Claudio Cordova - Giuseppe Scopelliti, Peppe Agliano, Antonio Franco, Gigi Meduri e Alessandro Nicolò. Ci sono loro, ma non solo, tra i gli esponenti politici,
del passato e del presente, che il collaboratore di giustizia Roberto Moio, nipote di Giovanni Tegano, fa in dibattimento nell’ambito del procedimento d’appello “Testamento”, che vede alla sbarra il clan Libri di Cannavò: “I Tegano hanno sempre avuto ottimi rapporti con la politica, hanno sempre raccolto i voti, quasi sempre per la destra”.
Moio è stato chiamato a deporre dal sostituto procuratore generale Franco Mollace, per riferire sui presunti rapporti che l’ex consigliere comunale Massimo Labate, assolto in primo grado, avrebbe tenuto con la cosca Libri. Ma oltre ad alcune dichiarazioni su Labate, ex poliziotto, Moio, incalzato dalle domande di Mollace ha sciorinato una serie di nomi di politici, soprattutto di centrodestra, con qualche deviazione anche a sinistra. Dalle dichiarazioni di Moio che, va detto, sono tutte da riscontrare, emerge, comunque, un quadro agghiacciante dei rapporti che determinati soggetti politici avrebbero intrattenuto con una delle cosche più potenti della ‘ndrangheta reggina.
Un quadro che, a prescindere dai nomi fatti dal pentito, la direbbe lunga sul grado di collusione che permea gli Enti Pubblici locali.
Moio, dunque, ha sostenuto che i Tegano votavano sempre per “amicizia” e ha sostenuto che tali amicizie si sarebbero concentrate, prevalentemente, negli schieramenti del centrodestra. Unica eccezione sarebbe l’attuale consigliere regionale Nino De Gaetano, fuoriuscito di recente da Rifondazione Comunista e approdato al Pd: stando al racconto di Moio, pentitosi subito dopo essere stato arrestato nell’operazione “Agathos”, De Gaetano sarebbe stato votato in quanto genero del dottore Suraci, da sempre medico della famiglia Tegano.
Un voto di riconoscenza, dunque.
Ma il fulcro del proprio discorso, il collaboratore di giustizia lo riserva ad alcuni esponenti di spicco del centrodestra reggino. In primis c’è l’ex sindaco di Reggio Calabria, attuale governatore, Giuseppe Scopelliti: “Scopelliti ha ottenuto i voti tramite Peppe Agliano che, a sua volta, ad Archi ha sempre preso voti”. A fare da collante tra la criminalità organizzata e l’attuale presidente della Giunta Regionale, sarebbe stato, dunque, il fedelissimo di Scopelliti, il più volte consigliere comunale Giuseppe Agliano, un politico che avrebbe avuto lo zoccolo duro delle proprie preferenze proprio nel rione Archi, periferia nord di Reggio Calabria, feudo delle potenti cosche Tegano, De Stefano e Condello.
Ma non finisce qui.
Scopelliti, infatti, avrebbe ricevuto i voti, in passato, anche tramite Antonio Franco, esponente del centrodestra reggino, attualmente impiegato in incarichi sindacali. Scopelliti, De Gaetano, Agliano, Franco. Non sono solo questi i soggetti politici tirati in ballo da Moio: “Gigi Meduri, Renato Meduri, Antonio Franco, Raso, frequentavano la casa dei miei zii (i Tegano, ndi), io li vedevo perché ero sempre lì”. Tanti, tantissimi, i personaggi di grande rilievo citati dal collaboratore. Nelle sue dichiarazioni finisce anche il vicepresidente del Consiglio Regionale, Alessandro Nicolò: “Abbiamo aiutato anche lui, ha fatto una festa in un locale nella discesa del Liceo Industriale. Anche un politico di Pellaro che fa il primario ci ha chiesto i voti”. Anche Paolo Gatto, ex consigliere comunale, avrebbe chiesto un incontro ai Tegano nel periodo in cui aveva paventato la propria candidatura a sindaco di Reggio Calabria: “Ci aveva chiesto di aiutarlo” dice Moio.
Il collaboratore, però, dedica un passaggio anche ad altri aspetti della politica locale, con particolare riferimento all’attuale assessore comunale, nonché costruttore edile, Demetrio Berna: “Berna era aiutato dai Libri” dice, telegraficamente. Riguardo al cugino Paolo Schimizzi, scomparso per un caso di lupara bianca, Moio dice di sapere che aveva appoggiato dal punto di vista elettorale un non meglio precisato politico di nome Nucera. E poi lo spaccato, inquietante, sulle società miste del Comune: “La Fata Morgana è degli Zito-Bertuca, la Multiservizi era gestita, fino al momento dell’arresto, da Pino Rechichi, vicino ai Tegano, e la Leonia è dei Fontana”.
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