Ordigno al Cedir

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sognatore82
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Troppo schifo....


troppi innocenti dietro le sbarre e troppi bastardi fuori
a reggio calabria del comunismo è rimasto solo il pcl

la speranza vera ma misera rimane il 5 stelle !
doddi
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Reggio, Lombardo: "Sono situazioni che ci danno conferme sul lavoro svolto"
Mercoledì 05 Ottobre 2011 15:08


''Ho la sensazione che le cosche temano molto la fase dibattimentale di processi come Meta ed altri che sono ancora in corso. Processi che riguardano la 'ndrangheta di altissimo livello ed i suoi interessi in numerosi settori''. Lo ha detto all'ANSA il pm della Dda di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo facendo riferimento all'ordigno lasciato ieri in un parcheggio nelle vicinanze degli uffici giudiziari con accanto una foto del magistrato. ''Sono situazioni - ha aggiunto - che ci danno la conferma, a mio modo di vedere, che il lavoro che stiamo facendo va nella direzione giusta, anche se la strada e' ancora lunga''. ''Per quanto mi riguarda - ha concluso Lombardo - io cerco di lavorare nella maniera piu' seria e completa possibile''. (ANSA).
Se coloro che vincono le gare hanno certificati antimafia ma sono in strette relazioni con altre imprese sottoposte all'attenzione della mafia,tutte munite di certificazioni delle prefetture,allora è un problema diverso che non compete a me valutare. I.F.
sognatore82
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si ok devi fare il tuo lavoro , ma non puoi mandare in carcere le persone che non ci sono in nessuna intercettazione ma ci sono solo altri che parlano di loro



tengo a precisare che non parlo solo di mio fratello


IN CARCERE
NON POSSONO FINIRE persone solo perchè altri parlano di essi


e come se io parlo di x e x và in carcere è una cosa allucinante
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Reggio: rinforzata la scorta del pm Lombardo. Ma cosa accadrà adesso?
Mercoledì 05 Ottobre 2011 20:44

di Claudio Cordova - Due macchine e quattro uomini di scorta. E' stato disposto l’aumento della tutela nei confronti del pubblico ministero della Dda Giuseppe Lombardo, destinatario, ieri, di un’intimidazione: un ordigno artigianale accompagnato da un articolo di giornale con la foto del magistrato.

E però l’ennesimo atto nei confronti della magistratura reggina non può non suscitare inquietudine e porre degli interrogativi. Giuseppe Lombardo ha curato, in passato, delicatissime indagini come quella “Bellu lavuru” e “Testamento” ed è attualmente titolare dell’accusa nel procedimento “Meta” che vede alla sbarra il gotha della ‘ndrangheta reggina. E’ il magistrato più (sovra)esposto dell’intero Ufficio di Procura, insieme, probabilmente, al pm Beatrice Ronchi che coordina le indagini sull’imprenditore Gioacchino Campolo e sul clan Lo Giudice. L’atto nei confronti di Lombardo, ultimo di una lunga serie, sebbene, per dirla in maniera brutale e superficiale, faccia “parte del gioco” per chi si occupa, quotidianamente, di indagini sulla criminalità organizzata, si potrebbe, in realtà, inquadrare in un ulteriore segnale di (nuova) vita della ‘ndrangheta.

L’attentato del 3 gennaio 2010 alla Procura Generale potrebbe, di fatto, aver innescato la strategia del “liberi tutti” da parte delle cosche, lasciando campo aperto ai “cani sciolti”, magari in cerca di fama criminale, e sovresponendo, dunque, la magistratura del distretto reggino. Tanti gli esempi da citare: dalle intimidazioni al Procuratore Generale Salvatore Di Landro, dal bazooka per il Procuratore Giuseppe Pignatone, di cui si è accusato il pentito Nino Lo Giudice, passando per l’intimidazione subita dal Procuratore di Palmi, Giuseppe Creazzo, senza dimenticare gli “avvertimenti” ricevuti dai pm Antonio De Bernardo e Adriana Fimiani. Rappresaglie delle cosche nei confronti della magistratura, rappresaglie assai più frequenti rispetto al passato, dove pure i magistrati antimafia sono sempre stati nel centro del mirino. Tutti episodi su cui indaga la Procura di Catanzaro, competente per i fatti che riguardano i magistrati reggini.

L’intimidazione a Lombardo, dunque, potrebbe avere una “lettura piana”.

Proprio alcuni giorni fa, infatti, il magistrato aveva effettuato una requisitoria molto dura nei confronti dei soggetti che hanno scelto l’abbreviato nel procedimento “Meta”: richieste dai 6 ai 28 anni che hanno sicuramente potuto scatenare l’ira delle cosche. Ma l’intervento del magistrato, all’interno dell’aula bunker, al cospetto del Gup Adriana Trapani, sebbene molto breve, racchiudeva passaggi emotivi, morali e anche sociologici che vanno assai oltre l’arida richiesta di una condanna. Lombardo aveva citato Gandhi, aveva parlato di una ‘ndrangheta che “condiziona il destino di migliaia di persone che si sentono libere solo perché hanno voglia di illudersi di esserlo o ritengono che quello sia l’unico modo per trovare la forza di andare avanti”. Ma Lombardo si era anche fatto portatore delle istanze dei cittadini onesti: “Chi sta fuori da quest’aula chiede una cosa sola: serenità e celerità nel giudizio”. E soprattutto, il pubblico ministero, da reggino, aveva invocato la “regginità” come tratto caratteristico per poter capire, analizzare e quindi combattere la ‘ndrangheta: “Quella consapevolezza e quella sensibilità che solo chi è nato e cresciuto in questa terra è in grado di avere. Non credo sia possibile ricostruire la storia criminale recente di un’organizzazione come quella di cui ci occupiamo oggi senza comprendere il linguaggio di coloro i quali determinano le sorti di una struttura così complessa: in quelle mille sfaccettature, intonazioni, sottintesi del “loro” modo di parlare, tipico dei calabresi, ci sono i significati che hanno reso la ‘ndrangheta quella che è oggi”.

Lombardo si è schierato in prima linea in una lotta senza tregua alla ‘ndrangheta, di una lotta senza tregua che, comunque, coinvolge, giorno dopo giorno, l’intero Ufficio di Procura, senza personalismi.

E se l’intimidazione a Lombardo può avere, come detto, una “lettura piana”, l’ordigno artigianale, rinvenuto in un parcheggio frequentatissimo da civili, ma sorvegliato giorno e notte dall’esercito, potrebbe anche inquadrarsi in una “strategia della confusione” in cui le cosche o entità grigie non meglio identificate potrebbero approfittare delle beghe tra magistrati: quando l’ordigno viene ritrovato, infatti, da circa un’ora è iniziata a circolare la notizia che il PG Di Landro aveva deciso di non avocare l’indagine della Dda reggina su Alberto Cisterna, magistrato della Dna accusato di corruzione in atti giudiziari. La ‘ndrangheta, da sempre, ha saputo infiltrarsi nelle intercapedini istituzionali, sfruttando vuoti o momenti di debolezza e distrazione o interpretati come tali. Senza esibirsi in articolate congetture dietrologiche, sarebbe comunque presuntuoso credere che le cosche non osservino, attentamente, ciò che accade sul territorio, pronte ad approfittare di ogni minimo segnale utile. Più volte la 'ndrangheta ha dimostrato di saper tenere d'occhio il luogo che abita e che, con misure variabili, controlla.


Sottovalutare un avversario e le sue capacità è l'errore peggiore che si possa commettere.


E allora a procedimento “Meta” in corso, cosa accadrà adesso? Lombardo continuerà ad affrontare il dibattimento e il giudizio abbreviato da solo? Oppure verrà affiancato da un collega? Ma anche in questo caso, le incertezze non sono poche: con gli altri sostituti delegati alle indagini sulla città, Beatrice Ronchi e Marco Colamonici, vicini a essere trasferiti ad altra sede, al Procuratore Giuseppe Pignatone toccherà fare una scelta. Una scelta che, peraltro, potrebbe anche coincidere con l’individuazione del “dodicesimo uomo”, il dodicesimo pm della Dda, delegato alle indagini sulla città. Un posto vacante dal trasferimento di Mario Andrigo, avvenuto ormai diversi mesi fa.
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