Buste paga: molta carta pochi soldi
Inviato: 31/01/2012, 18:23
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LAVORARE A REGGIO. Busta paga da 1100 euro per 40 ore e se ne incassano 500 per 55 di ANTONIO CALABRO' - Ormai Reggio è ai vertici delle strategie aziendali di gestione del personale : superata ogni logica della contrattazione collettiva già da un decennio, è diventata un esempio mondiale sulle modalità d’uso e di pagamento dei lavoratori dipendenti. Naturalmente non è stato facile giungere a tali livelli di perfezione; ci si è arrivati dopo vari passaggi, ai quali hanno collaborato, appassionatamente insieme, le quattro grandi forze della città: l’economia, la politica, la massoneria e la ‘ndrangheta. E solo grazie a questa proficua concertazione d’intenti se oggi Reggio è un esempio luminoso per le aziende di tutto il mondo. Il primo e necessario atto da compiere, al quale hanno contribuito tutti i (lungimiranti) governi nazionali dall’Unità d’Italia in poi, è stato quello di creare un vasto bacino di disoccupati. Deve aggirarsi attorno al venticinque per cento della forza lavoro, e a Reggio tale risultato è stato raggiunto sin dagli anni sessanta. Nel 1987 i disoccupati sotto i 25 anni erano il 27 %. Oggi queste cifre fanno sorridere. Questo passaggio è cruciale: costituisce infatti la “Garanzia” dei politici, il loro autentico mandato, la loro ragione di esistere, a parte la chiacchiere a vuoto e gli elefantiaci progetti pro-campagna elettorale. Risalta, in modo esemplare, la diffusione trasversale del modello politico calabrese: superata ogni sciocca diatriba ideologica, destra, sinistra e centro sono compatti nella marcia verso la società perfetta, quella teorizzata dal premio Nobel Milton Friedman che ciarlava di “deregulation” già negli anni 60. Ma a Reggio la deregulation è da anni roba vecchia. Qui le invenzioni e le sottigliezze per rendere più umana la vita delle aziende sono degne non di uno, ma di cento premi Nobel. Fino a qualche anno fa si assumeva semplicemente in nero; senza contributi e con stipendi consoni allo status di poveri (se uno è povero deve prendere uno stipendio da povero, mi sembra logico), orari di lavoro dettati esclusivamente dalle esigenze commerciali, e gli altri diritti concessi paternamente col contagocce dal capo. Poi i soliti comunisti hanno pensato bene d’inventare uffici di controllo tipo l’Ispettorato del Lavoro o gli Uffici Vertenze dei sindacati; ed allora si è cambiata strategia: buste paga finte per non dare nell’occhio, i famosi “contratti formazione lavoro” usati a volontà (con minime trasformazioni a tempo indeterminato), ed altre sottigliezze contabili. Molte aziende continuano a fare buste paga finte, con l’ultima fantastica novità: rilasciano l’assegno circolare d’importo identico a quanto scritto in saldo alla busta, poi inviano il dipendente in banca a cambiarlo e si fanno restituire la differenza. Così il dipendente risulta percepire un salario di 1100 euro, ma in realtà ne prende 500. Così come risulta lavorare massimo 40 ore a settimana, ma arriva tranquillamente a 55-60, così come risulta godere delle ferie stabilite dal CCNL, ma ne usufruisce della metà, ed altre bellezze simili. Altro che deregulation. Milton Friedman nella tomba piange di gioia. Ma il top è arrivato adesso, e proprio per merito di questo salto nel futuro che è il mondo della comunicazione commerciale: molti(non tutti) call-center sono i nuovi campi di cotone degli schiavi; le grandi aziende che concedono il franchising, proprio quelle che investono milioni euro in pubblicità luminose dove siamo tutti belli, ricchi, amici e innamorati, sono il top mondiale delle relazioni industriali. Prendono un giovane, laureato naturalmente, perché a Reggio chi cerca lavoro è molto spesso laureato, gli promettono mari e monti, e poi gli fanno un contratto da “Stagista”. Questa è l’iperbole della creatività aziendale. La figura dello “Stagista”. Lo “stagista” lavora appunto come un nero del 1848 nei campi di cotone della Virginia. Ma lo fa per apprendere il mestiere, naturalmente. Diventare commesso richiede una lunga e pesante preparazione infatti. Due, tre anni di stage a 500 euro al mese. Per non parlare poi di quanto tempo ci vuole ad imparare a telefonare ! Altro che anni ! Decenni. Lo fanno per loro, ovviamente. I ragazzi devono fare gavetta, non è che quanto studiano un po’ di matematica e fisica o di letteratura e filosofia e subito hanno diritto ad uno stipendio normale. Ci vuole, la gavetta, è necessaria. Inoltre così si è in regola con tutte le noiose pastoie burocratiche che impediscono al mercato del lavoro di esprimersi in libertà. Tra altro, con una silente norma approvata dal rigoroso governo precedente, i controlli possono avvenire massimo una volta ogni sei mesi. Così, subitone uno, per 180 giorni si avrà mano libera totale. Non è che tutti agiscono così: ci sono anche quelli, poveri illusi, che seguono una superata modalità etica fatta di correttezza e rigore. Ma vedrete che presto il mercato li condannerà, e non gli resterà altra scelta che adeguarsi o chiudere. Tutto questo luccicare di vetrine. Tutta questa pubblicità ridanciana. Tutto questo apparire lussuosi, dinamici. Tutto questo “Fare impresa”. Tutto questo è solo un maledetto tombino che nasconde questa maledetta fogna maleodorante che è il mercato del lavoro reggino nel quale sguazzano, a bordo delle loro schifosissime auto di superlusso, quei topi di fogna che sono gli imprenditori che sfruttano i dipendenti. Possa la loro ricchezza andargli di traverso e strafogarli, a questi nemici del genere umano,vigliacchi impuniti, alleati di gangster e lestofanti, autentica “Malarazza” che contribuisce in modo decisivo alle sventure della nostra terra.
LAVORARE A REGGIO. Busta paga da 1100 euro per 40 ore e se ne incassano 500 per 55 di ANTONIO CALABRO' - Ormai Reggio è ai vertici delle strategie aziendali di gestione del personale : superata ogni logica della contrattazione collettiva già da un decennio, è diventata un esempio mondiale sulle modalità d’uso e di pagamento dei lavoratori dipendenti. Naturalmente non è stato facile giungere a tali livelli di perfezione; ci si è arrivati dopo vari passaggi, ai quali hanno collaborato, appassionatamente insieme, le quattro grandi forze della città: l’economia, la politica, la massoneria e la ‘ndrangheta. E solo grazie a questa proficua concertazione d’intenti se oggi Reggio è un esempio luminoso per le aziende di tutto il mondo. Il primo e necessario atto da compiere, al quale hanno contribuito tutti i (lungimiranti) governi nazionali dall’Unità d’Italia in poi, è stato quello di creare un vasto bacino di disoccupati. Deve aggirarsi attorno al venticinque per cento della forza lavoro, e a Reggio tale risultato è stato raggiunto sin dagli anni sessanta. Nel 1987 i disoccupati sotto i 25 anni erano il 27 %. Oggi queste cifre fanno sorridere. Questo passaggio è cruciale: costituisce infatti la “Garanzia” dei politici, il loro autentico mandato, la loro ragione di esistere, a parte la chiacchiere a vuoto e gli elefantiaci progetti pro-campagna elettorale. Risalta, in modo esemplare, la diffusione trasversale del modello politico calabrese: superata ogni sciocca diatriba ideologica, destra, sinistra e centro sono compatti nella marcia verso la società perfetta, quella teorizzata dal premio Nobel Milton Friedman che ciarlava di “deregulation” già negli anni 60. Ma a Reggio la deregulation è da anni roba vecchia. Qui le invenzioni e le sottigliezze per rendere più umana la vita delle aziende sono degne non di uno, ma di cento premi Nobel. Fino a qualche anno fa si assumeva semplicemente in nero; senza contributi e con stipendi consoni allo status di poveri (se uno è povero deve prendere uno stipendio da povero, mi sembra logico), orari di lavoro dettati esclusivamente dalle esigenze commerciali, e gli altri diritti concessi paternamente col contagocce dal capo. Poi i soliti comunisti hanno pensato bene d’inventare uffici di controllo tipo l’Ispettorato del Lavoro o gli Uffici Vertenze dei sindacati; ed allora si è cambiata strategia: buste paga finte per non dare nell’occhio, i famosi “contratti formazione lavoro” usati a volontà (con minime trasformazioni a tempo indeterminato), ed altre sottigliezze contabili. Molte aziende continuano a fare buste paga finte, con l’ultima fantastica novità: rilasciano l’assegno circolare d’importo identico a quanto scritto in saldo alla busta, poi inviano il dipendente in banca a cambiarlo e si fanno restituire la differenza. Così il dipendente risulta percepire un salario di 1100 euro, ma in realtà ne prende 500. Così come risulta lavorare massimo 40 ore a settimana, ma arriva tranquillamente a 55-60, così come risulta godere delle ferie stabilite dal CCNL, ma ne usufruisce della metà, ed altre bellezze simili. Altro che deregulation. Milton Friedman nella tomba piange di gioia. Ma il top è arrivato adesso, e proprio per merito di questo salto nel futuro che è il mondo della comunicazione commerciale: molti(non tutti) call-center sono i nuovi campi di cotone degli schiavi; le grandi aziende che concedono il franchising, proprio quelle che investono milioni euro in pubblicità luminose dove siamo tutti belli, ricchi, amici e innamorati, sono il top mondiale delle relazioni industriali. Prendono un giovane, laureato naturalmente, perché a Reggio chi cerca lavoro è molto spesso laureato, gli promettono mari e monti, e poi gli fanno un contratto da “Stagista”. Questa è l’iperbole della creatività aziendale. La figura dello “Stagista”. Lo “stagista” lavora appunto come un nero del 1848 nei campi di cotone della Virginia. Ma lo fa per apprendere il mestiere, naturalmente. Diventare commesso richiede una lunga e pesante preparazione infatti. Due, tre anni di stage a 500 euro al mese. Per non parlare poi di quanto tempo ci vuole ad imparare a telefonare ! Altro che anni ! Decenni. Lo fanno per loro, ovviamente. I ragazzi devono fare gavetta, non è che quanto studiano un po’ di matematica e fisica o di letteratura e filosofia e subito hanno diritto ad uno stipendio normale. Ci vuole, la gavetta, è necessaria. Inoltre così si è in regola con tutte le noiose pastoie burocratiche che impediscono al mercato del lavoro di esprimersi in libertà. Tra altro, con una silente norma approvata dal rigoroso governo precedente, i controlli possono avvenire massimo una volta ogni sei mesi. Così, subitone uno, per 180 giorni si avrà mano libera totale. Non è che tutti agiscono così: ci sono anche quelli, poveri illusi, che seguono una superata modalità etica fatta di correttezza e rigore. Ma vedrete che presto il mercato li condannerà, e non gli resterà altra scelta che adeguarsi o chiudere. Tutto questo luccicare di vetrine. Tutta questa pubblicità ridanciana. Tutto questo apparire lussuosi, dinamici. Tutto questo “Fare impresa”. Tutto questo è solo un maledetto tombino che nasconde questa maledetta fogna maleodorante che è il mercato del lavoro reggino nel quale sguazzano, a bordo delle loro schifosissime auto di superlusso, quei topi di fogna che sono gli imprenditori che sfruttano i dipendenti. Possa la loro ricchezza andargli di traverso e strafogarli, a questi nemici del genere umano,vigliacchi impuniti, alleati di gangster e lestofanti, autentica “Malarazza” che contribuisce in modo decisivo alle sventure della nostra terra.