Alfano e l'idea di salire al Quirinale
Allo studio un dossier sulla «persecuzione giudiziaria»
ROMA - La tentazione di giocare il tutto per tutto, di andare verso lo scontro finale è grande. Ma non è solo per difendere Silvio Berlusconi: di fronte allo spettro di una o più condanne, in gioco è la sopravvivenza stessa del partito, anzi del centrodestra, così come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi, con il Cavaliere in testa e i suoi che lo seguono, forte di un consenso elettorale che non lo ha mai del tutto tradito, anche in queste ultime tormentate politiche, nonostante abbia perso milioni di voti rispetto al 2008. E quindi, se si sceglie la linea dura, è per fare quadrato attorno ad un sistema collaudato ormai da vent'anni e ritentare l'avventura delle urne il più presto possibile.
Ma, come si può leggere ieri dalla «frenata» di Berlusconi alla manifestazione davanti al tribunale di Milano, la strada che può percorrere il Pdl è molto stretta: protesta sì, necessaria anche per ricominciare subito una nuova campagna elettorale che si vede dietro l'angolo, ma senza staccare del tutto il rapporto con le istituzioni. Almeno per ora. Anzi puntando a coinvolgerle.
Ed ecco che spunta l'idea di salire al Colle per parlare con Giorgio Napolitano, che oltretutto è anche il presidente del Consiglio superiore della magistratura. Un'idea che deve ancora ricevere una via libera dai vertici del partito, ma che potrebbe materializzarsi nelle prossime ore, prima comunque di venerdì, quando ci sarà l'insediamento delle Camere. In altre parole Angelino Alfano, non si sa ancora se accompagnato da Gianni Letta, presenterebbe al capo dello Stato la «situazione emergenziale» in cui si viene a trovare il principale partito di opposizione e porterebbe con sé anche un dossier sulla «persecuzione» giudiziaria di cui sarebbe vittima il suo leader, un documento su cui si sta lavorando. I processi in corso vengono infatti visti come uno stravolgimento del rapporto tra i poteri dello Stato, frutto di una «precisa» ideologia. Per dirla con Gaetano Quagliariello: «Una tale difesa dell'uguaglianza di fronte alla legge che provoca, di fatto, una disuguaglianza». Di cui «è vittima» Berlusconi.
Ma nei prossimi giorni il Pdl vuole cercare di far valere il suo peso anche nelle scelte istituzionali che si dovranno prendere, prima fra tutte quella che riguarda la presidenza del Senato. «È anche in quella sede - avverte Maurizio Lupi - che si vedrà se considerano Berlusconi il leader di un partito che rappresenta un terzo degli italiani oppure se prevarrà ancora una volta la discriminante dell'antiberlusconismo». Il messaggio al Pd è chiaro: se prevarrà la prima ipotesi il Pdl potrebbe facilitare le scelte del centrosinistra che al Senato non ha i numeri per eleggere il nuovo presidente. Perché non solo il voto, ma anche la presenza o meno del centrodestra in aula potrebbe fare la differenza, se non si trova un accordo con il Movimento Cinque Stelle. Sono ragionamenti che il Pdl aveva già cominciato a fare subito dopo il risultato del voto, quando, pur perdente, tutto sommato si poteva considerare il partito con meno problemi da risolvere. Perché da un prevedibile stallo della trattativa tra Bersani e Grillo non aveva niente da perdere e tutto da guadagnare. Poi è riscoppiata prepotentemente la bufera della giustizia. E non è come le altre volte: è molto, molto peggio.
«C'è pericolo per la democrazia - denuncia Lupi -. Abbiamo raggiunto il limite e ci stiamo muovendo in un terreno molto pericoloso». Micidiale in realtà soprattutto perché mette a dura prova la resistenza del Pdl. Per ora si protesta, si alza la voce, si considerano strategie di attacco e, soprattutto, si punta a nuove, imminenti, elezioni per far ripartire la macchina della campagna elettorale, quella in cui Berlusconi non è minore a nessuno. Ma - è sono i dubbi, atroci, che stanno prendendo in queste ore i pidiellini - se il voto non arrivasse presto? E, soprattutto, se le condanne a Berlusconi, arrivassero prima? Le conseguenze, assicura un militante della prima ora, «sarebbero imprevedibili». Perché nulla sarebbe uguale senza il Cavaliere.
Roberto Zuccolini
fonte: http://www.corriere.it/politica/13_marz ... 77c6.shtml
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