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La diversità dei cervelloni
di Claudio Romiti
Scossi dalle ultime vicende giudiziarie, le quali vedono coinvolto Filippo Penati, un politico molto vicino a Bersani, i cervelloni del Partito democratico si sono inventati la cosiddetta diversità politica. Mentre una volta, quando militavano sotto le bandiere rosse e cantavano l’internazionale, costoro rivendicavano una sorta di superiorità cromosomica, retaggio di quell’utopistico “homo novus” che era stato forgiato nel sangue dai regimi del comunismo realizzato, oggi per salvare la faccia abbassano il tiro e si “accontentano” di propagandare una diversità morale e politica priva di alcun fondamento reale.
Solo fumo e retorica per tacitare i mal di pancia e le perplessità di una base di consenso che fa sempre più fatica a comprendere l’orientamento di una forza politica sempre più evanescente. E se una volta i predecessori comunisti di Bersani potevano sostenere di venire da lontano ed andare altrettanto lontano, millantando gli pseudo successi dei regimi staliniani dato che quasi nessuno ne conosceva la drammatica realtà, oggi la baggianata della diversità moral-politica è evidente persino ai sassi.
Sarebbe come dire che gli appartenenti al Pd sono tutti bravi, capaci ed onesti e gli altri, invece, nel migliore dei casi sono decisamente meno affidabili. Ma, a prescindere dall’anomalia delle troppe mele marce presenti nel “cestello” di questa schiera di politici moralmente superiori, come si fa a sostenere che c’è un partito il quale solo in base al suo colore politico seleziona una classe dirigente moralmente e politicamente superiore? Forse che Pier Luigi Bersani e l’intransigente Rosy Bindi posseggano una sorta di – quasi - infallibile sfera di cristallo con cui selezionare una classe dirigente moralmente inappuntabile e politicamente all’altezza? Oppure, cosa ancor più ridicola, si vorrebbe far credere che solo gli onesti, i probi e i cervelli raffinati sono indotti a bussare alle porte di un partito il quale, in verità, allo stato attuale manifesta una profonda crisi identitaria? Evidentemente, è proprio a causa di una cronica mancanza di un chiaro progetto politico e di un definito orientamento che gli strateghi del Partito democratico si tengono stretta la balla storica della diversità, seppur oggi attenuata rispetto a quella genetica del passato.
Tuttavia, il problema di trovare una spendibile e concreta linea d’azione resta drammaticamente attuale per un partito che ambisce a governare il Paese. E ciò non potrà avvenire semplicemente rivendicando presunte superiorità morali. Per convincere la maggioranza degli elettori ci vuole ben altro che ostentare una grottesca spocchia da primi della classe.
Oramai, data anche la difficile situazione finanziaria che stiamo attraversando, occorre elaborare proposte e soluzioni, più che politicamente corrette, concretamente e dolorosamente realizzabili. Ma il Partito democratico dei “migliori” è in grado di farlo? I dubbi al riguardo sono obiettivamente molti.