Cisterna indagato

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doddi
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NinoMed ha scritto:
spiny79 ha scritto:
st.george legion ha scritto:ma non vi e' balenata l'idea che puo' darsi che lo stiano infamando per qualche vecchia ripicca?
ci siamo combinati che si prendono per oro colato le parole di mafiosi e non si da' credito a quelle di un magistrato.
lasciate che siano fatte tutte le indagini prima di sparare sentenze....
giusto, ma allora questi pentiti sono attendibili solo quando fanno determinati nomi o dichiarazioni?
fino ad ora era attendibile quando ha dichiarato di essere l'autore degli attentati alla procura, ha fatto rinvenire armi ed arrestare altri esponenti della cosca, e poi si andrebbe a rovinare con le sue stesse mani accusando senza prove un magistrato?

che senso avrebbe questa condotta?
rileggi le dichiarazioni e capirai ;)

"Che sia dell'antimafia o della mafia ...."

I nomi coinvolti sono due, c'è anche Mollace, e le dichiarazioni del pentito sono numerose, sui vari quotidioni se ne trovano parecchie.

Cmq che Lo Giudice sia utilizzato per screditare Cisterna e Mollace con dichirazioni inventate ad arte non migliorerebbe il quandro generale della situzione perchè il discredito ricadrebbe sulla procura Reggina cmq vittima di attentati (tentati ed eseguiti) e minacce nelle persone di vari pm, Di Landro e Pignatone.
Insomma una brutta storia davvero.
Non saprei cosa scegliere.



http://www.reggiotv.it/notizie/cronaca/ ... a-cisterna


Lo rivela Corriere della Sera: atto dovuto

Dichiarazioni Lo Giudice, indagato Procuratore Aggiunto DNA Cisterna

Reggio Calabria. Il procuratore aggiunto della Direzione nazionale antimafia Alberto Cisterna sarebbe indagato dalla procura di Reggio Calabria per corruzione in atti giudiziari. La notizia, pubblicata oggi dal Corriere della Sera, è stata confermata all’ANSA dal procuratore di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone che non ha voluto aggiungere altro.

Un atto dovuto dopo dichiarazioni di Lo Giudice. L’iscrizione di Cisterna nel registro degli indagati è un atto dovuto dopo le dichiarazioni, dei mesi scorsi, del boss pentito Antonino Lo Giudice che si è autoaccusato degli attentati compiuti nel 2010 a Reggio ai danni della Procura generale e del procuratore generale e dell’intimidazione allo stesso Pignatone.

Dell’inchiesta è stato informato il Consiglio superiore della magistratura ed il Procuratore generale della Cassazione. Nino Lo Giudice, nel corso di un interrogatorio con i magistrati reggini, riportato dal Corriere, parla della scarcerazione di un suo fratello anche lui collaboratore di giustizia, Maurizio, della quale si sarebbe interessato un altro fratello, Luciano. "Per quanto riguarda la scarcerazione di Maurizio che si trovava in un carcere per collaboratori di giustizia a Paliano - ha detto Nino Lo Giudice - perché era andato definitivo, mi sembra Luciano ne parlò con Alberto Cisterna. Che poi, dopo che ha avuto buon esito, Luciano mi disse che gli aveva fatto un regalo e mi fece intendere soldi, molti soldi".FC

Venerdì 17 giugno 2011
Ore 11:01
Se coloro che vincono le gare hanno certificati antimafia ma sono in strette relazioni con altre imprese sottoposte all'attenzione della mafia,tutte munite di certificazioni delle prefetture,allora è un problema diverso che non compete a me valutare. I.F.
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http://www.strill.it/index.php?option=c ... &id=100368


Lo Giudice racconta le sue verità su fb nella bacheca di Piero Grasso. Oltre la Repubblica delle banane...
Sabato 18 Giugno 2011 16:12


di Giusva Branca - Che, prima o poi, una risata ci seppellirà è cosa nota, al pari di un evidente e costante sprezzo del ridicolo di uomini, cose e situazioni di questa sgangheratissima Repubblica.
La vicenda è evidentemente delicatissima ed è quella che ha portato da un lato la Procura DDA di Reggio Calabria a indagare sul numero due della Direzione Nazionale Antimafia, Alberto Cisterna, e dall'altro questi a reagire in maniera durissima.
Ovviamente nel merito della questione non è consentito da etica e rispetto dei ruoli entrare. Il buon senso indica di rimettersi in maniera totale al corso della giustizia ed alle sue risultanze.
Ma c'è, amaramente, molto di più in questa Repubblica delle banane: fino a ieri pareva molto grave che il Corriere della Sera avesse pubblicato la notizia dell'iscrizione di Cisterna nel registro degli indagati della Procura di Reggio Calabria nel giorno dell'interrogatorio - organizzato tra mille, opportune, cautele - di Cisterna stesso, ma oggi gli eventi travolgono tutto e tutti e abbracciano la sfera del surreale: sulla bacheca di Facebook del Procuratore Nazionale Antimafia, Piero Grasso, sono apparse, nel giro di un'ora, una serie di argomentazioni, con una dovizia di particolari imbarazzante, da parte di Maurizio Lo Giudice, parte in causa nella vicenda. Lui racconta la sua verità e - a garanzia dell'autenticità di sè stesso - pubblica anche una serie di documenti processuali che lo riguardano personalmente.
Insomma, ciò che una volta, prima delle banane, sarebbe stato oggetto solo ed esclusivamente di riservatissimi interrogatori ora finisce in rete e di dominio universale. Nel merito delle dichiarazioni di Lo Giudice, ancora una volta, non entriamo, ma la valutazione del contesto generale dell'intera vicenda c i compete, eccome!
Il Paese, su più fronti, vive certamente il punto più basso della credibilità relativa alle Istituzioni, ma il fondo del barile viene raschiato ogni giorno e, alla luce di mille situazioni che investono la credibilità dei magistrati dall'interno, viene quasi da sorridere pensando alle accuse di delegittimazione dell'ordine giudiziario rivolte a Berlusconi.
Se la magistratura pensasse, con comportamenti integerrimi da un lato e sobri dall'altro, un pò di più ad autotutelare l'altissima funzione di sè stessa, se si ricordasse della funzione sacrale che svolge, se pensasse a quanto scempio ha fatto della sua immagine agli occhi di un Paese che non è più disponibile a scommettere a occhi chiusi su "un Giudice" ed ora pensa che i magistrati siano solo uomini come gli altri, esattamente corruttibili e vittime delle debolezze umane, se, in definitiva, i magistrati si volessero un pò più bene sarebbe meglio per tutto il Paese.
Perché, ad esempio, chiedere in maniera sottile ad una opinione pubblica vessata dalla 'ndrangheta come quella calabrese di non restare smarrita e sfiduciata in occasioni come questa è già una clamorosa sconfitta.
Intanto Maurizio Lo Giudice fa il protagonista sulla bacheca di Piero Grasso, dispensando le sue "assoluzioni" e "condanne" su facebook nella nostra, meravigliosa, Repubblica delle banane.
Banane che, a loro volta, stanno per finire.
La scena successiva prevede i matti con gli scolapasta in testa...
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doddi ha scritto:

"Che sia dell'antimafia o della mafia ...."

I nomi coinvolti sono due, c'è anche Mollace, e le dichiarazioni del pentito sono numerose, sui vari quotidioni se ne trovano parecchie.

Cmq che Lo Giudice sia utilizzato per screditare Cisterna e Mollace con dichirazioni inventate ad arte non migliorerebbe il quandro generale della situzione perchè il discredito ricadrebbe sulla procura Reggina cmq vittima di attentati (tentati ed eseguiti) e minacce nelle persone di vari pm, Di Landro e Pignatone.
Insomma una brutta storia davvero.
Non saprei cosa scegliere.

http://www.reggiotv.it/notizie/cronaca/ ... a-cisterna

Lo rivela Corriere della Sera: atto dovuto

Dichiarazioni Lo Giudice, indagato Procuratore Aggiunto DNA Cisterna

Reggio Calabria. Il procuratore aggiunto della Direzione nazionale antimafia Alberto Cisterna sarebbe indagato dalla procura di Reggio Calabria per corruzione in atti giudiziari. La notizia, pubblicata oggi dal Corriere della Sera, è stata confermata all’ANSA dal procuratore di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone che non ha voluto aggiungere altro.

Un atto dovuto dopo dichiarazioni di Lo Giudice. L’iscrizione di Cisterna nel registro degli indagati è un atto dovuto dopo le dichiarazioni, dei mesi scorsi, del boss pentito Antonino Lo Giudice che si è autoaccusato degli attentati compiuti nel 2010 a Reggio ai danni della Procura generale e del procuratore generale e dell’intimidazione allo stesso Pignatone.

Dell’inchiesta è stato informato il Consiglio superiore della magistratura ed il Procuratore generale della Cassazione. Nino Lo Giudice, nel corso di un interrogatorio con i magistrati reggini, riportato dal Corriere, parla della scarcerazione di un suo fratello anche lui collaboratore di giustizia, Maurizio, della quale si sarebbe interessato un altro fratello, Luciano. "Per quanto riguarda la scarcerazione di Maurizio che si trovava in un carcere per collaboratori di giustizia a Paliano - ha detto Nino Lo Giudice - perché era andato definitivo, mi sembra Luciano ne parlò con Alberto Cisterna. Che poi, dopo che ha avuto buon esito, Luciano mi disse che gli aveva fatto un regalo e mi fece intendere soldi, molti soldi".FC

Venerdì 17 giugno 2011
Ore 11:01
il "mi sembra" lo metto evidenziato ;)

e se magari visto che le bombe non hanno funzionato ora si tenta di colpire con altre "bombe" ?
"dispensando le sue "assoluzioni" e "condanne" su facebook nella nostra, meravigliosa, Repubblica delle banane." (cit. Giusva) ;)
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cmq la si veda...viene la nausea :sad:
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notare la scrittura sgrammaticata e la foto "non rubateci il futuro" del logiudice, che ha anche scritto nella bacheca del gruppo "ndrangheta, un tumore da estirpare"
siamo senza limiti ormai...
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http://www.ilquotidianoweb.it/it/calabr ... _4459.html

Reggio, indagato Cisterna. Il pentito Lo Giudice:
«Vacanze e viaggi per il magistrato»Nino Lo Giudice parla delle regalie del fratello al vice del procuratore Grasso. Gli investigatori avrebbero trovato riscontri su voli all’estero
18/06/2011 I biglietti aerei da parte di Luciano Lo Giudice a favore dell’attuale numero due della Direzione distrettuale antimafia, Alberto Cisterna, effettivamente risultano. Cisterna è dunque indagato dalla Procura di Reggio Calabria per corruzione in atti giudiziari in merito alla vicenda della presunta scarcerazione di Maurizio Lo Giudice, fratello del boss pentito, dietro un corrispettivo in danaro. Un atto dovuto di cui è stato informato nei giorni scorsi il Consiglio superiore della magistratura e il procuratore generale della Cassazione per procedere agli accertamenti del caso.
Non sarebbe solo una storia quella raccontata dal collaboratore di giustizia dei soldi regalati per la scarcerazione di Maurizio Lo Giudice, fratello del boss pentito. Dopo le dichiarazioni di Antonino Lo Giudice, il collaboratore di giustizia che si è autoaccusato dell’escalation di attentati dinamitardi ai danni della procura generale e dei magistrati di Reggio Calabria, gli investigatori avrebbero trovato riscontri nella documentazione acquisita e oggetto di una dettagliata relazione. Luciano Lo Giudice, l’uomo che i magistrati descrivono come la mente imprenditoriale del sodalizio malavitoso del quartiere Santa Caterina e che il pentito Carlo Mesiano etichettò come “’Ndrangheta spa”, elargiva regalie a volontà e aveva stretti rapporti con le istituzioni. E Cisterna sarebbe stato oggetto di attenzione da parte di Luciano. Quest’ultimo dal carcere di Tolmezzo aveva inviato telegrammi al magistrato dalla Dna per chiedere aiuto ma anche per accusare altri togati e forze dell’ordine. Cisterna si è preoccupato delle condizioni di salute del fratello di Luciano, Maurizio, e del figlio di Lo Giudice.
«Chissà Antonino Lo Giudice quali ricordi sovrapposti, confusi o indotti ha sull'argomento - affermò il magistrato - Luciano Lo Giudice mi disse di questo ragazzo gravemente malato ed essendo un collaboratore sotto protezione segnalai la cosa ai magistrati che se ne occupavano e quel ragazzo, che arrivò a pesare 45 chili, venne salvato grazie all’intervento del collega Macrì». Tutte accuse che con fermezza Cisterna aveva respinto e aveva annunciato querela nei confronti del “Nano”. Oggi, però, spunta l’ennesima grana.
Viaggi e vacanze “donati” da Luciano, che sarebbero stati accertati nel quadro investigativo da una serie di voli, in particolare verso l’estero, da parte di Cisterna. Si tratterebbe di viaggi di piacere verso mete ambite per le vacanze. E in alcune circostanze con lui c’era anche Luciano Lo Giudice. A rivelarlo è stato il boss pentito nel corso di un interrogatorio. Altre dichiarazioni, che al momento non sembrano avere rilievo penale sono sottoposte ad una attenta verifica da parte dei detective e riguardano anche i soldi per scarcerare il fratello Maurizio; per la sua scarcerazione, Luciano avrebbe dunque pagato il pubblico ministero antimafia: «Una grossa somma», dice, ma senza specificare l’entità, perché Luciano non lo fece con lui. Nino riferisce che Luciano era un tipo «espansivo», nel senso che faceva molti regali e li spediva a casa delle persone, ma quella volta gli parlò di soldi. Anzi, «mi fece intendere» come precisa il pentito. E si tratterebbe, per Lo Giudice, di una cospicua somma di danaro.
«Per quanto riguarda la scarcerazione di Maurizio che si trovava in un carcere per collaboratori di giustizia a Paliano - ha detto Nino Lo Giudice - perchè era andato definitivo, mi sembra Luciano ne parlò con Alberto Cisterna. Che poi, dopo che ha avuto buon esito, Luciano mi disse che gli aveva fatto un regalo e mi fece intendere soldi, molti soldi». Una accusa vaga che ha comunque portato il magistrato antimafia ad essere iscritto nel registro degli indagati.
Intanto Cisterna è stato sentito ieri, a Roma, dai magistrati della Procura di Reggio Calabria. L’interrogatorio, durato circa due ore, si è svolto nell’ufficio del magistrato alla Dna, in via Giulia. A sentirlo, il procuratore di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone, e il pm della Dda reggina Beatrice Ronchi.
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Ieri sul blog di Roberto Galullo:

http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/

29 GIUGNO 2011 - 9:21
ESCLUSIVO/ Il pentito cosentino: “Lo Giudice infanga il pm antimafia Cisterna per motivi personali”
Lo ha detto, lo ha fatto. Il pentito cosentino che vuole denunciare il complotto per incastrare il pm della Procura nazionale antimafia Alberto Cisterna, appreso direttamente nel carcere di Rebibbia da Nino Lo Giudice, ha dato ieri il via libera per presentare un esposto alla Procura della Repubblica di Roma.

L’avvocato che lo difende, Claudia Conidi, questa mattina, attraverso un ufficio legale della capitale depositerà l’esposto-denuncia (si veda il post di ieri in archivio).

L’esposto – che mi è stato recapitato questa mattina – offre una lettura in filigrana. Si scopre così che lo stesso avvocato Conidi ha anticipato direttamente a Cisterna, recandosi in Procura antimafia a Roma, che il proprio assistito era stato “partecipe in Rebibbia della perpetrazione di un reato, per averlo appreso direttamente dal suo autore nella struttura carceraria in cui lo stesso era allocato”.

Il “legalese”, lingua scritta e orale spesso incomprensibile nella quale cade anche il bravo e oltremodo affascinante avvocato Conidi, conferma quel che ieri aveva anticipato questo umile blog: il pentito della provincia di Cosenza ha appreso direttamente (ripeto: direttamente) che quello contro Cisterna ma verosimilmente contro altri pm antimafia, è solo un complotto. “Cisterna – si legge nell’esposto-denuncia – è accusato ingiustamente, a dire del …OMISSIS…da un collaboratore di giustizia spinto da interessi personali nel rendere determinate dichiarazioni che hanno di fatto coinvolto l’attuale Proc. Agg. Dr Cisterna”.

E qui torna d’attualità quel che sto scrivendo da tempo. Vale a dire che la “tragediata”, della quale ogni giorno che passa sono sempre più convinto, alle spalle ha più motivi che si legano l’uno all’altro come due amanti in calore.

Il primo è quello “familiare”. Alcuni membri della cosca Lo Giudice, senza esercito e senza territorio, dunque inesistente, ha avuto un ruolo determinante nella cattura del Supremo Pasquale Condello. Sono stati Luciano e Nino, entrati in contatto anni fa con la Procura nazionale antimafia, a portare i pm Cisterna, Vincenzo Macrì e Francesco Mollace (tutti tirati in ballo a vario titolo nella “tragediata”) alla cattura di Condello con l’aiuto determinante dei servizi segreti militari (Sismi). E volete voi, come ho ampiamente scritto e documentato, che il Supremo (non a caso, etimologicamente vuol dire “colui il quale si trova al di sopra di tutti”) non lo scoprisse?

E infatti lo ha scoperto credo anche facilmente – visto il livello di corruttibilità che si trova anche all’interno degli uffici giudiziari e delle forze investigatrici – e a quel punto i due Lo Giudice (ma attenzione: con loro tutta la famiglia) sarebbero stati spacciati anche perché, quella protezione e quella tutela, oserei dire quella impunità che chissà perché e percome, pensavano di trovare in quei magistrati, in realtà non c’era. Per il semplice motivo che non poteva esserci.

Di qui è verosimile, dunque, il motivo di risentimento personale di Nino Lo Giudice che il pentito cosentino tira fuori con questo esposto-denuncia alla Procura di Roma.

Non finisce qui. Quale migliore occasione per fare bordello e scatenare l’iradiddio contro le Procure e i procuratori? Bombe, attentati, intimidazioni, manomissioni, bazooka: di tutto di più per creare l’humus che ha dato il via alla seconda fase della strategia della tensione borghese-mafiosa.

Qui scatta infatti il secondo, lucidissimo e geniale (proprio perché banale) step: chi meglio dei Lo Giudice, che erano spacciati, potevano essere utilizzati dal gotha reggino (Condello che offriva così ai Lo Giudice un salvacondotto in cambio del loro sacrificio, Libri, De Stefano, i soli che tutto possono a Reggio) per tutto quel casino?

Perché una cosa deve essere chiara a tutti voi lettori: come ho scritto tante volte, subito dopo il primo attentato (la notte tra il 2 e il 3 gennaio 2010) i boss di ‘ndrangheta con radio carcere avevano già fatto scattare l’ordine di individuare e prendere i colpevoli. Credo che abbiano impiegato non più di 24 ore per sapere chi era stato. Altro che Sismi, Stasi e Mossad!

La caccia ha dato frutti dorati perché, da quel momento, è cominciato un lento e geniale processo di sfiancamento, frattura e divisione tra magistrati antimafia reggini, “romani” e catanzaresi. E intanto che si andava avanti con attentati, veleni, accuse infamanti raccontate a tavola, querele e interrogatori, la ‘ndrangheta ha continuato e continua a fare i propri affari. Distolta l’attenzione dalla matassa politico-mafiosa-massonica che governa la Calabria: obiettivo raggiunto e chissenefrega se intanto arrestano e indeboliscono l’ala militare e narcotrafficante delle cosche. Quella è come i Pokemon: non muoiono mai. Anzi: evolvono!

E un altro obiettivo è raggiunto: sparare bordate micidiali contro la Procura nazionale antimafia (Cisterna è il braccio destro dell’impareggiabile Piero Grasso e Ciccio Mollace è con il Procuratore generale Salvatore Di Landro). Una perfetta stagione di veleni. Una perfetta stagione di corvi che lascerà sul terreno più di una vittima. E non è detto che siano quelle che meriterebbero davvero la gogna.

Non senza avervi ricordato che a Reggio Calabria nulla si fa senza che gli uomini (sempre presenti) degli apparati deviati dello Stato non siano informati (e dunque, anche nei passi di questa tragediata c’è il loro silenzio-assenso), vi lascio con le ultime frasi dell’esposto in Procura: il pentito…OMISSIS…“chiede altresì l’urgente convocazione dinanzi Codesta Autorità Giudiziaria al fine di poter esporre quanto dallo stesso appreso all’interno del carcere di Roma Rebibbia da un collaboratore di giustizia che ha accusato il magistrato sopra nominato per fatti gravissimi, ma consapevolmente, del tutto ingiustamente”.

Non so se sarà la Procura di Catanzaro – informata dell’esposto – chiamerà il pentito ma tra la Procura di Roma, quella nazionale antimafia e quella di Reggio Calabria qualcuno, statene certi, dovrà sentire quel che il pentito cosentino ha da raccontare. E verificarne, punto per punto, l’attendibilità soprattutto alla luce di un dettaglio che vi ho rivelato con il post di ieri: il pentito cosentino non sarebbe l’unico collaboratore di giustizia ad avere appreso quel che Lo Giudice raccontava.


Oggi su CalabriaOra:

http://www.edicoladipinuccio.net/2011/0 ... udice.html


giovedì 30 giugno 2011
Reggio Calabria / Il patto Lo Giudice-Condello contro gli uomini della Dna L’accordo rivelato da un collaboratore di giustizia del Cosentino (CO)
http://www.calabriaora.it 330/06/2011 Consolato Minniti REGGIO CALABRIA
Ci sarebbe un accordo con i Condello alla base del complotto ai danni del procuratore aggiunto della Dna, Alberto Cisterna. Lo rivela il collaboratore di giustizia di origini cosentine, la cui identità deve rimanere allo stato riservata, poiché lo stesso attende di essere sentito dalla magistratura nei prossimi giorni. L’uomo ha scritto una lettera (della quale si riportano ampi stralci) al proprio l’avvocato, Claudia Conidi, all’interno della quale racconta come è venuto a conoscenza della trama che ha visto vittima il procuratore Cisterna nonché altri magistrati operanti negli uffici giudiziari reggini e romani. È stato proprio Nino Lo Giudice a fargli delle confidenze mentre si trovavano all’interno di un penitenziario, nel reparto “transito”.
Parole che sono state poi confermate allo stesso collaboratore cosentino da un altro pentito, Consolato Villani, cugino e non nipote di Lo Giudice come erroneamente scritto nella lettera. Cosa si nasconde dietro queste dichiarazioni contro Cisterna? Quello che in pochi si potevano aspettare: un accordo con la cosca Condello. Che Lo Giudice temesse molto la vendetta del “Supremo” per le confidenze fatte da Nino e Luciano per il suo arresto è cosa nota. Ma secondo il collaboratore c’è di più: un piano strategico che prevede di attaccare l’onorabilità di Cisterna affinché in cambio, Pasquale Condello, «abbia clemenza verso i loro familiari (dei Lo Giudice, ndr), rimasti in Reggio Calabria e prossime vittime di vendette trasversali », scrive il pentito. Insomma, il terrore del “Supremo” già ampiamente certificato, avrebbe portato Lo Giudice a fare quel tipo di dichiarazioni nei riguardi del procuratore aggiunto della Dna, nonché nei confronti di magistrati come Mollace e, questo è il nome nuovo, anche Pennisi. Il pentito cosentino, però, garantisce sulla professionalità di Cisterna, così come di Pennisi, visto che dal 1995 entrambi erano “mal digeriti” dalla ’ndrangheta per via delle numerose operazioni effettuate contro le cosche. Quel che è importante, però, è che lo stesso pentito che il 16 giugno scrive al proprio avvocato ha appreso queste notizie non da fonti indirette, ma proprio dai grandi accusatori dei magistrati reggini. E non finisce qui: della vicenda sarebbero a conoscenza altri collaboratori di giustizia che avrebbero appreso, a loro volta direttamente, tali notizie. Resta da capire, ed è anche il grande interrogativo dell’avvocato Conidi, perché ad oggi il suo assistito non sia stato sentito dai magistrati competenti. Sembra si tratti dei giudici di Roma. Intanto nella giornata di ieri lo stesso legale ha depositato un esposto con tanto di allegati alla procura della capitale chiedendo una celere audizione del collaboratore. «Sono fatti da chiarire al più presto – afferma l’avvocato Conidi contattata da CO– ed io mi limito a garantire sulla serietà della persona che assisto, non su quello che altri potranno dire». L’avvocato ha già sollecitato, seppur in via informale, tutti gli organi competenti affinché si possa procedere al più presto all’audizione del pentito ed a riscontrare le sue dichiarazioni. Solo così si potrà giungere alla verità.

«È in atto un complotto per colpire Cisterna e Pennisi»
Carissima, nella mia totale onestà, prima come uomo soprattutto, e come padre …, non posso che confermarti quanto di mia conoscenza in merito alla vicenda che concerne il dott. Cisterna della Dna; in primis posso garantirti che la professionalità e l’operatività del dott. Cisterna, ed anche del dott. Pennisi, sin dagli anni 1995 in poi, era “mal digerita” dalle famiglie di ’ndrangheta che, vedevano assestarsi blitz ed occ in sequenza: Tirreno, Porto, Gatto Persiano ecc. ecc. Ed io che ho frequentato le “società maggiori” dei crimini e dei locali di ’ndrangheta più importanti, ho sempre sentito parlare del dott. Cisterna, dott. Boemi, dott. Pennisi, dott. Verzera, dott. Gratteri quali “nemici” da colpire… Mai come magistrati collusi!!! Ti ribadisco, ove ce ne fosse bisogno, per fare in modo che la “vera verità” possa venire fuori che sono a conoscenza diretta che contro il dott. Cisterna, è in atto un complotto per infangare la sua onorabilità. Dico ciò, perché nel reparto G6 (cd. transito) di … ho raccolto in pochi incontri con Nino Lo Giudice, tutta la sua rabbia verso il dott. Cisterna e dott. Mollace, mi chiese anche se avevo contezza di dove era ubicato logisticamente l’ufficio personale del dott. Cisterna all’interno della Dna/Roma; Era il mese di ottobre, Lo Giudice Nino era ubicato nella cella in fondo al corridoio del cd. “Transito reparto G6”, vicino ad una piccola libreria ove io, mi recavo per prendere libri da leggere e lui mi parlava quando aveva lo “spioncino” aperto del blindato; non solo, ma ho raccolto in questi mesi, qui a …, le confidenze di Villani Consolato (nipote di Nino Lo Giudice) che ha iniziato a collaborare, credo qualche settimana prima dello zio, ed anche lo stesso Villani, mi ha confermato il piano strategico attuato dal Lo Giudice Nino, ovvero quello di “attaccare” l’onorabilità del dott. Cisterna e del dott. Mollace, in virtù di un accordo con i Condello, affinché in cambio, il “Supremo” abbia clemenza verso i loro familiari, rimasti in Reggio Calabria e prossime vittime di vendette trasversali. Dico tutto ciò poiché la prima ed importante motivazione che ha indotto Lo Giudice (e di conseguenza suo nipote Villani C.) a collaborare con la A. G., è appunto quella di “salvarsi” dalla vendetta dei Condello e dei Libri, per come riferitomi sia da Lo Giudice che da Villani, e per come spiegherò ai magistrati della Dna, che vorranno ascoltarmi, anche altri CDG (collaboratori di giustizia, ndr) hanno contezza di tutto ciò; ribadisco che Villani Consolato, anche innanzi ad altri CDG, ha esplicitato quanto ti ho appena sommariamente evidenziato. A voce/interrogatorio dirò i nomi dei CDG, resto disponibile a tutto ciò che tu ritieni opportuno farsi con preghiera che le mie verità, non siano oggetto di asti e/o rancori con altri inquirenti visto che negli ultimi anni ne ho visto e sentito di tutto e di più. Ribadisco, è in atto un “complotto”, che verte sul fatto di accusare il dottor Cisterna, per colpire indirettamente anche il dottor Mollace e il dottor Pennisi, che in passato hanno cooperato insieme. Ti abbraccio con affetto e stima. …. lì, 16 giugno 2011


Domani, su Il Corriere della Calabria:

http://www.lunico.eu/2011063049188/cron ... -roma.html


Antimafia, è di Dieco il pentito che accusa lo Giudice: indaga la Procura di Roma
Giovedì 30 Giugno 2011 11:26
È Antonio Di Dieco il collaboratore di giustizia che accusa Nino Lo Giudice di avere preso parte ad un complotto per delegittimare il procuratore aggiunto della Dna, Alberto Cisterna.
Lo rivela il Corriere della Calabria, settimanale che sarà in edicola domani. Il giornale diretto da Paolo Pollichieni, dà inoltre notizia del fatto che la Procura di Roma, sulla scorta dell'esposto presentato martedì scorso dal legale di Di Dieco, avvocato Claudia Conidi, e dalle dichiarazioni rese da Di Dieco già il 26 maggio scorso, quindi prima che si avesse notizia delle accuse di Lo Giudice a Cisterna, ha avviato una autonoma indagine. La competenza di Roma - scrive il settimanale - risiede nel fatto che qualora effettivamente Lo Giudice abbia deliberatamente calunniato il procuratore aggiunto della Dna, tale reato si sarebbe materializzato a Roma dove, nel carcere di Rebibbia, Nino Lo Giudice ha reso tali dichiarazioni.
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