I tre strani suicidi con l'acido...

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army
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dal corriere della calabria...

I tre "strani" suicidi con l'acido
22/08/2011 20:16

Ha bevuto acido muriatico la testimone di giustizia Maria Concetta Cacciola. Nei giorni scorsi aveva abbandonato la località protetta per recarsi dai figli a Rosarno, la cittadina della Piana dove aveva fatto ritrovare alcuni bunker della cosca Bellocco. Aperta un'inchiesta dalla Procura di Palmi.
Il Cedir, sede della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria
Tre storie diverse, una stessa fine. Maria Concetta Cacciola è l'ultima donna in Calabria che, in meno di un anno, si è tolta la vita in un modo atroce. Ha bevuto acido muriatico dopo essersi chiusa nel bagno dell'abitazione dei suoi genitori.
Maria Concetta da pochi mesi era una testimone di giustizia. Suo marito è Salvatore Figliuzzi che sta scontando otto anni di carcere rimediati nel processo “Bosco Selvaggio”.
È un uomo dei Bellocco così come lo è suo padre, Michele Cacciola, cognato del boss don Gregorio, pezzo da novanta della 'ndrangheta di Rosarno. Lo scorso maggio, la donna di 31 anni si era presentata dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria. Voleva collaborare con la giustizia. Lo ha fatto. È stata interrogata un paio di volte e la Procura della Repubblica aveva chiesto e ottenuto che Maria Concetta Cacciola venisse inserita nel programma di protezione previsto per i testimoni di giustizia. Di cose da raccontare, infatti, la giovane donna ne aveva tante. Aveva vissuto una vita in una delle famiglie che la 'ndrangheta la respira dal di dentro. Prima con il padre poi con il marito. Le sue dichiarazioni avevano portato già al rinvenimento di alcuni bunker ed erano state ritenute importanti dai sostituti procuratori Alessandra Cerreti e Giovanni Musarò i quali, dal 10 agosto, erano stati informati dal Servizio centrale di protezione che Maria Concetta Cacciola aveva abbandonato la località protetta per tornare a Rosarno. Dopo tre mesi, infatti, i figli erano ancora con i nonni nella cittadina della Piana. Non poteva sopportarlo. La donna aveva saltato il fosso per garantire loro un futuro diverso, lontano dagli ambienti e dalle logiche mafiose. Ha avuto il coraggio di rompere con la sua famiglia dalla quale, però, era ritornata per recuperare i suoi figli. Gli inquirenti la descrivono come una donna «forte e coraggiosa». Ecco perché il suicidio della Cacciola ha creato più di qualche sospetto alla Procura di Palmi che ha disposto l'autopsia, eseguita questo pomeriggio dal medico legale Antonio Trunfio.
È stata aperta un'inchiesta. L'ipotesi che Maria Concetta Cacciola si sia uccisa, infatti, sembra concreta. Ma questo non esclude che ci sia stata istigazione al suicidio da parte di qualcuno che, magari, poteva essere interessato al suo silenzio.
«Non rispondo a nessuna domanda – ha affermato il procuratore di Palmi Giuseppe Creazzo. – Istigazione al suicidio? Tutte le ipotesi sono possibili».
Lo stesso reato sul quale sta indagando il procuratore di Vibo Valentia, Mario Spagnuolo, e il sostituto Santi Cutroneo. La loro gatta da pelare è il suicidio di Tita Buccafusca, moglie del boss Pantaleone Mancuso meglio conosciuto come “Luni Scarpuni”.
Anche lei, un mese prima del folle gesto, aveva scelto di collaborare con la giustizia. Si era rivolta ai carabinieri ma, dopo poche ore, era ritornata dal marito, a casa. Nella stessa abitazione in cui, un mese più tardi, avrebbe ingerito acido solforico.
Un modo atroce, forse il più doloroso, per uccidersi. Lo stesso che, lo scorso dicembre, adottò la dirigente del Comune di Reggio Orsola Fallara, finita al centro di un'inchiesta giudiziaria che doveva svelare le ragioni del dissesto finanziario dell'ente dalle cui casse sono scomparsi milioni e milioni di euro, forse volati in un isolotto del Mediterraneo non troppo lontano dalla Calabria. Anche lei era una donna forte che, per mesi, ha sopportato la pressione mediatica e della Procura. Anche lei aveva appena finito una conferenza stampa nella quale aveva detto di voler spiegare tutto.
A differenza delle Procure di Palmi e Vibo, però, i magistrati di Reggio non hanno mai disposto l'autopsia. E di ipotesi di istigazione al suicidio neanche l'ombra.



Lucio Musolino
army
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sempre dal corriere della calabria

I segreti dietro un'autopsia mai disposta
23/08/2011 09:07


L'ex dirigente del settore Finanze e Tributi del Comune di Reggio Calabria, Orsola Fallara
Esaminando con attenzione le tragiche vicende che hanno portato alle morti di Maria Concetta Cacciola, di Tita Buccafusca e di Orsola Fallara, non è difficile ravvisare degli elementi in comune. Circostanze che non possono fare a meno di sollecitare una serie di riflessioni da parte degli organi d’informazione e, soprattutto, di quelli inquirenti.
Partiamo da uno spunto. Ci domandiamo se sia un caso che, nel volgere di pochissimi mesi, tre donne, tutte calabresi, tutte invischiate – chi più, chi meno – in indagini giudiziarie abbiano deciso di togliersi la vita. E, dalla prima all’ultima, abbiano scelto di farlo - questo è il particolare più rilevante - utilizzando un metodo agghiacciante: l’ingestione di acido.
Si tratta di storie molto diverse l’una dall’altra, ma accomunate da un finale drammatico che convince assai poco. Perché c’è un’evidente contraddizione nel comportamento di una donna che annuncia di voler collaborare con la giustizia per assicurare un futuro diverso ai suoi figli, e poche settimane dopo decide di uccidersi, abbandonando al loro destino quegli stessi bambini che avrebbe voluto proteggere. È tutto molto strano e molto distante dal comportamento che ci si attenderebbe, per logica e per innato istinto, da una qualsiasi madre.
I dubbi vengono alimentati da un secondo elemento di valutazione, costituito dalle modalità scelte per farla finita: un sorso (oltre quello è impossibile bere, trattandosi di una sostanza che brucia tutto istantaneamente) di acido muriatico. Perché proprio questo tipo di decisione? Perché sottoporsi a un’atroce sofferenza del genere, con il “rischio” di non riuscire neanche nell’intento suicida, limitandosi ad arrecare a se stessi danni permanenti gravissimi?
No, tutto questo non convince. Chi vuole farla finita non beve l’acido. Se è affetto dal male di vivere, se è sopraffatto da una situazione che non riesce a reggere, si punta un revolver alla tempia o si lascia cadere nel vuoto. Se vuole “punirsi” per aver commesso un errore, sceglie la corda. L’acido no, è altro. È, fisicamente e metaforicamente, un modo per tappare la bocca a qualcuno.
Come è stata tappata quella di Orsola Fallara, la dirigente del Comune di Reggio che ha portato con sé i misteri del bilancio dell’amministrazione di Palazzo San Giorgio. Anche in questo caso, le stranezze sono tante. La prima: perché dopo la morte si decise di non effettuare l’autopsia sul corpo senza vita della professionista? C’erano infatti tutti i presupposti perché venissero disposti gli accertamenti medico-legali che forse avrebbero potuto chiarire meglio le cause e le modalità di un suicidio che, per molte settimane, è stato considerato non solo indotto, ma addirittura simulato per depistare l’opinione pubblica rispetto alla reale causa della morte della donna. La seconda stranezza: perché non è stato aperto un fascicolo dalla magistratura per l’ipotesi di reato che sul codice penale è rubricato come “istigazione o aiuto al suicidio”? La terza: perché mai una donna che convoca una conferenza stampa, sfidando tutti con uno scatto d’orgoglio per continuare a difendere il proprio operato, dovrebbe togliersi la vita poco dopo? Che senso aveva, allora, convocare i giornalisti?
Su Tita Buccafusca e su Maria Concetta Cacciola, forse, l’attività investigativa a qualcosa porterà. Se non altro a capire se si sia trattato davvero di suicidi, oppure no. Nella vicenda della Fallara, che ha maggiormente colpito l’opinione pubblica calabrese, si è frettolosamente imboccata la strada dell’oblio. Perché il caso non solo è stato chiuso, ma in realtà non è mai esistito.



Giampaolo Latella
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spiny79
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ma la teoria di questo articolo qual è: che si tratta di omicidi?

il suicidio per ingestione di sostanze velenose o caustiche non è usuale come altri tipi di suicidio, ma non è neanche impossibile...
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kurohata
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figghioli iamu... non si può bere l'acido muriatico....
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kurohata ha scritto:figghioli iamu... non si può bere l'acido muriatico....
xché no ? se ci pensi é come spararsi in bocca , buttarsi da un ponte o ingerire forti dosi di sonniferi ...
army
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non è lo stesso...perche bere acido muriatico significa morire soffrendo tantissimo e c'è anche il rischio di restare in vita in condizioni spaventose...
chi si vuole suicidare sceglie sempre il modo piu veloce e indolore...
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onlyamaranto
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Una certezza assoluta: con l'acido muriatico è impossibile suicidarsi, metterei la mano sul fuoco, nè tantomeno si telefona al 118...c'è sotto qualcosa di molto molto grosso...

"...e qualcosa rimane
tra le pagine chiare e le pagine scure... "
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army ha scritto:non è lo stesso...perche bere acido muriatico significa morire soffrendo tantissimo e c'è anche il rischio di restare in vita in condizioni spaventose...
chi si vuole suicidare sceglie sempre il modo piu veloce e indolore...
non lo so , stesso discorso vale per i sonnifferi , li prendi ma non muori subito eppure ... cmq speriamo si scopri la veritá su tutte queste morti...
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tina
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onlyamaranto ha scritto:Una certezza assoluta: con l'acido muriatico è impossibile suicidarsi, metterei la mano sul fuoco, nè tantomeno si telefona al 118...c'è sotto qualcosa di molto molto grosso...

Ben detto... :thumright
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st4rsky
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army ha scritto:sempre dal corriere della calabria

I segreti dietro un'autopsia mai disposta
23/08/2011 09:07


L'ex dirigente del settore Finanze e Tributi del Comune di Reggio Calabria, Orsola Fallara
Esaminando con attenzione le tragiche vicende che hanno portato alle morti di Maria Concetta Cacciola, di Tita Buccafusca e di Orsola Fallara, non è difficile ravvisare degli elementi in comune. Circostanze che non possono fare a meno di sollecitare una serie di riflessioni da parte degli organi d’informazione e, soprattutto, di quelli inquirenti.
Partiamo da uno spunto. Ci domandiamo se sia un caso che, nel volgere di pochissimi mesi, tre donne, tutte calabresi, tutte invischiate – chi più, chi meno – in indagini giudiziarie abbiano deciso di togliersi la vita. E, dalla prima all’ultima, abbiano scelto di farlo - questo è il particolare più rilevante - utilizzando un metodo agghiacciante: l’ingestione di acido.
Si tratta di storie molto diverse l’una dall’altra, ma accomunate da un finale drammatico che convince assai poco. Perché c’è un’evidente contraddizione nel comportamento di una donna che annuncia di voler collaborare con la giustizia per assicurare un futuro diverso ai suoi figli, e poche settimane dopo decide di uccidersi, abbandonando al loro destino quegli stessi bambini che avrebbe voluto proteggere. È tutto molto strano e molto distante dal comportamento che ci si attenderebbe, per logica e per innato istinto, da una qualsiasi madre.
I dubbi vengono alimentati da un secondo elemento di valutazione, costituito dalle modalità scelte per farla finita: un sorso (oltre quello è impossibile bere, trattandosi di una sostanza che brucia tutto istantaneamente) di acido muriatico. Perché proprio questo tipo di decisione? Perché sottoporsi a un’atroce sofferenza del genere, con il “rischio” di non riuscire neanche nell’intento suicida, limitandosi ad arrecare a se stessi danni permanenti gravissimi?
No, tutto questo non convince. Chi vuole farla finita non beve l’acido. Se è affetto dal male di vivere, se è sopraffatto da una situazione che non riesce a reggere, si punta un revolver alla tempia o si lascia cadere nel vuoto. Se vuole “punirsi” per aver commesso un errore, sceglie la corda. L’acido no, è altro. È, fisicamente e metaforicamente, un modo per tappare la bocca a qualcuno.
Come è stata tappata quella di Orsola Fallara, la dirigente del Comune di Reggio che ha portato con sé i misteri del bilancio dell’amministrazione di Palazzo San Giorgio. Anche in questo caso, le stranezze sono tante. La prima: perché dopo la morte si decise di non effettuare l’autopsia sul corpo senza vita della professionista? C’erano infatti tutti i presupposti perché venissero disposti gli accertamenti medico-legali che forse avrebbero potuto chiarire meglio le cause e le modalità di un suicidio che, per molte settimane, è stato considerato non solo indotto, ma addirittura simulato per depistare l’opinione pubblica rispetto alla reale causa della morte della donna. La seconda stranezza: perché non è stato aperto un fascicolo dalla magistratura per l’ipotesi di reato che sul codice penale è rubricato come “istigazione o aiuto al suicidio”? La terza: perché mai una donna che convoca una conferenza stampa, sfidando tutti con uno scatto d’orgoglio per continuare a difendere il proprio operato, dovrebbe togliersi la vita poco dopo? Che senso aveva, allora, convocare i giornalisti?
Su Tita Buccafusca e su Maria Concetta Cacciola, forse, l’attività investigativa a qualcosa porterà. Se non altro a capire se si sia trattato davvero di suicidi, oppure no. Nella vicenda della Fallara, che ha maggiormente colpito l’opinione pubblica calabrese, si è frettolosamente imboccata la strada dell’oblio. Perché il caso non solo è stato chiuso, ma in realtà non è mai esistito.



Giampaolo Latella
Ultima modifica di st4rsky il 24/08/2011, 19:33, modificato 1 volta in totale.
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rca ha scritto:Qualcuno non si rende conto che con certi interventi i forum sono a rischio sequestro. E chi scrive con troppa leggerezza rischia.
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bhò io non so cosa c'è sotto, se c'è qualcosa sotto se è grosso o piccolo. Però vi inviterei ad odorare per più di 5 secondi l'acido muriatico, poi ognuno si fa l'idea sua. Vista la delicatezza della faccenda non mi azzardo a fare ipotesi, soprattutto a farle su un forum... esiste la polizia, esistono i carabinieri ed esiste la magistratura che sicuramente ne sanno mooooooooolto più di noi. Sta a loro fare ipotesi, costruire, ricostruire e trovare la verità (se c'è una qualche verità da trovare).


:salut
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