Lega, lo sgambetto di Treviso è peggio delle inchieste sulla ‘ndrangheta
Pubblicato da Laura Eduati
il 3 aprile 2012.
Pubblicato in Politica.
Il vaso di Pandora scoperchiato dalle inchieste delle procure di Milano e Napoli sulla Lega e i suoi rapporti con i vecchi vizi della politica italiana (riciclaggio, finanziamento illecito e persino vicinanza con foschi personaggi ‘ndranghetisti) è senza dubbio una jattura enorme per Umberto Bossi. Da “paroni in casa nostra” a “ladroni in casa nostra”, la sensazione è quella di un partito che finalmente deve affrontare se stesso, senza l’appiglio di ideologie, riti celtici e vichinghi con il viso dipinto di verde.
In realtà il ciclone-inchieste sta tenendo in disparte un’altra notizia dolorosissima per il leader del Carroccio: la fedelissima Treviso, provincia più leghista d’Italia con il 38% di elettori, in questi giorni è passata nelle mani dei maroniani e dei fedeli di Flavio Tosi, ovvero alla giovane concorrenza interna a Bossi. Pare una inezia, specialmente da lontano. Eppure Treviso, insieme a Bergamo e Varese, è un pezzo della Leningrado leghista, una città-simbolo dove sono nate molte delle peggiori pulsioni del Carroccio, dalla caccia ai migranti alle ordinanze sul decoro pubblico poi imitate ovunque anche a sinistra.
Cosa è accaduto nella città veneta? Alle elezioni per il nuovo segretario cittadino ha vinto, a sorpresa, Giorgio Granello, leghista di nuova generazione affine a Tosi e Maroni, che è riuscito a battere un pezzo grossissimo: Gian Paolo Gobbo, sindaco trevigiano, segretario fino ad oggi, braccio destro di Bossi al punto che fino a qualche tempo fa minacciava di espellere dal partito chiunque esprimesse una opinione appena differente dalla linea dettata da via Bellerio. E non importava se i dissidenti si chiamassero Flavio Tosi – il sindaco di Verona è stato uno dei primi a ipotizzare le dimissioni di Berlusconi lo scorso autunno, facendo saltare i nervi al grande leader – oppure Giancarlo Gentilini – che da mesi ripete quanto stanchi siano i militanti leghisti del vecchio corso bossiano e quanto bisogno ci sarebbe di rivedere la strategia politica del Carroccio.
La “new generation” leghista, così viene chiamata dal Corriere del Veneto, auspica un completo ribaltamento ideologico e politico. In primis, l’abbandono della xenofobìa e della caccia al migrante. Lo stesso Maroni, in una dichiarazione del mese scorso, aveva rivelato di non aver mai condiviso il razzismo leghista fino in fondo e che, comunque, la Lega non è nata come partito xenofobo. Si tratta molto probabilmente di una torsione politica audacissima per smarcarsi dalle sparate di Borghezio, Bossi e Calderoli, ed è difficile comprendere se una parte di elettorato di centro – magari cattolico – sia disposto a credere all’ex ministro dell’Interno. Soprattutto quando uno dei suoi seguaci più forti, Tosi, agli inizi della carriera raccoglieva firme per la chiusura del campo nomadi lanciando accuse pesantissime ai rom.
Secondo Bepi Covre -imprenditore trevigiano, leghista di lunghissimo corso ed opinionista influente -, la vittoria di Granello segna un altro passo verso il rinnovamento della Lega. Insieme con Marzio Favero ha scritto il manifesto della Lega che verrà, pubblicato agli inizi del 2012 sul Gazzettino del Nordest. Favero è soddisfatto dell’assedio riuscito alla roccaforte trevigiana, e al Corriere del Veneto preconizza addirittura un Carroccio attento all’ecologia: «Quello a cui stiamo assistendo è il travaglio prima del parto. Doloroso, certo, ma presto nascerà una cosa bella: una Lega senza slogan, vicina al territorio più che a Roma, libera dalla xenofobia, oltre la destra e la sinistra e perché no, ambientalista. E’ in atto un ricambio generazionale, spero votato alle idee più che alle careghe”. Chi fa politica al Nord dovrà tenere conto di questa metamorfosi.
http://www.glialtrionline.it/2012/04/03 ... drangheta/
a mio giudizio questo articolo dice cose molto interessanti...come il resto del settimanale..