P4

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IL CASO
De Magistris: "Fui trasferito
dopo la perquisizione a Bisignani"
Il sindaco interviene sull'inchiesta P4: "Grande attenzione per l'inchiesta che mi ostacolò"

"Sono saltato professionalmente perchè, tra i vari motivi, nel 2007 feci una perquisizione a Luigi Bisignani". Lo ha detto il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, all'epoca magistrato, commentando l'inchiesta sulla P4.
Subito dopo ha aggiunto: "Pochi giorni dopo l'allora ministro della Giustizia Clemente Mastella accelerò la procedura ispettiva, condotta da magistrati che sono nell'inchiesta P4. Nel giro di pochissimi giorni fu chiesto il trasferimento d'ufficio e in altrettanti pochissimi giorni fui trasferito".

"Da cittadino, da sindaco di Napoli e da ex magistrato osservo con grande attenzione e con grande interesse quest'inchiesta che coinvolge personaggi che già negli anni scorsi, compreso l'onorevole Papa, hanno lavorato per cercare di ostacolarmi", ha detto de Magistris.


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Loggia P4, il gran dossier preparato per Letta
Ai domiciliari Bisignani: "Lo informavo di notizie giudiziarie raccolte dal Pdl Papa
La magistratura di Napoli ieri ha ordinato l’arresto due uomini chiave del sistema di potere berlusconiano: il deputato Alfonso Papa (per il quale è stata richiesta l’autorizzazione al Parlamento per l’esecuzione dell’arresto in carcere che verrà discussa il 22 giugno prossimo, relatore il Pdl Francesco Paolo Sisto) e Luigi Bisignani (finito ai domiciliari), il lobbista più influente della seconda repubblica. Il caso P4, deflagra dopo la debacle elettorale e rischia di dare il colpo di grazia al premier. I nomi citati nell’inchiesta (non indagati) sono di primissimo piano a partire da Gianni Letta, che emerge dai verbali di interrogatorio del suo consigliere occulto come il beneficiario finale del lavoro di intelligence della P4. Bisignani il 9 marzo scorso ha detto ai pm: “Informavo il dottor Letta delle informazioni comunicatemi da Alfonso Papa, e in particolare di tutte le vicende che potevano riguardarlo direttamente o indirettamente come la vicenda riguardante il Verdini (l’indagine sulla cosiddetta P3, ndr), come la vicenda inerente al procedimento che riguardava lui stesso (e cioè il Letta) e il Chiorazzo (indagine del pm Woodcock sugli appalti alla galassia della cooperativa La Cascina, vicina a Comunione e Liberazione, svelata dal Fatto nel suo primo numero, ndr)”. Non sarà un caso se ieri sera Gianni Letta è salito a Palazzo Grazioli per un colloquio con Berlusconi.

I pm Henry John Woodcock e Francesco Curcio ipotizzano un’associazione a delinquere segreta vietata dalla legge Anselmi che mirava a condizionare gli organi dello Stato. Oltre a Bisignani, un simbolo del potere occulto italiano divenuto famoso ai tempi dell’iscrizione alla P2, condannato per la maxitangente Enimont e ad Alfonso Papa, già direttore generale del ministero della giustizia e ora deputato del Pdl, farebbe parte dell’associazione – secondo i pm – anche il maresciallo del Ros dei Carabinieri Enrico La Monica, sfuggito all’arresto poichè è rimasto in Africa dove si trovava già dal dicembre del 2010, quando era stato perquisito.

Cosa contestano i magistrati napoletani alla P4? L’associazione avrebbe raccolto informazioni segrete per uno scopo triplice: il primo era la ormai famigerata “macchina del fango” usata “per infangare ovvero per poter poi ricattare e esercitare indebite pressioni sui medesimi esponenti delle istituzioni”. Il secondo scopo era quello classico della “soffiata” cioé il favoreggiamento degli uomini potenti indagati. Infine il terzo scopo era ottenere denari e favori dagli imprenditori coinvolti nelle indagini”. Esiste poi un secondo filone che resta segreto. Un capitolo della richiesta di arresto porta un titolo che fa tremare i palazzi romani: “Il potere relazionale e di influenza del sodalizio. L’associazione segreta di cui alla legge cd ‘legge AnseImi’. I rapporti con Gianni Letta e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, quelli con l’Eni, con altri esponenti del Governo, con i vertici dei servizi di sicurezza, con la Rai, con Dagospia”. Un obiettivo investigativo che, a parte Dagospia, un po’ fuori luogo in un simile consesso, è tra i più alti prefissati in un’indagine penale.

Talmente alto che lo stesso Gip Luigi Giordano ha disposto gli arresti solo per le contestazioni inerenti gli episodi di favoreggiamento agli indagati ma è parso perplesso sull’associazione a delinquere ex legge Anselmi. Il Gip scrive: “Il giudicante ritiene che detto materiale non debba essere particolarmente approfondito ed illustrato, avendo gli stessi pubblici ministeri precisato che l’ipotesi accusatoria “non è ancora supportata da gravi indizi di colpevolezza”. La pista comunque sarà approfondita dalla Procura di Roma, alla quale i pm Woodcock e Curcio trasferiranno per competenza il fascicolo con le intercettazioni il cui contenuto era già stato svelato dal Fatto nei giorni scorsi. In particolare i colloqui di Bisignani con l’ex direttore generale Mauro Masi su Michele Santoro e Annozero o quelli inerenti l’incontro tra Massimo D’Alema e il neonominato capo dei servizi segreti Adriano Santini.

Un capitolo importante dell’inchiesta riguarda la candidatura di Alfonso Papa. I pm hanno ipotizzato la corruzione, ma la contestazione è stata respinta dal Gip Giordano, perché Papa avrebbe fornito a Bisignani notizie sull’inchiesta della Procura di Napoli che lo riguardava insieme alla sua amica Stefania Tucci (ex moglie di Gianni De Michelis) in cambio di un intervento di Bisignani sui vertici del Pdl. Gianni Letta ha raccontato ai pm: “Del Papa e delle sue aspirazioni politiche mi parlò anche il Bisignani. lo rappresentai tale aspirazione del Papa a Berlusconi, che mi disse che aveva ricevuto molte altre sollecitazioni su Papa”. Bisignani ha poi aggiunto che “Verdini cominciò a stringere i suoi rapporti con il Papa, che fino a quel momento aveva calcolato poco, da quando il Papa stesso cominciò a proporre il suo interessamento e la sua possibilità di intervento sulle vicende giudiziarie che riguardavano lo stesso Verdini”. L’indagine di Woodcock e Curcio prometteva bene. Peccato che sia stata stroncata da una fuga di notizie a ottobre del 2010. Chi è la talpa? Bisignani ha risposto così: “Un giorno l’onorevole Bocchino, mio caro amico, mi disse di avere appreso che Papa era indagato e che a Napoli c’era una indagine … io rappresentai immediatamente tale circostanza al Papa e il Papa successivamente fece ulteriori accertamenti verificando la fondatezza di tale notizia”. Bocchino, in un confronto con Bisignani davanti ai pm, ha negato tutto. E i magistrati stanno indagando.

da il Fatto quotidiano del 16 giugno 2011
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P4, “Soffiate per favorire i potenti”. Bisignani: “Bocchino mi informò dell’inchiesta”
L'ex appartenente alla P2, nonché uomo d'affari vicino a palazzo Chigi, accusato di associazione per delinquere e rivelazione del segreto d' ufficio. Coinvolto anche il deputato e magistrato Pdl Alfonso Papa per il quale non è stata accolta dal Gip l'accusa di estorsione
Non ci sono solo il lobbysta Luigi Bisignani e il deputato Alfonso Papa tra gli arrestati nell’inchiesta P4 della Procura di Napoli coordinata dai pm Henry John Woodcock e Francesco Curcio. Tra i destinatari dell’ordinanza di arresto c’è anche Enrico La Monica, maresciallo del Ros dei Carabinieri. Bisignani è ora agli arresti domiciliari. Su Papa dovrà esprimersi la Camera dei Deputati alla quale il Gip di Napoli nelle prossime ore recapiterà la richiesta di autorizzazione all’arresto. Mentre il maresciallo La Monica dopo le perquisizioni del dicembre del 2010 che annunciavano l’indagine ha preferito trattenersi in Africa, dove si trovava per un viaggio, senza tornare in servizio nella sua caserma romana.

Proprio per il sottoufficiale dell’Arma, si sarebbe attivato, addirittura, il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. “Il Papa mi ha sempre detto che il suo amico maresciallo La Monica – è riportato in un verbale di Bisignani del 9 marzo scorso – era persona introdotta negli ambienti giudiziari in grado di assumere notizie riservate riguardanti procedimenti penali. Il deputato (Papa) mi ha detto più volte che il suddetto maresciallo era una delle sue fonti” e aggiunge “il Papa mi disse che il maresciallo La Monica si era rivolto al Lavitola (Valter Lavitola, direttore dell’Avanti, ndr) per essere raccomandato per entrare all’Aise (l’agenzia dei servizi segreti esterni ndr); tale circostanza – continua – me l’ha riferita il colonnello Sassu che mi disse che il Lavitola aveva raccomandato il predetto maresciallo a Berlusconi che aveva poi parlato con qualcuno dell’Aise”.

L’accusa sostiene che Alfonso Papa e Luigi Bisignani, grazie ai loro rapporti nei palazzi della politica e della giustizia, e tra questi anche Enrico La Monica, avevano, in sostanza, creato una sorta di rete di protezione informativa a beneficio dei potenti coinvolti nelle inchieste penali. Il riscontro dell’efficienza della rete è proprio il destino dell’indagine P4: danneggiata gravemente da una fuga di notizie sulla quale continuano in gran segreto gli accertamenti.Tra i potenti informati, vi sarebbe stato anche un fedelissimo di Berlusconi, Gianni Letta, sottosegretario alla Pcm, che attravero Bisignani e Papa, sarebbe venuto a conoscenza di “tutte le vicende giudiziarie che potevano riguardarlo direttamente o indirettamente”, si legge sempre in un verbale di Bisgnani del 9 marzo scorso.

Infomazioni che l’onorevole del Pdl Papa apprendeva da appartenenti alle forze di Polizia. Bisignani dichiara ai magistrati napoletani: “Mi chiedete se io informassi Letta delle notizie e delle informazioni riservate di matrice giudiziaria comunicatemi da Papa. A tal riguardo – spiega l’ex giornalista – vi dico che sicuramente parlavo e informavo il dottor Letta delle informazioni comunicatemi e partecipatemi dal Papa, e in particolare di tutte le vicende che potevano riguardarlo direttamente o indirettamente come – continua – la vicenda riguardante Verdini, come la vicenda inerente al procedimento che riguardava lui stesso, Gianni Letta, e il Chiorazzo (Angelo Chiorazzo della cooperativa La Cascina) e come, da ultime, la vicenda inerente al presente procedimento”. Indagini, come quelle sulla cricca. “Nel contesto delle indagini sulla cricca (l’inchiesta sugli appalti del G8 dei magistrati della procura di Perugia), uscì una conversazione – è contenuto nei verbali – in sui si parlava di uno zio; ricordo che si disse che poteva essere Letta, mentre si trattava del rettore dell’Università di Tor Vergata, tale Renato Lauro”.

Gli indagati non sono riusciti, però, a sapere notizie riservate solo sull’inchiesta che li riguardava in prima persona. E qui spunta il nome anche di un altro rappresentante politico campano, Italo Bocchino. Sarebbe stato il vicepresidente di Fli, ad informare Bisignani dell’inchiesta napoletana sulla P4 e che toccava direttamente il collega del Pdl, Papa. “Un giorno Italo Bocchino – dichiara l’ex cronista dell’Ansa – mi disse di aver appreso che Papa era indagato e che a Napoli c’era una indagine e delle intercettazioni che riguardava alcune schede procurate e diffuse dal Papa. Bocchino – si legge ancora – parlò espressamente di una indagine di Napoli ma non fece mai il nome dei magistrati”.Il deputato futurista, sentito dai magistrati il 14 marzo, dichiarò: “L’affermazione del Bisignani risulta imprecisa e – continua – che il Bisignani abbia riassunto più colloqui” e aggiunge “mi limitai a dire al Bisignani che vi erano semplicemente delle voci generiche e vaghe su talune attenzioni giudiziarie sull’onorevole Papa da parte della procura di Napoli. Ricordo – spiega il parlamentare – invece che della vicenda delle schede intercettate io parlai con il Bisignani successivamente, dopo che tale notizia era uscita sui giornali”. Nei verbali, poi, viene anche il coordinatore nazionale del Pdl, Denis Verdini. “A proposito del Verdini, tengo a precisare – dichiara Bisignani – che il Verdini medesimo cominciò a stringere i suoi rapporti con il Papa, che fino a quel momento aveva calcolato poco, da quando il Papa stesso cominciò a proporre il suo interessamento e la sua possibilità di intervento sulle vicende giudiziarie che riguardavano lo stesso Verdini”.

Il gruppo di potere era, però, a conoscenza di notizie su altri casi molto importanti, spesso rivelati all’opinione pubblica proprio da Il Fatto Quotidiano. Si va dall’indagine del pm di Trani Michele Ruggiero sulle pressioni del 2009 per cacciare Michele Santoro dalla RAI a quelle avviate nel 2008 dall’allora pm di Potenza Henry John Woodcock sugli appalti acquisiti dalla cooperativa La Cascina durante l’emergenza immigrazione.

La parte più delicata dell’indagine sulla P4, quella riguardante per esempio l’influenza della lobby di Bisignani sulle nomine nei servizi segreti o sui vertici della RAI, sarà invece tra pochi giorni trasmessa a Roma per ragioni di competenza. Nell’ordinanza eseguita oggi invece si contestano a Bisignani e compagni solo alcuni specifici episodi di favoreggiamento.

Non è stato invece accolta dal Gip la richiesta di arresto per un’accusa pesantissima contro il deputato Alfonso Papa: corruzione. Secondo i pm Woodcock e Curcio la candidatura di Papa nel 2008 alla Camera per il Pdl sarebbe stata il prezzo delle informazioni ottenute da Papa sulle inchieste che interessavano Bisignani, il quale sarebbe intervenuto su Denis Verdini, il coordinatore del partito di Berlusconi che decideva chi entrava nelle liste.

Tra i beneficiati della lobby – secondo l’accusa – c’è anche Mauro Masi, allora direttore generale della RAI e da sempre grande amico di Bisignani. Secondo i pm, Bisignani brigava per conoscere il destino dell’indagine di Trani – svelata dal Fatto nel febbraio 2010 – nella quale il manager RAI era stato intercettato (ma non indagato) mentre parlava con Giancarlo Innocenzi delle strategie per fermare Annozero e gli altri talk televisivi invisi al Cavaliere.

Tra gli indagati dell’inchiesta sulla P4 di Napoli , in una posizione marginale, c’è, come citato sopra, anche Angelo Chiorazzo, un nome che i lettori del Fatto conoscono bene. Chiorazzo è il numero uno delle cooperative della galassia Cascina, vicina a Comunione e Liberazione, finita nel mirino delle procure di Potenza, nell’inchiesta raccontata dal primo numero de Il Fatto, il 23 settembre del 2009, e poi archiviata a Lagonegro nei mesi scorsi. Angelo Chiorazzo, amico di Gianni Letta come Luigi Bisignani, era stato raccomandato dal sottosegertario alla presidenza del consiglio al prefetto responsabile dell’immigrazione, Mario Morcone, poi candidato a sindaco di Napoli, per l’affidamento di appalti nel settore dei centri per richiedenti asilo. Proprio per saper notizie sull’esito di quell’inchiesta svelata dal Fatto si muoveva la lobby Bisignani-Papa.

Il terzo episodio contestato dai pm Henry John Woodcock e Francesco Curcio riguarda il mondo Finmeccanica. L’ex giornalista dell’Ansa è – per ragioni misteriose – uno degli uomini più ascoltati dai vertici delle due principali società quotate in borsa del Tesoro: Eni e Finmeccanica appunto. E, secondo i pm si sarebbe mosso per ottenere informazioni sulle inchieste penali che coinvolgevano Lorenzo Borgogni, braccio destro del numero uno del gruppo pubblico del settore bellico, responsabile delle relazioni istituzionali Finmeccanica, indagato a Roma.

Non sempre la Procura è riuscita a trovare riscontri alla reale capacità di penetrazione informativa del network. In uno degli episodi però un elemento che sembra confermarla c’è: si tratta del favoreggiamento finalizzato a trovare notizie sull’indagine riguardante la ex moglie di Gianni De Michelis, Stefania Tucci e il suo compagno di affari, Alessandro Bondanini. Bisignani, molto amico di Stefania Tucci, era riuscito a sapere che sul capo della commercialista 46 enne pendeva una richiesta di arresto. Ed effettivamente la richiesta (poi rigettata dal Gip) esisteva.

Per questi episodi Bisignani, già iscritto nella loggia segreta P2 negli anni ottanta e poi arrestato per la mazzetta Enimont da lui veicolata fin dentro le segrete stanze dello IOR in Vaticano nel 1992, ha ricevuto un’ordinanza applicativa della misura degli arresti domiciliari per favoreggiamento e rivelazione del segreto istruttorio. Secondo la difesa dell’imprenditore arrestato, invece, sarebbe stata rigettata la richiesta della Procura per il reato più grave di associazione a delinquere finalizzata alla costituzione di un’associazione segreta in violazione della cosiddetta legge Anselmi, varata per contrastare fenomeni simili alla P2. Sempre secondo l’interpretazione difensiva, inoltre, la Procura di Napoli avrebbe ricevuto uno stop dal Gip anche sul fronte delle intercettazioni delle conversazioni riguardanti i parlamentari. Tra gli indagati ci sono anche Raffaele Balsamo, titolare del negozio di telefonini dove erano state comprate le schede telefoniche, intestate a terze persone, e usate dal gruppo per comunicare in sicurezza. Il Fatto Quotidiano ha pubblicato nei mesi scorsi alcune anticipazioni sui contenuti dell’indagine. Luigi Bisignani, difeso dall’avvocato Fabio Lattanzi, nei mesi scorsi si era fatto sentire e aveva collaborato con la Procura, sperando di evitare l’arresto. In realtà ha ottenuto solo la mitigazione della pena con la concessione dei domiciliari, che sconterà nella sua splendida casa romana. Bisignani emerge nell’indagine come il consigliere più ascoltato di molti politici e manager pubblici. I pm di Napoli lo avevano interrogato per ottenere chiarimenti sulle sue parole al telefono. Tra i temi esaminati c’erano gli importanti appalti ottenuti dalla Presidenza del consiglio dalla Italgo del suo amico Anselmo Galbusera, un grande amico di Angelo Rovati che era stato perquisito senza essere indagato, nei mesi scorsi.

I chiarimenti forniti da Bisignani non devono avere convinto i pm Woodcock e Curcio. L’uomo di pubbliche relazioni aveva parlato a ruota libera mentre era intercettato nell’autunno del 2010. Bisignani discuteva questioni delicate con ministri, membri importanti di Confindustria e con i manager dell’Eni. Con l’ex direttore generale RAI Mauro Masi per esempio, come abbiamo raccontato, analizzava nel dettaglio le modalità legali per colpire Michele Santoro. L’ex iscritto alla P2 si interessava anche alle nomine ai vertici dei servizi segreti e accompagnava Adriano Santini, fresco capo dell’Aise, a incontrare il presidente del Copasir Massimo D’Alema.

Masi, Santini, D’Alema, il direttore dell’Avanti Valter Lavitola e lo stesso Bisignani erano stati sentiti in Procura a Napoli, come anche Italo Bocchino e tanti altri personaggi coinvolti dalle chiacchiere intercettate di Bisignani. L’inchiesta ha subito, però, un brusco stop dovuto alla fuga di notizie che ha messo sull’allarme gli indagati alla fine del 2010. Ora arrivano gli arresti.

Aggiornato da redazione web alle 22,15



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Bisignani arrestato per scambi proibiti di dossier

(Teleborsa) - Roma, 16 giu - Un'associazione segreta con rapporti ad alti livelli nel mondo della politica della pubblica amministrazione e dell'impresa. Gli esponenti di questa organizzazione raccoglievano informazioni riservate e le utilizzavano per esercitare pressioni, ricatti e, soprattutto, ottenere vantaggi personali. Questo lo scenario ipotizzato dalla procura di Napoli e definita dalla stampa come P4, con il chiaro riferimento al gruppo di potere rappresentato in tempi non troppo remoti dalla Loggia P2.

Luigi Bisignani, ex giornalista, uomo d'affari è stato raggiunto da un'ordinanza agli arresti domiciliari. Un'altra ordinanza di custodia in carcere, è stata firmata dal gip Luigi Giordano a carico di Alfonso Papa, che da magistrato ha rivestito importanti incarichi al ministero della Giustizia e dal 2008 è deputato eletto nel Pdl. Sempre arresti in carcere per il sottufficiale dei carabinieri Enrico Giuseppe La Monica, che ignoto alle cronache rivestirebbe nella vicenda un ruolo di primo piano. La Monica avrebbe fornito agli altri due indagati le informazioni riservate su inchieste della magistratura che sarebbero servite ai loro traffici, con la contropartita di una rapida carriera nei servizi segreti dell'Arma.

Diciannove in tutto i capi d'accusa, contestati dai pm, a vario titolo, a Papa, Bisignani, La Monica e ad altri indagati a piede libero. Il provvedimento per Bisignani contiene soltanto tre capi d'imputazione. Bisignani è indicato come "dirigente d'azienda, mediatore e procacciatore d'affari, di fatto ascoltato consigliere dei vertici aziendali delle più importanti aziende controllate dallo Stato (Eni, Poligrafico dello Stato, Rai ecc), di ministri della Repubblica, sottosegretari e alti dirigenti statali". A Bisignani sono stati contestati reati di favoreggiamento e rivelazione del segreto d'ufficio, con l'acquisizione illegale di notizie riguardanti due procedimenti giudiziari, il primo condotto dalla magistratura di Napoli nei confronti della commercialista Stefania Tucci, amica di Bisignani, mentre il secondo si riferisce a un'inchiesta su Finmeccanica svolta dalla Procura di Roma. L'inchiesta è condotta dai pm Henry John Woodcock e Francesco Curcio.

Luigi Bisignani attraverso Papa, avrebbe informato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta di "tutte le vicende" giudiziarie "che potevano riguardarlo direttamente o indirettamente...Parlavo e informavo il dottor Letta delle informazioni riservate di matrice giudiziaria comunicatemi da Papa avrebbe detto Bisignani al pm secondo quanto riportato da Repubblica. Lo stesso Gianni Letta avrebbe dichiarato ai pm napoletani di "conoscere Papa e di sapere che aveva aspirazioni politiche".


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Inchiesta «P4», arrestato Luigi Bisignani
Il faccendiere alla detenzione domiciliare. La Procura
di Napoli «indagini di ampio respiro»

MILANO - È stato arrestato il faccendiere Luigi Bisignani, nell'ambito dell'inchiesta sulla cosiddetta P4. Già iscritto alla Loggia P2, condannato a tre anni e 4 mesi nel processo Enimont, e coinvolto nell'inchiesta Why Not del pm Luigi De Magistris, a Bisignani vengono contestati ricatti, corruzione e concussione. La richiesta di detenzione ai domiciliari, oltre che per Bisignani, è stata fatta anche nei confronti del senatore Pdl ed ex magistrato Alfonso Papa. In questo caso la richiesta di arresto è stata inoltrata al Parlamento. Indagato anche un carabiniere.

APPALTI GESTITI DALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO - Sin dai tempi di Craxi ritenuto uno degli uomini più potenti d'Italia, Bisignani è stato arrestato in esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare su richiesta della Procura di Napoli nell'ambito dell'inchiesta sulla P4. Tra i filoni d'indagine ci sono anche gli appalti gestiti dalla presidenza del Consiglio.


DOSSIER E RICATTI - L'indagine, condotta dai pm della Procura di Napoli Francesco Curcio e Henry John Woodcock, cerca di fare luce su un sistema informativo parallelo, quella che per i magistrati potrebbe essere una vera e propria associazione per delinquere finalizzata alla gestione di notizie riservate, appalti e nomine, in un misto, secondo l'accusa, di dossier e ricatti, anche attraverso interferenze su organi costituzionali. Oltre alla gestione di notizie riservate, l'inchiesta intende chiarire ogni aspetto in merito, appunto, ad appalti, nomine e finanziamenti. Nelle ultime settimane sono stati ascoltati come testimoni numerosi parlamentari e vertici istituzionali, compresi quelli dei servizi segreti tra cui il generale Adriano Santini presidente dell'Aise (Agenzia per le informazioni e la sicurezza esterna)

LA PROCURA: «INDAGINI DI AMPIO RESPIRO» - La Procura di Napoli definisce l'inchiesta sulla cosidetta P4 come «di ampio respiro». In una nota a firma del procuratore aggiunto Franco Greco, coordinatore della sezione reati contro la Pubblica amministrazione si spiega: «Il nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Napoli ha eseguito un'ordinanza custodia cautelare emessa dal Gip per il reato di favoreggiamento personale nei confronti del dirigente e consulente aziendale Luigi Bisignani. Le indagini da cui è derivata la misura cautelare agli arresti domiciliari - spiega Greco -, inseribili in contesto investigativo di ampio respiro e che ha interessato numerose persone, hanno riguardato l'illecita acquisizione di notizie e di informazioni, anche coperte da segreto, alcune delle quali inerenti a procedimenti penali in corso nonché di altri dati sensibili o personali al fine di consentire a soggetti inquisiti di eludere le indagini giudiziarie ovvero per ottenere favori o altre utilità»

Fiorenza Sarzanini

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Dalla P2 alla P4 Bisignani dentro

di Titti Beneduce
P4. Accusato di aver rivelato notizie coperte da segreto: «Informavo sempre il sottosegretario». Indagato il deputato pdl Papa.
Nella foto: Luigi Bisignani Luigi Bisignani è stato arrestato ieri dalla Guardia di Finanza nell’ambito dell’inchiesta sulla P4, la loggia segreta che secondo la Procura di Napoli condizionava appalti e nomine e gestiva informazioni su inchieste coperte da segreto.
Bisignani è ai domiciliari per i reati di favoreggiamento e rivelazione di segreto d’ufficio, ma è indagato anche per associazione a delinquere e associazione segreta. Indagato anche per concussione il parlamentare del Pdl Alfonso Papa, ex pm a Napoli, per il quale l’ordinanza di custodia del gip Luigi Giordano è stata trasmessa alla Camera con la richiesta di autorizzazione all’arresto: quando rivestiva la carica di magistrato in servizio presso il ministero della Giustizia, avrebbe acquisito informazioni su indagini penali in cui erano coinvolti l’ex direttore generale della Rai, Masi, il coordinatore del Pdl, Verdini, e il sottosegretario Gianni Letta. In particolare Papa avrebbe acquisito informazioni riservate attraverso il carabiniere Enrico Giuseppe La Monica (a sua volta indagato assieme al poliziotto Giuseppe Nuzzo) e su istigazione di Luigi Bisignani. Il parlamentare avrebbe promesso di interessarsi per il buon esito delle inchieste aiutando, secondo i pm Francesco Curcio e Henry John Woodcock, gli indagati a eludere le investigazioni.
Il primo caso contestato dai magistrati riguarda un imprenditore del settore della costruzione di centrali elettriche. Il deputato Pdl, attraverso La Monica, avrebbe acquisito informazioni su indagini in cui era coinvolto l’imprenditore, che sarebbe stato intimorito circa un suo imminente arresto. Il parlamentare, prospettando la possibilità di intervenire in suo favore, avrebbe indotto l’uomo a pagare costosi oggetti acquistati in un negozio Cartier. L’imprenditore avrebbe inoltre pagato «a lui e a persone a lui vicine» soggiorni in alberghi di lusso come il Principe di Savoia di Milano e sarebbe stato indotto alla stipula di contratti di consulenza fittizi di amiche e conoscenti di Papa. L’altra vicenda riguarda un imprenditore attivo nel settore dell’energia. A questi sarebbe stato rivelato, tra l’altro, che aveva il telefono sotto controllo. Terrorizzato, l’uomo, anche grazie al fatto che gli veniva prospettato un intervento in suo favore, sarebbe stato indotto a versare circa 10 mila euro e a conferire un incarico professionale alla moglie di Papa, che è avvocato. Il deputato avrebbe inoltre acquisito e rivelato la notizia della esistenza di una richiesta di misura cautelare nei confronti della commercialista Stefania Tucci, amica di Bisignani. In cambio si sarebbe fatto promettere dal faccendiere ex piduista un suo intervento presso il coordinatore del Pdl Denis Verdini in occasione della preparazione delle liste per le elezioni politiche 2008 per essere inserito in un «collegio sicuro». Un intervento, scrivono i pm, «realmente effettuato da Bisignani e rivelatosi decisivo». Papa si è detto «sereno» e ha affermato che «l’inchiesta è una faida interna ad ambienti giudiziari». Letta si dice meravigliato: «Non so cosa Papa possa aver acquisito su di me, cado dalle nuvole. Non ho mai parlato con lui di presunte inchieste a mio carico, non sapevo nemmeno che esistessero e non so neppure se davvero esistano». Eppure è stato proprio Bisignani, nell’interrogatorio reso il 14 marzo scorso ai pm, ad ammettere: «Mi chiedete se io informassi Letta delle notizie e delle informazioni riservate di matrice giudiziaria comunicatemi da Papa. A tal riguardo vi dico che sicuramente parlavo e informavo il dottor Letta delle informazioni comunicatemi e partecipatemi dal Papa e in particolare di tutte le vicende che potevano riguardarlo direttamente o indirettamente, come la vicenda riguardante il Verdini, come la vicenda inerente al procedimento che riguardava lui stesso (e cioè il Letta) e il Chiorazzo e come, da ultimo, la vicenda inerente al presente procedimento».
Bisignani ha rivelato ai pm che fu Bocchino a informarlo dell’inchiesta in corso: «Un giorno l’onorevole Bocchino, mio caro amico, mi disse di avere appreso che Papa era indagato e che a Napoli c’era un’indagine e delle intercettazioni che riguardava alcune schede procurate e diffuse dal Papa; in quel frangente anzi mi chiese se anche io avessi avuto tali schede. Io assunsi un atteggiamento fintamente tranquillo e volontariamente non diedi a vedere che ero preoccupato».


il riformista
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Inchiesta P4, tutti gli uomini
nella rete. “Bertolaso non può dirmi di no”

Da Nicola Cosentino alla cricca del G8, il vortice dell'onorevole berluscones. Agli atti gli interessi per la vicenda di Santoro e per Finmeccanica. E poi appalti e nomine da pilotare
È impressionante la rete di rapporti intessuta da Alfonso Papa, con magistrati e politici, poi utilizzata, secondo le accuse, per carpire informazioni secretate e rivelarle agli indagati. A rivelarlo è spesso Bisignani, che spiega come ha saputo di essere sotto intercettazione: glielo dice Italo Bocchino. E di lì a poco la “macchina” di Papa si mette in moto.

Il ruolo dell’esponente Fli
“Un giorno l’onorevole Bocchino, mio caro amico, disse di avere appreso che Papa era indagato e che a Napoli c’era una indagine e delle intercettazioni che riguardava alcune schede procurate e diffuse dal Papa. Mi chiese se anche io avessi avuto una di tali schede; Bocchino parlò espressamente di una indagine di Napoli ma non fece mai il nome dei magistrati; io rappresentai immediatamente tale circostanza al Papa e il Papa successivamente fece ulteriori accertamenti verificando la fondatezza di tale notizia…”. Bocchino dichiara che il colloquio s’è effettivamente tenuto, ma in un altro momento, e cioè soltanto dopo la pubblicazione di alcune notizie sull’inchiesta.

Bardi e la GdF
Papa – dice Bisignani – è sicuramente amico di Pollari, di Poletti (…) del generale Adinolfi … Quando gli dissi della notizia (…) mi disse che avrebbe chiesto informazioni a Napoli e che avrebbe parlato con un certo generale Vito Bardi della Guardia di Finanza; dopo qualche giorno tornò da me e mi disse che effettivamente dalle notizie che aveva appreso a Napoli aveva appurato che la notizia dell’indagine era vera (…). In un primo tempo il Papa tentò di minimizzare la portata dell’inchiesta, ma mi accorsi che era sempre più preoccupato (…). Mi disse che Vito Bardi (che ha querelato Bisignani, ndr) gli aveva confermato dell’esistenza dell’indagine, ma che tuttavia, lo aveva rassicurato dicendo che l’indagine era di scarso peso (…).

Cosentino
Gli elementi sulla fuga di notizie riguardante Nicola Cosentino – coordinatore campano del Pdl e imputato per concorso esterno in camorra – si fondano sulle dichiarazioni di Patrizio Della Volpe: “…mi risulta che La Monica sia uomo di fiducia del Papa… La Monica informò il Papa che l’onorevole Cosentino era destinatario di indagine da parte della Procura di Napoli; non ricordo quanto tempo prima rispetto al deposito degli atti (e alla conseguente pubblicazione sui giornali), La Monica diede tale informazione al Papa. Posso dire che avvenne prima del deposito degli atti e dei primi articoli di stampa (mi pare pubblicati su l’Espresso). La Monica avvertì Papa, dal momento che Papa ambiva a fare un salto di qualità in politica…”. Secondo il gip però non ci sono elementi sufficienti.

Lo scandalo Finmeccanica
“Papa – dice Bisignani – s’è proposto, per il mio tramite e di Galbusera, di interessarsi e di intercedere assumendo notizie ed informazioni anche sulle vicende giudiziarie riguardanti il dotto Borgogni di Finmeccanica (…). Ricordo che Papa mi disse di essersi informato, attraverso fonti accreditate, e di aver appreso che nei confronti di Borgogni non vi erano provvedimenti restrittivi…”.

L’indagine Verdini
“Papa – dice sempre Bisignani – si propose di assumere informazioni e adoperarsi quando Verdini fu coinvolto nella nota vicenda giudiziaria (…). Mi consta che Papa era molto amico dell’allora Procuratore aggiunto di Roma Achille Toro e del figlio Camillo; più volte mi chiese di poter trovare qualche incarico a Camillo. (…). Il Verdini medesimo cominciò a stringere i suoi rapporti con Papa, che fino a quel momento aveva calcolato poco, da quando cominciò a proporre il suo interessamento e la sua possibilità di intervento sulle vicende giudiziarie…”

Bavaglio ad “Annozero”
Papa cerca informazioni anche sulle indagini della Procura di Trani sul “bavaglio” ad Annozero. Nelle intercettazioni compariva l’ex direttore della Rai Mauro Masi. Dice Bisignani “Tramite me s’è proposto di interessarsi di prendere notizie e di intercedere anche a proposito delle vicende giudiziarie riferite a Masi perciò che riguarda la Procura di Trani. Disse di aver acquisito informazioni rassicuranti e le “girai” al Masi. Disse di essersi informato a Trani e di aver appreso che “non c’era da preoccuparsi”. Non chiesi quale fosse la sua fonte…”.

Protezione Civile
“Papa – dichiara Bisignani – mi parlò delle indagini sulla “cricca” e, in particolare, del filone di indagini che pendeva a Roma su Bertolaso; me ne parlò sicuramente prima del deposito degli atti e degli arresti. Sosteneva che la cosa si sarebbe sgonfiata”. Una conferma arriva dall’imprenditore Luigi Matacena: ” …ho conosciuto Papa un anno e mezzo fa (…) Successivamente cominciò a chiamarmi e mi diceva che era a “disposizione” per il mio lavoro e per aiutarmi; mi occupo di fornitura di attrezzatura e mezzi specialistici per vigili del fuoco e protezione civile (…). Mi propose di interessarsi per farmi ottenere delle commesse (…). Mi chiese in modo pressante se lavoravo con la protezione civile nazionale (…). Mi propose di procurami un contatto con Bertolaso; tuttavia poi non lo fece (…). Mi disse, in proposito, che a lui Bertolaso non poteva dire di no perché lui stesso (e cioè il Papa) si stava adoperando e interessando dei problemi giudiziari del Bertolaso, e che a lui, dunque, il Bertolaso non poteva dire di no. Il Papa mi fece tale discorso prima che scoppiasse lo scandalo della Cricca”.

da Il Fatto Quotidiano del 17 giugno 2011
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Archivio cartaceo | di Redazione Il Fatto Quotidiano

17 giugno 2011

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Più informazioni su: anna la rosa, Annozero, giovanni minoli, Loggia, luigi bisignani, Mauro Masi, Michele Santoro, monica setta, P4, Paolo Ruffini, Rai, Roberto Saviano, serena dandini

Masi ammette: “La lettera di licenziamento per Santoro la scrisse Bisignani”

Ai pm di Napoli che indagano sulla loggia P4 l'ex direttore generale della Rai dice di essersi rivolto al lobbysta "perché è dentro al mondo istituzionale". Il 26 gennaio scorso Masi chiama Annozero per dissociarsi e il giorno dopo ha una conversazione con Bisignani: "Come sono andato?". La risposta: "Bella figura di merda"
E’ stato l’ex piduista Luigi Bisignani, finito mercoledì scorso agli arresti domiciliari perché considerato a capo di una rete che forniva notizie sulle indagini ai potenti sotto inchiesta e pilotava nomine negli enti pubblici riuscendo anche a condizionare i giornali, a scrivere la lettera di licenziamento di Michele Santoro. Un tentativo sventato ma che svela il potere reale del lobbysta a capo della P4, vicino a Gianni Letta. Lo ammette lo stesso ex direttore generale della Rai durante un teso interrogatorio del febbraio scorso davanti ai magistrati di Napoli del quale il Fatto Quotidiano può svelare il contenuto. I magistrati che indagano sulla P4 fanno ascoltare a Masi una telefonata con Bisignani dell’ottobre 2010. Santoro ha appena fatto infuriare Masi con l’ormai famoso “vaffan … bicchiere” in tv. Durante la telefonata l’allora numero uno della Rai si fa dettare la lettera dal lobbysta. Messo di fronte all’evidenza, l’ex direttore della Rai ammette: “Mi si chiede perché mi sono fatto scrivere la lettera di licenziamento di Santoro da Bisignani e chi sia la persona dalla quale avrei dovuto fare prima un passaggio. Rispondo che mi sono rivolto a Bisignani perché addentro al mondo istituzionale in ragione delle sue conoscenze nel mondo politico”. Insomma il condannato a tre anni e 4 mesi per la tangente Enimont era l’uomo giusto per scrivere una lettera che normalmente una grande azienda pubblica affida al capo dell’ufficio legale.

Ma il misterioso uomo da sentire prima di fare il passo chi è? Masi fornisce questa versione: “la persona dalla quale volevo andare a fare un passaggio è il prefetto Pecoraro (Giovanni Pecoraro, prefetto di Roma, ndr) perché temevo per la mia incolumità personale, cosa che ho fatto”. A sentir Masi, insomma, nessun potente ispiratore. Solo la paura della rabbia dei facinorosi fan di Annozero privati del loro programma. Anche se poco dopo Masi stesso dice ai pm: “Bisignani mi era utile per capire il clima politico… insomma per dirla ancora più chiaramente io utilizzavo Bisignani per avere un’idea di cosa pensava il sottosegretario Gianni Letta”.

Quel licenziamento poi non si è materializzato perché i consiglieri berlusconiani della Rai non se la sono sentita di farlo proprio. Ma quando i pm chiedono se fosse ispirato dai suoi referenti politici, Masi ha la risposta pronta: “Santoro aveva insultato me, non il governo, per questo volevo licenziarlo”. Un’offesa personale che continuerà ancora per molto a ossessionarlo. Come dimostrano le stesse intercettazioni. Il 26 gennaio lo scontro tra Masi e Santoro raggiunge il culmine. Il dg telefona all’inizio della trasmissione e davanti a milioni di telespettatori dice a Santoro: “Mi dissocio”. La conversazione assume toni e linguaggio surreali: “Le sto dicendo – continua Masi – che ritiro me stesso e l’azienda dal tipo di trasmissione che sta facendo”. “Se ritira se stesso mi pare anche buono. Buonanotte”, conclude Santoro lasciandolo di sasso. Ma la telefonata più surreale è di qualche minuto dopo, quando Masi parla con Bisignani, per avere conforto. “Mi hai visto?”, gli chiede, “Come sono andato?”. E Bisignani: “Una figura di merda”. Dopo la prima telefonata i magistrati fanno ascoltare a Masi altre conversazioni con Bisignani su Serena Dandini, Paolo Ruffini, Monica Setta, Anna La Rosa e Giovanni Minoli. Al telefono Masi e Bisignani parlano di “fregare Ruffini”. “Cosa intendeva dire?”, chiedono i pm. E Masi spiega che stava parlando del direttore della terza rete Rai e aggiunge che si discuteva del programma di Serena Dandini, Parla con me, ma aggiunge subito però che comunque le cose sono andate diversamente. Masi si dipinge come un censore un po’ pasticcione. Nonostante volesse ostacolarlo, Parla con me è rimasto nella programmazione della Rai.

L’ex direttore generale della Rai nelle conversazioni con Bisignani, intercettate dalla Guardia di Finanza di Napoli, si lamenta anche di Roberto Saviano. Il motivo? Il protagonista di Vieni via con me – spiega Masi ai pm – aveva dichiarato pubblicamente di aver subìto un cattivo trattamento da parte della Rai. E questo non era vero, dice Masi in procura, spiegando anche le pressioni, ricevute da molti politici, per favorire invece due conduttrici che aveva lasciato in ombra: Monica Setta (molto amica di Bisignani) e Anna La Rosa, sponsorizzata, secondo Masi, da politici di tutti gli schieramenti.

di Marco Lillo e Antonio Massari

da il Fatto quotidiano del 17 giugno 2011
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P4, magistrati: “Vicenda inquientante”
Pd: “Malattia mortale dentro le istituzioni”
Per i magistrati il caso della loggia P4 “è una vicenda inquietante”. E bisogna attivare “tutti i meccanismi previsti perché la magistratura ha bisogno di credibilità e discontinuità rispetto a certi comportamenti e fatti con i quali non vogliamo avere nulla a che fare”. Così il presidente dell’Associazione nazionale magistrati (Anm), Luca Palamara, commenta l’inchiesta che coinvolge un magistrato in aspettativa e deputato Pdl, Alfonso Papa, accusato di aver passato informazioni riservate su inchieste in corso a potenti personaggi e aver influenzato diverse nomine agli enti pubblici. “Io mariuolo? Ma non scherziamo – ha intanto commentato Papa -. Sono tranquillissimo, contro di me non c’è niente”.”Dobbiamo aspettare di avere lettura delle carte – ha aggiunto Palamara – e dopo ci faremo di nuovo sentire”. Sui magistrati coinvolti, intanto, spiega: “Il 25 giugno si riunirà il comitato e, speriamo, al più presto anche i probiviri”.

A garantire un intervento è anche Guido Calvi, deputato Pd e presidente della Prima commissione del Consiglio superiore della Magistratura. “Nella prima riunione utile si deciderà se chiedere copia degli atti dell’inchiesta ai pm di Napoli”, annuncia. “La Prima commissione – spiega – interverrà perché lo impongono le sue e le competenze del Csm”. Come nel caso della P3, ricorda, con un intervento “molto rigoroso”. “Molte situazioni critiche sono state affrontate anche dalla sezione disciplinare del Csm”, conclude Calvi. A decidere sulla sorte di Papa, che è anche deputato Pdl, sarà adesso la Camera. Che dovrà decidere sulla richiesta di arresto disposta dalla procura di Napoli. “L’Italia dei dossier, dei faccendieri, dei ricatti, quella della P4 non ci piace – ha commentato – Pierluigi Mantini, capogruppo Udc della giunta per le Autorizzazioni della Camera -. E’ tempo di trasparenza, concorrenza, rispetto del merito professionale e dell’autonomia delle istituzioni”. Stessa posizione espressa anche dall’Idv, nelle parole del portavoce Leoluca Orlando. “Questo governo e questa maggioranza – attacca – sembrano avere sponsorizzato la P2 del terzo millennio”. “Infatti, oltre ai piduisti storici presenti nell’attuale governo e nell’odierna maggioranza – conclude -, a prescindere dalle responsabilità penali personali, ciò che crea allarme è l’appoggio che questo esecutivo sembra dare a questo sistema criminale”.

Un intrigo che coinvolgerebbe politici, magistrati, giornalisti, uomini delle forze dell’ordine. “Un pezzo di storia nazionale che avrebbe dovuto essere chiuso e finito”, commenta Emanuele Fiano, responsabile Difesa e sicurezza del Pd. “L’ennesima inchiesta”, aggiunge, per cui “c’è da chiedersi quanto esteso sia questo malaffare e quanto della macchina pubblica dei grandi appalti, dei grandi incarichi e dei grandi ruoli politici sia effettivamente pervaso da questa malattia mortale”. L’esponente Pd annuncia poi una interrogazione urgente al governo per “sapere se Papa sia stato in grado di far assumere o agevolare in qualche maniera l’entrata di qualche suo ‘informatore’” tra i Carabinieri, la Guardia di finanza o i servizi di sicurezza. I democratici chiedono inoltre spiegazioni sul motivo per cui “Papa si avvaleva di un servizio di protezione” e sulla possibilità che qualcuna delle case romane frequentate dal deputato fosse “riconducibile ad amministrazioni dello Stato o a società a queste collegate”.

Finora, durante le testimonianze raccolte dai magistrati, sono stati fatti i nomi di diversi politici e ministri. Ma soprattutto di Gianni Letta, sottosegretario alla presidenza del Consiglio. “E’ sereno, è un galantuomo e la Procura di Napoli non ha mire politiche – rassicura il ministro per l’Attuazione del Programma, Gianfranco Rotondi -. L’inchiesta fa il suo corso e non deve preoccupare il governo”. Una serenità espressa anche da Roberto Castelli, citato nella testimonianza dell’imprenditore Luigi Bisignani. “Leggo sui giornali che io avrei sponsorizzato il dottor Alfonso Papa – premette il viceministro alle Infrastrutture – affinché venisse inserito nelle liste del Pdl”. “Devo dire che in cinque anni che ho trascorso al ministero della Giustizia – aggiunge Castelli – Papa si è sempre dimostrato un dirigente serio e competente e non mi ha mai chiesto nulla”. Un’attestazione di stima che non trova d’accordo l’ex procuratore generale di Napoli, Vincenzo Galgano, ora in pensione. “Che Alfonso Papa fosse una pecora zoppa a Napoli lo sapevano tutti – commenta -, infatti lo frequentavano in pochi e io non ero tra questi”.

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ROMA - La posizione dell'Associazione nazionale magistrati (Anm) sull'inchiesta P4 "è chiara e rispetto a essa non ci saranno passi indietro. E' una vicenda inquietante, bisogna attivare tutti i meccanismi previsti perché la magistratura ha bisogno di credibilità e discontinuità rispetto a certi comportamenti e fatti con i quali non vogliamo avere nulla a che fare".

VERBALI 1 1 - 2 2 / REPUBBLICA TV 3

Lo ha detto il presidente dell'Anm, Luca Palamara tornando sulla vicenda che ha coinvolto Alfonso Papa 4, parlamentare del Pdl ma anche magistrato in aspettativa. Palamara prende dunque le distanze da una vicenda "inquietante" mentre continua l'inchista d'indagine che cerca di fare luce su un sistema informativo parallelo, quella che per i magistrati potrebbe essere una vera e propria associazione per delinquere finalizzata alla gestione di notizie riservate, appalti e nomine, in un misto, secondo l'accusa, di dossier e ricatti, anche attraverso interferenze su organi costituzionali. Papa è accusato di gestire soldi e favori, nella ragnatela 007 5 e magistrati 6.

La procura generale della Cassazione ieri ha aperto un'indagine disciplinare sul parlamentare del Pdl e magistrato in aspettativa. A confermarlo è stato, a margine del plenum del Csm, il pg della Cassazione, Vitaliano Esposito: "Le notizie le abbiamo apprese dalla stampa - ha detto - se c'è un provvedimento penale c'è sempre una pratica di accertamenti da parte della procura generale della Cassazione". Sulla questione, ha continuato Palamara, occorre intervenire "senza indugi e tentennamenti", e quindi attivare "tutti i meccanismi previsti dal codice etico dei magistrati".

Ieri l'Anm aveva invocato sul caso di Papa l'intervento dei probiviri, che il leader del sindacato delle toghe spera si riuniscano "presto" e che comunque dovranno aspettare la convocazione che è già stata fissata del Comitato direttivo centrale dell'Anm. "Il 25 giugno - ha spiegato Palamara - si riunirà il comitato e, speriamo, al più presto anche i probiviri". "Dopo aver letto le carte faremo sentire la nostra voce", ha concluso il magistrato ribadendo che "il Paese ha bisogno di una magistratura credibile".

E vicenda "preoccupante" è anche la definizione di Emanuele Fiano, responsabile Difesa e Sicurezza del Pd. "Quello che sta emergendo in queste ore nella cosiddetta inchiesta P4 e che coinvolge parlamentari ex magistrati come Alfonso Papa, faccendieri ben noti alle cronache politiche e giudiziarie come Luigi Bisignani e giornalisti spesso chiacchierati come Valter Lavitola, è inquietante e lascia riemergere un pezzo di storia nazionale che avrebbe dovuto essere chiuso e finito, e invece riaffiora ogni volta in preoccupante connessione con ambienti dello Stato. Inoltre in questo quadro già gravissimo, inquieta particolarmente la possibilità trapelata, che l'onorevole Papa abbia provato a fare assumere un suo informatore dei carabinieri nei servizi di sicurezza del paese. Su quest'ultimo e specifico aspetto il Partito Democratico depositerà oggi un'interrogazione urgente al Governo".


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