7° puntata: Savonarola
La lettera di Cicchitto al Foglio
Come crescere? Consigli a Tremonti per non fare la parte del Savonarola
Al direttore - Già nel 2008, al decollo dell’esperienza del governo Berlusconi, è iniziata la prima fase della crisi economica internazionale, esplosa negli Stati Uniti e in Inghilterra, con le banche americane e inglesi che avevano inondato il mondo di titoli tossici. Poi la crisi si è spostata in Europa con la contraddizione fra la moneta unica e 27 politiche economiche diverse, alcune espansive altre restrittive. Dietro a tutto ciò c’era qualcosa di più profondo. In primo luogo il liberismo prodotto dal reaganismo e dal thatcherismo aveva liberato, con effetti positivi per lo sviluppo, gli spiriti animali del capitalismo, inceppati dal dirigismo e dallo statalismo dell’ultima fase, quella negativa del keynesismo e del compromesso socialdemocratico che fino agli anni Sessanta aveva svolto un ruolo positivo. Su quel liberismo imprenditoriale si è innestata una finanziarizzazione selvaggia che ha portato danni. Nessuno l’aveva previsto. Paradossalmente la sinistra italiana non si misura con questo dato perché essa, nella versione del Pd, non è più sociale e culturale, ma è un soggetto dedito alla gestione spregiudicata del potere e una dependance del partito dei giudici.
Quindi non per scelta, ma per necessità, il centrodestra è stato costretto a una politica di rigore impersonata da Giulio Tremonti. Tremonti – e con lui il governo – ha avuto il merito di tener duro sui conti e ciò ha evitato che l’Italia seguisse il percorso della Grecia. Grazie al rigore il nostro rapporto deficit-pil è più basso che in Spagna e Francia, ed è aumentato l’avanzo primario.
Il limite del tremontismo è stato l’aver adottato una politica di tagli lineari, che è il contrario del riformismo. Nel mese di luglio-agosto la crisi finanziaria e la speculazione hanno colpito a catena Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna, poi l’Italia e quindi anche la Francia. Non vedo nella lettera della Bce e della Banca d’Italia alcuna congiura, ma un argine alla speculazione che il governo ha eretto pagando un prezzo altissimo sul terreno del consenso. A coloro che parlano di governi istituzionali, consensuali o quant’altro ricordiamo che se la “sinistra di Vasto” (Pd, Idv, Sel) fosse stata al governo non avrebbe realizzato la lettera della Bce: contro di essa si è pronunciata una larga parte del Pd, fra cui l’intelligentissimo Fassina, e tutta l’Idv.
L’Italia è sotto due bombardamenti, quello della crisi e quello mediatico-giudiziario cui è sottoposto dal ’94 Berlusconi. Dal 2008 questo attacco si è concentrato sulla vita privata del premier con la rottura della “conventio ad silentium” che ha caratterizzato la politica dopo il caso Montesi, quella di escludere la vita privata dalla lotta politica. Non ci possiamo arrendere, pur in presenza di errori da parte nostra. La risposta è nel governo e nel rinnovamento del Pdl. Se si vuole andare avanti non si può galleggiare o rinchiudersi nel bunker.
Sul piano istituzionale va portata avanti la riforma elaborata da Calderoli con il concorso del Pdl insieme a una modifica della legge elettorale che mantenga il bipolarismo. L’altro filone è la politica economica. Il governo sta lavorando al decreto sulla crescita: ci auguriamo che sia il più incisivo possibile. Le cose, però, non possono fermarsi qui. Dobbiamo fare i conti con il debito perché altrimenti, lo diciamo anche a Giuliano Ferrara, saremo sempre esposti alla speculazione e costretti a una manovra restrittiva dopo l’altra. Solo attraverso un abbattimento del debito possiamo fare una vera politica per la crescita: ridurre la pressione fiscale sulle imprese e sul lavoro senza mettere a rischio i conti, perché le operazioni in deficit, come proponeva tempo fa Bersani, non sono possibili. Per raggiungere questi obiettivi occorrono misure di finanza straordinaria: è come se stessimo in guerra, una guerra economica derivante dalla crisi del capitalismo mondiale aggravata dall’esistenza dei nostri punti deboli storici, oltre il debito, le infrastrutture, il rapporto nord-sud, la Pubblica amministrazione, la criminalità organizzata, la scarsa capacità di innovazione tecnologica. Per raggiungere l’abbattimento del debito bisogna mettere da parte gli schematismi di destra e di sinistra. Gli strumenti sono i seguenti: una minipatrimoniale, le dismissioni del patrimonio pubblico, l’innalzamento dell’età pensionabile. Se ciò non bastasse o se qualcuna di queste misure venisse ridimensionata, non escludiamo il ricorso a un condono anche perché quello fiscale può essere collegato alla riforma fiscale. Nei giorni scorsi di questo ragionamento è stato colto, per demonizzarlo, solo il riferimento al condono. La cosa né ci sorprende né ci intimidisce. Non ci ha sorpreso il fanatismo ideologico della segretaria della Cgil né quello del responsabile economico del Pd Fassina che ha anche stracciato la lettera della Bce a testimonianza che quel partito è molto lontano dalle esigenze di una politica di governo. Altri invece nel mondo confindustriale hanno sparato sul condono per rifarsi una verginità.
Tutti in questo modo si sentono virtuosi e si ammirano per la loro superiore moralità. Abbiamo anche letto l’intervista del ministro Tremonti sull’Avvenire. Per lui la lotta all’evasione è il modo per realizzare in questo mondo corrotto il messaggio di Savonarola. E’ per Tremonti l’unico scopo del governo: nella sua intervista manca ogni indicazione per una politica di crescita. Abbiamo difeso in Parlamento la politica del rigore perché era inevitabile e necessaria, anche se non era indispensabile la versione fondata sui tagli lineari, ma l’emergenza impone di fare anche cose sgradite. Ma dopo tutto ciò possiamo pensare di poter riproporre solo altri tagli lineari (vedi l’intervista del ministro Gelmini sulla scuola) e la lotta all’evasione? Non proponiamo spesa pubblica in deficit, ma abbattimento del debito ricorrendo a una politica di crescita. In caso diverso ci troveremmo di fronte solo a dissensi sociali e a una mancata soluzione del nodo del debito. Ovviamente il tutto verrebbe messo in conto al solo Berlusconi.
http://www.ilfoglio.it
di Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl alla Camera