peas! ha scritto:doddi ha scritto:
Di interrogatori ci capisco ben poco a dire il vero.
C'è stato voto di scambio "consapevole", cercato?
Siamo davanti ad un caso assimilabile al pollo avido di Bagnara?
Questo lo stabiliranno le indagini.
E' consuetudine che i vari politici si rivolgano ad imprenditori per chiedere aiuto e sostegno politico per le loro campagne elettorali o in funzione di esse. Se un politico chiama un'amico imprenditore per chiedere lavoro per un proprio conoscente è reato? Se l'imprenditore gli può risolvere il problema è reato? Me lo chiedo perchè mi pare funzioni così di solito.
Ora passiamo al resto
, a parte il fatto che il Giornale ti è indigesto, mi chiarisci questi due punti visto che i fatti di nuova cosenza,al contrario di questi ultimi, li conosciamo tutti e mi pare, tra l'altro, non rivestano o aggiungano nessun interesse all'oggetto del topic:
I rapporti tra l'imprenditore ed il Sindaco c'erano o no?
L'imprenditore si recava presso la sua abitazione per chiedergli "protezione" da interferenze scorrette? Uscito da casa sua andava dal boss al confino in altra città a riferire quanto avvenuto ?
Lo dicono i ROS, non Il Giornale, Sallusti o Chiocci. Lo riportasse Topolino o Tex Willer i contenuti non cambierebbero di una virgola.
Come si devono ritenere questi "fatti"?
Ragionando in valore assoluto e non in riferimento diretto a questo caso (che si trova ancora in una fase embrionale, e per il quale saranno le doverose indagini in corso a fare chiarezza), lo scambio favori/pacchetti di voti tra imprenditore e politico candidato è, per quanto possa essere consuetudinario, una fattispecie prevista dal codice penale. Altroché.
Per il resto, i ROS dicono che (io sono peraltro convinto che l'informativa dei Ros riportata da Nuova Cosenza sia la stessa arruffatamente raccontata da Chiocci, anche perché, se ci fai caso, si parla dello stesso Reparto operante, degli stessi fatti, della stessa indagine e dello stesso periodo...) i rapporti che il Sindaco aveva con quella gente consistevano delle intimidazioni e degli attentati che subiva per essersi opposto alle pretese della 'ndrangheta. Che il tipo si recasse a casa di Falcomatà, ed uscito da lì "corresse" a Prato, fortunatamente è solo una libera e colorita narrazione del giornalista (se ci fai caso, non virgolettata), anche perché sono abbastanza sicuro del fatto che i Ros non usino certe espressioni all'americana. La casa di Prato dove si recava era piena zeppa di microspie (grazie alle quali questa indagine ha avuto un'impennata, svelando le infiltrazioni di 'ndrangheta ed addirittura camorra negli anni a venire, col coinvolgimento di insospettabili ditte settentrionali, nel traffico di rifiuti): immagino, ci fosse stato qualcosa di più, che all'ineffabile Chiocci non sarebbe sfuggito.
Secondo Te, come mai, nonostante l'indagine ed i suoi sviluppi abbiano fatto il giro dei media nazionali, di questi presunti coinvolgimenti ne parla unicamente un articolo di un giornalista abruzzese su un quotidiano nazionale di dichiarata ispirazione berlusconiana?
Hai notizia di quelle che furono le condotte imprenditoriali delle persone, protagoniste dell'articolo, che avrebbero avvicinato il Sindaco (come è dimostrato, per minacciarlo ed attentare alla sua incolumità)?
Nell'articolo di nuova cosenza non ho letto i passaggi virgolettati di Chiocci a dire il vero.
Se non ricordo male, sono passati 10 e più anni, le indagini erano svolte dai Ros di Roma, mentre le altre da quelli Calabresi, o viceversa.
Cmq potrebbe anche essere che vista l'enormità degli interessi in ballo accontentarne uno, anche se inconsapevolmente (la mia "solita" ARIA FRITTA che si fà finta ancora di non capire ca voglia dire e non mi riferisco a te) significa scontentarne cento, per cui da una parte ricevi minacce ed attentati mentre all'altra invece procuri un vantaggio. La contrapposizione tra cosche regnava sovrana in quegli anni, eravamo ancora lontani dalla pax mafiosa. Non dimentichiamo il contesto.
Delle indagini, a quanto dice il solito giornalista ne chiede anche conto il Tribunale del Riesame:
Il tribunale del Riesame, nel confermare il quadro probatorio sul clan Libri (dal nome del boss protagonista dell'affare Ce.Dir di cui si dirà fra poco) ha ritenuto «inspiegabile» l’archiviazione del procedimento originario dove emergevano i primi profili di collusione mafiosa-politico-imprenditoriale
Il punto focale è questo:
Per fronteggiare Siclari, e dunque Minniti, Matteo Alampi incontra frequentemente il sindaco Falcomatà «che già in passato - è scritto in un'informativa - si era interessato fattivamente per lui proprio per un’altra gara al Ce.Dir».
Che afferma l'esistenza e la sostanza del rapporto tra il politico e l'imprenditore ai tempi illibato.
Leggi questi altri documenti, dovresti trovare le risposte che ti mancano, se ho ben capito cosa chiedi
http://documenti.camera.it/_dati/leg16/ ... 000009.pdf
pag .114
Tra le attività di indagine di maggiore rilievo, anche il comandante
Reda ha segnalato quella denominata « rifiuti SpA », iniziata nel 2001
e conclusasi nel 2006, che ha riguardato una consorteria di soggetti
operanti in ambienti di criminalità organizzata che, per attuare i loro
piani criminosi, si sono avvalsi dell’opera della famiglia Alampi,
imprenditori fino a quel momento incensurati e facenti capo a Matteo
Alampi, legato a doppio filo agli ambienti politici (il sindaco di Reggio
Falcomatà) e malavitosi (Libri, De Stefano, Condello, Piromalli).
L’attività investigativa, condotta dal GICO della Guardia di finanza
di Reggio Calabria, unitamente al ROS dei carabinieri di Roma, si è
in particolare concentrata sui fatti di gestione relativi alle discariche
di rifiuti solidi urbani all’epoca operative nel territorio della provincia
reggina ovvero quelle site nei comuni di Fiumara, Motta San Giovanni
e Gioia Tauro (vedi doc. 193/2).
Le indagini sono culminate con l’emissione di 19 ordinanze di
custodia cautelare nei confronti di altrettanti soggetti ritenuti responsabili
dei reati di associazione mafiosa, estorsione e corruzione, reati
collegati ad appalti pubblici nel settore della raccolta e del successivo
smaltimento di rifiuti solidi urbani, con riferimento principalmente
alle aziende Meridional servizi Srl, servizi ambientali e Caledil.
pag. 117
Le risultanze investigative sul conto della famiglia Alampi, facente
capo a Matteo Alampi, imprenditore spregiudicato, hanno consentito
di appurare: 1) che costui era legato a doppio filo ad ambienti politici
(il già sindaco di Reggio Calabria, Italo Falcomatà) e ad ambienti
malavitosi (cosca Libri, De Stefano, Condello, Piromalli e, nell’ambito
dell’indagine « Armonia », diverse cosche Joniche reggine); 2) che la
« Edilprimavera Srl », società del gruppo Alampi – che già si era
distinta nel panorama imprenditoriale reggino per aver sempre
mantenuto una posizione egemone nell’aggiudicazione degli appalti
pubblici nel settore dell’edilizia – a partire dai primi anni del 1990
si era interessata al settore dei rifiuti, con la gestione delle discariche,
del trasporto dei rifiuti prodotti dagli impianti di produzione del cdr,
in quanto dotata di struttura societaria e di un patrimonio aziendale
(soprattutto in automezzi), ben in grado di consentire un agevole
ingresso in tale attività imprenditoriale; 3) che l’ingresso della famiglia
Alampi nel settore dei rifiuti era stato favorevolmente accolto sia dallo
schieramento mafioso facente capo a « Pasquale Condello », sia da
quello « De Stefaniano »; 4) che il settore dei rifiuti ha consentito alla
società e ai soci di conseguire ingenti guadagni, anche ricorrendo ad
artifizi e raggiri documentali, da qui le accuse e le condanne per truffa
e frode nei pubblici servizi.
All’esito del dibattimento davanti il tribunale di Reggio Calabria,
sono state condannate 13 persone con l’irrogazione di 115 anni di
reclusione, per reati che vanno dall’associazione a delinquere di
stampo mafioso, alla turbativa d’asta, alla truffa e alla frode nei
pubblici servizi.
Il processo ha in particolare delineato la figura di Matteo Alampi
come quella dell’imprenditore-boss capace di « dialogare » sia con
Domenico Libri, sia con la cosca opposta di Pasquale Condello e
Giuseppe De Stefano.