pab397 ha scritto:
Scusa, se sul punto (1) potrei anche essere d'accordo, riguardo ai punti (2) e (3), ho qualche riserva.
Non sto dicendo che le tue siano ca****te, chiedo chiarimenti.
Io penso che investimenti in infrastrutture vadano fatti, ma non quelle che citi tu. Dati alla mano, mi piacerebbe sapere da dove nasce la certezza che la Tav e il Ponte sullo Stretto siano investimenti proficui. In che misura la Tav sarà utile per gli scambi commerciali con la Francia? Io non ho certezze, vorrei solo capire meglio da dove nascono le certezze di chi ce le ha, a prescindere da visioni ideologiche, simpatie e antipatie verso personaggi pubblici schierati.
Stesso discorso per il Ponte sullo Stretto. Vorrei avere dati alla mano, numeri, pro e contro per capire da dove nasce la certezza che sia un investimento proficuo. Ci ha chiarito con la equazione come si crea il Pil. Mi interesserebbe avere dati certi (magari con altrettante formule) sui benefici di questi investimenti.
Nuove Autostrade? Dove? Una Sa-RC lungo la costa? Io l'avrei fatta a suo tempo, ma, dato che si sono impegnati a rifarla sullo stesso tracciato, dubito sia possibile rifarne un'altra. Altre autostrade non vedo dove siano necessarie.
Gli investimenti pubblici andrebbero fatti per riqualificare territori, per mettere a norma aziende e impianti che non lo sono (l'Ilva non è l'unica). I settori su cui investire sarebbero tanti, coinvolgendo anche i privati, sulle nuove tecnologie per produrre senza inquinare, sulla ricerca, in quei settori dove stanno investendo tutti i Paesi del Mondo tranne l'Italia. E non sto parlando da idealista di sinistra. Sto parlando da tecnico del settore.
Per quanto riguarda il terzo punto, sei sicuro che ci conviene "limitare" gli scambi commerciali con i paesi orientali? Hai idea di quante società italiane di Engineering hanno interessi economici in Oriente e soprattutto in Cina?
La domanda è pertinente, indi merita risposta.
La macroeconomia e i correttivi di politica economica non sono di facile comprensione pertanto:
1) Gli investimenti pubblici: Che l'investimento sia proficuo o meno, nel futuro, poco attiene alla connessione col PIL. Il Pil infatti non è commisurato alla possibilità futura dell'investimento, quanto a ciò che produce, l'investimento, in termini di occupazione, possibilità di lavoro delle microimprese che girano intorno all'investimento, circolazione della moneta e creazione di liquidità. Se lo Stato commissiona una opera pubblica, rilevante o non rilevante ai fini della proficuità dell'investimento, è chiaro che per quell'opera dovrà pagare delle imprese (vari subappalti) destinando una quota rilevante di denaro pubblico per la realizzazione dell'opera. Dovrà perciò trasferire moneta alle imprese. Tali imprese per la realizzazione dell'opera dovranno assumere un maggior numero di operai, tali operai saranno pagati dalle imprese. Pertanto quando lo Stato investe in opere pubbliche trasferisce liquidità tramite il lavoro agli individui. E' un modo per non buttare soldi pubblici finanziando una opera che poi potrà avere o non avere rilavanza a livello di proficuità, ma tale proficuità è impossibile che non renda nel lungo periodo.
La creazione del ponte sullo stretto, benchè deturpi l'ambiente (lasciamo perdere i discorsi ambientali), non dà solo possibilità di lavoro alle persone che costruiranno quel ponte, ma crea tramite la sua costruzione, un circuito virtuoso di imprese connesse con la gestione del ponte, con gli scambi commerciali, con nuove possibilità di fare impresa. Pertanto si realizzano due obiettivi:
a) Creazione di impresa
b) Trasferimenti di liquidità tramite investimenti produttivi (il livello di produttività non rileva)
2) Gli scambi commerciali con la Cina (Estero e Paesi emergenti): Gli scambi commerciali non vanno limitati, vanno tassati. Nessuno vuole la chiusura delle frontiere. Il grosso problema di questi paesi è: "Esportare disoccupazione".
Facciamo l'esempio di due prodotti che supporremo uguali per caratteristiche (anche se in molti casi non lo sono). Il prodotto A viene prodotto in Italia e per realizzarlo all'imprenditore costa 100 euro (nel costo sono compresi: salari degli operai, imposte, profitto imprenditoriale). Il prodotto B, viene prodotto in Cina, per realizzarlo l'imprenditore cinese spende euro 50. All'imprenditore cinese costa meno a parità di materie prime, poichè il salario di un cinese è molto più basso di quello italiano e ciò dipende da una discriminante determinante: la cultura operaia cinese è indietro anni luce rispetto a quella italiana. Non esistono sindacati in Cina e quelli che esistono sono gestiti a livello statale. Gli operai vengono sfruttati, malpagati e in più lavorano il triplo avendo una produttività doppia rispetto a quella italiana.
Ma quello che è più grave è quello che è avvenuto in questi anni: l'esportazione della disoccupazione.
Ammettiamo che il prodotto A all'origine venisse prodotto da 4 operai nell'azienda italiana regolarmente retribuiti. Mentre il prodotto B, in Cina, venisse prodotto da soli 2 operai.
Nel momento in cui i due prodotti entrano sul mercato, l'impresa X a cui servono i prodotti fa una indagine sul mercato e nota che il prodotto B costa la metà. Cosicchè decide nell'esercizio t di ordinare (non si fida del prodotto cinese) il 50% A e il 50% B. L'impresa italiana si trova spiazzata. licenzia un lavoratore, visto che ha perso il 50% delle commesse rispetto all'anno prima e riduce la produzione, altrimenti avrà solo rimanenze improduttive. Cosicchè danneggia i fornitori ordinando la metà della materia prima, per produrre la metà del prodotto l'anno dopo. Di contro l'impresa cinese che vendeva poco si rende conto di aver incrementato gli ordinativi, ha bisogno per l'anno successivo, per soddisfare le richieste di un lavoratore ulteriore. Nè assume cosi un altro e passa a 3 lavoratori. A questo punto l'impresa italiana ha 3 lavoratori cosi come l'impresa cinese.
Nell'anno t+1 l'impresa X si rende conto che il prodotto cinese ha le stesse caratteristiche e costa la metà, però da buona impresa che valuta i rischi decide di comprare il 75% di B e il 25% di A. L'impresa italiana si trova ancora spiazzata, licenzia un ulteriore lavoratore, si ritrova in magazzino merce invenduta e improduttiva cosi riduce ancora gli approvvigionamenti dai fornitori. Di contro l'impresa cinese ha bisogno di un nuovo lavoratore, che assume prontamente, non solo i fornitori dell'impresa cinese vendono di più, perciò hanno anch'essi bisogno di nuovi lavoratori.
Alla fine dell'anno t+1 l'impresa cinese ha 4 lavoratori occupati, l'impresa italiana nè ha 2. I costi dei prodotti sono sempre gli stessi. La Cina ha esportato disoccupazione in Italia.
Come difendersi dall'invasione e da questi paesi "canaglia"????
Un bel dazio doganale:
Prodotto A = 100 euro
Prodotto B = 50 euro +50 euro (dazio doganale).