Lilleuro ha scritto:[quote
Condivido il tuo discorso, ma più che la frequenza obbligatoria o facoltativa, credo conti la tipologia di corso di studio. Io per esempio ho seguito tutte (o quasi) le lezioni di tutte le materie che ho dato all'università e solo per alcuni corsi avevo l'obbligo di frequenza...l'ho fatto perché mi sono reso conto che studiare a casa non era la stessa cosa, i professori (la maggior parte) avevano la capacità di spiegare i concetti fondamentali delle materie in maniera più chiara e ampia di qualunque libro, spesso a lezione facevano riferimento a cose che poi sui testi non ritrovavo, per non parlare dei tanti casi studio o dei semplici consigli utili a comprendere determinate situazioni reali, le esperienze di laboratorio, le escursioni, eccetera, eccetera...oltre al fatto che a lezione puoi chiarirti qualsiasi dubbio avendo il docente a disposizione, mentre a casa se non capisci qualcosa il libro non può aiutarti. Poi all'esame posso assicurarti che gli studenti (pochi) che non avevano seguito i corsi li riconoscevi con una certa facilità.
Nel mio caso parlo di materie scientifiche, non posso esprimermi su giurisprudenza...ma in generale credo che il corso di studio sia uno dei fattori che determinano se è importante seguire o meno le lezioni
Idem, pure io ho preferito frequentare, soprattutto perché c'era la possibilità da parte di chi frequentava di usufruire di esoneri e di essere interrogati dal docente di cattedra, senza passare dagli assistenti, altrimenti in alcuni discipline, per i non frequentanti c'era il doppio esame.
Io per un rapporto costo- benefici, ho preferito frequentare le lezioni, eccetto le discipline sotto gli 8 cfu.
Per domande ed approfondimenti, invece, preferivo usufruire dei ricevimenti, perché notavo che c'era anche un rapporto meno distaccato tra alunno e docente.
Ecco: laboratorio, escursioni, sono cose pratiche che secondo me formano e plasmano bene la mente di uno studente.
Io questo "invidio" di coloro che intraprendono studi scientifici, cioè il fatto che già hanno a che fare con cose pratiche.
Mentre chi studia lettere, giurisprudenza, filosofia, scienze politiche, è costretto a fare 5 anni di studio nozionistico, e poi mettersi alla prova con la pratica.
Tirocini, Tfa, Stage, e via dicendo...
Secondo me, nei campi non scientifici, le università sono strutturate in modo obsoleto, non riescono a garantire prospettive
buone al livello occupazionale ai giovani.
Ma è un limite più che altro al sud, dove non ci sono collegamenti con aziende, con l'europa, non ci sono progetti appetibili, il mio intervento precedente era un po' provocatorio, nel senso che secondo me il vero obiettivo di un'università, soprattutto al sud dove un giovane su due non ha occupazione,è quello di aiutare un laureato a trovare un posto di lavoro, invece molti giovani una volta raggiunto il pezzo di carta si trovano in mezzo alla strada.
Però alla Luiss o alla Bocconi, per fare qualche esempio non è così.
Mi si dirà:"però la Luiss e la Bocconi, costano un botto di soldi" ok, ma vedete che anche le università pubbliche oggi come oggi non scherzano, se vai fuori corso, ti conviene ritirarti, perché sennò ti aumentano ancora di più le tasse.
Quindi al netto di un investimento corposo che viene fatto dagli studenti, mi sembra il minimo che gli vengano creata da parte dell'Ateneo delle prospettive occupazionali, altrimenti sarò brutale ma per me non ha senso la sua esistenza.
Se come dice il 24 ore le università del sud, sono poco competitive anche sul piano occupazionale, è un grosso problema, vuol dire negare ad uno studente di affermarsi sul piano lavorativo, nel paese in cui ha studiato.
