Giusva e la responsabilità (etica) collettiva.

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Iscritto il: 11/05/2011, 16:55

Per chi ama la riflessione posto un bel "pezzo" di Giusva che quando veste i panni del brutto sporco e cattivo (cit.) è ancora più apprezzabile.
Quello che mi sfugge è il perchè lo viva come un senso di costrizione.


http://www.strill.it/index.php?option=c ... &id=111177

di Giusva Branca - C’è molto di più leggendo non tra ma oltre le righe del capo di imputazione che ha portato all’arresto del giovane Cannizzaro, classe 89,

da Sinopoli. La rubrica parla di una (certamente grave ma anche, tutto sommato banale) resistenza, violenza e minaccia, lesioni e tentato omicidio verso pubblico ufficiale.



Tradotto significa che questo baldo giovane avrebbe malamente apostrofato, poi minacciato e poi aggredito, al punto di aver tentato di uccidere, travolgendoli con l’auto, due militari dell’Arma che si erano recati a casa per un controllo.
“Tu non puoi entrare. Tu non sei nessuno. Questa è casa mia ed è proprietà privata e lo Stato non ci entra qui, vattene fuori altrimenti ti prendo a legnate e se ti ammazzo sono pure contento ... Carabinieri di merda e figli di puttana”. Queste le delicate parole offerte dal Cannizzaro al malcapitato sottufficiale. E proprio questa è la porta per andare oltre le righe del capo di imputazione, proprio questo atteggiamento, sottolineato dai magistrati, di “odio profondo per le forze dell’ordine e una radicata e irriducibile insofferenza per il controllo di legalità” ci porta oltre le colonne d’Ercole della responsabilità (penale) individuale e ci fa atterrare sullo sconnesso terreno della responsabilità (etica) collettiva.
Come sempre chi scrive è costretto, per rispetto dei lettori, a vestire i panni di quello brutto, sporco e cattivo, ma meglio questi che i finti abiti di un carnevale sociale che, oltre a compiacere i superficiali, sono effimeri come il carnevale stesso, che dalle nostre parti è finito da un po’, nonostante le maschere vaganti siano ancora numerose.
Veniamo al dunque: l’atteggiamento del Cannizzaro, l’abito mentale, non già i gesti – vivaddio – tradiscono, in verità, un qualcosa che, sul piano sociale, delle tradizioni, dell’educazione civica, oseremmo dire sul piano genetico, dalle nostre parti è tanto, troppo diffuso.
Chi scrive già sente i brusii di migliaia di lettori ed allora è meglio affondare il coltello nelle piaga subito, senza indugio: nella maggior parte della gente di Calabria (parliamo di persone comunque “per bene”, senza conti aperti o apribili con la giustizia) alberga nei confronti delle Forze dell’Ordine o verso qualunque altra forma costituita dello Stato un senso di fastidio, più o meno evidente.
Non ci avventuriamo in analisi storiche e sociali che ci farebbero probabilmente comprendere, in parti, la genesi antropologica del fenomeno, ma, anche volessimo darne per accertate e accettate le origini, il problema (grande come una casa) permane, eccome!
Una delle cose che gratifica maggiormente chi scrive è dibattere le tematiche in redazione, sfruttando la visione nettamente più fresca (per ragioni anagrafiche) dei collaboratori e anche oggi questo meccanismo non ha tradito: “La cosa più aberrante” – suggerisce uno di loro – “è che lo Stato di diritto non viene nemmeno lontanamente preso in considerazione come guida da individuare e seguire senza “se” e senza “ma”, senza interpretazione alcuna. Dalle nostre parti, sempre più spesso, si sceglie il principe, il sovrano, alla volontà del quale piegarsi sempre e comunque”
Tutto il resto, Stato in testa, viene visto con fastidio, altera in qualche misura gli equilibri e così quello stesso personaggio che col signorotto locale è servo, agnellino, con i Carabinieri si sente leone.

Espandendo il concetto ne viene fuori che lo Stato di diritto vacilla, svuotato di contenuto. Riprendendo un vecchio editoriale di strill.it possiamo dire che in pochi, troppo pochi, hanno seriamente combattuto le oligarchie che trasversalmente si sono divise, spartite e mangiate la Calabria.

Il potente, il signorotto di cinquecentesca memoria da noi ha perfettamente titolo ad esistere, con la sua corte, i suoi bravi ed i suoi quotidiani soprusi. Mai, seriamente, i vessati hanno pensato, nemmeno per un attimo, a sovvertire questo stato di cose e porre fine alle vessazioni; la massima aspirazione dei vessati è sempre stata quella di saltare la barricata, di essere accolti a corte.

In Calabria i”Promessi sposi” sono attualissimi, in tutte le loro sfaccettature. In pochi antepongono con scienza e coscienza lo Stato di diritto al piccolo tornaconto personale; la bassa macelleria ha sempre il sopravvento e, soprattutto, ciò avviene senza alcun sussulto nelle coscienze collettive, quelle che formano la spina dorsale di una comunità. Roberto Scarpinato ne “Il ritorno del principe” sottolinea – estendendo il concetto all'intero Paese – che la Costituzione repubblicana, con i suoi principi liberali, sia stata più subita a causa degli eventi che non maturata dal Paese.

Immaginarsi quanto questi principi siano passati realmente, in maniera consapevole in una terra, la Calabria, dove negli anni 70 ed 80 ancora il boss della zona pretendeva ed otteneva nel silenzio generale i favori sessuali delle donne del paese da lui scelte è esercizio semplice. Ci siamo sempre convinti di essere più furbi degli altri, abbiamo sempre ritenuto che le leggi, le norme – statuali o dell'etica – fossero inutili protocolli da aggirare con facili scorciatoie che fanno regolarmente apparire il furbastro come il migliore.

Da noi non passa più da tempo il concetto di disvalore, solo quello – deviato - di valore, inteso come forza, potenza, potere. E poco importa come questi si siano generati e si mantengano. L'apologia di Machiavelli ci accompagna ad ogni piè sospinto, unitamente al nostro innato vittimismo che ci regala una straordinaria capacità di trovare valide giustificazioni per ogni nostro comportamento, anche il più inqualificabile.

“Se uno ammazza un altro non gli chiedere perchè” recita un vecchio adagio popolare delle nostre parti; c'è sempre un perchè, un motivo valido. Lo Stato costituito, i valori dell'etica non contano più, probabilmente perchè sono annacquati. Abbiamo un codice tutto nostro che fa a sportellate con i principi dello Stato di diritto e con questi, il più delle volte, trova tristissimi accomodamenti.

In questo disastro etico-socio-morale anche i tanti che capiscono il dramma fanno fatica ad alzare la voce; è come negli incubi, quando provi ad urlare ed il fiato non viene fuori. Il contesto non vuole, non capisce la ribellione nei confronti del padrone “interno”. Il contesto è pronto a ribellarsi all'ordine costituito “esterno”, nel momento in cui questo viene a turbare equilibri accettati e consolidati nei secoli.

Al signorotto locale, sia esso un politico, un mafioso, un notabile o chiunque venga fuori da questo perverso abbraccio che da sempre crea una melassa gestionale trasversale che rappresenta la classe dirigente il Calabrese non dirà mai di no. Borbotterà quando non lo ascolta nessuno, ma non avrà mai il coraggio di fargli percepire lo sdegno di massa, il pubblico ludibrio. Sarà pronto ad ossequiarlo e riverirlo, allo stadio come al bar e continuerà ad accettare tutto nella speranza, un giorno, di essere ammesso a corte.

Ed intanto, generazione dopo generazione ci si assuefa ad ogni cosa.
La speranza appartiene ai figli.
Noi adulti abbiamo già sperato e quasi sempre perso.
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spiny79
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purtroppo è la triste realtà dei giorni nostri: insofferenza largamente diffusa verso tutto ciò che è legalità e rispetto delle regole, ed anche se sembra retorico dirlo, una grossa parte delle nuove generazioni sembra perseverare in questi atteggiamenti di odio e disprezzo...

perchè anche il semplice gesto di autotutela dell'indossare un casco per andare il vespa diventa il pretesto per aggredire, verbalmente e fisicamente, in quella maniera così carica di odio ed aggressività, due carabinieri la cui "grave colpa" era di voler fare indossare il casco come è giusto e normale?

ma è ancora possibile che al giorno d'oggi esista gente così ottusa, un ragazzo di 18-20 anni che si comporta in questa maniera cosa potrà combinare nella sua esistenza e come potrà collocarsi nella società civile?
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