Penati si autosospende dalla vicepresidenza
del Consiglio regionale lombardo
L'esponente del Pd: "Sono totalmente estraneo ai fatti, ma voglio evitare imbarazzi all'istituzione"
Filippo Penati si autospende dalla carica di vicepredsidente del Consiglio regionale della Lombardia. L’esponente del Pd, accusato dalla Procura di Monza di aver preso tangenti in campo urbanistico, ha scritto una lettera al presidente del consiglio, il leghista Davide Boni: “”A seguito del mio coinvolgimento nella vicenda giudiziaria relativa all’area Falck di Sesto San Giovanni”, afferma, “desidero ribadire la mia totale estraneità ai fatti. In merito anche alle notizie apparse sulla stampa, voglio precisare che non ho mai chiesto e ricevuto denaro da imprenditori. Voglio altresì ribadire la mia assoluta fiducia nell’operato della magistratura”.
L’ex presidente della Provincia di Milano ha deciso comunque lasciare la carica istituzionale “per profondo rispetto dell’istituzione nella quale sono stato eletto e per evitare ogni imbarazzo al Consiglio”.
fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it
Penati indagato per corruzione
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"Nani su iddi e vvonnu a tutti nani;
Nci vannu terra terra, peri e mmani;
E pa malignità brutta e superba,
Ccà non crisci chi erba, erba, erba"
(Nicola Giunta)
Nci vannu terra terra, peri e mmani;
E pa malignità brutta e superba,
Ccà non crisci chi erba, erba, erba"
(Nicola Giunta)
http://www.corriere.it/cronache/11_lugl ... 4dd1.shtml
IL CASO MILANO
«Soldi anche al partito di Penati»
L'imprenditore Di Caterina accusa il dirigente pd: «Spremuto come un limone»
MILANO - Non c'è soltanto il costruttore, consigliere comunale ed ex candidato sindaco del centrodestra Giuseppe Pasini ad accusare il big del Pd lombardo Filippo Penati di avergli chiesto 20 miliardi di lire nel 2000-2001 per il via libera ai progetti urbanistici di Pasini sull'area ex Falck, e di essere poi stato destinatario di più di cinque miliardi tramite due intermediari che sono stati pagati in Lussemburgo (Piero Di Caterina) e in Svizzera (Giordano Vimercati): a parlare con i pm, infatti, è proprio anche Di Caterina, imprenditore del trasporto pubblico con la sua «Caronte».
«Spremuto come limone»
Pasini raccontava che Di Caterina era stato il collettore indicatogli da Penati per le erogazioni pretese (a suo dire) dall'allora sindaco ds di Sesto San Giovanni, ieri autosospesosi da vicepresidente del Consiglio regionale lombardo dopo essere stato indagato l'altro ieri dai pm monzesi Walter Mapelli e Franca Macchia per le ipotesi di concussione, corruzione e finanziamento illecito ai partiti. E affermava di aver dato in contanti a Di Caterina due miliardi di vecchie lire in Lussemburgo.
E Di Caterina? Conferma che è vero. Nei mesi scorsi ha reso anche lui molti interrogatori, inquadrando questa ricezione di soldi in una sorta di compensazione tra favori alla politica e recriminazioni imprenditoriali, ai quali ricollega tutta una serie di finanziamenti che afferma di aver fatto nella seconda metà degli anni 90 e fino al 2000 per le esigenze del partito di Penati, in alcuni periodi anche cento milioni di lire al mese.
Come quelli di Pasini, anche i suoi verbali sono «segretati» ed è dunque arduo definirne i contenuti esatti. Ma il senso lo si afferra anche solo dalla scarna risposta di Di Caterina a chi ieri lo ha interpellato: «Sono stato spremuto come un limone. Non se ne poteva più di questo convivere gomito a gomito con i dinieghi immotivati, con i ritardi, con gli ostacoli della politica e della dirigenza dell'alta amministrazione. Adesso ho grande fiducia nei magistrati».
Il conto estero «Pinocchio»
Che davvero Pasini abbia pagato Di Caterina, ai suoi occhi fiduciario di Penati, è del resto provato da un documento acquisito dalla rogatoria in Lussemburgo (facilitata da Pasini) presso la banca alla quale bonificò a se stesso 4 miliardi di lire nel 2001. Parte di essi rimbalzarono in Svizzera e, a detta di Pasini, furono poi consegnati in contanti in strada a Chiasso a Giordano Vimercati, in seguito capo di gabinetto del Penati presidente della Provincia di Milano e anche rappresentante designato dalla Provincia in molte società partecipate (come la Serravalle).
L'altra parte della provvista di denaro, invece, ebbe la destinazione dettata appunto dall'istruzione data da Pasini alla banca il 16 marzo 2001 e ora in mano agli inquirenti: «A debito del conto Pinocchio, vogliate mettere a disposizione per contanti L. 2.500.000 a favore di Di Caterina Piero. Alla sua presenza, attendere mia conferma telefonica».
Consulenti imposti e coop
Il monte-tangenti svelato da Pasini, intanto, sale ancora e si attesta sugli 8 miliardi di lire. Ai 4 o 4,5 miliardi per l'area ex Falck consegnati in Lussemburgo e Svizzera, e ai 1.250 milioni di lire per l'area ex Ercole Marelli (anch'essa di Pasini) «mascherati» dietro il saldo negativo di una permuta tra terreni con Di Caterina, il costruttore aggiunge un'altra tangente che colloca prima, nel 2000, addirittura al momento di comprare dai Falck l'area dove sorgevano le acciaierie. A suo dire, gli sarebbe stato fatto capire che l'acquisto dell'area gli sarebbe stato consentito o comunque facilitato dalla politica se avesse ingaggiato come consulenti due professionisti asseritamente vicini alle coop rosse emiliane, indicati in Francesco Agnello e Giampaolo Salami, ai quali Pasini paga compensi per 2 miliardi e 400 milioni di lire e che ora sono anch'essi indagati per l'ipotesi di concussione.
Luigi Ferrarella
[email protected]
Giuseppe Guastella
[email protected]
22 luglio 2011 07:48
© RIPRODUZIONE RISERVATA
IL CASO MILANO
«Soldi anche al partito di Penati»
L'imprenditore Di Caterina accusa il dirigente pd: «Spremuto come un limone»
MILANO - Non c'è soltanto il costruttore, consigliere comunale ed ex candidato sindaco del centrodestra Giuseppe Pasini ad accusare il big del Pd lombardo Filippo Penati di avergli chiesto 20 miliardi di lire nel 2000-2001 per il via libera ai progetti urbanistici di Pasini sull'area ex Falck, e di essere poi stato destinatario di più di cinque miliardi tramite due intermediari che sono stati pagati in Lussemburgo (Piero Di Caterina) e in Svizzera (Giordano Vimercati): a parlare con i pm, infatti, è proprio anche Di Caterina, imprenditore del trasporto pubblico con la sua «Caronte».
«Spremuto come limone»
Pasini raccontava che Di Caterina era stato il collettore indicatogli da Penati per le erogazioni pretese (a suo dire) dall'allora sindaco ds di Sesto San Giovanni, ieri autosospesosi da vicepresidente del Consiglio regionale lombardo dopo essere stato indagato l'altro ieri dai pm monzesi Walter Mapelli e Franca Macchia per le ipotesi di concussione, corruzione e finanziamento illecito ai partiti. E affermava di aver dato in contanti a Di Caterina due miliardi di vecchie lire in Lussemburgo.
E Di Caterina? Conferma che è vero. Nei mesi scorsi ha reso anche lui molti interrogatori, inquadrando questa ricezione di soldi in una sorta di compensazione tra favori alla politica e recriminazioni imprenditoriali, ai quali ricollega tutta una serie di finanziamenti che afferma di aver fatto nella seconda metà degli anni 90 e fino al 2000 per le esigenze del partito di Penati, in alcuni periodi anche cento milioni di lire al mese.
Come quelli di Pasini, anche i suoi verbali sono «segretati» ed è dunque arduo definirne i contenuti esatti. Ma il senso lo si afferra anche solo dalla scarna risposta di Di Caterina a chi ieri lo ha interpellato: «Sono stato spremuto come un limone. Non se ne poteva più di questo convivere gomito a gomito con i dinieghi immotivati, con i ritardi, con gli ostacoli della politica e della dirigenza dell'alta amministrazione. Adesso ho grande fiducia nei magistrati».
Il conto estero «Pinocchio»
Che davvero Pasini abbia pagato Di Caterina, ai suoi occhi fiduciario di Penati, è del resto provato da un documento acquisito dalla rogatoria in Lussemburgo (facilitata da Pasini) presso la banca alla quale bonificò a se stesso 4 miliardi di lire nel 2001. Parte di essi rimbalzarono in Svizzera e, a detta di Pasini, furono poi consegnati in contanti in strada a Chiasso a Giordano Vimercati, in seguito capo di gabinetto del Penati presidente della Provincia di Milano e anche rappresentante designato dalla Provincia in molte società partecipate (come la Serravalle).
L'altra parte della provvista di denaro, invece, ebbe la destinazione dettata appunto dall'istruzione data da Pasini alla banca il 16 marzo 2001 e ora in mano agli inquirenti: «A debito del conto Pinocchio, vogliate mettere a disposizione per contanti L. 2.500.000 a favore di Di Caterina Piero. Alla sua presenza, attendere mia conferma telefonica».
Consulenti imposti e coop
Il monte-tangenti svelato da Pasini, intanto, sale ancora e si attesta sugli 8 miliardi di lire. Ai 4 o 4,5 miliardi per l'area ex Falck consegnati in Lussemburgo e Svizzera, e ai 1.250 milioni di lire per l'area ex Ercole Marelli (anch'essa di Pasini) «mascherati» dietro il saldo negativo di una permuta tra terreni con Di Caterina, il costruttore aggiunge un'altra tangente che colloca prima, nel 2000, addirittura al momento di comprare dai Falck l'area dove sorgevano le acciaierie. A suo dire, gli sarebbe stato fatto capire che l'acquisto dell'area gli sarebbe stato consentito o comunque facilitato dalla politica se avesse ingaggiato come consulenti due professionisti asseritamente vicini alle coop rosse emiliane, indicati in Francesco Agnello e Giampaolo Salami, ai quali Pasini paga compensi per 2 miliardi e 400 milioni di lire e che ora sono anch'essi indagati per l'ipotesi di concussione.
Luigi Ferrarella
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Se coloro che vincono le gare hanno certificati antimafia ma sono in strette relazioni con altre imprese sottoposte all'attenzione della mafia,tutte munite di certificazioni delle prefetture,allora è un problema diverso che non compete a me valutare. I.F.
doddi ha scritto:http://www.corriere.it/cronache/11_lugl ... 4dd1.shtml
IL CASO MILANO
«Soldi anche al partito di Penati»
L'imprenditore Di Caterina accusa il dirigente pd: «Spremuto come un limone»
MILANO - Non c'è soltanto il costruttore, consigliere comunale ed ex candidato sindaco del centrodestra Giuseppe Pasini ad accusare il big del Pd lombardo Filippo Penati di avergli chiesto 20 miliardi di lire nel 2000-2001 per il via libera ai progetti urbanistici di Pasini sull'area ex Falck, e di essere poi stato destinatario di più di cinque miliardi tramite due intermediari che sono stati pagati in Lussemburgo (Piero Di Caterina) e in Svizzera (Giordano Vimercati): a parlare con i pm, infatti, è proprio anche Di Caterina, imprenditore del trasporto pubblico con la sua «Caronte».
«Spremuto come limone»
Pasini raccontava che Di Caterina era stato il collettore indicatogli da Penati per le erogazioni pretese (a suo dire) dall'allora sindaco ds di Sesto San Giovanni, ieri autosospesosi da vicepresidente del Consiglio regionale lombardo dopo essere stato indagato l'altro ieri dai pm monzesi Walter Mapelli e Franca Macchia per le ipotesi di concussione, corruzione e finanziamento illecito ai partiti. E affermava di aver dato in contanti a Di Caterina due miliardi di vecchie lire in Lussemburgo.
E Di Caterina? Conferma che è vero. Nei mesi scorsi ha reso anche lui molti interrogatori, inquadrando questa ricezione di soldi in una sorta di compensazione tra favori alla politica e recriminazioni imprenditoriali, ai quali ricollega tutta una serie di finanziamenti che afferma di aver fatto nella seconda metà degli anni 90 e fino al 2000 per le esigenze del partito di Penati, in alcuni periodi anche cento milioni di lire al mese.
Come quelli di Pasini, anche i suoi verbali sono «segretati» ed è dunque arduo definirne i contenuti esatti. Ma il senso lo si afferra anche solo dalla scarna risposta di Di Caterina a chi ieri lo ha interpellato: «Sono stato spremuto come un limone. Non se ne poteva più di questo convivere gomito a gomito con i dinieghi immotivati, con i ritardi, con gli ostacoli della politica e della dirigenza dell'alta amministrazione. Adesso ho grande fiducia nei magistrati».
Il conto estero «Pinocchio»
Che davvero Pasini abbia pagato Di Caterina, ai suoi occhi fiduciario di Penati, è del resto provato da un documento acquisito dalla rogatoria in Lussemburgo (facilitata da Pasini) presso la banca alla quale bonificò a se stesso 4 miliardi di lire nel 2001. Parte di essi rimbalzarono in Svizzera e, a detta di Pasini, furono poi consegnati in contanti in strada a Chiasso a Giordano Vimercati, in seguito capo di gabinetto del Penati presidente della Provincia di Milano e anche rappresentante designato dalla Provincia in molte società partecipate (come la Serravalle).
L'altra parte della provvista di denaro, invece, ebbe la destinazione dettata appunto dall'istruzione data da Pasini alla banca il 16 marzo 2001 e ora in mano agli inquirenti: «A debito del conto Pinocchio, vogliate mettere a disposizione per contanti L. 2.500.000 a favore di Di Caterina Piero. Alla sua presenza, attendere mia conferma telefonica».
Consulenti imposti e coop
Il monte-tangenti svelato da Pasini, intanto, sale ancora e si attesta sugli 8 miliardi di lire. Ai 4 o 4,5 miliardi per l'area ex Falck consegnati in Lussemburgo e Svizzera, e ai 1.250 milioni di lire per l'area ex Ercole Marelli (anch'essa di Pasini) «mascherati» dietro il saldo negativo di una permuta tra terreni con Di Caterina, il costruttore aggiunge un'altra tangente che colloca prima, nel 2000, addirittura al momento di comprare dai Falck l'area dove sorgevano le acciaierie. A suo dire, gli sarebbe stato fatto capire che l'acquisto dell'area gli sarebbe stato consentito o comunque facilitato dalla politica se avesse ingaggiato come consulenti due professionisti asseritamente vicini alle coop rosse emiliane, indicati in Francesco Agnello e Giampaolo Salami, ai quali Pasini paga compensi per 2 miliardi e 400 milioni di lire e che ora sono anch'essi indagati per l'ipotesi di concussione.
Luigi Ferrarella
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22 luglio 2011 07:48
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Doddi allora convieni con me che i ladri ci stanno-e a prescindere dal colore politico-vanno buttati in galera senza pietà??
https://www.youtube.com/watch?v=-JQINuybHL4" onclick="window.open(this.href);return false;
Quale persona di buon senso potrebbe MAI affermare il contrario?reggino ha scritto:doddi ha scritto:http://www.corriere.it/cronache/11_lugl ... 4dd1.shtml
IL CASO MILANO
«Soldi anche al partito di Penati»
L'imprenditore Di Caterina accusa il dirigente pd: «Spremuto come un limone»
MILANO - Non c'è soltanto il costruttore, consigliere comunale ed ex candidato sindaco del centrodestra Giuseppe Pasini ad accusare il big del Pd lombardo Filippo Penati di avergli chiesto 20 miliardi di lire nel 2000-2001 per il via libera ai progetti urbanistici di Pasini sull'area ex Falck, e di essere poi stato destinatario di più di cinque miliardi tramite due intermediari che sono stati pagati in Lussemburgo (Piero Di Caterina) e in Svizzera (Giordano Vimercati): a parlare con i pm, infatti, è proprio anche Di Caterina, imprenditore del trasporto pubblico con la sua «Caronte».
«Spremuto come limone»
Pasini raccontava che Di Caterina era stato il collettore indicatogli da Penati per le erogazioni pretese (a suo dire) dall'allora sindaco ds di Sesto San Giovanni, ieri autosospesosi da vicepresidente del Consiglio regionale lombardo dopo essere stato indagato l'altro ieri dai pm monzesi Walter Mapelli e Franca Macchia per le ipotesi di concussione, corruzione e finanziamento illecito ai partiti. E affermava di aver dato in contanti a Di Caterina due miliardi di vecchie lire in Lussemburgo.
E Di Caterina? Conferma che è vero. Nei mesi scorsi ha reso anche lui molti interrogatori, inquadrando questa ricezione di soldi in una sorta di compensazione tra favori alla politica e recriminazioni imprenditoriali, ai quali ricollega tutta una serie di finanziamenti che afferma di aver fatto nella seconda metà degli anni 90 e fino al 2000 per le esigenze del partito di Penati, in alcuni periodi anche cento milioni di lire al mese.
Come quelli di Pasini, anche i suoi verbali sono «segretati» ed è dunque arduo definirne i contenuti esatti. Ma il senso lo si afferra anche solo dalla scarna risposta di Di Caterina a chi ieri lo ha interpellato: «Sono stato spremuto come un limone. Non se ne poteva più di questo convivere gomito a gomito con i dinieghi immotivati, con i ritardi, con gli ostacoli della politica e della dirigenza dell'alta amministrazione. Adesso ho grande fiducia nei magistrati».
Il conto estero «Pinocchio»
Che davvero Pasini abbia pagato Di Caterina, ai suoi occhi fiduciario di Penati, è del resto provato da un documento acquisito dalla rogatoria in Lussemburgo (facilitata da Pasini) presso la banca alla quale bonificò a se stesso 4 miliardi di lire nel 2001. Parte di essi rimbalzarono in Svizzera e, a detta di Pasini, furono poi consegnati in contanti in strada a Chiasso a Giordano Vimercati, in seguito capo di gabinetto del Penati presidente della Provincia di Milano e anche rappresentante designato dalla Provincia in molte società partecipate (come la Serravalle).
L'altra parte della provvista di denaro, invece, ebbe la destinazione dettata appunto dall'istruzione data da Pasini alla banca il 16 marzo 2001 e ora in mano agli inquirenti: «A debito del conto Pinocchio, vogliate mettere a disposizione per contanti L. 2.500.000 a favore di Di Caterina Piero. Alla sua presenza, attendere mia conferma telefonica».
Consulenti imposti e coop
Il monte-tangenti svelato da Pasini, intanto, sale ancora e si attesta sugli 8 miliardi di lire. Ai 4 o 4,5 miliardi per l'area ex Falck consegnati in Lussemburgo e Svizzera, e ai 1.250 milioni di lire per l'area ex Ercole Marelli (anch'essa di Pasini) «mascherati» dietro il saldo negativo di una permuta tra terreni con Di Caterina, il costruttore aggiunge un'altra tangente che colloca prima, nel 2000, addirittura al momento di comprare dai Falck l'area dove sorgevano le acciaierie. A suo dire, gli sarebbe stato fatto capire che l'acquisto dell'area gli sarebbe stato consentito o comunque facilitato dalla politica se avesse ingaggiato come consulenti due professionisti asseritamente vicini alle coop rosse emiliane, indicati in Francesco Agnello e Giampaolo Salami, ai quali Pasini paga compensi per 2 miliardi e 400 milioni di lire e che ora sono anch'essi indagati per l'ipotesi di concussione.
Luigi Ferrarella
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Doddi allora convieni con me che i ladri ci stanno-e a prescindere dal colore politico-vanno buttati in galera senza pietà??
Se coloro che vincono le gare hanno certificati antimafia ma sono in strette relazioni con altre imprese sottoposte all'attenzione della mafia,tutte munite di certificazioni delle prefetture,allora è un problema diverso che non compete a me valutare. I.F.
doddi ha scritto:Quale persona di buon senso potrebbe MAI affermare il contrario?reggino ha scritto:doddi ha scritto:http://www.corriere.it/cronache/11_lugl ... 4dd1.shtml
IL CASO MILANO
«Soldi anche al partito di Penati»
L'imprenditore Di Caterina accusa il dirigente pd: «Spremuto come un limone»
MILANO - Non c'è soltanto il costruttore, consigliere comunale ed ex candidato sindaco del centrodestra Giuseppe Pasini ad accusare il big del Pd lombardo Filippo Penati di avergli chiesto 20 miliardi di lire nel 2000-2001 per il via libera ai progetti urbanistici di Pasini sull'area ex Falck, e di essere poi stato destinatario di più di cinque miliardi tramite due intermediari che sono stati pagati in Lussemburgo (Piero Di Caterina) e in Svizzera (Giordano Vimercati): a parlare con i pm, infatti, è proprio anche Di Caterina, imprenditore del trasporto pubblico con la sua «Caronte».
«Spremuto come limone»
Pasini raccontava che Di Caterina era stato il collettore indicatogli da Penati per le erogazioni pretese (a suo dire) dall'allora sindaco ds di Sesto San Giovanni, ieri autosospesosi da vicepresidente del Consiglio regionale lombardo dopo essere stato indagato l'altro ieri dai pm monzesi Walter Mapelli e Franca Macchia per le ipotesi di concussione, corruzione e finanziamento illecito ai partiti. E affermava di aver dato in contanti a Di Caterina due miliardi di vecchie lire in Lussemburgo.
E Di Caterina? Conferma che è vero. Nei mesi scorsi ha reso anche lui molti interrogatori, inquadrando questa ricezione di soldi in una sorta di compensazione tra favori alla politica e recriminazioni imprenditoriali, ai quali ricollega tutta una serie di finanziamenti che afferma di aver fatto nella seconda metà degli anni 90 e fino al 2000 per le esigenze del partito di Penati, in alcuni periodi anche cento milioni di lire al mese.
Come quelli di Pasini, anche i suoi verbali sono «segretati» ed è dunque arduo definirne i contenuti esatti. Ma il senso lo si afferra anche solo dalla scarna risposta di Di Caterina a chi ieri lo ha interpellato: «Sono stato spremuto come un limone. Non se ne poteva più di questo convivere gomito a gomito con i dinieghi immotivati, con i ritardi, con gli ostacoli della politica e della dirigenza dell'alta amministrazione. Adesso ho grande fiducia nei magistrati».
Il conto estero «Pinocchio»
Che davvero Pasini abbia pagato Di Caterina, ai suoi occhi fiduciario di Penati, è del resto provato da un documento acquisito dalla rogatoria in Lussemburgo (facilitata da Pasini) presso la banca alla quale bonificò a se stesso 4 miliardi di lire nel 2001. Parte di essi rimbalzarono in Svizzera e, a detta di Pasini, furono poi consegnati in contanti in strada a Chiasso a Giordano Vimercati, in seguito capo di gabinetto del Penati presidente della Provincia di Milano e anche rappresentante designato dalla Provincia in molte società partecipate (come la Serravalle).
L'altra parte della provvista di denaro, invece, ebbe la destinazione dettata appunto dall'istruzione data da Pasini alla banca il 16 marzo 2001 e ora in mano agli inquirenti: «A debito del conto Pinocchio, vogliate mettere a disposizione per contanti L. 2.500.000 a favore di Di Caterina Piero. Alla sua presenza, attendere mia conferma telefonica».
Consulenti imposti e coop
Il monte-tangenti svelato da Pasini, intanto, sale ancora e si attesta sugli 8 miliardi di lire. Ai 4 o 4,5 miliardi per l'area ex Falck consegnati in Lussemburgo e Svizzera, e ai 1.250 milioni di lire per l'area ex Ercole Marelli (anch'essa di Pasini) «mascherati» dietro il saldo negativo di una permuta tra terreni con Di Caterina, il costruttore aggiunge un'altra tangente che colloca prima, nel 2000, addirittura al momento di comprare dai Falck l'area dove sorgevano le acciaierie. A suo dire, gli sarebbe stato fatto capire che l'acquisto dell'area gli sarebbe stato consentito o comunque facilitato dalla politica se avesse ingaggiato come consulenti due professionisti asseritamente vicini alle coop rosse emiliane, indicati in Francesco Agnello e Giampaolo Salami, ai quali Pasini paga compensi per 2 miliardi e 400 milioni di lire e che ora sono anch'essi indagati per l'ipotesi di concussione.
Luigi Ferrarella
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Giuseppe Guastella
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22 luglio 2011 07:48
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Doddi allora convieni con me che i ladri ci stanno-e a prescindere dal colore politico-vanno buttati in galera senza pietà??
Ascoltando certi politici,sembra che TUTTI i politici siano puliti,e se la magistratura si permette di indagarli o condannarli si tratta di fumus persecutionis,infatti il movente per cui è stata respinta l'autorizzazione a procedere per Tedesco,è stato questo.Mi fa piacere che si stia rendendo conto che nel contesto politico attuale c'è gente squallida da una parte così come anche dall'altra,e il mio augurio è che la magistratura li butti dentro il prima possibile.
https://www.youtube.com/watch?v=-JQINuybHL4" onclick="window.open(this.href);return false;
La storia di tangentopoli del 92 e quella odierna ricordano tanto quella dello scudetto all'inter del 2006, in pratica chi decide sceglie come dove e quanto colpire per strategie estranee all'attività al proprio ruolo istituzionale. Ed intanto corruzione e concussione impazzano bellamente.reggino ha scritto:doddi ha scritto:Quale persona di buon senso potrebbe MAI affermare il contrario?reggino ha scritto: Doddi allora convieni con me che i ladri ci stanno-e a prescindere dal colore politico-vanno buttati in galera senza pietà??
Ascoltando certi politici,sembra che TUTTI i politici siano puliti,e se la magistratura si permette di indagarli o condannarli si tratta di fumus persecutionis,infatti il movente per cui è stata respinta l'autorizzazione a procedere per Tedesco,è stato questo.Mi fa piacere che si stia rendendo conto che nel contesto politico attuale c'è gente squallida da una parte così come anche dall'altra,e il mio augurio è che la magistratura li butti dentro il prima possibile.
Se coloro che vincono le gare hanno certificati antimafia ma sono in strette relazioni con altre imprese sottoposte all'attenzione della mafia,tutte munite di certificazioni delle prefetture,allora è un problema diverso che non compete a me valutare. I.F.
doddi scrive:
La storia di tangentopoli del 92 e quella odierna ricordano tanto quella dello scudetto all'inter del 2006, in pratica chi decide sceglie come dove e quanto colpire per strategie estranee all'attività al proprio ruolo istituzionale. Ed intanto corruzione e concussione impazzano bellamente.[/quote]
A me pare che stiano colpedendo i ladri,a prescindere dallo schieramento cui appartengono.
E così bisogna fare.
La storia di tangentopoli del 92 e quella odierna ricordano tanto quella dello scudetto all'inter del 2006, in pratica chi decide sceglie come dove e quanto colpire per strategie estranee all'attività al proprio ruolo istituzionale. Ed intanto corruzione e concussione impazzano bellamente.[/quote]
A me pare che stiano colpedendo i ladri,a prescindere dallo schieramento cui appartengono.
E così bisogna fare.
https://www.youtube.com/watch?v=-JQINuybHL4" onclick="window.open(this.href);return false;
Dipende dalle procure reggino, prova fare una piccola analisi e capirai.reggino ha scritto:
A me pare che stiano colpedendo i ladri,a prescindere dallo schieramento cui appartengono.
E così bisogna fare.
Cmq più ne prendono meglio è, ahivoglia a lavoro che hanno da fare
Se coloro che vincono le gare hanno certificati antimafia ma sono in strette relazioni con altre imprese sottoposte all'attenzione della mafia,tutte munite di certificazioni delle prefetture,allora è un problema diverso che non compete a me valutare. I.F.
doddi ha scritto:Dipende dalle procure reggino, prova fare una piccola analisi e capirai.reggino ha scritto:
A me pare che stiano colpedendo i ladri,a prescindere dallo schieramento cui appartengono.
E così bisogna fare.
Cmq più ne prendono meglio è, ahivoglia a lavoro che hanno da fare
secondo me invece dipende dai politici.Se non rubi,non hai nulla da temere.
https://www.youtube.com/watch?v=-JQINuybHL4" onclick="window.open(this.href);return false;
Va bene, però uno dei più grandi corruttori della nostra storia attualmente è presidente del consiglio, se non cominciamo a mandare a casa lui poi non possiamo certo lamentarci che la corruzione dilaghi... voglio dire, anche i pesci piccoli si sentono autorizzati a trafficare in libertà se vedono che i pesci grossi hanno tutto questo successo. O no?doddi ha scritto: Ed intanto corruzione e concussione impazzano bellamente.
rorschach ha scritto:Va bene, però uno dei più grandi corruttori della nostra storia attualmente è presidente del consiglio, se non cominciamo a mandare a casa lui poi non possiamo certo lamentarci che la corruzione dilaghi... voglio dire, anche i pesci piccoli si sentono autorizzati a trafficare in libertà se vedono che i pesci grossi hanno tutto questo successo. O no?doddi ha scritto: Ed intanto corruzione e concussione impazzano bellamente.
e che lo dici a fare...piuttosto, rimpingua i topic che mi interessano
http://www.corriere.it/cronache/11_lugl ... 1366.shtml
LE INCHIESTE
«Tangenti nell'ex Stalingrado»
Indagato anche il sindaco del Pd
Il costruttore del caso Penati: costretto a finanziare il Palaghiaccio
MILANO - Sono una bomba a grappolo le dichiarazioni agli inquirenti di Giuseppe Pasini, l'82enne costruttore ex proprietario dell'area Falck a Sesto San Giovanni e già candidato del centrodestra alle comunali del 2007: se il più direttamente colpito è l'ex sindaco e attuale vicepresidente (autosospeso) del consiglio regionale della Lombardia, Filippo Penati, indagato per le ipotesi di concussione, corruzione e finanziamento illecito, alcune schegge raggiungono ora anche l'attuale sindaco di Sesto San Giovanni (l'ex Stalingrado d'Italia), compagno di Penati nel Pd ma notoriamente non proprio in sintonia con l'ex presidente della Provincia di Milano ed ex capo (fino a 8 mesi fa) della segreteria politica di Bersani. A essere indagato per l'ipotesi di concussione nell'inchiesta della Procura di Monza, infatti, è anche Giorgio Oldrini, dopo Penati dal maggio 2002 sindaco come già suo padre Abramo dal 1946 al 1962, e riconfermato nel 2007 (proprio dal voto in cui sconfisse la lista civica di Pasini alleata con Forza Italia e Alleanza nazionale) alla guida della giunta di centrosinistra che l'altro giorno ha già registrato le dimissioni dell'indagato assessore comunale alle risorse finanziarie ed edilizia privata Pasqualino Di Leva.
Soldi sul Palaghiaccio
Gli accertamenti su Oldrini vertono su una vicenda che al momento appare più indiretta rispetto alle accuse a Penati, ma sono imposti dal tipo di dichiarazioni di Pasini a proposito del suo impegno economico nella ristrutturazione del «Palasesto»: cioè nella trasformazione a partire dal 1999 del vecchio palazzetto dello sport (basket e pallavolo) nell'attuale palazzo del ghiaccio, due piste per l'hockey e il pattinaggio ma con possibilità di copertura con uno speciale pavimento da mettere e togliere in poche ore per ospitare manifestazioni culturali, convegni, spettacoli musicali o altri sport come arti marziali, ginnastica, calcetto.
Poiché nel 1999 all'amministrazione comunale di Penati appariva troppo costoso gestire una struttura da 4 mila posti, la soluzione individuata fu una convenzione con l'Hockey club pluriscudettato «Diavoli rossoneri» di Milano (in cerca di un impianto adeguato per i suoi giovani atleti), che a proprie spese avrebbe acceso un mutuo con il Credito sportivo per trasformare il Palasesto (con lavori fatti da Pasini) e tenerlo poi in affitto per nove anni. Mutuo garantito però da una fideiussione prestata proprio da Pasini, il quale, sotto pressione di questa esposizione, ora racconta agli inquirenti di aver dovuto far fronte ad alcune rate del mutuo perché a ciò indotto (a suo dire) anche dal sindaco Oldrini. E in questa operazione sostiene di aver dovuto tirare fuori di tasca propria quasi 3 milioni di euro.
16 miliardi di lire
I soldi attorno al Palaghiaccio, pari a 6 miliardi di lire, nella contabilità di Pasini alla Guardi di finanza di Milano e ai pm Walter Mapelli e Franca Macchia, si sommano dunque ai 4 miliardi di tangenti che il costruttore dice d'aver destinato a Penati (che, stando al suo racconto, gliene aveva chiesti 20 per l'ok ai progetti urbanistici sull'area Falck) attraverso due consegne in contanti agli indicati fiduciari Piero Di Caterina e Giordano Vimercati; alla permuta tra due terreni per «mascherare» 1 miliardo e 250 milioni a Di Caterina; e ai soldi (quattro fatture non da 600 milioni di lire l'una ma da 600.000 euro l'una, quindi in tutto 2 milioni e 400.000 euro ovvero 4 miliardi e 800 milioni di lire) che Pasini afferma di aver dovuto pagare in consulenze «obbligatoriamente» affidate a due professionisti (ora indagati per concussione) vicini alle coop rosse emiliane, indicatigli come da coinvolgere per forza nei lavori.
Il Pd: «Regolari i bilanci»
In più ci sono i finanziamenti che Di Caterina, imprenditore del trasporto pubblico in provincia di Milano, ha dichiarato di aver fatto al partito di Penati da metà dei '90 all'inizio del successivo decennio, in alcuni periodi anche per 100 milioni di lire al mese. Ricostruzione che il partito respinge: «Mai preso finanziamenti illeciti - afferma il tesoriere Antonio Misiani -. I nostri bilanci sono pubblici e certificati da una società indipendente», e «di fronte a informazioni di stampa ambigue e fuorvianti abbiamo deciso di dare mandato ai nostri legali per tutelare il buon nome del Partito democratico».
Luigi Ferrarella, Giuseppe Guastella
23 luglio 2011 09:52
© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.youtube.com/watch?v=PGcL5IRHvlk
LE INCHIESTE
«Tangenti nell'ex Stalingrado»
Indagato anche il sindaco del Pd
Il costruttore del caso Penati: costretto a finanziare il Palaghiaccio
MILANO - Sono una bomba a grappolo le dichiarazioni agli inquirenti di Giuseppe Pasini, l'82enne costruttore ex proprietario dell'area Falck a Sesto San Giovanni e già candidato del centrodestra alle comunali del 2007: se il più direttamente colpito è l'ex sindaco e attuale vicepresidente (autosospeso) del consiglio regionale della Lombardia, Filippo Penati, indagato per le ipotesi di concussione, corruzione e finanziamento illecito, alcune schegge raggiungono ora anche l'attuale sindaco di Sesto San Giovanni (l'ex Stalingrado d'Italia), compagno di Penati nel Pd ma notoriamente non proprio in sintonia con l'ex presidente della Provincia di Milano ed ex capo (fino a 8 mesi fa) della segreteria politica di Bersani. A essere indagato per l'ipotesi di concussione nell'inchiesta della Procura di Monza, infatti, è anche Giorgio Oldrini, dopo Penati dal maggio 2002 sindaco come già suo padre Abramo dal 1946 al 1962, e riconfermato nel 2007 (proprio dal voto in cui sconfisse la lista civica di Pasini alleata con Forza Italia e Alleanza nazionale) alla guida della giunta di centrosinistra che l'altro giorno ha già registrato le dimissioni dell'indagato assessore comunale alle risorse finanziarie ed edilizia privata Pasqualino Di Leva.
Soldi sul Palaghiaccio
Gli accertamenti su Oldrini vertono su una vicenda che al momento appare più indiretta rispetto alle accuse a Penati, ma sono imposti dal tipo di dichiarazioni di Pasini a proposito del suo impegno economico nella ristrutturazione del «Palasesto»: cioè nella trasformazione a partire dal 1999 del vecchio palazzetto dello sport (basket e pallavolo) nell'attuale palazzo del ghiaccio, due piste per l'hockey e il pattinaggio ma con possibilità di copertura con uno speciale pavimento da mettere e togliere in poche ore per ospitare manifestazioni culturali, convegni, spettacoli musicali o altri sport come arti marziali, ginnastica, calcetto.
Poiché nel 1999 all'amministrazione comunale di Penati appariva troppo costoso gestire una struttura da 4 mila posti, la soluzione individuata fu una convenzione con l'Hockey club pluriscudettato «Diavoli rossoneri» di Milano (in cerca di un impianto adeguato per i suoi giovani atleti), che a proprie spese avrebbe acceso un mutuo con il Credito sportivo per trasformare il Palasesto (con lavori fatti da Pasini) e tenerlo poi in affitto per nove anni. Mutuo garantito però da una fideiussione prestata proprio da Pasini, il quale, sotto pressione di questa esposizione, ora racconta agli inquirenti di aver dovuto far fronte ad alcune rate del mutuo perché a ciò indotto (a suo dire) anche dal sindaco Oldrini. E in questa operazione sostiene di aver dovuto tirare fuori di tasca propria quasi 3 milioni di euro.
16 miliardi di lire
I soldi attorno al Palaghiaccio, pari a 6 miliardi di lire, nella contabilità di Pasini alla Guardi di finanza di Milano e ai pm Walter Mapelli e Franca Macchia, si sommano dunque ai 4 miliardi di tangenti che il costruttore dice d'aver destinato a Penati (che, stando al suo racconto, gliene aveva chiesti 20 per l'ok ai progetti urbanistici sull'area Falck) attraverso due consegne in contanti agli indicati fiduciari Piero Di Caterina e Giordano Vimercati; alla permuta tra due terreni per «mascherare» 1 miliardo e 250 milioni a Di Caterina; e ai soldi (quattro fatture non da 600 milioni di lire l'una ma da 600.000 euro l'una, quindi in tutto 2 milioni e 400.000 euro ovvero 4 miliardi e 800 milioni di lire) che Pasini afferma di aver dovuto pagare in consulenze «obbligatoriamente» affidate a due professionisti (ora indagati per concussione) vicini alle coop rosse emiliane, indicatigli come da coinvolgere per forza nei lavori.
Il Pd: «Regolari i bilanci»
In più ci sono i finanziamenti che Di Caterina, imprenditore del trasporto pubblico in provincia di Milano, ha dichiarato di aver fatto al partito di Penati da metà dei '90 all'inizio del successivo decennio, in alcuni periodi anche per 100 milioni di lire al mese. Ricostruzione che il partito respinge: «Mai preso finanziamenti illeciti - afferma il tesoriere Antonio Misiani -. I nostri bilanci sono pubblici e certificati da una società indipendente», e «di fronte a informazioni di stampa ambigue e fuorvianti abbiamo deciso di dare mandato ai nostri legali per tutelare il buon nome del Partito democratico».
Luigi Ferrarella, Giuseppe Guastella
23 luglio 2011 09:52
© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.youtube.com/watch?v=PGcL5IRHvlk
Se coloro che vincono le gare hanno certificati antimafia ma sono in strette relazioni con altre imprese sottoposte all'attenzione della mafia,tutte munite di certificazioni delle prefetture,allora è un problema diverso che non compete a me valutare. I.F.
http://milano.repubblica.it/cronaca/201 ... ef=HREC1-8
L'INTERVISTA
Parla il grande accusatore di Penati
"Mi minacciavano e succhiavano soldi"
Di Caterina: "Lo chiamano lobbismo, in realtà sono tangenti". "Perché ho denunciato
dopo anni? Perché a un certo punto le tutele che avevano promesso non arrivavano"
di PAOLO BERIZZI
«Il mio rapporto con Penati? Si è incrinato quando ho iniziato a criticare il sistema. Che era diventato una palude insopportabile. Se fai impresa — a Sesto, a Milano, a Parma, a Napoli, dappertutto — devi entrare nella palude. Altrimenti non lavori. I politici te lo dicono chiaramente. Vuoi un’autorizzazione? Devi pagare. Oppure te lo fanno capire in modo più nobile: perché non sponsorizzi il partito, dai...? Come se fosse una squadra di calcio...». E’ un torrente in piena Piero Di Caterina, il Grande Accusatore (assieme al costruttore Giuseppe Pasini) al centro dell’inchiesta per corruzione che ha travolto la ex Stalingrado d’Italia e messo nei guai Filippo Penati. Cinquantasette anni, origini pugliesi, big lombardo dei trasporti pubblici con la sua Caronte (150 dipendenti), oltre che «uomo di fiducia di Penati» e presunto ricettore delle tangenti destinate al politico, Di Caterina secondo la Procura è stato anche un «grande finanziatore del Pd».
Il 'sistema Sesto' Penati: "Ecco perché mi autosospendo" Parla il grande accusatore L'INCHIESTA Fatture false e società off shore Penati indagato LA SCHEDA Il più grande cantiere d'Europa L'area della Falck a Sesto
Lei ha dichiarato ai pm di avere pagato per anni «Penati e il partito di Penati» in cambio di appalti. In certi periodi anche «100 milioni di lire al mese».
«Ho denunciato un sistema trasversale: quello delle mazzette. O paghi o sei fuori dal mercato. Non posso entrare nei dettagli dell’indagine: a questo penseranno i magistrati. Dico solo che il sistema è uguale a sinistra e a destra. Io ho lavorato un po’ con tutti, in diversi Comuni nell’area metropolitana milanese. Non ce l’ho solo con Penati, ma con tutti i Penati d’Italia».
Accusa i politici di chiedere tangenti agli imprenditori. Ma lei le ha pagate. E ha alimentato il sistema.
«Che cosa dovevo fare, andare a lavorare in Svizzera? In Italia l’impresa va avanti con la politica. Ma a un certo punto mi sono stufato. E’ indecente che per avere un’autorizzazione alla quale avresti diritto devi pagare un politico. Se lavori con il pubblico, poi, ti spremono come un limone. Ti mettono nelle condizioni di non potere più lavorare. E’ come se dicessero a lei di fare il giornalista senza usare il telefono e senza uscire dal suo ufficio».
Il paragone è un po’ forte. Qui stiamo parlando di tangenti. E’ un reato.
«Io non sono uno che paga tangenti tanto facilmente. Se sei un pubblico ufficiale e mi chiedi una mazzetta ti do un calcio nel sedere. Se sei un politico è più facile cascarci. Loro lo chiamano lobbismo, per me sono tangenti e stop».
La accusano di essere uno degli uomini che facevano da collettore per il denaro destinato a Penati. Addirittura avrebbe intascato due miliardi di vecchie lire in Lussemburgo. E’ vero?
«E’ gossip».
Emerge dai documenti dell’indagine, lo racconta Giuseppe Pasini e lo avrebbe ammesso lei stesso di fronte ai pm.
«Voi vi soffermate sul passaggio di denaro, che è solo uno degli aspetti. Il problema è il sistema: i politici che ti stritolano. Se Atm mi deve 15 milioni nel 2005 e me li da nel 2010 sa che cosa significa per la mia impresa? E sa che cosa succedeva quando protestavo? Mi dicevano: “fai la denuncia e poi vediamo...”. In tono di sfida. E’ una cosa di una violenza inaudita. Abbiamo (la Caronte, ndr) dovuto combattere contro Atm, una potenza di fuoco. Controllata dalla politica».
Scusi, ma perché a un certo punto decide di denunciare? Le hanno girato le spalle?
«Quando ho visto che le tutele politiche che mi avevano promesso non arrivavano mi sono ribellato. Mi succhiavano solo denaro. Le prime denunce risalgono al 2006. Da allora il mio rapporto con Penati è cambiato».
Eravate amici?
«Buoni conoscenti. Amici no. Altrimenti certe cose non sarebbero accadute».
E con Pasini in che rapporti siete?
«E’ una persona per bene, un altro limone che come me è stato spremuto».
E’ vero che nel 2004 lei ha messo a disposizione di Penati un’auto per la campagna elettorale?
«Sì ma non ricordo a che prezzo gliela diedi, se scontata e di quanto. Comunque noi fatturiamo tutto».
Che cosa teme di più di questa inchiesta?
«Eventuali e ulteriori ritorsioni della politica sulla mia azienda. Dopodiché, chi ha sbagliato paga. Il politico che chiede soldi e l’imprenditore che glieli dà».
L'INTERVISTA
Parla il grande accusatore di Penati
"Mi minacciavano e succhiavano soldi"
Di Caterina: "Lo chiamano lobbismo, in realtà sono tangenti". "Perché ho denunciato
dopo anni? Perché a un certo punto le tutele che avevano promesso non arrivavano"
di PAOLO BERIZZI
«Il mio rapporto con Penati? Si è incrinato quando ho iniziato a criticare il sistema. Che era diventato una palude insopportabile. Se fai impresa — a Sesto, a Milano, a Parma, a Napoli, dappertutto — devi entrare nella palude. Altrimenti non lavori. I politici te lo dicono chiaramente. Vuoi un’autorizzazione? Devi pagare. Oppure te lo fanno capire in modo più nobile: perché non sponsorizzi il partito, dai...? Come se fosse una squadra di calcio...». E’ un torrente in piena Piero Di Caterina, il Grande Accusatore (assieme al costruttore Giuseppe Pasini) al centro dell’inchiesta per corruzione che ha travolto la ex Stalingrado d’Italia e messo nei guai Filippo Penati. Cinquantasette anni, origini pugliesi, big lombardo dei trasporti pubblici con la sua Caronte (150 dipendenti), oltre che «uomo di fiducia di Penati» e presunto ricettore delle tangenti destinate al politico, Di Caterina secondo la Procura è stato anche un «grande finanziatore del Pd».
Il 'sistema Sesto' Penati: "Ecco perché mi autosospendo" Parla il grande accusatore L'INCHIESTA Fatture false e società off shore Penati indagato LA SCHEDA Il più grande cantiere d'Europa L'area della Falck a Sesto
Lei ha dichiarato ai pm di avere pagato per anni «Penati e il partito di Penati» in cambio di appalti. In certi periodi anche «100 milioni di lire al mese».
«Ho denunciato un sistema trasversale: quello delle mazzette. O paghi o sei fuori dal mercato. Non posso entrare nei dettagli dell’indagine: a questo penseranno i magistrati. Dico solo che il sistema è uguale a sinistra e a destra. Io ho lavorato un po’ con tutti, in diversi Comuni nell’area metropolitana milanese. Non ce l’ho solo con Penati, ma con tutti i Penati d’Italia».
Accusa i politici di chiedere tangenti agli imprenditori. Ma lei le ha pagate. E ha alimentato il sistema.
«Che cosa dovevo fare, andare a lavorare in Svizzera? In Italia l’impresa va avanti con la politica. Ma a un certo punto mi sono stufato. E’ indecente che per avere un’autorizzazione alla quale avresti diritto devi pagare un politico. Se lavori con il pubblico, poi, ti spremono come un limone. Ti mettono nelle condizioni di non potere più lavorare. E’ come se dicessero a lei di fare il giornalista senza usare il telefono e senza uscire dal suo ufficio».
Il paragone è un po’ forte. Qui stiamo parlando di tangenti. E’ un reato.
«Io non sono uno che paga tangenti tanto facilmente. Se sei un pubblico ufficiale e mi chiedi una mazzetta ti do un calcio nel sedere. Se sei un politico è più facile cascarci. Loro lo chiamano lobbismo, per me sono tangenti e stop».
La accusano di essere uno degli uomini che facevano da collettore per il denaro destinato a Penati. Addirittura avrebbe intascato due miliardi di vecchie lire in Lussemburgo. E’ vero?
«E’ gossip».
Emerge dai documenti dell’indagine, lo racconta Giuseppe Pasini e lo avrebbe ammesso lei stesso di fronte ai pm.
«Voi vi soffermate sul passaggio di denaro, che è solo uno degli aspetti. Il problema è il sistema: i politici che ti stritolano. Se Atm mi deve 15 milioni nel 2005 e me li da nel 2010 sa che cosa significa per la mia impresa? E sa che cosa succedeva quando protestavo? Mi dicevano: “fai la denuncia e poi vediamo...”. In tono di sfida. E’ una cosa di una violenza inaudita. Abbiamo (la Caronte, ndr) dovuto combattere contro Atm, una potenza di fuoco. Controllata dalla politica».
Scusi, ma perché a un certo punto decide di denunciare? Le hanno girato le spalle?
«Quando ho visto che le tutele politiche che mi avevano promesso non arrivavano mi sono ribellato. Mi succhiavano solo denaro. Le prime denunce risalgono al 2006. Da allora il mio rapporto con Penati è cambiato».
Eravate amici?
«Buoni conoscenti. Amici no. Altrimenti certe cose non sarebbero accadute».
E con Pasini in che rapporti siete?
«E’ una persona per bene, un altro limone che come me è stato spremuto».
E’ vero che nel 2004 lei ha messo a disposizione di Penati un’auto per la campagna elettorale?
«Sì ma non ricordo a che prezzo gliela diedi, se scontata e di quanto. Comunque noi fatturiamo tutto».
Che cosa teme di più di questa inchiesta?
«Eventuali e ulteriori ritorsioni della politica sulla mia azienda. Dopodiché, chi ha sbagliato paga. Il politico che chiede soldi e l’imprenditore che glieli dà».
Se coloro che vincono le gare hanno certificati antimafia ma sono in strette relazioni con altre imprese sottoposte all'attenzione della mafia,tutte munite di certificazioni delle prefetture,allora è un problema diverso che non compete a me valutare. I.F.
doddi ha scritto:Dipende dalle procure reggino, prova fare una piccola analisi e capirai.reggino ha scritto:
A me pare che stiano colpedendo i ladri,a prescindere dallo schieramento cui appartengono.
E così bisogna fare.
Cmq più ne prendono meglio è, ahivoglia a lavoro che hanno da fare
Tanto per capire e magari trarne delle nozioni che potrebbero far cambiare la mia di analisi.
Quale tieni sul comodino?
La speranza appartiene ai figli.
Noi adulti abbiamo già sperato e quasi sempre perso.
Noi adulti abbiamo già sperato e quasi sempre perso.
http://www.corriere.it/politica/11_lugl ... 6130.shtml
L'INCHIESTA
Finta caparra da 2 milioni
L'accusa sul sistema Penati
Coinvolto Binasco, accusato nel '93 di aver pagato Greganti
MILANO - Dal Pci al Pd, da Greganti a Penati, dalle lire agli euro. In mezzo, quasi 20 anni trascorsi da Mani pulite. Bruno Binasco, l'imprenditore arrestato nel 1993 per aver finanziato illecitamente il Pci tramite «il compagno G» Primo Greganti con 150 milioni di lire di mancata restituzione di interessi su una caparra immobiliare, è ora indagato dalla Procura di Monza per aver finanziato illecitamente con 2 milioni di euro nel 2010 il leader del Pd lombardo Filippo Penati, di nuovo con un meccanismo ruotante attorno a una caparra.
Anche in questa vicenda, come già per i 4 miliardi di lire in contanti che il costruttore e consigliere comunale di centrodestra Giuseppe Pasini dice di aver dato all'estero nel 2001 a due fiduciari dell'allora sindaco ds di Sesto San Giovanni (il futuro capo di gabinetto Giordano Vimercati e l'imprenditore del trasporto urbano Piero Di Caterina), il percorso dei soldi ipotizzato dai pm Walter Mapelli e Franca Macchia non è rettilineo, ma triangolato: un finanziamento illecito perfezionato a fine 2010 (quando Penati era capo della segreteria di Bersani) benché ideato nel 2008 (quand'era presidente della Provincia di Milano), secondo lo schema di una simulata trattativa d'acquisto da parte di Binasco di un immobile dell'imprenditore Di Caterina, quello che ha rivelato ai pm di aver finanziato il partito di Penati nella seconda metà anni 90, a volte anche con 100 milioni di lire al mese.
La finta maxi-caparra
del manager di Gavio
Il finanziamento illecito, alla fine, avrebbe assunto appunto la forma di una caparra immobiliare versata dal 66enne Binasco, più volte arrestato in Mani pulite ma quasi sempre sgusciato tra prescrizioni e assoluzioni. Storico braccio destro dello scomparso nel 2009 Marcellino Gavio, e amministratore delegato della cassaforte del gruppo (che gestisce 1.200 km di autostrade, è primo azionista di Impregilo e macina 6 miliardi di euro di fatturato), Binasco firma nel 2008 un contratto preliminare per l'acquisto di un immobile di Di Caterina, valutato in partenza a un prezzo molto alto. Ma, nel farlo, Binasco verga a mano una clausola che prevede che Di Caterina incameri una caparra generosissima, di ben 2 milioni di euro, nel caso in cui Binasco non eserciti l'opzione d'acquisto entro il 2010. E' esattamente quello che accadrà, ma che per gli inquirenti «doveva» accadere sin dall'inizio: Binasco nel 2010 lascia decadere l'opzione, e così effettua quello che l'accusa qualifica finanziamento illecito di 2 milioni al pd Penati, perché in questo modo estingue nel 2010 un «debito» che Penati nel 2008 si era visto reclamare dal finanziatore Di Caterina.
«Caro Penati, caro Binasco
vi ricordate i miei soldi?»
Nelle mani degli inquirenti, infatti, è caduta una missiva molto aspra indirizzata nel 2008 da Di Caterina non solo all'ex sindaco ds di Sesto San Giovanni ma anche a Binasco, sequestratagli nel portafoglio dai finanzieri della polizia giudiziaria milanese nel luglio 2009: «Nel corso degli anni, a partire dal 1999, ho versato a vario titolo, attraverso dazioni di denaro a Filippo Penati, notevoli somme» di cui «il sottoscritto ha cercato di tornare in possesso, ma, salvo marginali versamenti, senza successo. Penati ha promesso di restituire, dopo estenuanti mie pressioni, proponendo nel tempo varie opzioni che si sono rivelate inconcludenti fino a quando ha proposto l'intervento del gruppo Gavio». Ma «ad oggi non è stato effettuato nessun ulteriore versamento, e ciò mi ha costretto a ricominciare nuovamente ad effettuare pressanti azioni di sollecito».
Di Caterina prende atto che «Binasco ha di fatto tentato di chiamarsi fuori», e peraltro «avrebbe potuto tranquillamente non entrarci»: segno che il pagamento a Di Caterina non è qualcosa che riguardi Binasco, ma qualcosa che a Binasco viene chiesto di adempiere per conto altrui. «Vi sollecito a rispettare gli impegni assunti nelle modalità», avverte Di Caterina nella lettera a Penati e Binasco, perché gli «accordi raggiunti» sono «vitali anche per il proseguimento delle attività lavorative». Perciò «vi invito a trovare conclusioni ai contenziosi che ci vedono interessati, per me di enorme gravità».
«Rispettate gli impegni.
Tutto ha un limite»
Sono calunnie o millanterie o un'altra di quelle «parziali, contraddittorie e unilaterali ricostruzioni» che ieri in una dichiarazione Penati lamenta e ai quali si ribadisce «totalmente estraneo»? Fatto sta che nel novembre 2008 la trattativa immobiliare produce il suo scopo: liquidare a Di Caterina 2 milioni dietro lo schermo della caparra di Binasco e con il contributo tecnico di un professionista di Binasco ritenuto vicino a Penati, Renato Sarno (tra gli otto perquisiti mercoledì). E alla fine del 2010, puntuale, arriva la rinuncia di Binasco a esercitare l'opzione d'acquisto: Di Caterina si tiene l'immobile e incamera i 2 milioni di euro di caparra.
Nella sua lettera del 2008, Di Caterina si congedava da Penati e Binasco non proprio leggiadramente, «diffidandovi dall'assumere atteggiamenti minacciosi e offensivi» e «ricordandovi che non si può giocare cinicamente con la vita degli altri. Tutto ha un limite».
Luigi Ferrarella
[email protected]
Giuseppe Guastella
[email protected]
24 luglio 2011 09:41
© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.youtube.com/watch?v=tyGegwuYJXo
L'INCHIESTA
Finta caparra da 2 milioni
L'accusa sul sistema Penati
Coinvolto Binasco, accusato nel '93 di aver pagato Greganti
MILANO - Dal Pci al Pd, da Greganti a Penati, dalle lire agli euro. In mezzo, quasi 20 anni trascorsi da Mani pulite. Bruno Binasco, l'imprenditore arrestato nel 1993 per aver finanziato illecitamente il Pci tramite «il compagno G» Primo Greganti con 150 milioni di lire di mancata restituzione di interessi su una caparra immobiliare, è ora indagato dalla Procura di Monza per aver finanziato illecitamente con 2 milioni di euro nel 2010 il leader del Pd lombardo Filippo Penati, di nuovo con un meccanismo ruotante attorno a una caparra.
Anche in questa vicenda, come già per i 4 miliardi di lire in contanti che il costruttore e consigliere comunale di centrodestra Giuseppe Pasini dice di aver dato all'estero nel 2001 a due fiduciari dell'allora sindaco ds di Sesto San Giovanni (il futuro capo di gabinetto Giordano Vimercati e l'imprenditore del trasporto urbano Piero Di Caterina), il percorso dei soldi ipotizzato dai pm Walter Mapelli e Franca Macchia non è rettilineo, ma triangolato: un finanziamento illecito perfezionato a fine 2010 (quando Penati era capo della segreteria di Bersani) benché ideato nel 2008 (quand'era presidente della Provincia di Milano), secondo lo schema di una simulata trattativa d'acquisto da parte di Binasco di un immobile dell'imprenditore Di Caterina, quello che ha rivelato ai pm di aver finanziato il partito di Penati nella seconda metà anni 90, a volte anche con 100 milioni di lire al mese.
La finta maxi-caparra
del manager di Gavio
Il finanziamento illecito, alla fine, avrebbe assunto appunto la forma di una caparra immobiliare versata dal 66enne Binasco, più volte arrestato in Mani pulite ma quasi sempre sgusciato tra prescrizioni e assoluzioni. Storico braccio destro dello scomparso nel 2009 Marcellino Gavio, e amministratore delegato della cassaforte del gruppo (che gestisce 1.200 km di autostrade, è primo azionista di Impregilo e macina 6 miliardi di euro di fatturato), Binasco firma nel 2008 un contratto preliminare per l'acquisto di un immobile di Di Caterina, valutato in partenza a un prezzo molto alto. Ma, nel farlo, Binasco verga a mano una clausola che prevede che Di Caterina incameri una caparra generosissima, di ben 2 milioni di euro, nel caso in cui Binasco non eserciti l'opzione d'acquisto entro il 2010. E' esattamente quello che accadrà, ma che per gli inquirenti «doveva» accadere sin dall'inizio: Binasco nel 2010 lascia decadere l'opzione, e così effettua quello che l'accusa qualifica finanziamento illecito di 2 milioni al pd Penati, perché in questo modo estingue nel 2010 un «debito» che Penati nel 2008 si era visto reclamare dal finanziatore Di Caterina.
«Caro Penati, caro Binasco
vi ricordate i miei soldi?»
Nelle mani degli inquirenti, infatti, è caduta una missiva molto aspra indirizzata nel 2008 da Di Caterina non solo all'ex sindaco ds di Sesto San Giovanni ma anche a Binasco, sequestratagli nel portafoglio dai finanzieri della polizia giudiziaria milanese nel luglio 2009: «Nel corso degli anni, a partire dal 1999, ho versato a vario titolo, attraverso dazioni di denaro a Filippo Penati, notevoli somme» di cui «il sottoscritto ha cercato di tornare in possesso, ma, salvo marginali versamenti, senza successo. Penati ha promesso di restituire, dopo estenuanti mie pressioni, proponendo nel tempo varie opzioni che si sono rivelate inconcludenti fino a quando ha proposto l'intervento del gruppo Gavio». Ma «ad oggi non è stato effettuato nessun ulteriore versamento, e ciò mi ha costretto a ricominciare nuovamente ad effettuare pressanti azioni di sollecito».
Di Caterina prende atto che «Binasco ha di fatto tentato di chiamarsi fuori», e peraltro «avrebbe potuto tranquillamente non entrarci»: segno che il pagamento a Di Caterina non è qualcosa che riguardi Binasco, ma qualcosa che a Binasco viene chiesto di adempiere per conto altrui. «Vi sollecito a rispettare gli impegni assunti nelle modalità», avverte Di Caterina nella lettera a Penati e Binasco, perché gli «accordi raggiunti» sono «vitali anche per il proseguimento delle attività lavorative». Perciò «vi invito a trovare conclusioni ai contenziosi che ci vedono interessati, per me di enorme gravità».
«Rispettate gli impegni.
Tutto ha un limite»
Sono calunnie o millanterie o un'altra di quelle «parziali, contraddittorie e unilaterali ricostruzioni» che ieri in una dichiarazione Penati lamenta e ai quali si ribadisce «totalmente estraneo»? Fatto sta che nel novembre 2008 la trattativa immobiliare produce il suo scopo: liquidare a Di Caterina 2 milioni dietro lo schermo della caparra di Binasco e con il contributo tecnico di un professionista di Binasco ritenuto vicino a Penati, Renato Sarno (tra gli otto perquisiti mercoledì). E alla fine del 2010, puntuale, arriva la rinuncia di Binasco a esercitare l'opzione d'acquisto: Di Caterina si tiene l'immobile e incamera i 2 milioni di euro di caparra.
Nella sua lettera del 2008, Di Caterina si congedava da Penati e Binasco non proprio leggiadramente, «diffidandovi dall'assumere atteggiamenti minacciosi e offensivi» e «ricordandovi che non si può giocare cinicamente con la vita degli altri. Tutto ha un limite».
Luigi Ferrarella
[email protected]
Giuseppe Guastella
[email protected]
24 luglio 2011 09:41
© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.youtube.com/watch?v=tyGegwuYJXo
Se coloro che vincono le gare hanno certificati antimafia ma sono in strette relazioni con altre imprese sottoposte all'attenzione della mafia,tutte munite di certificazioni delle prefetture,allora è un problema diverso che non compete a me valutare. I.F.
http://www.ilgiornale.it/interni/penati ... comments=1
Penati & Bersani, ecco la Tangentopoli ipocrita dei leader Democratici
di Giuliano Ferrara
Bersani & Penati, che sceneggiata: il segretario fa il giustizialista ma scorda i guai del suo numero due
Filippo Penati è Pierluigi Bersani, e Pierluigi Bersani è Filippo Penati. Non parlo della eventuale responsabilità penale che, ad eccezione del caso di Silvio Berlusconi e dei teoremi sul nonpoteva-non-sapere che lo riguardano, è notoriamente personale. Non parlo nemmeno della strettissima associazione politica tra i due, visto che Penati è stato l'artefice organizzativo e politico dell'elezione di Bersani a capo del Pd, il testimonial del ritorno al Nord di quel partito che dal Nord era stato marginalizzato e virtualmente espulso (Bersani si è fatto ritrarre in maniche di camicia, dietro il simbolismo fattivo del suo messaggio c'è il «fare» di Penati, un virtuoso superdirigente, e dei vari Penati minori del Pd).
Parlo invece della responsabilità politica e dei caratteri profondi di una leadership. Bersani è un solido amministratore pubblico emiliano, di tradizione comunista. Penati è un solido amministratore pubblico lombardo, di tradizione comunista. Sono entrambi miglioristi o riformisti, credono che la funzione sociale e politica della loro gente e del loro partito sia quella di governare la società, e pensano che per governare una grande nazione occidentale sia necessario sporcarsi le mani con i problemi da risolvere, in collaborazione conflittuale e al tempo stesso in cooperazione con sindacati e imprenditori. Bisogna realizzare opere pubbliche navigando tra gli appalti, gestire in modo efficiente e competitivo aziende pubbliche assumendosi la responsabilità di nomine e scelte strategiche e pratiche, lasciare il più che sia possibile spazio ai privati e alla concorrenza, difendere il welfare ma rispettare le regole del mercato, organizzare forza e consenso nelle istituzioni per stabilire e raggiungere traguardi difficili ma irrinunciabili dando forma a quell'ordine delle cose, a quell'energia della politica, a quella capacità di promuovere idee, persone, competenze, gruppi che si chiama governo di una società complessa.
Non basta tenere alta la guardia della legalità e dell'etica, come invocano teppisti e tribuni del circo mediatico- giudiziario. Quelli a sinistra, come a destra, che hanno le mani pulite, non hanno le mani. Sono buoni a nulla che sanno solo inveire contro la «casta», il sostituto povero dell'antica lotta di classe, seguono il trend più becero dell'antipolitica qualunquista, e invece di rimproverare ai partiti di non saper più fare il loro mestiere, di non saper dare una rotta all' Italia, li dannano se e quando il loro mestiere lo facciano. Per un buco in una montagna, in Val di Susa la società civile fa la guerra civile.
Per evitare riforme che spazzino via lo spreco dell'acqua pubblica, i guru della decrescita inventano la filosofia dei beni comuni e referendareggiano a vanvera ma con discreto successo demagogico. Per evitare di pagare il doppio dei nostri concorrenti l'energia, che è la ragione non ultima del mancato sviluppo della nostra economia e dunque dell'incapacità di dare un futuro all'esercito dei precari e di risolvere la questione del debito pubblico, non hanno soluzione alcuna: ma vorrebbero l'Eni e l'Enel e Finmeccanica in galera per principio, sono antinuclearisti fondamentalisti alla Greenpeace, pensano che il petrolio sia una cosa sporca mentre premono l'acceleratore del Suv sulla strada del week end o, peggio, fanno passerella in bicicletta alla ricerca di un uovo fresco a chilometro zero....
Una differenza importante fra Penati e Bersani c'è.
Penati ha provato a difendere l'autonomia della politica, e infatti è diventato il centro di delazioni più o meno credibili, di indagini a chilometro zero, molto milanesi come stile, sui suoi trascorsi di amministratore a Sesto San Giovanni, un comune dell'hinterland milanese che da tempo immemorabile è la cassa cooperativa del movimento operaio cosiddetto.
Penati è candidato al linciaggio. Bersani invece pensa di evitare guai, e cerca di lasciarsi soltanto sfiorare dalle inchieste giudiziarie e dai sospetti anticastali, alimentati dal caso Pronzato, il suo consulente ministeriale e di partito che prendeva tangenti volanti, assumendo pose e posizioni che incoraggiano i mozzorecchi a dilagare con i loro cappi, con le loro parole d'ordine, con le loro antipolitiche giustizialiste. A sinistra è un film già visto, una festa dell'ipocrisia insieme insipida e indigeribile, al contrario delle famose salamelle alla Festa dell'Unità.
domenica 24 luglio 2011, 09:24
Penati & Bersani, ecco la Tangentopoli ipocrita dei leader Democratici
di Giuliano Ferrara
Bersani & Penati, che sceneggiata: il segretario fa il giustizialista ma scorda i guai del suo numero due
Filippo Penati è Pierluigi Bersani, e Pierluigi Bersani è Filippo Penati. Non parlo della eventuale responsabilità penale che, ad eccezione del caso di Silvio Berlusconi e dei teoremi sul nonpoteva-non-sapere che lo riguardano, è notoriamente personale. Non parlo nemmeno della strettissima associazione politica tra i due, visto che Penati è stato l'artefice organizzativo e politico dell'elezione di Bersani a capo del Pd, il testimonial del ritorno al Nord di quel partito che dal Nord era stato marginalizzato e virtualmente espulso (Bersani si è fatto ritrarre in maniche di camicia, dietro il simbolismo fattivo del suo messaggio c'è il «fare» di Penati, un virtuoso superdirigente, e dei vari Penati minori del Pd).
Parlo invece della responsabilità politica e dei caratteri profondi di una leadership. Bersani è un solido amministratore pubblico emiliano, di tradizione comunista. Penati è un solido amministratore pubblico lombardo, di tradizione comunista. Sono entrambi miglioristi o riformisti, credono che la funzione sociale e politica della loro gente e del loro partito sia quella di governare la società, e pensano che per governare una grande nazione occidentale sia necessario sporcarsi le mani con i problemi da risolvere, in collaborazione conflittuale e al tempo stesso in cooperazione con sindacati e imprenditori. Bisogna realizzare opere pubbliche navigando tra gli appalti, gestire in modo efficiente e competitivo aziende pubbliche assumendosi la responsabilità di nomine e scelte strategiche e pratiche, lasciare il più che sia possibile spazio ai privati e alla concorrenza, difendere il welfare ma rispettare le regole del mercato, organizzare forza e consenso nelle istituzioni per stabilire e raggiungere traguardi difficili ma irrinunciabili dando forma a quell'ordine delle cose, a quell'energia della politica, a quella capacità di promuovere idee, persone, competenze, gruppi che si chiama governo di una società complessa.
Non basta tenere alta la guardia della legalità e dell'etica, come invocano teppisti e tribuni del circo mediatico- giudiziario. Quelli a sinistra, come a destra, che hanno le mani pulite, non hanno le mani. Sono buoni a nulla che sanno solo inveire contro la «casta», il sostituto povero dell'antica lotta di classe, seguono il trend più becero dell'antipolitica qualunquista, e invece di rimproverare ai partiti di non saper più fare il loro mestiere, di non saper dare una rotta all' Italia, li dannano se e quando il loro mestiere lo facciano. Per un buco in una montagna, in Val di Susa la società civile fa la guerra civile.
Per evitare riforme che spazzino via lo spreco dell'acqua pubblica, i guru della decrescita inventano la filosofia dei beni comuni e referendareggiano a vanvera ma con discreto successo demagogico. Per evitare di pagare il doppio dei nostri concorrenti l'energia, che è la ragione non ultima del mancato sviluppo della nostra economia e dunque dell'incapacità di dare un futuro all'esercito dei precari e di risolvere la questione del debito pubblico, non hanno soluzione alcuna: ma vorrebbero l'Eni e l'Enel e Finmeccanica in galera per principio, sono antinuclearisti fondamentalisti alla Greenpeace, pensano che il petrolio sia una cosa sporca mentre premono l'acceleratore del Suv sulla strada del week end o, peggio, fanno passerella in bicicletta alla ricerca di un uovo fresco a chilometro zero....
Una differenza importante fra Penati e Bersani c'è.
Penati ha provato a difendere l'autonomia della politica, e infatti è diventato il centro di delazioni più o meno credibili, di indagini a chilometro zero, molto milanesi come stile, sui suoi trascorsi di amministratore a Sesto San Giovanni, un comune dell'hinterland milanese che da tempo immemorabile è la cassa cooperativa del movimento operaio cosiddetto.
Penati è candidato al linciaggio. Bersani invece pensa di evitare guai, e cerca di lasciarsi soltanto sfiorare dalle inchieste giudiziarie e dai sospetti anticastali, alimentati dal caso Pronzato, il suo consulente ministeriale e di partito che prendeva tangenti volanti, assumendo pose e posizioni che incoraggiano i mozzorecchi a dilagare con i loro cappi, con le loro parole d'ordine, con le loro antipolitiche giustizialiste. A sinistra è un film già visto, una festa dell'ipocrisia insieme insipida e indigeribile, al contrario delle famose salamelle alla Festa dell'Unità.
domenica 24 luglio 2011, 09:24
Se coloro che vincono le gare hanno certificati antimafia ma sono in strette relazioni con altre imprese sottoposte all'attenzione della mafia,tutte munite di certificazioni delle prefetture,allora è un problema diverso che non compete a me valutare. I.F.
ding ding ding
Se coloro che vincono le gare hanno certificati antimafia ma sono in strette relazioni con altre imprese sottoposte all'attenzione della mafia,tutte munite di certificazioni delle prefetture,allora è un problema diverso che non compete a me valutare. I.F.
Soffermiamoci sull'argomento di uno dei pochi topic dedicati alla banda rossa che imperversa in Itaglia, il resto, cui fai riferimento, ha già dedicate le insegne del forum intero nonchè i vs. sogni notturi, e soprattutto non utilizzerei il termine "morale" in questo contesto precipuororschach ha scritto:Vabbè, morale della favola: Penati si è dimesso da indagato.
...Berlusconi invece?
Se coloro che vincono le gare hanno certificati antimafia ma sono in strette relazioni con altre imprese sottoposte all'attenzione della mafia,tutte munite di certificazioni delle prefetture,allora è un problema diverso che non compete a me valutare. I.F.
C'è poco da dire sull'argomento. Per me ha fatto male perché era solo indagato, in ogni caso si è dimostrato moralmente di un livello superiore rispetto a tanti altri (tra cui il premier) perché si è dimesso. Sei d'accordo?doddi ha scritto:Soffermiamoci sull'argomento di uno dei pochi topic dedicati alla banda rossa che imperversa in Itaglia, il resto, cui fai riferimento, ha già dedicate le insegne del forum intero nonchè i vs. sogni notturi, e soprattutto non utilizzerei il termine "morale" in questo contesto precipuororschach ha scritto:Vabbè, morale della favola: Penati si è dimesso da indagato.
...Berlusconi invece?