Calabria: sistema economico-sociale allo sfascio.

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Malaca
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Calabria, sistema economico-sociale allo sfascio. Non aspettate scialuppe, sono finite!


di Giusva Branca - “Ho una busta paga di 1200 euro che arriva anche oltre con tredicesima e quattordicesima, non prendo mai più di 700 euro complessivi al mese,


ma non con regolarità, quando capita 300, poi altri 150 e così via. L’anno prossimo vorrei sposarmi. Che devo fare?”
Una delle numerose lettere sul tema pervenute in redazione ti mette di fronte a una scelta argomentativa non di poco conto e allora suggerisci di denunciare e ricordi che la lotta per la conquista del rispetto dei propri diritti non è indolore e via così.
Ma al di là del malaffare, dell’essere più o meno delinquenti (perché quello è), oltre la diffusione del fenomeno in un territorio dove sono numerosissime le commesse che lavorano anche dieci ore al giorno per 300-400 euro mensili, la riflessione deve necessariamente spostarsi sul sistema, sul nostro sistema, sul sistema-lavoro calabrese.
Non passa giorno orfano di una protesta di precari, di stagisti, di gente che chiede una garanzia per il proprio futuro lavorativo.
Ma qui più di qualcuno ha perso la bussola e non si può chiedere di averla al marinaio della sala macchine (leggi precario, anello più debole della catena).
Qualcuno deve dire che, in mezzo agli altri guai, l’intero sistema del lavoro calabrese si è sfaldato.
“Qui viene giù tutto” titolarono un paio di quotidiani all’epoca di “Mani pulite”, ma stavolta il rischio è molto più grande perché è a rischio l’impalcatura economica e, quindi, sociale, di un’intera fetta del Paese.
Si, perché se altrove nel sistema produttivo si registra una crisi seria, in Calabria la crisi è DEL sistema produttivo. Un sistema, che, soprattutto nella città di Reggio, storicamente debolissima sul piano imprenditoriale, mostra la corda e, dati alla mano, produce pochissimo.
Le poche realtà produttive cittadine o hanno sbaraccato o sono in serissima difficoltà, i flussi economici cittadini sono ridottissimi e quelli garantiti sono riconducibili quasi tutti ad attività impiegatizie, vista la totale alea nella quale si muovono quotidianamente professionisti e commercianti, con gli studi dei primi e le attività dei secondi a chiudere in silenzio, mentre una lacrima solca la guancia del titolare, giorno dopo giorno.
In tutto ciò si assiste ad una pletora di giovani e meno giovani che vagano come fantasmi nel giorno dell’Apocalisse cercando un posto di lavoro, una via che non troveranno perché nessuno ha mai insegnato loro a fare veramente qualcosa, laddove per fare si intenda produrre o partecipare al processo produttivo.
Non si può campare in eterno di servizi, non è possibile pensare ad eserciti di uscieri, segretari e bidelli per lo più inutili ma che il sistema deve mantenere per cercare equilibrio nel comparto sociale mandando a fondo quello economico che, come sta accadendo ora, poi, a sua volta, si porta a fondo – ovviamente – anche quello sociale.
Per decenni in Calabria nessuno, né della classe politica, né da quell’embrione di classe imprenditoriale esistente, si è posto il problema di cosa producesse, nel suo complesso, il sistema-Calabria.
Sono poche, veramente poche, le famiglie che si pongono seriamente il problema del futuro del figlio diciottenne. Quasi tutti si chiedono cosa farà, pochissimi sono tormentati dal dubbio di cosa saprà fare, che tipo di competenze avrà, se queste, ove ci siano, possano essere considerate congrue rispetto alle esigenze del mercato che, alla lunga, è quello che detta le regole, perché nessun sistema può stare in eterno in equilibrio sul metodo assistenzialistico.
Ad un certo punto, e quel certo punto è arrivato, un paio di generazioni l’hanno sfangata nel paese di Bengodi, quelle che sono arrivate dopo pagano il conto, ma al tempo stesso rischiano di essere vittime e carnefici di sé stessi.
Vittime di un patto generazionale tradito da chi veniva prima, carnefici nella misura in cui non hanno mai provato a costruirsi un futuro, sotto forma di competenze, dallo studio alla manualità, dalle aule universitarie al mestiere artigianale.
E ora?
Sembra un secolo fa (era esattamente 20 anni fa, alla vigilia di quel “Qui viene giù tutto”) quando Gianni Agnelli metteva in guardia il Paese e i lavoratori rispondendo ai sindacati che ponevano l’accento sul costo del lavoro sottolineando come molto presto ci si sarebbe dovuti preoccupare del posto di lavoro, più che del costo…
Oggi, francamente, la situazione è drammaticamente esplosiva e, federalismo fiscale alla mano, anche gli strumenti a disposizione di chi gestisce il potere politico sono risicatissimi.
Solo l’alba di una nuova era sociale, un ritorno al futuro caratterizzato da una forte spinta produttiva, anche carica di fantasia, derivante dalla base della società potrà dare nuova linfa, ma si tratta di un processo lungo, difficile e, soprattutto non indolore.
Ci aspettano, in tempi brevi, periodi caratterizzati da fortissimi conflitti sociali e nemmeno questo ha compreso la politica calabrese che continua in una folle corsa al benessere personale, scnocciolando brandelli di futuro dietro le spalle, ogni giorno più avvolti nei privilegi della casta, incurante che, se sei ricco e potente e il popolo sta decentemente, alla fine te lo perdona, ma se lo sei e la gente non ha il pane (ci siamo vicini), allora corri il rischio di finire come Craxi all’uscita dell’hotel Raphael.
Il sistema si è sfaldato, se vi diranno che è una grave crisi e basta non ci crediate, siamo a un momento di drammatica svolta epocale per la Calabria.
Che ciascuno si attrezzi da sé per trovare una via, per mettersi in salvo.
Non aspettate scialuppe, non arriveranno.

Sono finite.
UnVeroTifoso
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Tra una festa ed un concerto si sta arrivando al punto di non ritorno. Finita l'epoca del posto pubblico fisso, Reggio purtroppo reggerà a fatica. E non si può vivere di solo commercio.
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UnVeroTifoso ha scritto:Tra una festa ed un concerto si sta arrivando al punto di non ritorno. Finita l'epoca del posto pubblico fisso, Reggio purtroppo reggerà a fatica. E non si può vivere di solo commercio.
Non mi pare che questa situazione si possa riferire solo alla Calabria.Il sistema Italia è finito,grazie soprattutto alle politiche dei governi berlusconiani.
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CALABRESE ha scritto:
UnVeroTifoso ha scritto:Tra una festa ed un concerto si sta arrivando al punto di non ritorno. Finita l'epoca del posto pubblico fisso, Reggio purtroppo reggerà a fatica. E non si può vivere di solo commercio.
Non mi pare che questa situazione si possa riferire solo alla Calabria.Il sistema Italia è finito,grazie soprattutto alle politiche dei governi berlusconiani.
La situazione socio-economica di Reggio e di gran parte del Sud è molto più grave se paragonata alla stessa del Centro-Nord. E tali saranno le ripercussioni sociali.
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CALABRESE ha scritto:
UnVeroTifoso ha scritto:Tra una festa ed un concerto si sta arrivando al punto di non ritorno. Finita l'epoca del posto pubblico fisso, Reggio purtroppo reggerà a fatica. E non si può vivere di solo commercio.
Non mi pare che questa situazione si possa riferire solo alla Calabria.Il sistema Italia è finito,grazie soprattutto alle politiche dei governi berlusconiani.

è una non verità perdonami.
Siamo arrivati a questo punto soprattutto perchè la politica ha viaggiato a braccetto per decenni con il malaffare, perchè si sono sprecati fondi e risorse, perchè il cittadino non ha preteso che gli fosse reso conto di ogni centesimo speso dei soldi pubblici. Ma la politica a cui mi riferisco io non ha avuto colore , si è perpetuato uno status "perenne " indipendentemente dai governi che hanno governato. E il Sud, regno della politica clientelare per questo e altri motivi ne ha fatto le spese più di altre zone.
Il dolore ci rimette in mezzo alle cose in modo nuovo.
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pellarorc
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Reggio Calabria rispetto ad altre zone del paese è un pachiderma fermo mentre gli altri sono, nn dico gazzelle perchè lo sono state, ma di certo degli animali più svelti e veloci a capire e a fare.
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