Scenario ancora più inquietante....
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Per chiacchiere in libertà o, forse, per autogiustificare la propria condotta, gli indagati dell’indagine “Urbanistica” commentano l’operato di alcuni dipendenti in servizio presso l’ufficio Anagrafe del Comune di Reggio Calabria.
E’ l’11 novembre del 2009 e a parlare, all’interno dello studio Lo Re, sono l’architetto Carmelo Lo Re e l’impiegato Pasquale D’Ascoli. Quest’ultimo dice che all’Anagrafe c’era un gruppo che faceva carte d’identità false, atti di nascita “imbrogliati”. D’Ascoli afferma che qualcuno riferì la circostanza al responsabile dell’ufficio, quest’ultimo dopo aver accertato la cosa avrebbe iniziato a non firmare più nulla per evitare di firmare qualcosa di falso. Documenti falsi che potevano, racconta Pasquale D’Ascoli, essere serviti a mafiosi e latitanti. Stando al racconto di D’Ascoli, il responsabile dell’ufficio Anagrafe riferì che se c’erano problemi sul registro era dovuto alla manomissione di altre persone.
A questo punto, però, l’architetto Lo Re interrompe D’Ascoli e gli dice che la maggior parte dei latitanti che hanno arrestato ad oggi avevano in possesso delle carte d’identità valide. Stando alle considerazioni in libertà dei due, il novanta per cento dei documenti è sempre uscito da uffici comunali. I due, evidentemente coscienti dell’attività svolta all’interno del settore Urbanistica, fanno un raffronto tra gli uffici. A tal proposito D’Ascoli dice che falsificare il timbro è un discorso ma falsificare la carta dei documenti significa andare a prendere quella originale, Pasquale dice che ci sono persone che fanno questi favori.
L’argomento documenti falsi e ‘ndrangheta è, però, interessante, si ritorna quindi a parlare di latitanti che avrebbero goduto di presunti favori comunali. A tal proposito Carmelo Lo Re racconta a Pasquale D’Ascoli dell’arresto di Paolo De Stefano dicendo che all’epoca dell’arresto gli trovarono una carta d’identità a nome di una persona inesistente, rilasciata da una circoscrizione della zona sud della città. Proprio la provenienza del documento induce i conversanti a una disquisizione di tipo analistico: da qui l’ipotesi che il fatto sia da ricondurre probabilmente a un favore che la cosca Labate fece ai De Stefano.
Infine la sentenza di Pasquale D’Ascoli che dice che alla fine per queste cose non arresteranno mai nessuno, perchè non sapranno mai chi veramente ha rilasciato il documento. Una convinzione che, spostata al settore Urbanistica, si sarebbe rivelata totalmente errata.