È morta Angela Casella «madre coraggio» della Locride
Inviato: 10/12/2011, 15:42
Angela Casella, la “mamma coraggio” che nel giugno del 1989 si incatenò nelle piazze dei paesi dell’Aspromonte per sollecitare la liberazione del figlio Cesare, rapito dalla ‘ndrangheta, è morta la scorsa notte a Pavia. La donna aveva 65 anni ed era malata da tempo. Il suo gesto suscitò grande clamore in tutta Italia ed ebbe il risultato da un lato di provocare un più energico intervento dello Stato e dall’altro di risvegliare la coscienza dell’opinione pubblica, quella calabrese in particolare, nei confronti della piaga malavitosa.
NELLA LOCRIDE - Cesare Casella, figlio del titolare di una concessionaria di automobili, all’epoca del sequestro aveva 19 anni: venne rapito la sera del 18 gennaio 1988 poco lontano da casa a Pavia. Il suo fu uno dei più lunghi sequestri, durò in tutto 734 giorni. A nulla valse il riscatto di un miliardo di lire, pagato nell’agosto di quello stesso anno. Anche questo indusse Angela Casella a compire il suo gesto: di fronte all’ennesimo rilancio della banda che teneva ostaggio il ragazzo, “mamma coraggio” cominciò a girare i paesi della Locride (San Luca, Platì, Ciminà) incatenandosi nelle piazze e sollecitando la liberazione di Cesare. Il suo esempio le vale l’ammirazione di tutto il mondo ma non è ancora sufficiente a piegare gli uomini delle cosche. Dovranno trascorrere altri mesi, sarà necessario un lunghissimo braccio di ferro tra la famiglia Casella (che avevano subito il blocco dei beni) e i rapitori per arrivare alla liberazione di Cesare il 30 gennaio del 1990.
Claudio Del Frate
NELLA LOCRIDE - Cesare Casella, figlio del titolare di una concessionaria di automobili, all’epoca del sequestro aveva 19 anni: venne rapito la sera del 18 gennaio 1988 poco lontano da casa a Pavia. Il suo fu uno dei più lunghi sequestri, durò in tutto 734 giorni. A nulla valse il riscatto di un miliardo di lire, pagato nell’agosto di quello stesso anno. Anche questo indusse Angela Casella a compire il suo gesto: di fronte all’ennesimo rilancio della banda che teneva ostaggio il ragazzo, “mamma coraggio” cominciò a girare i paesi della Locride (San Luca, Platì, Ciminà) incatenandosi nelle piazze e sollecitando la liberazione di Cesare. Il suo esempio le vale l’ammirazione di tutto il mondo ma non è ancora sufficiente a piegare gli uomini delle cosche. Dovranno trascorrere altri mesi, sarà necessario un lunghissimo braccio di ferro tra la famiglia Casella (che avevano subito il blocco dei beni) e i rapitori per arrivare alla liberazione di Cesare il 30 gennaio del 1990.
Claudio Del Frate