Reggio, fino al 1970, era una tranquilla cittadina del disastrato Sud. La vita scorreva placida e, a parte qualche sporadica manifestazione d'esistenza in vita da parte del gruppo degli anarchici, la Politica, gestita integralmente dalla Democrazia Cristiana, si occupava del quotidiano e non del futuro prossimo venturo.
Era una Città piccola, graziosa e civettuola.
Il circolo del tennis, il Cilea, il lido comunale, con i loro eventi scandivano la pochezza del ceto impiegatizio offrendo a questa nuova borghesia occasioni d'incontro altrimenti impossibili.
I cinema all'aperto, numerosi in via marina, inframmezzati da ristoranti, chioschetti con cozze da consumare sul posto e mulunari che insegnavano la tecnica per la degustazione del muluni: gambe aperte e busto a 30°,
erano l'estate.
Le feste della Croce Rossa, quelle del Circolo di Società, la stagione concertistica e lirica del Cilea,
erano l'inverno.
Intanto,
comunisti e fascisti prendevano il caffè al bar Massimo, i quattro anarchici grazie ai bastoni nascosti dietro l'edicola di piazzetta San Giorgio si difendevano dai rituali raid dei quattro avanguardisti che sognavano i colonnelli greci e tutto il resto della Città fuori dal centro storico (piazza duomo-piazza de nava) viveva la realtà dei rioni dai quali si usciva solamente per andare in Comune per qualche certificato.
I ragazzi di Sbarre, pensando di andare, per esempio a piazza carmine, dicevano:
"iimu a riggiu" e così era per tutti gli altri quartieri…
Settembre con la festa i maronna riuniva tutti i rioni e le frazioni della provincia, il centro storico veniva letteralmente invaso dai viddhani , gli sbarroti, quelli del rione pescatori, di santa Caterina,
reggio campi, trabocchetto, ferrovieri, ecc.
Per una settimana la Città si riuniva per risepararsi ineluttabilmente subito dopo i fuochi del fine festa e lo sgombero delle "giostre". Non c'erano tensioni sociali, i padri educavano i figli all'insegna di "pratica chi megghiu i tia e facci i spisi", la Politica era appannaggio (salvo che per una parte del PCI) di una borghesia rigidamente ancorata a vecchi stilemi il cui unico scopo era mantenere lo status quo.
Poi… preceduta dal concerto di junio valerio borghese (81 fermi e svariati feriti tra forze dell'ordine), il 14 luglio del 1970 il sindaco battaglia (niente a che vedere con miseferi), comunica alla Città l'avvenuto scippo del capoluogo (sorvolando accuratamente sul particolare che il suo e tutti gli altri partiti, compreso ovviamente il MSI, avevano indicato Catanzaro) ed invita la Città a ribellarsi.
Quel caldo pomeriggio, via via, diventa torrido: la folla riunita a piazza Italia e davanti il Cilea, persuasa dal comandante battaglia, s'inferocisce e preme sui tre palazzi del Potere. Partono le prime cariche della polizia ed un povero cristo, senza probabilmente sapere perchè, viene travolto dalla folla e… muore.
Con il povero Campanella muore anche la Città. In un maledetto pomeriggio, finisce tutto.
Niente più rioni. Ducati, principati e repubbliche varie sostituiscono le ormai obsolete denominazioni e carneadi di ogni razza e risma… in un batter d'occhio s'impadroniscono della scena e ne divengono gli interpreti principali.
Finite le estati reggine, finiti i cinema all'aperto, finiti i chioschetti, finite le paste al forno cucinate e consumate al lido comunale. Spazzata via un'intera classe politica ne arriva un'altra persino peggio: geresia, mallamo, dieni, aloi, meduri, franco, ecc. sull'onda di un populismo ormai incontrollabile prendono in consegna una Città ormai stremata e per vent'anni la tengono in ostaggio riducendola ai minimi termini.
Vent'anni di buio... altro che gloria.
