenti del medesimo colore blu. Sebbene i tre tentativi non siano andati a buon fine, secondo l’analisi dell’hard disk del computer del poliziotto Antonino Franco, i tre stavano progettando qualche altro tentativo, magari, ancora una volta, nei confronti di qualche soggetto noto.