Vecchie Glorie Amaranto

Tutto sulla Reggina

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Pietro
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Mi rifaccio al vecchio forum dove c'era la sezione amarcord, in questo topic vorrei portare le storie degli uomini che hanno fatto grande la Reggina, cercando di aggiornarlo con un certa cadenza per poi discuterne con tutti voi.
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Pietro
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00 - ALBERTO GATTO: IL PIU' AMARANTO DI TUTTI

Cosa sono le bandiere nel calcio?
Il calcio è passione; la passione che spinge i tifosi si sa, è un sentimento coinvolgente che porta ti porta fino ad un'affezione spasmodica verso ciò ami. Nel calcio le emozioni sono mosse dai calciatori, interpreti della nostra passione, che sosteniamo e spesso innalziamo a veri e propri idoli. Ma i nostri sentimenti sono sempre ricambiati? Esistono ancora le bandiere? Esistono ancora dei giocatori che s'innamorano quanto noi della nostra maglia?
La prima risposta alla nostra domanda è Alberto Gatto.
Alberto Gatto nasce a Villa San Giovanni il 1° Ottobre 1931. Alberto, praticamente reggino, dimostra sin da ragazzo grandi doti calcistiche e si mette in luce nelle giovanili amaranto, viene fatto esordire a vent'anni nella prima squadra reggina dall'allora tecnico Pietro Piselli nel campionato 1952-1953. All'esordio è subito tripudio, la sua Reggina espugna il campo del Trapani mettendo a segno quattro reti. Il campionato della Reggina comunque si rivela fallimentare, gli amaranto tra mille difficoltà conquistano solo il 12° posto nella quarta serie nazionale. Era la Reggina dei vari Dini, Apolloni, Scarlattei e D'Alò, tra questi però spicca il nome di Alberto Gatto, centrocampista poliedrico dalle spiccate doti offensive. Il 1953/54 è l'anno della conferma per Gatto, ma la Reggina sfiora soltanto la promozione, chiudendo il girone H al terzo posto, in quella stagione si segnala anche l'esordio dell'arcigno difensore Tonino Bumbaca.
La promozione in serie C arriverà due anni più tardi nel campionato 1955/56. Gatto disputerà ben nove campionati in serie C, l'ultimo nella stagione 1964/65 quando la squadra allenata Tommaso Maestrelli, con giocatori del calibro di Persico, Mupo,Barbetta, Baldini, Camozzi, Alaimo e Santonico centra una storica promozione vincendo il campionato. Gatto disputerà la sua ultima ed unica stagione nel primo storico campionato cadetto disputato dalla Reggina nel 1965/66, Gatto così ha la possibilità di disputare quattro partite nel campionato di serie B, l'ultima apparizione è datata 6 febbraio 1966 in un Reggina Lecco terminata 0 a 0. Alberto morirà ad Udine solo dieci anni più tardi, portato via da una grave malattia. Gatto è stato uno straordinario interprete del calcio romantico reggino giocando sempre è solo per i colori della sua città, è ancora ricordato dai tifosi come una bandiera, a tutt'oggi è il giocatore con più presenze con la maglia amaranto, ben 361 contornate da 48 reti.

Se avete storie, aneddoti, foto o video su Gatto rendeteli noti.
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ManAGeR78
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Ottima iniziativa Pietro! :thumleft
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Poli
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Iniziativa lodevole....
Ma quello nella foto è Totò Bumbaca......
Occhio quando fate le cose.
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Pietro
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Poli ha scritto:Iniziativa lodevole....
Ma quello nella foto è Totò Bumbaca......
Occhio quando fate le cose.
Ouch... è per questo che abbiamo bisogno dell'aiuto di tutti per far crescere il forum, scusate per l'errore comunque

Grazie per i complimenti
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Pietro
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01- MASSIMO TAIBI: LA DESCRIZIONE DI UN ATTIMO

Nel precedente capitolo introduttivo abbiamo parlato di Gatto , bandiera che ha dedicato la sua intera carriera alla maglia Amaranto. Succede avvolte che basti un attimo per farti innamorare, un attimo per fare gol.
La puntata numero uno la dedichiamo a Massimo Taibi, un grande numero uno protagonista con la sua Reggina di gesta narrate nel tempo, ma andiamo per gradi:
Massimo Taibi è un ragazzone molto determinato, nasce a Palermo nel febbraio del 1970, come tutti i ragazzini ama correre dietro un pallone che rotola. Suo padre è un dirigente di una piccola squadra di calcio, il Mediatrice, il giovane Massimo ha quindi la possibilità di coltivare la sin da subito sua passione. A dodici anni Taibi è ben sviluppato, ha un'altezza superiore alla media, ed è molto più alto rispetto ai suoi compagni. Gioca da fare il centravanti è bravo in quel ruolo, i cross dalle fasce sono tutti suoi, grazie, la sua testa svetta tra quelle dei piccoli compagni. Il suo primo allenatore un tale Natale Alamia, coglie nelle sue doti fisiche una grossa opportunità, lo chiama in disparte: Taibi viene schierato portiere, e dai i pali non si muoverà più. Con i guantoni impressiona tutti, a quindici anni diventa campione regionale della categoria allievi, da lì una serie di trionfi che lo porteranno ad esordire in serie B con il Licata.
Il vent’enne palermitano viene notato addirittura dal Milan di Arrigo Sacchi che nell’estate del 1990 se ne assicura le prestazioni sportive per 6 milioni di lire. Taibi ancora troppo giovane per difendere la porta dei diavoli rossoneri, troppa responsabilità, vieni così mandato in prestito in cadetteria; prima a Como contribuendo alla salvezza, poi al Piacenza. In Emilia Taibi conquista da protagonista due promozioni dalla B alla A protagonista e diventa decisivo nello spareggio salvezza contro il Cagliari. Dove c’è Taibi si vince e tutti si accorgono di lui e della sua reattività. Il Milan che intanto aveva ceduto a titolo definitivo il cartellino al Piacenza decide di riacquistarlo. Nel 1997 ha la sua grande possibilità di difendere i pali della porta rossonera, l’inizio del campionato è complicato, Taibi non regge la pressione, subisce 18 reti nelle prime 17 partite, finirà la stagione perdendo il posto da titolare. Reduce dalla sua prima stagione negativa, decide di trasferirsi nel neo promosso Venezia di Walter Novellino, dato dai più esperti come principale candidata alla retrocessione. Nel 1999 i lagunari sono artefici di una clamorosa salvezza soprattutto grazie alle giocate di Recoba ed alle miracolose parate di Taibi.
In quello stesso anno in altri lidi molto più freddi il leggendario danese Peter Schmeichel, portiere del fortissimo Manchester United, decide di dire stop, ed appende i guantoni al chiodo. Sir Alex Ferguson ha bisogno di un nuovo portiere, il tecnico scozzese decide che sarà proprio Massimo Taibi il nuovo portiere del Manchester United campione d'Europa in carica. Il Venezia convinto da un assegno di 18 milioni di lire lascia partire il siciliano; una cifra abbastanza alta per un portiere, segno di come Taibi si era imposto nel calcio italiano.
“Io a Old Trafford ero stato soltanto una volta in carriera – dichiarò Taibi una volta firmato il contratto – quando giocavo con il Piacenza e andammo a visitare il museo. Ora torno da giocatore e mai lo avrei immaginato”.
L'esordio nel teatro dei sogni è da brividi, subito il Liverpool. Il portierone siciliano è intimidito dalla premier e pronti via liscia una semplice presa che consente ad Hyppia di portare in vantaggio il Liverpool. Nella ripresa spronato dal suo allenatore, Taibi si supera più volte, il Manchester ribalta il risultato vincendo 3 a 2, lui sarà riconosciuto come "man of the match". Il proseguo però non sarà positivo, contro il Southampton una sua papera regala il gol a Le Tissier, il declino nella terra britannica arriva presto, subisce 11 gol in solo 4 partite, i spietati taibloid non gli risparmiano le critiche, è definito "il cieco di Venezia" e inesorabilmente finisce ai margini delle scelte, a gennaio la società lo spedisce via. Ma chi poteva ancora scommettere su un portiere bollato come il peggiore della storia della Premier?
Gennaio 2000, inizio del nuovo millennio, una formazione sbarazzina gioca per la prima volta nella sua storia un campionato di Serie A. La Reggina del presidente Lillo Foti contatta subito Taibi. Taibi reduce dell'esperienza con il miracoloso Venezia non ci pensa su due: volte lascia il Manchester United per volare in riva allo stretto. Tutto avrebbe potuto immaginare quando sbarcò nella terra dei bronzi, ma forse la realtà superò la sua immaginazione.
L'esordio con la maglia amaranto avvenne il 16 gennaio 2000 davanti a 25mila spettatori pronti ad acclamare un nuovo eroe. Di fronte la Lazio futura campione d'Italia di Simeone, Nedved, Mancini, Inzaghi e Boksic. Fischio d'inizio, passano due minuti e Stankovic serve Mancini che dalla destra fa partire un tiro a giro, Taibi con sicurezza allontana: il Granillo ha capito di aver un portiere su cui fare affidamento, la Lazio ha capito che quel giorno non si passerà. La differenza tra le due squadre è notevole, Veròn nel finale del primo tempo con un gran filtrante innesca Mancini che solo davanti al portiere viene anticipato dall'estremo Reggino tra le proteste dei capitolini, i biancocelesti reclamano per il rigore, Taibi con le cattive spiega il suo intervento: ora la Reggina ha trovato anche un leader. La Lazio ci proverà più volte nel secondo tempo dando al portierone la possibilità di riscattarsi degli opachi mesi passati in Inghilterra, si segnala una miracolosa parata al 32' sempre su Mancini. La partita finisce 0 a 0, Reggio è incredula il portiere che difendeva la porta dello United ora gioca per la Reggina.
Taibi e la Reggina continueranno ad incantare la Serie A in quella stagione raggiungendo una tranquilla salvezza.
La stagione 2000/2001 parte con diversi stimoli positivi, la Reggina deve confermare in Serie A quanto di buono fatto il primo anno e Taibi deve consacrarsi definitivamente. Gli amaranto battono subito l'inter di Marcello Lippi, poi però qualcosa s'inceppa, otto sconfitte in otto partite. A Reggio si vive lo spettro della retrocessione, Taibi fa il suo e superato l'avvio di stagione difficile, si prende sempre di più la scena.
La Reggina sta rincorrendo le sue avversarie e sa che dovrà fare più punti possibili al Granillo, suo fortino, se vuole avere speranze per la salvezza. Il 1° Aprile 2001 a Reggio si presente l'Udinese, squadra con una classifica tranquilla, un'opportunità troppo ghiotta per i calabresi di far punti. La Reggina scende in campo con il giusto carattere ma gli uomini di Colomba non riescono a trovare la via del gol sopratutto con gli imprecisi Dionigi e Cozza, il gol a sorpresa lo trova Alberto dell'Udinese che con un grande destro da fuori area che fulmina l'impassibile Taibi. I tifosi sono esterrefatti, perdere quella partita vorrebbe dire gettare la spugna, esporre bandiera bianca, finchè... Minuto 88 la Reggina conquista un calcio d'angolo sotto la curva nord, è forse l'ultima occasione per segnare, ma chi può farlo visto le sterili conclusioni verso la porta Friulana? Un momento, ma, ma quello è Taibi? tra lo sgomento del pubblico, Taibi percorre tutto il campo e si posiziona al centro dell'area avversaria, lo prende in custodia l'esperto Giannichedda. Pausa. chissà cosa gli sia passato in mente in quell'attimo? Forse i suoi primi anni trascorsi da attaccante, forse i tanti alti e i pochi bassi che non gli avevano permesso di confermarsi a grandi livelli o più semplicemente la grinta che lo ha sempre contraddistinto. Un attimo dopo la battuta di Mamede, palla tagliata al centro, Taibi stacca altissimo di testa tra quattro avversari, impatta violentemente il pallone con la fronte che s'infila alle spalle di Turci, 1 a 1, è successo davvero: la gioia del incredula Granillo si mischia con la speranza di una Reggina ancora viva, il portiere ha fatto gol.
Un attimo nella carriera di un portiere, è il massimo che ci si poteva aspettare dalla perfezione.
Si è tutto vero, non è un pesce d'aprile, la Reggina è ancora viva e quel gesto darà grande forza agli amaranto che con un grande finale di campionato riusciranno ad agguantare il Verona al quart'ultimo posto che vuol dire spareggio salvezza.
La Reggina è consapevole della sua Forza e qualche mese prima ha battuto il Verona al Bentegodi con un secco 3 a 0. Lo spareggio, nonostante gli scontri diretti a favore degli amaranto, per un contorno meccanismo si gioca in doppia sfida che in caso di pareggio premia la squadra che ha fatto più gol fuori casa. L'andata è a Verona, nonostante una grande e sfortunata Reggina, i scaliggeri riescono a vincere 1 a 0. La Reggina ha la consapevolezza nei propri mezzi e sa di essere più forte potendo contare su un Granillo infernale.
24 Giugno 2001. Spareggio Reggina - Verona 30.000 spettatori. Gli amaranto spingono, sanno che devono vincere almeno con due gol di scarto e giocano un gran calcio, il Verona è al tappeto, il primo tempo finisce 2 a 0 (Zanchetta e Cozza). Ormai sembra fatta, la reggina ha il pallino del gioco in mano e mancano solo 5 minuti per la grande festa, quando un attimo... Giuseppe Colucci del Verona con un pallonetto scavalca i difensori amaranto cercando qualcuno al centro che potesse raccogliere la sua idea, la palla cade piano in piena area li dove dovrebbe essere facile preda del portiere, ma un attimo, un attimo di troppo, Taibi è clamorosamente in ritardo su quel pallone, ci si avventa così Cossato, Taibi prova ad accennare un intervento ma è anticipato dal tocco di punta dell'attaccante Gialloblù, è 2 a 1: cala il gelo a Reggio in quel caldo pomeriggio di giugno. Taibi è inconsolabile, sente il peso dell'errore, sente il peso di non essere riuscito a salvare la Reggina che lo aveva rilanciato. Il portiere è un ruolo ingrato. Basta esserne consapevoli, saper reagire alle difficoltà, stare sempre lucidi, Taibi contrariamente a quanto in gran parte mostrato nella sua carriera quel giorno non lo è. A fine gara e dopo una sola stagione e mezza Taibi lascia la Reggina ed i tifosi amaranto, per usare un eufemismo, diciamo non bene, per accasarsi all'Atalanta.
C'è una frase di Lev Jasin che ad avviso di chi scrive può racchiudere la carriera di Taibi:
Se non sei tormentato dopo aver fatto un errore, non sei un grande portiere. In quel momento, non importa quello che hai fatto in passato, perché sembra non avere futuro.
La Reggina in B, Taibi in A, ma lo storia non si conclude qui, gli amaranto dopo una sola stagione tornano in A, ed il destino si diverte quando a fine campionato 2002/2003 Reggina ed Atalanta si devono contendere la salvezza in un altro feroce spareggio. L'andata che si gioca a Reggio finisce 0 a 0, il ritorno, dove i favoriti sono i Lombardi, a Bergamo. Natali nel corso del primo tempo sfrutta un batti e ribatti e fa gol: 1 a 0 Atalanta. La Reggina non molla e Cozza dopo un grande scambio con Bonazzoli si presenta ancora lì, in area di rigore, a tu per tu con Taibi, il tempo si ferma ancora, chissà cosa avrà pensato questa volta Taibi in quell'attimo infinito... Alla reggina sempre per la contorta regola degli spareggi basta il pareggio per salvarsi. Cozza sfiora il pallone con la punta, come Cossato, il pallone si arrampica, definirei dire magicamente sul corpo di Taibi: Gol 1 a 1. La Reggina addirittura vincerà quella partita, ma quel gol Cozza, quel pallone che scavalca Taibi rimarrà emblematico, quasi a voler ripagare inconsciamente e silenziosamente la gratitudine che Reggio a dato Taibi. La Reggina in A e Taibi in B.
Il suo nome è legato indissolubilmente a quel gol (l'ultimo gol segnato da un portiere in serie A su azione) che resterà per sempre una piacevole storia del calcio che ha portato con orgoglio in giro nel mondo il nome della Reggina.


https://www.youtube.com/watch?v=qRzYZ5DSUsY
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02- SHUNSUKE NAKAMURA: IL BAGGIO D'ORIENTE

Anno domini 2002. Fa caldo, è estate, Reggio Calabria ancora in estasi, la Reggina per la seconda volta centra la promozione in serie A. Foti, l'ambiziosissimo presidente, non si accontenta di fare un'altra comparsata nel massimo campionato, vuole crescere, vuole che il marchio Reggina sia più forte, vuole il colpo ad effetto. La memoria torna a due anni prima, quando Foti tentò di acquistare un certo Roberto Baggio, il divin codino però folgorato sulla strada verso Reggio Calabria da Cerletto Mazzone preferì restare vicino casa sua ed alla fine scelse il Brescia. Rispetto due anni il cambiamento è epocale, la Reggina non ha più l'aria da cenerentola, la Reggina guarda fuori i confini.
Negli anni duemila molti storcevano quando sentivano di calcio nipponico, grazie l'unico degno era Nakata, l'unico che aveva giocato in Italia con Nanami.
Il presidente Foti ha delle idee molto chiare, ed i tifosi amaranto lo apprenderanno poi, uno che se lanci una lira in aria difficilmente la fa cadere, è arrivato l'ora di aggire.
La trattativa si conclude in fretta, la presentazione avviene a Milano, in grande stile, la Reggina acquista per quasi quattro miliardi di lire un tale Shunsuke Nakamura. Il nuovo acquisto della Reggina nasce a Kanagawa il giugno del '78 e stando ai racconti di familiari più stretti il piccolo Nakamura ha cominciato a prendere a calci il pallone prima ancora di imparare a camminare.
A otto anni il piccolo "Naka" dimostra un talento imbarazzante, soprattutto per quelle latitudini, e diviene il punto di forza della squadra della sua scuola. Entrato a far parte della prestigiosa scuola calcio Nissan FC Jr. Youth, Shunsuke si segnala immediatamente per la buona visione di gioco ed una tecnica superiore, culminante in un piedino sinistro davvero fatato. Il successivo salto di qualità è con il Toko Gakuen High, con la quale vince il campionato del liceo (fucina dei maggiori talenti nipponici approdati all'ultimo mondiale) spiccando come stella incontrastata. Viene dunque notato dai talent scout del Yokohama Marinos, compagine della J-League (la serie A giapponese) con la quale debutta nel massimo campionato il 16 aprile 1997 contro il Gamba Osaka; Nakamura deve ancora compiere 19 anni e le cronache del tempo raccontano di un Mitsuzawa Stadium immediatamente rapito dalle giocate di quel ragazzino. Il primo gol professionistico non si fa attendere: il 3 maggio 1997, contro il Bellmare Hiratsuka (compagine nella quale milita Hidetoshi Nakata), ancora una volta lo stadio di casa dei Marinos esplode e tutti concordano nel definire il giovanissimo talento l'astro nascente del calcio giapponese. Dopo un'ottima stagione ci si attende la chiamata per i mondiali di Francia 98 ma a sorpresa il CT Takeshi Okada lascia a casa Nakamura, che pure aveva provato in diverse circostanze. La prima vera sollevazione popolare risale dunque a quattro anni fa: ai recenti mondiali si è trattato della seconda! Okada spiegherà poi di aver ritenuto Nakamura troppo giovane e inesperto, anche se alla stampa nipponica questa è sembrata una scusa, data la convocazione di Shinji Ono (classe '80) proprio per Francia 98. Nel frattempo, Shunsuke si dimostra campione vero, trascinando la propria squadra ed illuminando le modeste platee del Sol Levante con numeri d'alta scuola; risulta chiaro che dopo Nakata il Giappone ha trovato un altro grandissimo playmaker. Nella stagione 1997/1998 realizza 5 reti in 27 partite, nella successiva sono 9 le reti in 33 incontri, nel 1999/2000 7 gol in 26 match. A livello internazionale la consacrazione avviene nel 2000, finora l'anno più importante per il giapponese. In una nazionale U23 che conta su calciatori del calibro di Ono, Morioka, Matsuda e Yanagisawa é lui la vera punta di diamante, e non a caso gli viene affidata la maglia numero 10 a furor di popolo; il passo alla nazionale maggiore è breve, così Shunsuke si ritaglia uno spazio importante in un centrocampo che pure può vantare nomi come Nakata, l'ex veneziano Nanami e Ono. Quella nazionale risulterà imbattibile, tanto da trionfare nella Coppa d'Asia disputatasi in Libano. Nakamura è l'eroe del torneo, e viene nominato "Asian Player of the Year" (calciatore asiatico dell'anno) per l'anno 2000. La stagione successiva vede Nakamura realizzare 5 reti in 30 partite, ma soprattutto è importante perché il nome del ragazzo inizia a circolare a livello internazionale: al termine di quell'anno viene contattato nientemeno che dal Real Madrid, che ottiene un'opzione sul giovane giapponese ma decide di lasciarlo ancora un anno a maturare nella J-League. Ma il 2001/2002 si rivela un anno dolceamaro: complice un fastidioso infortunio e successive complicazioni di tipo muscolare, disputa soltanto 24 incontri realizzando 3 reti, e giocoforza finisce con l'uscire dal giro della nazionale che sta preparando il mondiale 2002. Quando Nakamura torna a giocare, è praticamente chiuso dai vari Nakata, Inamoto, Ono e perfino dal brasiliano naturalizzato giapoponese Alex; il CT Troussier lo "vede" solo come esterno di sinistra, ruolo al quale Shunsuke non è abituato. A tal proposito Sebastiao Lazaroni, ex CT della Seleçao a Italia 90 e allenatore di "Naka" ai Marinos, ha dichiarato: "E' un eccellente calciatore, con fantastiche qualità tecniche. Secondo me è sprecato all'ala sinistra: è un organizzatore del centrocampo, un creativo, l'arco e la freccia allo stesso tempo. Se fossi il CT lo convocherei subito.". La dichiarazione risale all'indomani del ritorno al calcio giocato di Nakamura, in un incontro vinto per 3 a 0 dai Marinos sul JEF United Ichihara grazie ad una splendida doppietta del nuovo acquisto della Reggina. Il paragone con Baggio è cominciato allora, poiché anche il nostro Codino appena rientrato da un infortunio realizzò due reti. Pochi giorni dopo, Nakamura viene convocato per un'amichevole tra Giappone ed Honduras; complice l'assenza dei giapponesi militanti all'estero, Shunsuke può finalmente giocare dietro alle punte ed il risultato è sbalorditivo: la partita termina 3-3, ma realizza due gol da cineteca, il primo su punizione dal limite ed il secondo addirittura direttamente dal calcio d'angolo! I giornali nipponici celebrano la rinascita di un campione, che coglie l'occasione per ringraziare pubblicamente Lazaroni per averlo aiutato a migliorare dal punto di vista caratteriale. Ma quando ormai la convocazione per i mondiali di Korea e Giappone pare certa, Troussier lo lascia a casa; ufficialmente perché ancora reduce dall'infortunio (la stessa scusa usata dal Trap per Baggio), in realtà perché il tecnico francese proprio non sopporta i giocatori tutta fantasia ma leggerini.
Reggio è una piazza calda, i reggini non ci mettono molto ad innamorarsi del suo talento cristallino, forse uno così, uno con quel tocco si era visto di passaggio una sola volta: la prima cosa che fa è il gol all'inter. La sua classe è disarmante, il suo sinistro ricorda quello dei più grandi ed i suoi movimenti leggieri fanno innamorare la curva Sud che gli dedica una dei più famosi cori. Nelle prime tre partite mette a segno tre gol, sarà insieme a Bonazzoli il miglior marcatore della Reggina nel 2002; la Reggina chiude con una buona salvezza (quella sarà la prima delle sette sinfonie della Reggina in A). Nakamura giocherà in riva allo stretto per 3 anni, poi andrà al Celtic e sarà il primo Giapponese della storia a segnare in Champions League, diventerà il giocatore asiatico più famoso al mondo con tanto di lauti contratti pubblicitari. Reggio calcistica con lui ha toccato vette mai esplorate prima, la Reggina arriverà a fare delle tourneè in Asia e ad accaparrarsi alcuni sponsor internazionali. Il Nome di Nakamura è indissolubilmente legato alla Reggina. Abbiamo già detto della sua classe indescrivibile per questo vi rimando ad alcuni video. Buona visione

https://www.youtube.com/watch?v=Ns0C2Tfi4PI

https://www.youtube.com/watch?v=KBBgpUyaP5s

https://www.youtube.com/watch?v=bBLW4TryMQg
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03- FULVIO SIMONINI: QUEL PALLONETTO CHE AMMUTOLI' IL CELESTE

Era il 22 ottobre 1989 e la Reggina vinceva il derby allo stadio Celeste di Messina, grazie a un gol del grande Fulvio Simonini. Era una partita del campionato di serie B, ed è stata l’ultima vittoria della Reggina in trasferta sul campo del Messina. Nelle 6 sfide successive, al Celeste o al San Filippo, 4 sconfitte e due pareggi per gli amaranto. A distanza di 25 anni (ma le sfide sono state solo 6), la Reggina e i suoi tifosi ricordano ancora Fulvio Simonini con grande amore. Quel ragazzo bresciano appena arrivato a Reggio, esordì con il gol nel derby diventando subito beniamino dei supporters amaranto. Rimase in riva allo Stretto per due stagioni, entrambe in serie B, con 64 presenze e 16 gol, uno più bello dell’altro.

Fulvio Simonini Oggi parla ancora da tifoso, raccontando ai microfoni di StrettoWeb quella giornata fantastica: “è passato un sacco di tempo, è stata una giornata bellissima anche perchè io ero appena arrivato a Reggio, da due-tre giorni, perciò mi sono visto catapultato nello stadio del Messina, lì al Celeste, e non mi sono reso conto – se non col passare del tempo – l’importanza di quella partita, del derby e del gol che sono andato a fare quella domenica. Una vittoria molto importante. Ero felice perchè avevamo vinto una partita fuori casa, punto. Dopo mi sono reso conto, a partire dalla settimana a seguire, dalla domenica dopo che c’è stato quel minuto di euforia generale allo stadio contro il Torino quando avevamo mandato in onda la radiocronaca registrata del momento del gol, e ho capito qual è stato il significato di quel gol e di quella partita. Bellissimo“.

Fulvio Simonini ci racconta poi come ha vissuto in campo quella gara: “era stata una partita molto tirata come tante altre, per me essere arrivato da pochi giorni significava che non conoscevo nessuno perciò c’era un po’ di fatica a capire i movimenti della squadra, poi dopo il gol – un momento fantastico – è diventato tutto più facile. Ero all’oscuro di tutto, della tensione, delle aspettative, di quello che la gente stava soffrendo e patendo per quella partita. Quindi sono stato agevolato, non avevo quella pressione di dover vincere a tutti i costi. Ero appena arrivato, non sapevo nulla. Debuttare così, con il gol della vittoria che ancora viene ricordato a distanza di 25 anni, è un ricordo che mi riempie di orgoglio. Spero dentro di me che si possa rinverdire quel ricordo, magari già da venerdì. Sarebbe gradito che la Reggina vincesse ancora“.

“Seguo ancora da appassionato questi campionati – dice Simonini rispondendo alle nostre domande – con un occhio di riguardo alle squadre in cui ho militato. Mi dispiace che la Reggina sia retrocessa in Lega Pro, per fortuna non ha fatto la fine del Padova, in un anno a momenti perdevo due mie squadre…. Ma adesso, a differenza dell’anno scorso in cui mi rendevo conto che la squadra non era all’altezza della situazione, devo dire che quest’anno la Reggina è stata costruita con un po’ più di senso, e spero tanto che vada bene. L’inizio è stato una bella cosa, con 4 punti in due partite. Spero che la Reggina torni subito in serie B, che è un campionato che da più soddisfazione. Quando vinci la gente si rinnamora, sento amici a Reggio un po’ scoraggiati dalle ultime performance della squadra, ma basta qualche vittoria e la gente torna ad appassionarsi. E’ brutto vedere in TV lo stadio così vuoto, ai miei tempi in serie B c’era più gente agli allenamenti (2-3 mila persone) rispetto ad oggi. Reggio merita una squadra competitiva, che riesca a dare soddisfazione“.

“La gente – aggiunge ancora Simonini – deve scendere un attimino dai pianeti dove si era posizionata in quei 9 anni di serie A. La realtà della Reggina è ben diversa, già partecipare ad un campionato di serie B a maggior ragione in un momento di così dura crisi per il mondo del calcio, sarebbe il massimo in questo momento e bisogna sapersi accontentare“.

https://www.youtube.com/watch?v=55fdAl_cY6Y


articolo di stretto web: http://www.strettoweb.com/2014/09/reggi ... oRMCLJQ.99
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sdoppiato. :cheers
L'importante non è vincere ma partecipare, con onore, alla sconfitta dell'avversario.
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Ottima idea sdoppiare il topic...ancora grazie perché questo è un archivio che ci fa battere il cuore :salut

"...e qualcosa rimane
tra le pagine chiare e le pagine scure... "
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Pietro
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04- DAVIDE POSSANZINI: IL CALCIATORE CHE DRIBBLAVA COME PELE'

L'avventura a Reggio di Possazini, il calciatore che dribblava come Pelè.
Più di 550 presenza accumulate in 20, con 12 maglie diverse. Tantissimi gol (134) e tre promozioni, nelle fila di Varese, Reggina e Brescia. Una carriera intensa quella di Davide Possanzini.
IL DEBUTTO- 19 Settembre 1998, stadio San Paolo di Napoli, 3^ giornata di andata nel campionato di Serie B. Davide Possazini, arrivato qualche giorno prima dal Varese, scende per la prima volta in campo con la maglia della Reggina addosso, rilevando nel finale Bombardini, sul punteggio di 1-1. Sono in pochi a conoscere le qualità offensive dell'attaccante di Loreto, ma il biglietto da visita lascia decisamente ben sperare: al primo pallone toccato infatti Possazini lascia sul posto due avversari e si invola come un fulmine verso l'area partenopea, prima che la sua azione venga 'spenta' solo al'ultimo dalla stessa difesa locale, Un lampo improvviso, un primo 'assaggio di quello che sarebbe stato successivamente.
L'ESPLOSIONE- No, quella serpentina ubriacante a Napoli, non era solo una parentesi isolata. A dire il vero, in quella stagione Possanzini ci mette un po' prima di conquistarsi uno spazio di primo piano, ma dopo averlo preso, il posto da titolare non lo lascia più. L'esplosione arriva tra Dicembre e Gennaio, quando in 3 partite (Atalanta, Cosenza e Genoa) mette a segno altrettanti gol, formando con Artico una coppia offensiva micidiale. Assist vincenti dribbling e corsa, a servizio di una squadra che comincia a fare sul serio, lottando per la serie A. Il "possa", diventato ormai un elemento cardine degli amaranto, continua ad incantare ed a segnare gol pesanti, spianando la strada verso le vittorie contro Cremonese e Cesena, regalandosi al Rigamonti di Brescia una splendida doppietta (la vittoria in casa delle Rondinelle, sancita da un bolide di Ciccio Cozza, sarà il primo vero passo verso il grande salto).

35 ANNI DOPO- Quando alla fine del torno mancano solo 5 giornate, la Reggina si al San Vito di Cosenza con un solo imperativo: vincere. La partita non decolla, finché Davide nella ripresa parte palla al piede, scarta il portiere avversario e viene steso nel cuore dell'area rossoblù. Il susseguente rigore, viene calciato proprio da lui, ma Frezzolini si allunga e respinge. Il settore ospiti gremito di reggini resta impietrito, ma la delusione dura un attimo: nell'area di rigore c'erano troppi calciatori del Cosenza, il tiro è da ripetere. Dal dischetto c'è ancora Possanzini, e stavolta è gol: il derby finirà 2 - 1 per gli amaranto, la Reggina vince a Cosenza dopo 35 anni.

VITTORIA DECISIVA- Rispetto a Cosenza sono passate altre due giornate, ma la trasferta in questione è ancora più dura: Pescara e Reggina, appaiate al quarto posto, si sfidano in quello che rappresenta un vero e proprio spareggio anticipato. Dopo un primo tempo di sofferenza, la compagine dello Stretto passa in vantaggio nella ripresa, grazie ad un clamoroso autogol di Cannarsa. Il finale è da vietare ai deboli di cuore, ma a blindare una vittoria che vale l'intero campionato, ci pensa Davide Possanzini: ripartenza micidiale, e tape in vincente che vanifica l'iniziale salvataggio sulla linea del difensore avversario. La Reggina vede la A ad un passo, proprio nello staio dove l'aveva persa 10 anni prima, al termine di una crudele lotteria dei rigori.

NELLA STORIA- 13 Giugno 1999, stadio Delle Alpi di Torino, ultima giornata. Marco Ferrante ha appena riagguantato la Reggina, gelando i 20.000 tifosi amaranto che hanno invaso il Piemonte con ogni mezzo. il pareggio non basta, ma a distanza di due soli minuti da quel gol che sembrava sancire l'incubo, il "possa" riceve un pallone d'oro, eludendo l'uscita di Pastine e servendo a sua volta, sui piedi di Tonino Martino, la palla che vale la storia. Torino 1 Reggina 2: Reggio è in serie A per la prima volta, e nelle strade scoppia una festa che ricorda quella del carnevale di Rio. "Nella Reggina c'è, un giocatore che, dribbla come Pelè... Possanzini alè alè", tra i cori più gettonati, non poteva mancare un omaggio per quello sconosciuto attante venuto da Varese, che in circa 9 mesi si era trasformato da oggetto misterioso ad idolo indiscusso.

LA PRIMA VOLTA- Nel destino di Possanzini, ancora una data: 19 Settembre. E' passato un anno esatto dal suo debutto in amaranto, e stavolta si gioca a Dall'Ara di Bologna: favorito da un lancio di Pirlo, Davide fa tutto da solo, e dopo aver beffato prima Paganin e dopo Ingesson, scarica alle spalle di Pagliuca un sinistro imprendibile. Bologna 0 Reggina1, è la prima volta in massima serie.

QUEL GIORNO, A MILANO... San Siro di Milano, 1 Aprile 2000. Alla fine mancano 7 partite, ma la Reggina, nonostante una salvezza vicinissima, non ci sta a perdere n casa dell'Inter. A 9 minuti dalla fine, i nerazzurri commettono il più grande degli errori, ovvero concedere troppo spazio a Davide Possanzini: l'attaccante ringrazia, converge da destra verso sinistra e fulmina Peruzzi con un rasoterra di precisione chirurgica. Dopo aver bloccato sul pari casalingo Juventus e Milan, la "matricola terribile" ha beffato anche l'Inter di Moratti.

GRAZIE CAMPIONE!- Nel Gennaio del 2001, Possanzini lascia Reggio per trasferirsi alla Samp, nell'ambito dello scambio che riporta in amaranto un altro "grande Davide", ovvero Dionigi. Prima di lascare però, possa regala l'ultima chicca: suo il gol che consente alla prima giornata di riacciuffare l'Inter (ancora i nerazzurri nel mirino...), per quella che nel secondo tempo si trasformerà in un'altra impresa, grazie al centro di Marazzina.

9 Settembre 2001, campionato di serie B, 3° giornata: Possanzini torna al Granillo da avversario, con 20.000 persone pronte ad accoglierlo così come si fa con i più grandi. La sua maglia adesso è blicerchiata, ma il coro della Sud rimane identico: "Nella Reggina c'è, un giocatore che, dribbla come Pelè, Possanzini alè alè".
Ferdinando Ielasi
http://www.reggionelpallone.it/2012/07/20/possanzini/
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Aggiornata la foto di Gatto
Grazie all'utente Poli per la segnalazione e per la foto

P.S. chiunque voglia scrivere una storia su una bandiera mi mandi un messaggio in privato
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05- ERMINIO BERCARICH: IL BOMBER AMARANTO

Uno dei calciatori più importanti della storia Ultracentenaria della Reggina, è senza dubbio Erminio Bercarich.
Un attaccante straordinario, un fuoriclasse (naturalmente a detta di chi lo ha visto in campo), genio e sdregolatezza (fuori dal terreno di gioco, era un accanito fumatore e amante delle "notti allegre").
Bercarich, detiene tutt'ora il primato assoluto e, ad oggi, inattaccabile, di gol realizzati in maglia amaranto, ben 71 in quattro stagioni (dal 1945 al 1949 e dal 1958 al 1959, numero però incerto), ma è di Bercarich il primato di gol messi a segno nei Derby dello Stretto da un calciatore della Reggina, in totale sei.
Dopo la Reggina, spopolò a Prato a Cagliari, anche in B con i sardi, approdando poi in A con le maglie di Venezia e Legnano.
Tempi lontanissimi, eppure Bercarich è tutt'ora incancellabile dalla storia della Reggina.

http://www.tuttoreggina.com/reggina-sto ... oria-31879
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06- NICOLA AMORUSO: NICK DINAMITE


Siamo nella stagione 2005 – 2006 il sesto campionato di massima serie per gli amaranto. Gli abbonamenti sottoscritti sono 9.000 e la media spettatori è di 13. 000 presenti. Anni di fermento e grande entusiasmo in riva allo stretto, la società da fiducia al giocatore che vede in lui il titolare e soprattutto il terminale offensivo ideale. A Reggio Calabria Nicola Amoruso (Nick Faccia d’Angelo, Nick Piede Caldo, Nick Dinamite, Nick Tarantino e Nickelino) il soprannnome è Nick Dinamite. Gioca con continuità e diventa il capitano degli amaranto.Finalmente ritrova serenità e tranquillità, ha la fiducia della società ed i tifosi che lo adorano, non solo per le caratteristiche tecniche ma soprattutto per i valori che dimostra anche al di fuori del rettangoloverde. Per tre stagioni Nick realizza 29 presenze e 11 gol nella prima, 34 presenze e 17 gol nella seconda e 33 presenze e 12 gol nella terza stagione.
Quaranta reti distribuite in 96 presenze amaranto, la seconda giovinezza di Amoruso trova la consacrazione definitiva alla soglia dei trent’anni ed in riva allo Stretto trova la sua grande dimora. Sono gli anni della grande impresa amaranto, quelli della storica salvezza del campionato 2006-07 ottenuta partendo da -11 punti di penalizzazione. Un Mazzarri trascinatore che alla guida della Reggina ottiene la permanenza nel massimo campionato impensabile ed imprevedibile all’inizio del campionato. Il tandem Bianchi-Amoruso, migliore coppia gol della serie A di quell’anno lancia la Reggina a quota 51 punti, e senza considerare la penalità avrebbe concluso in zona UEFA. Pasqualino Foggia a inventare ed i gemelli (35 gol in due) Rolando Bianchi di testa e Nick Amoruso con la dinamite dei suoi piedi regaleranno l’ultima gloriosa stagione in Serie A. L’anno successivo la Reggina scenderà in B senza più rivedere il massimo campionato. Nicola Amoruso sarà cittadino onorario della città di Reggio Calabria insieme a tutta la squadra, ed a Reggio sarà ricordato come uno dei calciatori più talentuosi della ultracentenaria storia del club amaranto. Torino, Siena, Parma e Atalanta le ultime esperienze in A di Nicola Amoruso. Siena sarà l’unica squadra di serie A in cui abbia giocato senza segnare una rete ma questo lo priverà del curioso record: aver raggiunto il prestigioso traguardo di segnare segnando con 10 maglie diverse. L’unico rammarico per il bomber girovago è anche la sua più grande delusione: la mancata convocazione in Nazionale. Purtroppo il suo talento e le reti realizzate quasi mai banali, sono stati segnati da infortuni, e senza di essi siamo sicuri Nicola Amoruso avrebbe ancor più illuminato la sua già bella carriera.
Una vita sui campi di calcio, una carriera ricca di gioie ma di altrettante occasioni perse, da nomade dell’area di rigore e soprattutto bomnber e anima della Reggina, a Reggio lo ricordiamo benissimo, perchè il Granillo è stata per tre anni la sua dimora fissa, il suo amore. Un legame indissolubile che ha legato un uomo e la sua vita ad un luogo, alla gente ed ai colori di una città.
L’universalità del suo talento, la capacità di far bene ovunque e le sue doti umane fanno di lui il Bomber girovago per eccellenza.

da:Strettoweb
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07- PIETRO CAMOZZI: L'AMARO CAMOZZI

Ricordo i vecchi derby, quando centravanti del lupi era il temuto Geraci e la curva era piena di striscioni da una parte e dall'altra senza ...prefiltraggio,tornelli, tessera del tifoso ,telecamere o osservatorio nazionale. La partita entrata nella storia amaranto è quella disputata a Cosenza il 28 03 65 e che i cosentini ricordano come l' AMARO CAMOZZI : il Cosenza , era in vetta alla classifica, e la Reggina dopo la sconfitta di Pescara ,era tagliata fuori dalla promozione. Ma a Cosenza, Camozzi con un magistrale tiro da 40 metri, ci regala la vittoria e la vetta della classifica che ci ha fatto poi conseguire la prima storica promozione in serie B. Si racconta che nei bar di Cosenza andasse di moda " l' amaro Camozzi ".
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08- ANDREA PIRLO: IL MAESTRO


Andrea Pirlo non è solo un giocatore che gioca, è un uomo che pensa mentre sta giocando, essendo in grado di prevedere l’azione e di vedere molto prima tutto ciò che in campo avverrà. Il titolo del libro, non a caso, è una chiara allusione alla teoria del filosofo Cartesio diventato famoso per la frase latina “Cogito Ergo Sum”, ossia Penso dunque Sono, a cui il calciatore fa a suo modo riferimento, sottolineando il suo pensiero di gioco che non è fatto solo di tecnica e dell’uso dei piedi ma anche della testa.
Noi abbiamo avuto l'onore e il piacere di vederlo calcare il prato del Granillo. Se pur giovanissimo in Andrea si vedevano già le doti di un calciatore di livello mondiale. Lanci precisi, punizioni calibrate e dribbling ubriacanti erano alcune doti di quello che poi verrà soprannominato il maestro. A Reggio arriverà a soli 19 anni, in prestito dall'Inter. La sua stagione sarà da incorniciare. Proposto a volte come mediano a volte come trequartista Pirlo ci metterà poco a conquistare la tifoseria amaranto, completando un centrocampo tutto qualità insieme a Baronio.
Subito alla terza giornata, al Dall'Ara di Bologna, con un lancio millimetrico da dietro centrocampo pesca Possanzini in area di rigore per quello che resterà uno dei gol più belli e importanti della Reggina in A. Da li in poi una serie di prestazioni che misero in luce il suo talento. Giocò ben 28 partite realizzando 6 gol.
Il 27 febbraio del 2000, quando a Reggio arrivò il Lecce, Pirlo diede prova delle sue abilità balistiche piazzando il pallone sotto il sette direttamente da calcio di punizione. Riuscì a ripetersi altre volte per la gioia del pubblico amaranto.
Seppur rimasto un solo anno, Pirlo è diventato un'icona del calcio Reggino. Reggio Calabria è stata per lui il trampolino di lancio di una carriera da star mondiale del calcio.

https://www.youtube.com/watch?v=zh2A6STXdMU
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09- MOZART: IL PIANISTA SULLO STRETTO

Alla Reggina arrivò circondato dalla diffidenza e ne ripartì avvolto nella luce degli eroi: storia di Mozart Santos Batista Júnior, l’uomo che lasciò il cuore a Reggio Calabria e non poté mai tornare indietro per riprenderselo.


Mozart è stato capitano della Reggina per due stagioni
UN BRASILIANO BIONDO, semisconosciuto, acquistato da una squadra provinciale come la Reggina, non può non lasciare un vago sentore di Paulo Roberto Cotechiño attorno a sé: la diffidenza dei tifosi amaranto nei confronti di Mozart Santos Batista Júnior – in arte Mozart – fu istintiva, immediata, difficile da vincere nonostante le buone impressioni riportate da chi l’aveva visto giocare nel Coritiba e nel Flamengo. Nel corso della prima stagione pure Franco Colomba si fece trascinare dal comune sentire, non facendogli praticamente mai vedere il campo: solo dodici presenze, e a fine stagione la squadra retrocesse pur classificandosi tredicesima per un malefico gioco di classifiche avulse e spareggi.

FU LA SUA FORTUNA: con la rivoluzione di organico che inevitabilmente segue ogni retrocessione, per lui si spalancarono le porte dell’undici titolare. E il nostro seppe ritagliarsi uno spazio importantissimo nel centrocampo calabrese, diventandone in breve la colonna portante: fu soprattutto grazie alla sua capacità di giostrare l’intero reparto e ad una buona visione di gioco, unita ad una certa propensione al gol. Quell’anno segnò il ritorno in Serie A: con Mozart protagonista arrivò anche la vendetta sul campo, una salvezza arrivata grazie allo spareggio con l’Atalanta.

INTANTO LA SUA LEADERSHIP veniva sancita ufficialmente con la fascia da capitano. Lontani i tempi del sospetto, la tifoseria lo adorava, tanto da convincerlo a restare ancora in riva allo Stretto nonostante offerte che iniziavano a farsi importanti. Rimase ancora due anni, segnando ancora quattro reti (con una precisione svizzera, dal suo approdo aveva segnato costantemente due reti a stagione, non di più, non di meno) diventando il terzo amaranto più presente in Serie A dopo Giacchetta e Cozza. Le pressioni da parte di club stranieri però si fecero sempre più insistenti, e alla fine la dirigenza dovette capitolare: nell’estate del 2005 fu ceduto allo Spartak Mosca.

NOSTALGICO, TROPPO NOSTALGICO – Il periodo in Russia fu buono, ma segnato dalla saudade: Mozart cercò più volte di offrirsi di nuovo alla Reggina, invano, e alla fine si convinse che anche tornare in Brasile avrebbe potuto giovare al suo morale. Si sbagliava: il periodo trascorso nel Palmeiras (quattro mesi in tutto) fu ancora più segnato dalla tristezza e dal desiderio di tornare alla Reggina. Tanto forte fu la voglia, che finì con l’accettare l’offerta di una squadra amaranto con sede in una città di mare: peccato solo fosse il Livorno. Complice il mancato rendez-vous con la ex squadra, ci mise venticinque partite ad accorgersi di essere finito nel posto sbagliato: notato l’errore si fece svincolare e se ne tornò nella sua Curitiba a smaltire la delusione.

https://www.calciosudamericano.it/lette ... o-stretto/
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10- GALLUSI: IL MURO

"...Stopper di quell'undici reggino era Gallusi, mantovano ma fermatosi in città anche dopo aver concluso la carriera. In amichevole contro la Juventus di Sivori marcò il gigante gallese Charles. Che non segno..."
Dal libro idoli di carta di Giusva Branca

"Non mi sono mai pentito di essere rimasto a Reggio dal 1958. I luoghi mi hanno incantato, le bellezze mi emozionano, la gente comune mi ha sempre rispettato, voluto bene per decenni. Per tanti sono un pezzo di storia"
Luciano Gallusi
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11- GIANLUCA SAVOLDI: ATTILA

Gianluca Savoldi, pur avendo indossato la maglia amaranto per un breve lasso di tempo, dal 2001 al 2003, è rimasto nel cuore dei reggini innamorati di un calcio che ormai sembra utopia, un calcio romantico che forse non vedremo mai più a Reggio. La squadra della stagione 2001-2002 aveva valori tecnici ed umani invidiabili: mister Colomba poteva contare sulla saracinesca Belardi, sulla compattezza di Vargas e Franceschini in difesa, sulla genialità di Leon e di capitan Ciccio Cozza e poteva permettersi il lusso di far riposare un certo Dionigi per dare spazio a Bogdani (per citarne solo alcuni). Gianluca era il classico attaccante di razza che mordeva le caviglie ai difensori avversari, capace di gelare i 70 mila spettatori del San Paolo in una gara valevole per la promozione in Serie A. Savoldi ha messo a segno sempre reti pesanti: basti pensare al gol contro il Piacenza in Serie A con un tiro al volo su assist di Cozza, che diede avvio alla rimonta dopo lo svantaggio iniziale, o alla rete importantissima rifilata al Bologna con mister De Canio in panchina, che permise agli amaranto di agganciare il Piacenza al quartultimo posto in classifica. Ancora oggi è un idolo della tifoseria amaranto, una tifoseria che non dimentica chi ha sudato la maglia e chi ha lottato con orgoglio e determinazione su ogni pallone. Attualmente è opinionista per l’emittente televisiva Sportitalia e cura una pagina web che si occupa di calcio nazionale ed internazionale, che ha l’obiettivo di analizzare questo meraviglioso sport in tutte le sue sfumature (https://www.facebook.com/Gianlucasavold ... ts&fref=ts). Proponiamo di seguito l’intervista integrale che Gianluca Savoldi ha gentilmente rilasciato alla nostra Redazione.

1) Pur essendo molto giovani ricordiamo con grande nostalgia quegli anni meravigliosi. Quale è stato il punto di forza della stagione 2001-2002 che vi ha permesso di riconquistare la massima serie?

C’era un’ottima organizzazione societaria alla base, poi un gruppo di uomini veri nello spogliatoio. E’ vero che avevamo ottime qualità tecniche, ma quelle da sole non bastano. Ci vuole grande personalità per vincere. Faccio un esempio che molti stenteranno a ricordare ma fu, a mio avviso, emblematico. Con noi quell’anno c’era Francesco Baldini, giocatore esperto, che aveva militato molto tempo nell’Inter in Serie A. Venne in prestito dal Napoli. Non giocò quasi mai, un po’ per meriti di altri un po’ per guai fisici. Se non ricordo male giocò la sua unica partita da titolare proprio contro la sua ex squadra, in un Napoli-Reggina al San Paolo, più che uno scontro diretto uno spareggio. Nonostante sapesse che, con grandissime probabilità sarebbe tornato al Napoli l’anno successivo, fece una partita “mostruosa”. Resse meglio di tutti gli altri l’assalto alla nostra porta e dimostrò a tutti che grande professionista era. Tutti si ricordano il mio famoso tredicesimo gol stagionale, quello che ammutolì il San Paolo con 70.000 spettatori. Ma io, quando penso a Ciccio Baldini quella partita, a come svettava su Roberto Stellone, a come vinceva l’impatto “spalla/spalla” con Vidigal, mi viene ancora la pelle d’oca. Questo era solo un esempio delle qualità umane che aveva quel gruppo. Poi c’era un pubblico meraviglioso, solo chi ha giocato al Granillo può capire. Quando puntavo l’avversario sentivo il brusio del pubblico salire fino a diventare un boato se lo saltavo, come se fosse un gol. Con quella spinta saliva una adrenalina che… altro che doping!


Contrasto acceso tra Savoldi ed il laziale Castroman. Fonte:www.alamy.com
2) Raccontaci il clima che si respirava e l’ambiente che hai trovato nella nostra città. Giocare per una piazza così calda ha contribuito a formare la tua persona anche dal punto di vista caratteriale?

La Reggina per i reggini è l’orgoglio, l’appartenenza alla città, un sentimento molto diverso da quello che hanno i tifosi dei grande club. Quando la tua squadra del cuore si identifica con i colori della tua città c’è un attaccamento viscerale, più forte. Ed è per questo che le tifoserie migliori sono paradossalmente quelle “provinciali”. Guarda caso anche gli stadi più difficili da espugnare. Io lo so bene perchè sono cresciuto in Curva Nord a Bergamo. Ed anche se c’è molta rivalità tra le due tifoserie io credo che ce ne vorrebbero tante di piazze così. Anche se giocarci è sicuramente più stressante. Sentire la gente vicina è bellissimo ma ti fa crescere il peso della responsabilità.

3) Che rapporto avevi con Mister Colomba e con i tuoi compagni di squadra? Ci racconti qualche aneddoto simpatico dello spogliatoio?

Il Mister è una bravissima persona, lo ricordo con affetto. Aveva il suo bel da fare a gestire molti galli nel pollaio, ma la squadra era stata costruita in modo equilibrato e la presenza forte di Martino e Foti dava stabilità. Ogni tanto ci guardavamo ed in silenzio preparavamo la carica a Mimmo Tavella (magazziniere Reggina Calcio, n.d.r.). Ci voleva tutta la squadra per tenerlo sotto e ad un certo punto lui riusciva a puntarsi bene ed esplodeva spazzando via decine di quintali di peso sopra di lui come fossimo uccellini. Dopo si scappava perchè il primo che prendeva la pagava per tutti (di solito Vicari o Zoppetti ‘ncafuddati).

4) Hai avuto sempre un carattere eccentrico e lo dimostravi anche in campo. E’ stato un limite per te? A tuo avviso avresti potuto fare di più nella tua carriera?

Quando hai molta personalità riesci a superare bene gli ostacoli, non ti abbatti facilmente riuscendo a reagire velocemente alle difficoltà. Il rovescio della medaglia è che questa esuberanza a qualcuno dà sempre fastidio. Questo può avere influito negativamente in alcuni rapporti. Io ho sempre detto quello che pensavo e soprattutto pensato quello che dicevo. Ho sempre giocato pulito, detto in faccia le cose. Nel calcio questo non paga. Ma la mia croce è stata la schiena. Senza gli interventi subiti negli ultimi anni non sarebbe finita così.


Gianluca Savoldi controlla il pallone durante Cittadella-Reggina (Serie B). Fonte:MaurizioLaganà ph
5) Ancora oggi ci emozioniamo guardando il tuo meraviglioso gol segnato a Napoli davanti a 70 mila spettatori e la tua esultanza provocatoria. Quello è il tuo ricordo più bello o ne hai altri più pregnanti?

Un ricordo bellissimo è stato il mio primo gol in Serie A contro l’Atalanta in casa. Per rispetto ad i miei concittadini non esultai e qualcuno lo prese come un gesto polemico perchè partii dalla panchina. In realtà io, come i reggini, sono fiero ed orgoglioso delle mie origini e, anche se a fatica, scelsi di tenere dentro quella gioia immensa. E non fu affatto facile. Mamma Atalanta meritava tutta la mia riconoscenza per avermi allevato con tanta cura. E poi la Dea per me è la mia terra. Ci vogliono le palle anche per non esultare, ve lo assicuro!


Gianluca Savoldi e Cristiano Doni (Atalanta). Fonte:Sport.sky.it
6) E’ stato un peso essere figlio d’arte?

Lo è ma è anche motivo di orgoglio. La mia famiglia deve molto al calcio ma al calcio abbiamo dedicato la nostra vita e tanti sacrifici.

7) A tuo avviso la Reggina attuale ha le potenzialità per mantenere la categoria? Manca secondo te l’attaccamento ai gloriosi colori amaranto ed un pizzico di orgoglio?

Purtroppo riesco a vedere poche partite di Lega Pro, dovrebbero darne di più in TV. Non posso quindi giudicarne i valori. Per quest’anno l’importante è salvare la stagione. Per il futuro si dovrebbe puntare su qualcuno che ami questi colori, che sa cosa significhi indossare quella maglia.

8) Reggio ha un bellissimo ricordo di te. Pensi di ritornarci e magari assistere alle ultime partite casalinghe decisive?

Ho promesso che verrò e non mancherò, sperando di portare fortuna alla mia amata Reggina. Come dicevo prima la riconoscenza fa parte del mio DNA, il mio amore per questa città e questa gente non finirà mai, anche se, per ora, siamo lontani.

Ringraziamo di cuore Gianluca Savoldi per aver creduto nel nostro giovane e ambizioso progetto e gli auguriamo grande fortuna per i suoi programmi futuri. Speriamo che un giorno noi reggini potremmo rivivere quel calcio passionale e quelle emozioni uniche che mancano ormai da troppo tempo. La tifoseria amaranto non merita gli odierni palcoscenici. Ora più che mai bisogna essere uniti per un unico obiettivo: la permanenza in Lega Pro. Solo con lo spirito di gruppo e con il giusto atteggiamento si potrà evitare una retrocessione che sarebbe un dramma sportivo per la città tutta.

https://www.ilsaccente.it/2017/03/inter ... -amaranto/
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12- ITALO ALAIMO: LA FRECCIA

da Filippo Mammì:

Ieri sono stati 50, cinquanta anni sono trascorsi da quel dannato giorno che ha tolto dalla terra l’anima buona di Italo, si Italo Alaimo, grande uomo e grande atleta, con un fisico da passerotto spelacchiato che pero’ quando correva sembrava avere le ali ai piedi. Si dice che di alcuni giorni particolari ci si ricorda tutto anche dei posti dove si accoglieva lo notizia, tragica o buona che fosse. Io il 18 luglio 1967 ero a casa e letteralmente mi bevevo le lacrime leggendo il magnifico pezzo che apriva la prima pagina della Gazzetta del Sud e scritto se non ricordo male da Pedula’ padre.Piangevo inconsolabile ed a mia madre che cercava di consolarmi spiegavo che non si può’ morire cosi’ a 28 anni in ospedale a Novara,attaccato ad una maledetta cyclette andata in corto.Ai tanti giovani concittadini e non, il nome dire’ poco o nulla a noi giovani che fummo, dice tanto,e ci porta a tanti ricordi indelebili.Ci rese felici lui e quel magnifico manipolo di ragazzotti in cui ci riconoscevamo e ci facevano sognare(bastava poco).Pare che gli intitoleranno una strada ne ha più’ diritto lui di tanti personaggi incolori che hanno attraversato la storia di questo travagliato dopoguerra reggino.E’ un giusto omaggio, un doveroso tributo ad un piccolo grande uomo.La grande storia e’ fatta anche di microstorie e la tragica vita di Italo lo ricorda giorno dopo giorno. Chiudo, non vorrei replicare quel giorno a 16 anni piangere si può’ per la morte di un calciatore a 66 rischi di passare per mentecatto..Si dice che chi muore giovane è caro agli dei non ci credo ma mi illudo.Una cosa e’ certa il NOSTRO e’ la che corre ….corre…corre senza stancarsi mai.
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