Che cosa significa essere di sinistra?

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doddi
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...Questa è la ragione per cui attribuiva la massima importanza al ruolo dell'educazione politica: prima di trasformare il mondo, occorre aprire la mente e confrontarsi con i propri pregiudizi. Le certezze assolute fiaccano anche le intelligenze più acute: la pedagogia della tolleranza è il primo passo per la costruzione di una società migliore.

Questa conclusione del pezzo è quanto mai attuale ed a mio avviso ritrae perfettamente la situazione odierna.
Il senso ed i modi di violenta superiorità, i dogmi di padri della Patria e della Costituzione, la mancanza di riconoscimento deggli errori/orrori dei loro stessi padri e miti, danti causa, esteri, di infallibilità delle ricette proposte al modello di società auspicato e ricercato sono il limite più enorme della sinistra attuale che continuerà a tenerla ghettizzata all'asticella di quel 30% (circa) che storicamente non è mai riuscita a superare in Italia.
A tutt'oggi un modello ed un'ideologia in cerca di identità che difficilmente riuscirà a trovare con queste premesse, personaggi e tipo di educazione che ha ricevuto e che cerca di dare con questa "educazione politica".
Se coloro che vincono le gare hanno certificati antimafia ma sono in strette relazioni con altre imprese sottoposte all'attenzione della mafia,tutte munite di certificazioni delle prefetture,allora è un problema diverso che non compete a me valutare. I.F.
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aquamoon
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Potrebbe diventare un bellissimo topic, un ring virtuale dove darsele di santa ragione, sempre però senza eccedere... fair play.
E' (potrebbe) una discussione accademica perchè utilizzarla per liberare i "nostri luoghi oscuri"?
non contare i morti altrui ma sodomizzare il popolo affinchè tutti sono uguali nel trattamento solo con la differenza che chi vuole lavorare lavora chi è mammato gli faccio zappare la terra come in cambogia
Il topic, ripeto, è bellissimo... cerchiamo di non sfregiarlo.
:salut
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mohammed
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UnVeroTifoso ha scritto:Elogio dei riformisti
La tolleranza di Turati, quella piccola lezione per una sinistra smarrita. Un saggio ripercorre la figura del leader socialista e una tradizione da sempre minoritaria in Italia


di ROBERTO SAVIANO

Che cosa significa essere di sinistra? È possibile ancora esserlo? Sentire nel profondo di appartenere a una storia di libertà, a una tradizione di critica sociale e di sogno, a un percorso che sembra essersi lacerato, reciso. Con un immenso passato e un futuro incerto? E soprattutto di quale sinistra parliamo e di quale tradizione? E come si coniugano le due anime della sinistra, quella riformista e quella rivoluzionaria? Che genere di dialogo c'è stato tra loro?

Domande che affliggono militanti, intellettuali e uomini di partito. Domande che affliggono me da sempre. Alessandro Orsini giovane professore napoletano di Sociologia Politica all'Università di Roma Tor Vergata ha provato a dare delle risposte. Ha scritto un libro intitolato Gramsci e Turati. Le due sinistre (Rubettino). Il titolo sembra presentare un saggio, di quelli accademici, lunghi e tortuosi. E invece credo sia la più bella riflessione teorica sulla sinistra fatta negli ultimi anni. Che non ha paura di maneggiare materia delicata. Alessandro Orsini ci presenta due anime della sinistra storica italiana (esemplificate in Gramsci e Turati) e ci mostra come, nel tempo, una abbia avuto il sopravvento sull'altra. L'idea da cui parte Alessandro Orsini è semplice: i comunisti hanno educato generazioni di militanti a definire gli avversari politici dei pericolosi nemici, ad insultarli ed irriderli. Fa un certo effetto rileggere le parole con cui un intellettuale raffinato come Gramsci definiva un avversario, non importa quale: "La sua personalità ha per noi, in confronto della storia, la stessa importanza di uno straccio mestruato". Invitava i suoi lettori a ricorrere alle parolacce e all'insulto personale contro gli avversari che si lamentavano delle offese ricevute: "Per noi chiamare uno porco se è un porco, non è volgarità, è proprietà di linguaggio". Arrivò persino a tessere l'elogio del "cazzotto in faccia" contro i deputati liberali. I pugni, diceva, dovevano essere un "programma politico" e non un episodio isolato. Certo, il pensiero di Gramsci non può essere confinato in questo tratto violento, e d'altronde le sue parole risentivano l'influenza della retorica politica dell'epoca, che era (non solo a sinistra) accesa, virulenta, pirotecnica. Il politicamente corretto non era stato ancora inventato. Eppure, in quegli stessi anni Filippo Turati, dimenticato pensatore e leader del partito socialista, conduceva una tenacissima battaglia per educare al rispetto degli avversari politici nel tentativo di coniugare socialismo e liberalismo: "Tutte le opinioni meritano di essere rispettate. La violenza, l'insulto e l'intolleranza rappresentano la negazione del socialismo. Bisogna coltivare il diritto a essere eretici. Il diritto all'eresia è il diritto al dissenso. Non può esistere il socialismo dove non esiste la libertà".

Orsini raccoglie e analizza brani, scritti, testimonianze, che mostrano come quel vizio d'origine abbia influenzato e condizionato la vita a sinistra, e come l'eredità peggiore della pedagogia dell'intolleranza edificata per un secolo dal Partito Comunista sopravviva ancora. Naturalmente, oggi, nel Pd erede del Pci, non c'è più traccia di quel massimalismo verboso e violento, e anche il linguaggio della Sel di Vendola è molto meno acceso.
Ma c'è invece, fuori dal Parlamento, una certa sinistra che vive di dogmi. Sono i sopravvissuti di un estremismo massimalista che sostiene di avere la verità unica tra le mani. Loro sono i seguaci dell'unica idea possibile di libertà, tutto quello che dicono e pensano non può che essere il giusto. Amano Cuba e non rispondono dei crimini della dittatura castrista - mi è capitato di parlare con persone diffidenti verso Yoani Sánchez solo perché in questo momento rappresenta una voce critica da Cuba - , non rispondono dei crimini di Hamas o Hezbollah, hanno in simpatia regimi ferocissimi solo perché antiamericani, tollerano le peggiori barbarie e si indignano per le contraddizioni delle democrazie. Per loro tutti gli altri sono venduti. Mai che li sfiori l'idea che essere marginali e inascoltati nel loro caso non è sinonimo di purezza, ma spesso semplicemente mancanza di merito.
Turati a tutto questo avrebbe pacificamente opposto il diritto a essere eretici, che Orsini ritiene essere il suo più importante lascito pedagogico. Questo fondamentale diritto ha trovato la formulazione più alta nell'elogio di Satana, metafora estrema dell'amore per l'eresia e dell'odio per i roghi. Satana, provoca Turati, è il padre dei riformisti: "Non siamo asceti che temono i contatti della carne, siamo figli di Satana (...). Se domani viene da me il Re, il Papa, lo Scià di Persia, il Gran Khan della Tartaria, il presidente di una repubblica americana, non per questo rinuncio alle mie idee. Non per questo transigo o faccio atto d'omaggio, ma resto quello che sono, e ciascuno di noi rimane quello che è".

Ma l'odio per i riformisti, - spiega Orsini - è il pilastro della pedagogia dell'intolleranza. Dal momento che i riformisti cercano di migliorare le condizioni di vita dei lavoratori qui e ora, sono percepiti da certi rivoluzionari come alleati dei capitalisti. Questo libro dimostra come, nella cultura rivoluzionaria, il peggioramento delle condizioni di vita dei lavoratori sia un bene (come diceva Labriola) perché accresce l'odio contro il sistema e rilancia l'iniziativa rivoluzionaria: è il famigerato tanto peggio tanto meglio. I riformisti, invece, non credono nella società perfetta, ma in una società migliore che innalzi progressivamente il livello culturale dei lavoratori e migliori le loro condizioni di vita anche attraverso la partecipazione attiva alla gestione della cosa pubblica. I riformisti - spiegava Turati - sono realisti e tolleranti. Realisti perché credono che non sia possibile costruire una società in cui siano banditi per sempre i conflitti. Tolleranti perché, rifiutando il perfettismo, si pongono al riparo dalla convinzione di avere avuto accesso alla verità ultima sul significato della storia. Turati pagò a caro prezzo la sua durissima battaglia contro la pedagogia dell'intolleranza. Quando morì in esilio, in condizioni di povertà, Palmiro Togliatti scrisse un articolo su Lo Stato Operaio, in cui affermò che era stato "il più corrotto, il più spregevole, il più ripugnante tra tutti gli uomini della sinistra".

Consiglio questo libro a chi si sente smarrito a sinistra. Potrebbe essere uno strumento di comprensione e soprattutto, credo, di difesa. Difenderebbe il giovane lettore dai nemici del dialogo, dai fautori del litigio, dagli attaccabrighe pronti a parlare in nome della classe operaia, degli emarginati, degli "invisibili", dai pacifisti talmente violenti da usare la pace come strumento di aggressione per chiunque la pensi diversamente. Turati aiuta a comprendere quanta potenza ci sia nel riformismo, che molti considerano pensiero debole, pavido, direbbero persino sfigato. Il riformismo di cui parla Turati fa paura ai poteri, alle corporazioni, alle caste, perché prova, cercando consenso, ponendosi dubbi, ragionando e confrontandosi, di risolvere le contraddizioni qui e ora. Coinvolgendo persone, non spaventandole o estromettendole perché "contaminate". Non è un caso che i fascisti prima e brigatisti poi avessero in odio soprattutto i riformisti. Non è un caso che i fascisti temessero Matteotti che aveva denunciato brogli elettorali. Non è un caso che i brigatisti temessero i giudici riformisti, i funzionari di Stato efficienti. Perché per loro i corrotti e i reazionari erano alleati che confermavano la loro idea di Stato da abbattere e non da migliorare.

Per Turati il marxismo non può essere considerato un "ricettario perpetuo" in cui trovare la soluzione a tutti i problemi perché uno stesso problema, come l'emancipazione dei lavoratori, può richiedere soluzioni differenti in base ai contesti, ai periodi storici e alle risorse disponibili in un dato momento. Meglio diffidare da coloro che affermano di sapere tutto in anticipo; meglio "confessarci ignoranti"". Turati era convinto che la prospettiva culturale da cui guardiamo il mondo fosse decisiva per lo sviluppo delle nostre azioni. Questa è la ragione per cui attribuiva la massima importanza al ruolo dell'educazione politica: prima di trasformare il mondo, occorre aprire la mente e confrontarsi con i propri pregiudizi. Le certezze assolute fiaccano anche le intelligenze più acute: la pedagogia della tolleranza è il primo passo per la costruzione di una società migliore.

(28 febbraio 2012)

fonte: http://www.repubblica.it/spettacoli-e-c ... -30626737/

Innanzi tutto caro Tifoso il titolo del topic è fuorviante: mi aspetto uno spunto di riflessione sulle motivazioni interiori a una scelta politica di campo e mi ritrovo un'articolo teorico che è più un giudizio che un'ipotesi di lettura, dunque mi fermo al giudizio e rispondo su quello.
Non capisco il senso di scrivere un saggio come quello...mi fermo al primo punto che chiarisce lo spessore del contenuto: il linguaggio di gramsci (di cui non mi sono mai sognato di leggere le opere, preciso), violento, volgare aggressivo. Poi aggiunge, “vabbé bisogna dire che in quel periodo TUTTI i politici parlavano così”, dunque, di che stiamo parlando? I comunisti sono aggressivi per l'eredità di gramsci e allora l'aggressività e la campagna violentissima, denigratoria e populista, spesso volgarissima, dei maggiori rappresentanti della destra politica italiana negli ultimi 20 anni, condita di fucili, vaffanculo, cammelli, invenzioni giornalistiche, terrorismo, e accuse di terrorismo, denigrazione totale a botte di idioti di chi non vota per Lui da dove è ereditata? Forse dalla filosofia “fisica” delle squadracce dei primi fasci di combattimento, all'avversario oltre ai cazzotti, pure olio di ricino e manganello, se non qualche diecina di grammi di piombo?
Diciamo invece che in italia dall'una e dall'altra parte la lotta politica è sempre stata dura e violenta e che questo saggio vuole semplicemente incanalarsi nella stantia teoria dei comunisti che sono miliardi di miliardi e che predicano bene ma razzolano male?
Allah è grande, Gheddafi è il suo profeta!
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mohammed ha scritto:

Innanzi tutto caro Tifoso il titolo del topic è fuorviante: mi aspetto uno spunto di riflessione sulle motivazioni interiori a una scelta politica di campo e mi ritrovo un'articolo teorico che è più un giudizio che un'ipotesi di lettura, dunque mi fermo al giudizio e rispondo su quello.
Non capisco il senso di scrivere un saggio come quello...mi fermo al primo punto che chiarisce lo spessore del contenuto: il linguaggio di gramsci (di cui non mi sono mai sognato di leggere le opere, preciso), violento, volgare aggressivo. Poi aggiunge, “vabbé bisogna dire che in quel periodo TUTTI i politici parlavano così”, dunque, di che stiamo parlando? I comunisti sono aggressivi per l'eredità di gramsci e allora l'aggressività e la campagna violentissima, denigratoria e populista, spesso volgarissima, dei maggiori rappresentanti della destra politica italiana negli ultimi 20 anni, condita di fucili, vaffanculo, cammelli, invenzioni giornalistiche, terrorismo, e accuse di terrorismo, denigrazione totale a botte di idioti di chi non vota per Lui da dove è ereditata? Forse dalla filosofia “fisica” delle squadracce dei primi fasci di combattimento, all'avversario oltre ai cazzotti, pure olio di ricino e manganello, se non qualche diecina di grammi di piombo?
Diciamo invece che in italia dall'una e dall'altra parte la lotta politica è sempre stata dura e violenta e che questo saggio vuole semplicemente incanalarsi nella stantia teoria dei comunisti che sono miliardi di miliardi e che predicano bene ma razzolano male?
Ben trovato caro mohammed.

Ho postato questo articolo di Saviano (più che articolo parlerei di recensione di un nuovo(?) libro) giusto per stimolare un po' di riflessione tra chi, come me, si reputa essere di sinistra. Ma anche leggere interventi di chi di sinistra non è.

Il saggio è un qualcosa di assolutamente teorico e non credo che voglia dimostrare che i comunisti predicano bene e razzolano male, ma sicuramente mette alla luce l'esistenza, ad oggi, di anime di sinistra diverse. Diverse per metodi, diverse per contenuti. Sarebbe interessante discutere, andando oltre le solite provocazioni come al solito presenti anche in questo topic, su quale sinistra vorremmo.

Tutto qua. :wink :salut
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UnVeroTifoso ha scritto:
Che cosa significa essere di sinistra?
.....
Prenderla lì, tale tale uguale uguale .


Scusate ma la risposta mi è sorta spontanea :) , niscìu ru cervellettu, a vogghia ma tegnu vossi essiri libera u stessu (a risposta)

:p: :salut
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UnVeroTifoso ha scritto: Ben trovato caro mohammed.

Ho postato questo articolo di Saviano (più che articolo parlerei di recensione di un nuovo(?) libro) giusto per stimolare un po' di riflessione tra chi, come me, si reputa essere di sinistra. Ma anche leggere interventi di chi di sinistra non è.

Il saggio è un qualcosa di assolutamente teorico e non credo che voglia dimostrare che i comunisti predicano bene e razzolano male, ma sicuramente mette alla luce l'esistenza, ad oggi, di anime di sinistra diverse. Diverse per metodi, diverse per contenuti. Sarebbe interessante discutere, andando oltre le solite provocazioni come al solito presenti anche in questo topic, su quale sinistra vorremmo.

Tutto qua. :wink :salut
Raccolgo l’invito.
A maggior ragione se si dovesse pensare che dalla caduta del muro di Berlino (1989) e l’avvento del berlusconismo subito dopo (1994), che le ragioni e i valori, e non la loro concreta applicazione così come il mondo l’ha vissuta, che stavano alla base di quei movimenti siano morti e sepolti.
E quali sono questi valori, non necessariamente individuabili in uno dei partiti politici di oggi, per i quali continuare a battersi col fine di tentare di migliorare la società in cui viviamo?
Sperando di non tralasciarne qualcuno sintetizzo:

-Una giustizia sociale che dia a tutti uguali opportunità pur non imponendola.
-Solidarietà verso chi sta peggio.
-Libertà all’interno di regole democratiche e che cmq non intacchi quelle degli altri.
-Democrazia partecipativa.
-Moralità e senso del bene comune.
-Alto senso della giustizia e massimo rispetto verso le Istituzioni.
-Includere e non escludere.

Certo è che ognuno di noi, rispetto a quanto elencato, ha le proprie sensibilità che a sua volta generano delle priorità che, in particolar modo dopo il 1989, hanno condotto la sx ad una deleteria frammentazione tra lo sconcerto di chi in quei valori ha sempre creduto e tuttora ci crede.
:salut



PS - Il riaffermarli in modo così sintetico credo possa apparire oltremodo demagogico ma, d’altronde, per ognuno di quei punti necessiterebbero pagine e pagine d’inchiostro e serene discussioni che, visto l’andazzo e la collocazione (siamo in curva e non in tribuna), difficilmente possono essere qui affrontati.
La speranza appartiene ai figli.
Noi adulti abbiamo già sperato e quasi sempre perso.
Daryan
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Io mi sento di sinistra.

Durante l'occupazione nazifascista, la mia famiglia, mio nonno paterno (commerciante) faceva affari anche con i tedeschi. Lui vide le due guerre e non ne fece neppure una, in barba al mio bis nonno materno Cavaliere di Vittorio Veneto. ERa apolitico e apartitico...la sua ideologia era: "se stesso".
Ebbene...se avessi vissuto in quegli anni ein quel contesto...io sarei stata comunque di sinistra.
Antifascista, antimonarchica e anticlericale. Comunista :)
Mi sarei lasciata conquistare dall'utopia di Gramsci.
Nel '48 avrei votato per il Fronte Democratico Popolare (voto di protesta, nonostante la situazione internazionale).
Sono semre stata attratta sia dalla figura di De Gasperi che di Togliatti. Grandi uomini quelli!
Non ho mai condiviso certe scelte politiche di entrambi (probabilmente inevitabili), mi riferisco alla sudditanza dei due partiti nei confrontidegli Usa e della Russia.

Mi sento di sinistra perchè...mi sento vicina agli ideali di Berlinguer; se avessi vissuto in quegli anni avrei votato Per il PCI. E non sarebbe stato un voto di protesta, probabilmente mi sarei tesserata.

Oggi mi sento di sinistra... e scelgo di non andare a votare! Non c'è nulla di sinistra in nessun schieramento di sinistra.
Ultima modifica di Daryan il 06/03/2012, 16:52, modificato 1 volta in totale.
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sposo la tesi di Daryan, invece ho avuto l'enorme soddisfazione di votare berlinguer quando svolgevo il servizio miliatare a Roma ed ammetto che durante i moti di reggio di essermi infervorato a favore della rivolta contro il sistema dell'epoca erano influenze giovanili, ed anche gli extraparlamentari di sinistra si erano schierati a favore della rivolta. Oiu sonbo diventato moderato guardando con simpatia anche a fini ma di recente mi sono arroccato ancora all'estrema sinsitra con gli attacchi alla libertà dell'inetto nuovo nerone berlusconi e con il governo dei banchieri e capitalisti monti-passera-fornero miliardari e con i loro figli ben sistemati con il posto fisso. Essere di sinsitra significa più equità sociale veltroni e bersani permettendo.
Lillu Fotti: "aundi ioca Spread cu cattu si mu rununu a paremetru zeru"
Lillu Foti: "non bogghiu 'nchinari poi mi rinnu chi vonnnu a squatra mi 'ndi sarbamu"
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è essere considerati diversamente abili dimostrando però che il diverso è colui che giudica diverso una persona che non la deve per forza pensare come lui
a reggio calabria del comunismo è rimasto solo il pcl

la speranza vera ma misera rimane il 5 stelle !
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tina ha scritto:
UnVeroTifoso ha scritto:
Che cosa significa essere di sinistra?
.....
Prenderla lì, tale tale uguale uguale .


Scusate ma la risposta mi è sorta spontanea :) , niscìu ru cervellettu, a vogghia ma tegnu vossi essiri libera u stessu (a risposta)

:p: :salut
Anche a me verrebbe la risposta spontanea ma stavota non dicu nenti... :mrgreen:
Amaranto Alé
non tifo per gli squadroni ma tifo te
Amaranto è una passione non è un color
la maglia che porti addosso è un'ossession...

Ciao Filippo...

U Catania na teni...!!!
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Paolo_Padano ha scritto:sposo la tesi di Daryan, invece ho avuto l'enorme soddisfazione di votare berlinguer quando svolgevo il servizio miliatare a Roma ed ammetto che durante i moti di reggio di essermi infervorato a favore della rivolta contro il sistema dell'epoca erano influenze giovanili, ed anche gli extraparlamentari di sinistra si erano schierati a favore della rivolta. Oiu sonbo diventato moderato guardando con simpatia anche a fini ma di recente mi sono arroccato ancora all'estrema sinsitra con gli attacchi alla libertà dell'inetto nuovo nerone berlusconi e con il governo dei banchieri e capitalisti monti-passera-fornero miliardari e con i loro figli ben sistemati con il posto fisso. Essere di sinsitra significa più equità sociale veltroni e bersani permettendo.
Quoto :)

Sono una moderata di sinistra che non va a votare.

Ma ...dentro di me vorrei tanto che i grandi capitalisti, banchieri, politici e mafiosi finissero tutti in galera...senza processo. 8-) Ma dentro di me...non lo dico a nessuno!

Mi piacerebbe tanto che al governo vi andassero pensionati ..., commercianti (piccoli imprenditori in genererale) e impiegati privati..., con e senza laurea... . Gente con un reddito massimo di due mila euro al mese. Ma proprio massimo!

Laprima cosa che farei sarebbe : eliminare tutti i partiti dichiarandoli fuorilegge. Le associazioni, sindacati...azione cattolica...(quei matti di Rinnovamento li rinchiuderei in cella di isiolamento :twisted: ) tutti in galera!!!!! :beer:

Confischerei tutti i beni e i conti correnti... :S

:timido: ops... mi sto allargando! Ma non avevo detto di essere moderata?! :fifi:

:zip:



:beer2:
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