No all'estradizione: libero Battisti. L'Italia ricorrerà

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mohammed
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Mariotta ha scritto:come ha detto il figlio di Torreggiani , il gioielliere ucciso, anche lui stesso ferito e paralizzato da quel giorno


Un paese governato da ex terroristi si è fatto garante di un terrorista...



Spero che lo Stato Italiano si regoli di conseguenza.
chi ha ucciso torreggiani e chi ha sparato al figlio alle spalle?
Allah è grande, Gheddafi è il suo profeta!
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Il_Molestatore
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Perché Cesare Battisti fu arrestato, nel 1979?

Fu arrestato nell’ambito delle retate che colpirono il Collettivo Autonomo della Barona (un quartiere di Milano), dopo che, il 16 febbraio 1979, venne ucciso il gioielliere Luigi Pietro Torregiani.

Perché il gioielliere Torregiani fu assassinato?

Perché, il 22 gennaio 1979, assieme a un conoscente anche lui armato, aveva ucciso Orazio Daidone: uno dei due rapinatori che avevano preso d’assalto il ristorante Il Transatlantico in cui cenava in folta compagnia. Un cliente, Vincenzo Consoli, morì nella sparatoria, un altro rimase ferito. Chi uccise Torregiani intendeva colpire quanti, in quel periodo, tendevano a “farsi giustizia da soli”.

Cesare Battisti partecipò all’assalto al Transatlantico?

No. Nessuno ha mai asserito questo. Si trattò di un episodio di delinquenza comune.

Cesare Battisti partecipò all’uccisione di Torregiani?

No. Anche questa circostanza – affermata in un primo tempo – venne poi totalmente esclusa. Altrimenti sarebbe stato impossibile coinvolgerlo, come poi avvenne, nell’uccisione del macellaio Lino Sabbadin, avvenuta in provincia di Udine lo stesso 16 febbraio 1979, quasi alla stessa ora.
Eppure è stato fatto capire che Cesare Battisti abbia ferito uno dei figli adottivi di Torregiani, Alberto, rimasto poi paraplegico.
E’ assodato che Alberto Torregiani fu ferito per errore dal padre, nello scontro a fuoco con gli attentatori.

Perché dunque Cesare Battisti viene collegato all’omicidio Torregiani?

Perché, per sua stessa ammissione, faceva parte del gruppo che rivendicò l’attentato, i Proletari Armati per il Comunismo. Lo stesso gruppo che rivendicò l’attentato Sabbadin.

Cos’erano i Proletari Armati per il Comunismo (PAC)?

Uno dei molti gruppi armati scaturiti, verso la fine degli anni ’70, dal movimento detto dell’Autonomia Operaia, e dediti a quella che chiamavano “illegalità diffusa”: dagli “espropri” (banche, supermercati) alle rappresaglie contro le aziende che organizzavano lavoro nero, fino, più raramente, a ferimenti e omicidi.

I PAC erano allineati alle Brigate Rosse?

No. Come tutti i gruppi autonomi non puntavano né alla costruzione di un nuovo partito comunista, né a un rovesciamento immediato del potere. Cercavano piuttosto di assumere il controllo del territorio, spostandovi i rapporti di forza a favore delle classi subalterne, e in particolare delle loro componenti giovanili. Questo progetto, comunque lo si giudichi (certamente non ha funzionato), non collimava con quello delle BR.

Il magistrato Spataro, tra i PM del processo Torregiani, ha detto di recente che gli aderenti ai PAC non superavano la trentina.

Ha cattiva memoria. Gli indagati per appartenenza ai PAC furono almeno 60. La componente maggiore era rappresentata da giovani operai. Seguivano disoccupati e insegnanti. Gli studenti erano tre soltanto.

30 o 60 fa poca differenza.

Ne fa, invece. Cambiano le probabilità di partecipazione alle scelte generali dell’organizzazione, e anche alle azioni da questa progettate. Teniamo presente che, se le rapine attribuite ai PAC sono decine, gli omicidi sono quattro. La partecipazione diretta a uno di questi diviene molto meno probabile, se si raddoppia il numero degli effettivi.

Cesare Battisti era il capo dei PAC, o uno dei capi?

No. Questa è una pura invenzione giornalistica, creata negli ultimi mesi. Né gli atti del processo, né altri elementi inducono a considerarlo uno dei capi. Del resto, non aveva un passato tale da permettergli di ricoprire un ruolo del genere. Era un militante tra i tanti.

In sede processuale Battisti fu però giudicato tra gli “organizzatori” dell’omicidio Torregiani.

In via assolutamente deduttiva. Avrebbe partecipato a riunioni in cui si era discusso del possibile attentato, senza esprimere parere contrario. Solo con l’entrata in scena del pentito Mutti – dopo che Battisti, condannato a dodici anni e mezzo, era evaso dal carcere e fuggito in Messico – l’accusa si precisò, ma ancora una volta per via deduttiva. Poiché Battisti era accusato da Mutti di avere svolto ruoli di copertura nell’omicidio Sabbadin, e poiché gli attentati Torregiani e Sabbadin erano chiaramente ispirati a una stessa strategia (colpire i negozianti che uccidevano i rapinatori), ecco che Battisti doveva essere per forza di cose tra gli “organizzatori” dell’agguato a Torregiani, pur senza avervi partecipato di persona.

Eppure, di tutti i crimini attribuiti a Battisti, quello cui si dà più rilievo è proprio il caso Torregiani.

Forse si prestava più degli altri a un uso “spettacolare” (si veda l’impiego ricorrente di Alberto Torregiani, non sempre pronto, per motivi anche comprensibili, a rivelare chi lo ferì). O forse – viste certe proposte recenti del ministro Castelli, in tema di autodifesa da parte dei negozianti – era l’episodio meglio capace di fare vibrare certe corde nell’elettorato di riferimento.

Comunque, chi difende Battisti ha spesso giocato la carta della “simultaneità” tra il delitto Torregiani e quello Sabbadin, mentre Battisti è stato accusato di avere “organizzato” il primo ed “eseguito” il secondo.

Ciò si deve all’ambiguità stessa della prima richiesta di estradizione di Battisti (1991), alle informazioni contraddittorie fornite dai giornali (numero e qualità dei delitti variavano da testata a testata), al silenzio di chi sapeva. Non dimentichiamo che Armando Spataro ha cominciato a fornire dettagli – per meglio dire, un certo numero di dettagli – solo quando ha visto che la campagna a favore di Cesare Battisti rischiava di rimettere in discussione il modo in cui lui e gli altri magistrati coinvolti (Corrado Carnevali, Pietro Forno, ecc.) avevano condotto istruttoria e processo. Non dimentichiamo nemmeno che il governo italiano ha ritenuto di sottoporre ai magistrati francesi, alla vigilia della seduta che doveva decidere della nuova domanda di estradizione di Cesare Battisti, 800 pagine di documenti. E’ facile arguire che giudicava lacunosa la documentazione prodotta fino a quel momento. A maggior ragione, essa presentava lacune per chi intendeva impedire che Battisti fosse estradato.

In tutti i casi, quello a Cesare Battisti e agli altri accusati del delitto Torregiani fu un processo regolare.

No, non lo fu, e dimostrarlo è piuttosto semplice.

Perché il processo Torregiani, poi allargato all’intera vicenda dei PAC, non fu regolare?

Precisiamo: non fu regolare se non nel quadro delle distorsioni della legalità introdotte dalla cosiddetta “emergenza”. Sotto il profilo del diritto generale, il processo fu viziato da almeno tre elementi: il ricorso alla tortura per estorcere confessioni in fase istruttoria, l’uso di testimoni minorenni o con turbe mentali, la moltiplicazione dei capi d’accusa in base alle dichiarazioni di un pentito di incerta attendibilità. Più altri elementi minori.

I magistrati torturarono gli arrestati?

No. Fu la polizia a torturarli. Vi furono ben tredici denunce: otto provenienti da imputati, cinque da loro parenti. Non un fatto inedito, ma certo fino a quel momento insolito, in un’istruttoria di quel tipo. I magistrati si limitarono a ricevere le denunce, per poi archiviarle.

Forse le archiviarono perché non si era trattato di vere torture, ma di semplici pressioni un po’ forti sugli imputati.

Uno dei casi denunciati più di frequente fu quello dell’obbligo di ingurgitare acqua versata nella gola dell’interrogato, a tutta pressione, tramite un tubo, mentre un agente lo colpiva a ginocchiate nello stomaco. Tutti denunciarono poi di essere stati fatti spogliare, avvolti in coperte perché non rimanessero segni e poi percossi a pugni o con bastoni. Talora legati a un tavolo o a una panca.

Se i magistrati non diedero seguito alle denunce, forse fu perché non c’erano prove che tutto ciò fosse realmente accaduto.

Infatti il sostituto procuratore Alfonso Marra, incaricato di riferire al giudice istruttore Maurizio Grigo, dopo avere derubricato i reati commessi dagli agenti della Digos da “lesioni” a “percosse” per assenza di segni permanenti sul corpo (in Italia non esisteva il reato di tortura, e non esiste nemmeno ora, grazie al ministro Castelli e al suo partito), concludeva che la stessa imputazione di percosse non poteva avere seguito, visto che gli agenti, unici testimoni, non confermavano.

Dal canto proprio il PM Corrado Carnevali, titolare del processo Torregiani, insinuò che le denunce di torture fossero un sistema adottato dagli accusati per delegittimare l’intera inchiesta.

Nulla ci dice che il PM Carnevali avesse torto.
Almeno un episodio non collima con la sua tesi. Il 25 febbraio 1979 l’imputato Sisinio Bitti denunciò al sostituto procuratore Armando Spataro le torture subite e ritrattò le confessioni rese durante l’interrogatorio. Tra l’altro, raccontò che un poliziotto, nel percuoterlo con un bastone, lo aveva incitato a denunciare un certo Angelo; al che lui aveva denunciato l’unico Angelo che conosceva, tale Angelo Franco. La ritrattazione di Bitti non fu creduta, e Angelo Franco, un operaio, fu arrestato quale partecipante all’attentato Torregiani. Solo che pochi giorni dopo lo si dovette rilasciare: non poteva in alcun modo avere preso parte all’agguato. Dunque la ritrattazione di Bitti era sincera, e dunque, con ogni probabilità, anche le violenze con cui la falsa confessione gli era stata estorta.

Anche ammesso il ricorso alle sevizie in fase istruttoria, ciò non assolve Cesare Battisti.

No, però dà l’idea del tipo di processo in cui fu implicato. Definirlo “regolare” è a dir poco discutibile. Tra i testi a carico di alcuni imputati figurarono anche una ragazzina di quindici anni, Rita Vitrani, indotta a deporre contro lo zio; finché le contraddizioni e le ingenuità in cui incorse non fecero capire che era psicolabile (“ai limiti dell’imbecillità”, dichiararono i periti). Figurò anche un altro teste, Walter Andreatta, che presto cadde in stato confusionale e fu definito “squilibrato” e vittima di crisi depressive gravi dagli stessi periti del tribunale.

Pur ammettendo il quadro precario dell’inchiesta, c’è da considerare che Cesare Battisti rinunciò a difendersi. Quasi un’ammissione di colpevolezza, anche se, prima di tacere, si proclamò innocente.

Può sembrare così oggi, ma non allora. Anzi, è vero il contrario. A quel tempo, i militanti dei gruppi armati catturati si proclamavano prigionieri politici, e rinunciavano alla difesa perché non riconoscevano la “giustizia borghese”. Battisti vi rinunciò perché disse di dubitare dell’equità del processo.

Tralasciate violenze e testimonianze poco attendibili in fase istruttoria, il processo fu però condotto a conclusione con equità.

Non proprio. Accusati minori furono colpiti con pene spropositate. Il già citato Bitti, riconosciuto innocente di ogni delitto, fu ugualmente condannato a tre anni e mezzo di prigione per essere stato udito approvare, in luogo pubblico, l’attentato a Torregiani. Era scattato il cosiddetto “concorso morale” in omicidio, direttamente ispirato alle procedure dell’Inquisizione. Il già citato Angelo Franco, pochi giorni dopo il rilascio, fu arrestato nuovamente, questa volta per associazione sovversiva, e condannato a cinque anni. Ciò in assenza di altri reati, solo perché era un frequentatore del collettivo autonomo.

Secondo Luciano Violante, una certa “durezza” era indispensabile a spegnere il terrorismo. E Armando Spataro sostiene che, a questo fine, l’aggravante delle “finalità terroristiche”, che raddoppiava le pene, si rivelò un’arma decisiva.
Spezzò anche le vite di molti giovani, arrestati con imputazioni destinate ad aggravarsi in maniera esponenziale nel corso della detenzione, pur in assenza di fatti di sangue.

Ciò non vale per Cesare Battisti, condannato all’ergastolo per avere partecipato a due omicidi ed eseguito altri due.
Al termine del processo di primo grado Battisti, arrestato in origine per imputazioni minori, si trovò condannato a dodici anni e mezzo di prigione. Le condanne all’ergastolo giunsero cinque anni dopo la sua evasione dal carcere. Ma qui è tempo di parlare dei “pentiti” e, soprattutto, dell’unico pentito che lo accusò. Per poi entrare nel merito degli altri tre delitti.

Vediamo di capire che cos’è un “pentito”.

Se ci riferiamo ai gruppi di estrema sinistra, vengono così chiamati quei detenuti per reati connessi ad associazioni armate che, in cambio di consistenti sconti di pena, rinnegano la loro esperienza e accettano di denunciare i compagni, contribuendo al loro arresto e allo smantellamento dell’organizzazione. Di fatto una figura del genere esisteva già alla fine degli anni ’70, ma entra stabilmente nell’ordinamento giuridico prima con la “legge Cossiga” 6.2.1980 n. 15, poi con la “legge sui pentiti” 29.5.1982 n. 304. Manifesta i pericoli insiti nel suo meccanismo sia prima che dopo questa data.

Quali sarebbero i “pericoli”?

La logica della norma faceva sì che il “pentito” potesse contare su riduzioni di pena tanto più elevate quante più persone denunciava; per cui, esaurita la riserva delle informazioni in suo possesso, era spinto ad attingere alle presunzioni e alle voci raccolte qui e là. Per di più, la retroattività della legge incitava a delazioni indiscriminate anche a distanza di molti anni dai fatti, quando ormai erano impossibili riscontri materiali.

Esistono esempi di questi effetti perversi?

Il caso più clamoroso fu quello di Carlo Fioroni, che, minacciato di ergastolo per il sequestro a fini di riscatto di un amico, deceduto nel corso del rapimento, accusò di complicità Toni Negri, Oreste Scalzone e altre personalità dell’organizzazione Potere Operaio, sgravandosi della condanna. Ma anche altri pentiti, quali Marco Barbone (oggi collaboratore di quotidiani di destra), Antonio Savasta, Pietro Mutti ecc. seguitarono per anni a spremere la memoria e a distillare nomi. Ogni denuncia era seguita da arresti, tanto che la detenzione diventò arma di pressione per ottenere ulteriori pentimenti. Purtroppo ciò destò scandalo solo in un secondo tempo, quando la logica del pentitismo, applicata al campo della criminalità comune, provocò il caso Tortora e altri meno noti.

Pietro Mutti fu l’accusatore principale di Cesare Battisti. Chi era?

Figurò tra gli imputati del processo Torregiani, sebbene latitante, e l’accusa chiese per lui otto anni di prigione. Fu catturato nel 1982 (dopo che Battisti era già evaso), a seguito della fuga dal carcere di Rovigo, il 4 gennaio di quell’anno, di alcuni militanti di Prima Linea. Mutti fu accusato di essere tra gli organizzatori dell’evasione.

Di quali delitti Mutti, una volta pentito, accusò Battisti?

Tralasciando reati minori, per tre omicidi. Battisti (con una complice) avrebbe direttamente assassinato, il 6 giugno 1978, il maresciallo degli agenti di custodia del carcere di Udine Antonio Santoro, che i PAC accusavano di maltrattamenti ai detenuti. Avrebbe direttamente assassinato a Milano, il 19 aprile 1979, l’agente della Digos Andrea Campagna, che aveva partecipato ai primi arresti legati al caso Torregiani. Tra i due delitti avrebbe partecipato, senza sparare direttamente ma comunque con ruoli di copertura, al già citato omicidio del macellaio Lino Sabbadin di Santa Maria di Sala.
L’omicidio Sabbadin è quello di cui più si è parlato. In un’intervista al gruppo di estrema destra francese Bloc Identitaire, il figlio di Lino Sabbadin, Adriano, ha dichiarato che gli assassini del padre sarebbero stati i complici del rapinatore da questi ucciso.
O la sua risposta è stata male interpretata, o ha dichiarato cosa che non risulta da alcun atto. Meglio tralasciare le dichiarazioni dei congiunti delle vittime, la cui funzione, nel corso della canea contro Battisti, è stata essenzialmente spettacolare.

Cesare Battisti è colpevole o innocente dei tre omicidi di cui lo accusò Mutti?

Lui si dice innocente, anche se si fa carico della scelta sbagliata in direzione della violenza che, in quegli anni, coinvolse lui e tanti altri giovani. Qui però non è questione di stabilire l’innocenza o meno di Battisti. E’ invece questione di vedere se la sua colpevolezza fu mai veramente provata, nonché di verificare, a tal fine, se l’iter processuale che condusse alla sua condanna possa essere giudicato corretto. In caso contrario, non si spiegherebbe l’accanimento con cui il governo italiano, con il sostegno anche di nomi illustri dell’opposizione, ha cercato di farsi riconsegnare Battisti dalla Francia.

A parte le denunce di Mutti, emersero altre prove a carico di Battisti, per i delitti Santoro, Sabbadin (sia pure in ruolo di copertura) e Campagna?

No. Quando oggi i magistrati parlano di “prove”, si riferiscono all’incrocio da loro effettuato tra le dichiarazioni di un pentito (nel nostro caso Mutti) e gli indizi indirettamente forniti dai “dissociati”.

Cosa si intende per “dissociato”?

Chi prenda le distanze dall’organizzazione armata cui apparteneva e confessi reati e circostanze che lo riguardino, senza però accusare altri. Ciò comporta uno sconto di pena, anche se ovviamente inferiore a quello di un pentito.

In che senso un dissociato può fornire indirettamente indizi?

Per esempio se afferma di non avere partecipato a una riunione perché contrario a una certa azione che lì veniva progettata, pur senza dire chi c’era. Se nel frattempo un pentito ha detto che X partecipò a quella riunione, ecco che X figura automaticamente tra gli organizzatori.

Cosa c’è che non va, in questa logica?

C’è che sia la denuncia diretta del pentito, che l’indizio fornito dal dissociato, provengono da soggetti allettati dalla promessa di un alleggerimento della propria detenzione. La loro lettura congiunta, se mancano i riscontri, è effettuata dal magistrato che la sceglie tra varie possibili. Inoltre è comunque il pentito, cioè colui che ha incentivi maggiori, a essere determinante. Tutto ciò in altri paesi (non totalitari) sarebbe ammesso in fase istruttoria, e in fase dibattimentale per il confronto con l’accusato. Non sarebbe mai accettato con valore probatorio in fase di giudizio. In Italia sì.

Nel caso di Battisti mancano altri riscontri?

Vi sono solo dei riconoscimenti di testi che lo stesso magistrato Armando Spataro ha definito poco significativi. Espressione a dir poco “benigna”. Nel caso dell’agente Campagna, i testi indicarono due autori dell’attentato: una donna e un uomo barbuto alto 1,90. Il pentito Mutti fornì i nomi per identificarli. Ebbene, Battisti è di bassa statura (e all’epoca non portava la barba, anche se naturalmente poteva averne una falsa). La “complice” accusata da Mutti fu completamente prosciolta nel 1994, per non avere commesso il fatto.

Ma il pentito Pietro Mutti non può essere ritenuto credibile? Vi sono motivi per asserire che sia mai caduto nel meccanismo “Quanto più confesso, tanto meno resto in prigione”?

Sì. Le denunce di Pietro Mutti non riguardarono solo Battisti e i PAC, ma furono a 360 gradi, e si indirizzarono nelle direzioni più svariate. La più clamorosa riguardò l’OLP di Yasser Arafat, che avrebbe rifornito di armi le Brigate Rosse. In particolare, elencò Mutti, “tre fucili AK47, 20 granate a mano, due mitragliatrici FAL, tre revolver, una carabina per cecchini, 30 chilogrammi di esplosivo e 10.000 detonatori” (mica tanto, a ben vedere, a parte il numero incongruo dei detonatori; mancava solo che Arafat consegnasse una pistola ad aria compressa). Il procuratore Carlo Mastelloni poté, sulla base di questa preziosa rivelazione, aggiungere un fascicolo alla sua “inchiesta veneta” sui rapporti tra terroristi italiani e palestinesi, e chiamò persino in giudizio Yasser Arafat. Poi dovette archiviare il tutto, perché Arafat non venne e il resto si sgonfiò.

Ciò ha a che vedere con le armi, provenienti dal Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, mercanteggiate nel 1979 da tale Maurizio Follini, che Armando Spataro dice essere stato militante dei PAC?

Questo Follini era mercante d’armi e, secondo alcuni, spia sovietica. Fu tirato in ballo da Mutti, ma in relazione ad altri gruppi. Conviene stendere un velo pietoso. Dopo avere notato, però, quanto le rivelazioni di Mutti tendessero al delirio.
Mutti non sarà attendibile per altre inchieste, ma nulla ci garantisce che, almeno sui PAC, non dicesse la verità.
Ho già detto che nel 1994 la Cassazione mandò assolta una coimputata di Battisti, anche lei denunciata da Mutti per il delitto Campagna. Parlo del 1994. Per dieci anni la magistratura aveva creduto, a suo riguardo, alle accuse del pentito. Ciò dovrebbe commentarsi da solo. Ma c’è da aggiungere che molte volte, nel corso dei processi, Mutti addossò a Battisti colpe proprie o di propri amici, salvo essere costretto a ritrattare di fronte all’evidenza dei fatti.

Un esempio?

Il delitto Santoro, materialmente eseguito dallo stesso Mutti e da un complice di nome Giacomin (che confessò). Sulle prime, il pentito addossò a Battisti la responsabilità di avere sparato. Successivamente, messo alle strette, declassò la funzione di Battisti a quella di autista.

Armando Spataro parla di valide testimonianze a carico di Battisti.

E’ vero. Peccato che resti sul vago, e non sappia indicarne nemmeno una.
Anche ammesso che il processo che ha portato alla condanna di Cesare Battisti sia stato viziato da irregolarità e imperniato sulle deposizioni di un pentito poco credibile, è certo che Battisti ha potuto difendersi nei successivi gradi di giudizio.
Non è così, almeno per quanto riguarda il processo d’appello del 1986, che modificò la sentenza di primo grado e lo condannò all’ergastolo. Battisti era allora in Messico e ignaro di ciò che avveniva a suo danno in Italia.

Il magistrato Armando Spataro ha detto che, per quanto sfuggito di sua iniziativa alla giustizia italiana, Battisti poté difendersi in tutti i gradi di processo attraverso il legale da lui nominato.

Ciò è vero solo per il periodo in cui Battisti si trovava ormai in Francia, e dunque vale essenzialmente per il processo di Cassazione che ebbe luogo nel 1991. Non vale per il processo del 1986, che sfociò nella sentenza della Corte d’Appello di Milano del 24 giugno di quell’anno. A quel tempo Battisti non aveva contatti né col legale, pagato dai familiari, né con i familiari stessi. E’ stato provato che, circa la nomina del difensore, lasciò mandati in bianco, poi compilati da altri.

Questo lo dice lui.

Be’, lo dice anche l’avvocato Giuseppe Pelazza di Milano, che si assunse la difesa, e lo dicono i familiari. Ma certamente si tratta di testimonianze di parte. Resta il fatto che Battisti non ebbe alcun confronto con il pentito Mutti che lo accusava. Si era sottratto al carcere, d’accordo; però il dato oggettivo è che non poté intervenire in un procedimento che commutava la sua condanna da dodici anni di prigione in due ergastoli, e gli attribuiva l’esecuzione di due omicidi, la partecipazione a svariato titolo ad altri due, alcuni ferimenti e una sessantina di rapine (cioè l’intera attività dei PAC). Questo era ed è ammissibile per la legge italiana, ma non per la legislazione di altri paesi che, pur prevedendo la condanna in contumacia, impone la ripetizione del processo qualora il contumace sia catturato.

Riferisce Armando Spataro che la Corte dei Diritti umani di Strasburgo ha giudicato garantito l’imputato nella prassi italiana del processo in contumacia.

Vero. Ma il magistrato Spataro si riferisce a una sola sentenza, e dimentica tutte quelle in cui la stessa Corte ha raccomandato all’Italia di adeguarsi alle norme vigenti nel resto d’Europa in tema di contumacia. D’altra parte è giurisprudenza costante della Corte dei Diritti umani ritenere legittimo il processo in contumacia solo se l’imputato è stato portato a conoscenza del procedimento a suo carico. Ciò nel caso di Cesare Battisti non è dimostrabile. E non basta nemmeno che il suo avvocato sia stato avvisato. Secondo l’art. 42 del codice di deontologia della Corte di Strasburgo, l’avvocato rappresenta effettivamente il cliente solo se 1) il primo si conforma alle decisioni del secondo circa le finalità del mandato a rappresentarlo; 2) l’avvocato si consulta col cliente circa i modi per perseguire tali finalità. Il punto 2), per quanto riguarda il processo d’appello del 1986, non è sicuramente stato applicato, e anche il punto 1) è dubbio. Nulla dimostra che Battisti abbia avuto notizia del processo che lo riguardava, e gli elementi esistenti tendono a provare il contrario.


(tratto da "La verità su Cesare Battisti" di Fred Vargas)
Le feci tener su le scarpe coi tacchi alti. Sono un freak.
Il corpo al naturale non lo reggo, ho bisogno di farmi ingannare.
Gli psichiatri hanno un termine specifico per questo,
ed io ho un termine specifico per gli psichiatri.
[Charles Bukowski]
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doddi
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eddiegraces ha scritto:
doddi ha scritto:
Senza parole, davvero, obnubilazione e demagogia incurabile :salut
Pensa se questo bel risultato l'avesse ottenuto prodi...
Escludo categoricamente che avrei potuto scrivere scemenze del genere di quelle che ho letto, nonostante mortazza.
Se coloro che vincono le gare hanno certificati antimafia ma sono in strette relazioni con altre imprese sottoposte all'attenzione della mafia,tutte munite di certificazioni delle prefetture,allora è un problema diverso che non compete a me valutare. I.F.
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doddi ha scritto:
Escludo categoricamente che avrei potuto scrivere scemenze del genere di quelle che ho letto, nonostante mortazza.
Pensa a noi che sopportiamo quotidianamente le tue di scemenze ... :salut
"Nani su iddi e vvonnu a tutti nani;
Nci vannu terra terra, peri e mmani;
E pa malignità brutta e superba,
Ccà non crisci chi erba, erba, erba"
(Nicola Giunta)
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UnVeroTifoso ha scritto:
doddi ha scritto:
Escludo categoricamente che avrei potuto scrivere scemenze del genere di quelle che ho letto, nonostante mortazza.
Pensa a noi che sopportiamo quotidianamente le tue di scemenze ... :salut
Ognuno ha le sue croci caro :beer: , ma sei in buona e numerosa (almeno qua dentro, zona protetta e senza gravi e considerevoli ripercussioni esterne) compagnia come dimostra questo topic.
Questo avviene quando la mente è stanca e si fissa su qualcosa ad imperitura memoria, perdendo il senso della ragione e della critica obbiettiva, tirando in ballo qualcosa che non esiste proprio.


http://www.youtube.com/watch?v=rdPzj4W6r4I
Tanta tenerezza, tante coccole... Immagine
Se coloro che vincono le gare hanno certificati antimafia ma sono in strette relazioni con altre imprese sottoposte all'attenzione della mafia,tutte munite di certificazioni delle prefetture,allora è un problema diverso che non compete a me valutare. I.F.
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Geronimo
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Ma un'operazione militare per andarlo a prendere in Brasile no è?

Spero che l'Italia tagli tutti i ponti con il Brasile
Forse la gente si è abituata ad avere una grande squadra senza accorgersi che ogni traguardo per la Reggina resta sempre una grande conquista”


http://www.youtube.com/watch?v=ecZ6h7xtadE" onclick="window.open(this.href);return false;
Mariotta
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Frattini richiama l'ambasciatore


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aquamoon
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Geronimo ha scritto:Ma un'operazione militare per andarlo a prendere in Brasile no è?

Spero che l'Italia tagli tutti i ponti con il Brasile
Prendo spunto dal tuo suggerimento per tentare un ragionamento:
Che senso dare al rifiuto da parte del Brasile a estradare battisti?
Lasciarsi trasportare dall'orgoglio permettendogli di tramutarsi in rabbia cieca, al punto di invocare navy seals nostrani o peggio ancora d'interrompere persino i rapporti diplomatici,
gonfierà il petto ma, ahinoi, è perfettamente inutile... battisti, il Brasile non ce lo dà.
Perchè?
In cosa è mancata la diplomazia?
:scratch

A me di avere battisti in galera non me ne frega più di tanto, considero il periodo degli anni di piombo definitivamente chiuso e ciò vale per i rossi ed i neri.
A me piuttosto interessa capire perchè una nazione come il Brasile si mette di traverso impedendo l'esecuzione di una procedura che nessun tribunale internazionale può mettere in discussione,
ponendo in discussione i suoi rapporti con una nazione come l'Italia.
Ecco, piuttosto che arrovellarmi su "come fargliela pagare", cercherei di capire cosa c'è dietro.
Perchè dietro c'è sempre qualcosa.
:roll:
Sventurata la terra che ha bisogno di eroi
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Miranda
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aquamoon ha scritto: A me di avere battisti in galera non me ne frega più di tanto, considero il periodo degli anni di piombo definitivamente chiuso e ciò vale per i rossi ed i neri.
A me piuttosto interessa capire perchè una nazione come il Brasile si mette di traverso impedendo l'esecuzione di una procedura che nessun tribunale internazionale può mettere in discussione,
ponendo in discussione i suoi rapporti con una nazione come l'Italia.
Ecco, piuttosto che arrovellarmi su "come fargliela pagare", cercherei di capire cosa c'è dietro.
Perchè dietro c'è sempre qualcosa.

:roll:
Ok ;) ma deve stare in galera semplicemente perchè è un assassino.
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L’arte tutta reggina di glorificare ciò che non fu, obliando quello che è realmente stato.[cit.]
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spiny79
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Geronimo ha scritto:Ma un'operazione militare per andarlo a prendere in Brasile no è?

Spero che l'Italia tagli tutti i ponti con il Brasile
sai quante imprese italiane hanno stabilimenti in brasile?

in nome dei soldi ci si tapperà il naso per l'ennesima volta e si manderà giù il rospo...

alla faccia delle vittime e dei familiari di questo assassino...
suonatore Jones

aquamoon ha scritto:
Geronimo ha scritto:Ma un'operazione militare per andarlo a prendere in Brasile no è?

Spero che l'Italia tagli tutti i ponti con il Brasile
Prendo spunto dal tuo suggerimento per tentare un ragionamento:
Che senso dare al rifiuto da parte del Brasile a estradare battisti?
Lasciarsi trasportare dall'orgoglio permettendogli di tramutarsi in rabbia cieca, al punto di invocare navy seals nostrani o peggio ancora d'interrompere persino i rapporti diplomatici,
gonfierà il petto ma, ahinoi, è perfettamente inutile... battisti, il Brasile non ce lo dà.
Perchè?
In cosa è mancata la diplomazia?
:scratch

A me di avere battisti in galera non me ne frega più di tanto, considero il periodo degli anni di piombo definitivamente chiuso e ciò vale per i rossi ed i neri.
A me piuttosto interessa capire perchè una nazione come il Brasile si mette di traverso impedendo l'esecuzione di una procedura che nessun tribunale internazionale può mettere in discussione,
ponendo in discussione i suoi rapporti con una nazione come l'Italia.
Ecco, piuttosto che arrovellarmi su "come fargliela pagare", cercherei di capire cosa c'è dietro.
Perchè dietro c'è sempre qualcosa.
:roll:
perfetto. obbiettivamente, l'arresto del porco, può interessare realmente a un centinaio di persone. ieri, parlavo proprio di questo con amici.
mubald

spiny79 ha scritto:
Geronimo ha scritto:Ma un'operazione militare per andarlo a prendere in Brasile no è?

Spero che l'Italia tagli tutti i ponti con il Brasile
sai quante imprese italiane hanno stabilimenti in brasile?

in nome dei soldi ci si tapperà il naso per l'ennesima volta e si manderà giù il rospo...

alla faccia delle vittime e dei familiari di questo assassino...
Prendo spunto dalle tue parole,visto che ieri qualcuno ipotizzava un boicottaggio dei mondiali di calcio 2014 ( e ricordiamoci che ci sono le Olimpiadi a Rio 2016 e possibili controboicottaggi,se ce le danno, a Roma 2020) per ribadire che sono stufo che si metta davanti lo sport.Io,che pure sono assolutamente di sinistra,ero contrario a chi voleva boicottare la finale di Davis in Cile nel '76.Basta con queste cose non totali.Vuoi boicottare?Ok,allora rompi anche le relazioni diplomatiche e commerciali.No a queste cose parziali d'immagine dove costa poco e senza intaccare gli interessi
suonatore Jones

mubald ha scritto:
spiny79 ha scritto:
Geronimo ha scritto:Ma un'operazione militare per andarlo a prendere in Brasile no è?

Spero che l'Italia tagli tutti i ponti con il Brasile
sai quante imprese italiane hanno stabilimenti in brasile?

in nome dei soldi ci si tapperà il naso per l'ennesima volta e si manderà giù il rospo...

alla faccia delle vittime e dei familiari di questo assassino...
Prendo spunto dalle tue parole,visto che ieri qualcuno ipotizzava un boicottaggio dei mondiali di calcio 2014 ( e ricordiamoci che ci sono le Olimpiadi a Rio 2016 e possibili controboicottaggi,se ce le danno, a Roma 2020) per ribadire che sono stufo che si metta davanti lo sport.Io,che pure sono assolutamente di sinistra,ero contrario a chi voleva boicottare la finale di Davis in Cile nel '76.Basta con queste cose non totali.Vuoi boicottare?Ok,allora rompi anche le relazioni diplomatiche e commerciali.No a queste cose parziali d'immagine dove costa poco e senza intaccare gli interessi
come rompi le relazioni diplomatiche con il paese che sta crescendo di più al mondo, ora? :fifi: :salut
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Geronimo
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spiny79 ha scritto:
Geronimo ha scritto:Ma un'operazione militare per andarlo a prendere in Brasile no è?

Spero che l'Italia tagli tutti i ponti con il Brasile
sai quante imprese italiane hanno stabilimenti in brasile?

in nome dei soldi ci si tapperà il naso per l'ennesima volta e si manderà giù il rospo...

alla faccia delle vittime e dei familiari di questo assassino...

Alla faccia dei soldi, chiudiamo con il Brasile in tutto e per tutto. Non consegnare un assassino significa essere complici e il Brasile merita una dura punizione.
Forse la gente si è abituata ad avere una grande squadra senza accorgersi che ogni traguardo per la Reggina resta sempre una grande conquista”


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onlyamaranto
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aquamoon ha scritto:A me piuttosto interessa capire perchè una nazione come il Brasile si mette di traverso impedendo l'esecuzione di una procedura che nessun tribunale internazionale può mettere in discussione,
ponendo in discussione i suoi rapporti con una nazione come l'Italia.
Ecco, piuttosto che arrovellarmi su "come fargliela pagare", cercherei di capire cosa c'è dietro.
Perchè dietro c'è sempre qualcosa.
:roll:

Perfetto, concordo in pieno.
Si tratta appunto di capire il perchè di una decisione del genere, nei confronti di una persona che è stata condannata per quattro omicidi. In Brasile sono impazziti? la loro magistratura è fuori di testa? hanno qualcosa contro di noi? sinceramente non so trovare una risposta, credo e spero che le menti del nostro governo lo stiano facendo invece.

"...e qualcosa rimane
tra le pagine chiare e le pagine scure... "
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onlyamaranto ha scritto:
aquamoon ha scritto:A me piuttosto interessa capire perchè una nazione come il Brasile si mette di traverso impedendo l'esecuzione di una procedura che nessun tribunale internazionale può mettere in discussione,
ponendo in discussione i suoi rapporti con una nazione come l'Italia.
Ecco, piuttosto che arrovellarmi su "come fargliela pagare", cercherei di capire cosa c'è dietro.
Perchè dietro c'è sempre qualcosa.
:roll:

Perfetto, concordo in pieno.
Si tratta appunto di capire il perchè di una decisione del genere, nei confronti di una persona che è stata condannata per quattro omicidi. In Brasile sono impazziti? la loro magistratura è fuori di testa? hanno qualcosa contro di noi? sinceramente non so trovare una risposta, credo e spero che le menti del nostro governo lo stiano facendo invece.
Attenti che vi verrà detto, come è stato fatto con me, che scrivete scemenze... :wink
"Nani su iddi e vvonnu a tutti nani;
Nci vannu terra terra, peri e mmani;
E pa malignità brutta e superba,
Ccà non crisci chi erba, erba, erba"
(Nicola Giunta)
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