Dopo le vicissitudini della nostra squadra che la portarono, prima alla rinunzia all’iscrizione al campionato e poi al fallimento, credevo, anche in ragione della mia età, di non avere più modo di vedere la nostra Reggina su di un campo di calcio. Non era la fine del mondo, tutto ciò che nasce è destinato a morire e la Reggina sembrava proprio morta, e per uno come me, legato visceralmente a tutto ciò che indica la mia identità di “riggitanu”, era un dolore di non poco conto. Di calcio a Reggio sembrava non si dovesse parlare, almeno per qualche decennio. Tempo troppo lungo per me.
Invece un gruppo di eroici sportivi, sacrificando tempo e denaro, oltre ogni limite di generosità e di amore, non solo per il glorioso sodalizio sportivo, ma anche per la Città di Reggio, si sono rimboccate le maniche ed hanno rianimato questo calcio reggino che pareva finito. Dico grazie a questo gruppo di Eroi e non mi stancherò mai di dire grazie perché con modestia, senza fare proclami, lottando contro ogni avversità e contro i problemi che si avvicendavano continuamente, hanno ridato vita alle nostra passione, sopita ma non morta. Grazie quindi a tutti, Mimmo Praticò in testa, per i loro impegno e le loro scelte quasi sempre giuste e vincenti, grazie ai calciatori che hanno saputo dare l’anima sul terreno di gioco. E voglio nominare per tutti Chiripicchio, quel suo gesto folle di saltare come un pazzo per aver segnato l’ultimo goal di questo campionato che dava la vittoria, quell’ultimo goal che riassumeva l’impegno di tutti.
In questo momento gioioso voglio ricordare a me stesso che La prima partita della Reggina che io vidi al ”campo” dalla terrazza delle palazzine dei ferrovieri, fu Reggina Cosenza nel lontano 1945 che ancora ho nitida nella memoria. L’ho seguita questa Reggina con qualche pausa dovuta a varie vicissitudini della vita, ma sempre con lo stesso entusiasmo e con la consapevolezza che la Reggina non è una squadra di Calcio, è la nostra identità, la nostra bandiera.
