Internet, fallimento Italia

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UnVeroTifoso
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Internet, fallimento Italia è solo 50esima nel mondo
Lo afferma il Global Information Technology Report del World Economic Forum. Il rapporto si basa su un indice elaborato a partire da 54 parametri, penetrazione del Web e diffusione degli smartphone, ad esempio. Al primo posto la Finlandia, poi Singapore. "Un aumento del 10 % dell'indice porta ad una crescita dello 0,75% del Pil"

Nonostante l'economia digitale continui a produrre Pil e posti di lavoro in tutto il mondo da anni, l'Italia è fortemente indietro nella capacità di sfruttare la "Tecnologia dell'Informazione". Lo afferma il Global Information Technology Report del World Economic Forum, che ci vede al 50/o posto sui 144 paesi monitorati. Il rapporto si basa su un indice elaborato a partire da 54 parametri, dalla penetrazione di Internet alla diffusione degli smartphone alla disponibilità di capitali.

Al primo posto quest'anno sale la Finlandia, che era terza lo scorso anno, con un indice pari a 5,98. A seguire ci sono Singapore (5,91) e la Svezia, e completano la top ten nell'ordine Olanda, Norvegia, Svizzera, Gran Bretagna, Danimarca, Usa e Taiwan. L'Italia, con un indice di 4,18, si piazza ad un terribile cinquantesimo posto, davanti solo alla Grecia e dietro, oltre che a tutti i principali competitor, anche a paesi 'esotici' come le Barbados, la Giordania o Panama.

"In Europa - sottolinea il documento - l'indice rivela una profonda divisione tra le economie del nord e gli altri paesi che è preoccupante. Non basta migliorare l'accesso alle tecnologie, bisogna creare migliori condizioni per le imprese e l'innovazione".

Lo studio del Forum sottolinea anche come l'economia digitale sia un generatore di Pil e posti di lavoro: "La digitalizzazione ha aumentato il Pil mondiale di 193 miliardi di dollari negli ultimi due anni, creando 6 milioni di posti di lavoro - spiega il rapporto - un aumento del 10% dell'indice di digitalizzazione di un paese porta a una crescita dello 0,75% del Pil procapite, e a una diminuzione della disoccupazione dell'1,02%".

Fonte: http://www.repubblica.it


...e poi ci sono quelli che: "ma la banda larga e cha cosa serve?" :o.o: :lol: :lol: :lol: :lol:
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Esempio Lettonia, la guerra alla burocrazia l'ha fatta con la banda larga

23 febbraio @ 18.39

Gianni Ventola Danese

Renzi dice che la priorità è la lotta alla burocrazia. In Lettonia, il paese più cablato d’Europa, il potenziamento della connettività e la riduzione ai minimi della burocrazia statale sono andati di pari passo. Qui ora per aprire una società sono sufficienti due firme. E negli ultimi anni il Pil ha viaggiato attorno al +4%

È, o dovrebbe essere, uno tra i fondamentali punti programmatici del nuovo governo. Una di quelle capitali riforme mensili, che dovrebbero ridare slancio al sistema Italia. Si tratta della “banda ultra larga”, termine che non ha nulla a che fare con la coalizione di governo dalle larghe intese, ma che identifica piuttosto un’infrastruttura che deciderà, e come vedremo, ha già deciso il grado di prosperità di molte economie.

Nel panorama europeo della broad band, l’Italia resta drammaticamente al palo, nonostante l’istituzione dell’Agenzia per l’Italia Digitale, voluta dal Governo Monti con il decreto legge 22 giugno 2012 n. 83 (cosiddetto "Decreto Sviluppo") e, nonostante qualche altisonante proclama di Francesco Caio, direttore della medesima agenzia, che ha recentemente dichiarato "L'attuazione dell'Agenda digitale è la rifoma dello Stato", a più di un anno dalla sua nascita, l’agenzia non ha potuto fare alcunché di pratico. I dati nel frattempo sono a dir poco sconfortanti, a giudicare dalle cifre rese note dal Rapporto I-Com 2013 su reti e servizi di nuova generazione. Siamo al quartultimo posto come diffusione della banda ultralarga con un tasso del 55% contro una media UE del 72%. Ultimo posto (avete letto bene) per la velocità con solo lo 0,1% delle connessioni a 30Mbps (14% media UE). Solo il 2% di connessioni in fibra ottica, dove la nostra posizione si sta inabissando a favore di Paesi che hanno maggiormente investito nel settore. Ecco il punto. A chi dovremmo guardare per prendere l’esempio?

Estonia, Lituania e soprattutto Lettonia, le cosiddette “tigri del baltico”, oggi stanno facendo rinascere le loro economie affondando gli artigli in quello che appare sempre più chiaramentre come un asset strategico per eccellenza. Secondo la classifica della competitività economica del World Economic Forum 2013 la Lettonia (al 52° posto), poco più di due milioni di abitanti, ha praticamente lo stesso grado di competitività dell’Italia (49° posto), e prima dell’Italia troviamo Lituania ed Estonia (rispettivamente al 48° e 32° posto). Niente male per chi, subito dopo la caduta del Muro di Berlino, era sull'orlo della bancarotta. La trasformazione dell’economia lettone ha inizio proprio dall’indipendenza riconosciuta dalla Russia il 6 settembre 1991. Ad un periodo di recessione nei tre anni seguenti, dovuto alla perdita del principale mercato di esportazione russo, seguì un vero e proprio boom economico accompagnato da grandi investimenti in economia digitale e da una marcata riduzione dell'intervento statale in materia economica. La Lettonia è oggi il paese più cablato d’Europa e il quarto al mondo, dietro Corea del Sud, Giappone e Hong Kong. Dopo la grande crisi degli anni 2008-2009, il Pil lettone si è sempre mantenuto abbondantemente positivo, con punte del +7,3% nel quarto trimestre del 2012, per attestarsi intorno a una media del +4,4% negli ultimi due anni.

Win-win, ovvero solo vincitori? L’investimento in connettività a banda larga ha rappresentato per la Lettonia e per le repubbliche baltiche il fattore di sviluppo che ha consentito non solo di attirare capitali di investimento nelle nuove tecnologie, ma anche di modernizzare la pachidermica macchina statale di impianto sovietico e, soprattutto, di tagliarne drasticamente costi e personale. Non fu certo una cura indolore per i lettoni che ancora ricordano i tagli draconiani alla spesa pubblica operati dal governo guidato da Valdis Dombrovskis (riduzione dello stato sociale, stop all’aumento delle pensioni, licenziamento di un terzo dei dipendenti pubblici e taglio del 30% dello stipendio a quelli rimasti al loro posto), ma Dombrovskis molto probabilmente sarebbe ancora in carica se non si fosse dimesso con dignità, accollandosi “ la responsabilità politica” del crollo del tetto di un supemercato a Riga che nel novembre 2013 fece 54 vittime. Tuttavia, oggi l’economia lettone, pur con tutte le sue contraddizioni (il 36% della popolazione vive sotto la soglia dell’indigenza), è quella che corre di più in Europa. Nessuno ovviamente dice qui che dobbiamo licenziare un terzo dei dipendenti pubblici ma solo che la banda larga è lo strumento da usare per abbattere la burocrazia.

Il potenziamento e la capillarità della connettività ad alta velocità e la riduzione ai minimi termini della burocrazia sono andati infatti di pari passo. E i risultati non si sono fatti attendere. Il rating 2013 sulla facilità di fare impresa “for ease of doing business” pubblicato ogni anno da IFC (International Finance Corporation) e Banca Mondiale afferma che la Lettonia si attesta alla 25° posizione a livello mondiale, poi troviamo la Lituania al 27° posto e l’Estonia al 21°. E se in Italia (73° nel medesimo ranking in imbarazzante compagnia di Turchia, Romania e Grecia) un’impresa deve fornire allo Stato ben 12 cartelle di documentazione solo per sostituire un automezzo commerciale, al lettone che volesse aprire una società sarebbero sufficienti solo due firme: una per aprire un conto corrente in banca e l’altra per denunciare l’avvio dell’attività alla Camera di Commercio. Tutto il resto avviene in automatico e via internet.

Nel settembre 2013, a margine della presentazione dei dati sulla competitività in Europa, Klaus Schwab, presidente esecutivo del World Business Forum, affermava: "La tradizionale definizione basata sulla distinzione fra paesi 'sviluppati' e paesi 'in via di sviluppo' è destinata a lasciare il posto a quella fra paesi 'ricchi di innovazione' o 'poveri di innovazione'. Pertanto è fondamentale che le classi dirigenti lavorino per creare nei propri paesi l'ambiente necessario a ricercare e perseguire l'innovazione nell'educazione, nella politica e nel business". Come dargli torto? Me le nostre classi dirigenti fino a qualche anno fa le ricerche nell’internet le facevano su “Gogol”.

http://www.pagina99.it/news/economia/40 ... -alla.html

Peccato che l'esperto anti banda-larga non scriva più sul forum. Forse.. :fifi: :fifi: :fifi:
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suonatore Jones

le tre i.

è stato il primo a tagliare soldi alla banda larga e destinarli alle sue tv.

a qualcuno sta bene così
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sgabuzzone
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suonatore Jones ha scritto:le tre i.

è stato il primo a tagliare soldi alla banda larga e destinarli alle sue tv.

a qualcuno sta bene così
mmm internet, inglese, impresa.....o più realisticamente... ignoranza, incapacità, insolenza ? 8-)
Cosa pretendi da un paese, che ha la forma di una scarpa? (cit.)
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sgabuzzone ha scritto:
suonatore Jones ha scritto:le tre i.

è stato il primo a tagliare soldi alla banda larga e destinarli alle sue tv.

a qualcuno sta bene così
mmm internet, inglese, impresa.....o più realisticamente... ignoranza, incapacità, insolenza ? 8-)
Esimi colleghi, alludete? :okok: :okok: :lol: :lol:
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Il mondo è digitale, la rete è un diritto.

23 febbraio @ 16.12

Aldo Torchiaro

L'accesso alla rete va garantito e incentivato per tutti.
Italia indietro su web, libertà economica e capitale umano.


La rete, il web, internet è essenziale nella vita attiva, pubblica, democratica o è solo un complemento accessorio? Voi la sapete bene, la risposta. Tutti lo sanno, ed è inutile ignorare il punto centrale: in un mondo diventato tutto digitale, la rete non è più un plus. E’ un must, un diritto-dovere. E se la rete è un diritto, il suo uso incondizionato deve essere libero, gratuito e certo, godendo delle garanzie che la legge fondamentale prevede. Non è un vezzo: connettersi significa partecipare alla democrazia, al sistema economico, al mondo del lavoro. Essere presenti dove c’è attività civica, informazione, fruizione di dati, conquista di opportunità, strumenti essenziali e non surrogabili per la salute, l’istruzione, il risparmio, la sicurezza.

Banalità? Mica tanto: perché la rete – in quanto chiave d’accesso e strumento realizzativo per l’esercizio reale dei diritti di cittadinanza, e strumento di connessione tra cittadino e Stato – è un metadiritto. Perché è essenziale per la fruizione di tutti gli altri diritti. Ed è quindi un canale – interattivo, partecipativo, pubblico e istituzionale – in cui ciascun cittadino ha uguale diritto di presenza e di interazione. Di fruizione e di navigazione. L’esistenza di contratti diversamente onerosi per gli abbonamenti ad internet, la scarsità di wi-fi libero e di hot-spot pubblici, l’irreperibilità di postazioni internet gratuite e perfino la differenza tra infrastrutture e tecnologie di rete all’interno dello stesso territorio italiano segnano un digital devide imbarazzante per gli standard europei.

Il nostro Paese, narcisisticamente innamorato di una identità che esiste ormai solo nello specchietto retrovisore della storia, ha un grande futuro dietro di sé. Si è talmente innamorato di alcune espressioni classicistiche da non sapersi collocare in un asse spazio-tempo: da noi si parla di nuovi media, intendendo i digital media, che buona parte del mondo considera media tradizionali. Da noi internet viene ancora dipinta, qua e là, come una diavoleria generazionale, mentre nella media dei Paesi Ocse la maggior parte degli ottantenni ha una corretta attività digitale quotidiana.

Oggi i dati sullo stock del capitale umano italiano ci parlano di questo stesso gap. Il capitale umano di ciascun italiano equivarrebbe a circa 342mila euro, stima l'Istat, che ha diffuso per la prima volta "informazioni sperimentali circa il valore monetario attribuibile allo stock del capitale umano", cioè la capacità di generare reddito di ciascun italiano. Una classifica nata dalla partecipazione dell’Istituto alla creazione di un Consorzio internazionale in ambito Ocse, da cui apprendiamo che “L'Italia sconta "un rilevante gap in termini di capitale umano" rispetto ai "principali Paesi Ocse": l'Italia è ultima tra Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Francia e Spagna. Parallelamente a due indici, quello della digitalizzazione del Paese e quello della libertà economica, che ci inchiodano con spietata oggettività ai margini del mondo di oggi. Un mondo in cui nessuna strada, neanche per sbaglio, passa più per Roma.

http://www.pagina99.it/blog/4073/Il-mon ... le--l.html
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Falko
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Se considerate che la lista dei ministri di Renzi è stata scritta a mano.....
Se il destino mi è avverso, peggio per lui!!!

http://www.youtube.com/watch?v=06hr11IO" onclick="window.open(this.href);return false; ... dded#at=13

"La mia rielezione sarebbe al limite del ridicolo" Giorgio Napolitano 14/4/2013
ENEMY
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Falko ha scritto:Se considerate che la lista dei ministri di Renzi è stata scritta a mano.....
:lol: :lol: :lol: Le intenzioni sembrano chiarissime
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pellarorc
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mmm
nn credo molto a questa classifica sinceramente.

Perchè non diciamo che l'Italia quest'anno ha visto l'apertura du 1500 startup nell'IT?
Per quanto riguarda la capitalizzazione di queste startup poi è un discorso diverso ma dal punto di vista della crescita e dello sviluppo di imprese nell'it nn siamo secondo a nessuno in Europa.

In germania l'It lo hanno scoperto anni e anni dopo di noi e solo adesso stanno nascendo nuove aziende. l'Inghilterra è diventata zona preferita di molte società che lavorano a livello mondiale ma solo per questioni economiche e di tasssazione.
In Italia nel mondo digitale ci sono competenze ed esperienza.

Avete idea di quanti Hunter inglesi, tedeschi e svizzeri vengono in italia in cerca di programmatori?

Mi spiace ma nn credo che a panama ci siano più smartphone o che nelle pubbliche amministrazioni usino il pc meglio e di più che qui.

e poi chi scrive che : ...mentre nella media dei Paesi Ocse la maggior parte degli ottantenni ha una corretta attività digitale quotidiana.

Ma aundi??? nsa nsunanru a notti?
Avte mai visto gli 80enni della provincia francese? o in inghilterra? O peggio ancora nel sud della spagna?
mah....
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