Cassazione rivive l’inchiesta Why Not

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NinoMed
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La rivincita di Luigi de Magistris. In Cassazione rivive l’inchiesta Why Not

Il presidente della Suprema Corte, Giovanni De Roberto, ha annullato la decisione del gup di Catanzaro e rinviato gli atti ad altro giudice per un nuovo giudizio. Riconosciuta l'esistenza dell'associazione per delinquere di cui facevano parte politici, amministratori e imprenditori

Il sindaco di Napoli ha altri problemi per la testa, ma può dirsi davvero soddisfatto perché sia pure con ritardo la giustizia gli ha dato ragione. Pochi giorni fa, il 21 settembre, è stata depositata presso la cancelleria della Cassazione una sentenza che annulla la decisione del gup di Catanzaro Abigail Mellace e rinvia gli atti ad altro giudice del tribunale di Catanzaro per un nuovo giudizio.

Non parliamo di una sentenza qualunque, ma dell’inchiesta Why Not, la madre di tutte le inchieste che a dire, non soltanto di de Magistris, aveva sollevato il velo sul “comitato di affari” che dominava la città. Ma soprattutto su un intreccio di politico-affaristico, con contorno di ambienti massonici e servizi deviati, che ha precorso inchieste come la P3 e P4 di Roma e Napoli. Basti dire che nella prima fase dell’indagine compariva anche Luigi Bisignani, quale rappresentante della Ilte spa. L’inchiesta culminò il 18 giugno 2007 con 26 perquisizioni. Anche nello studio di Pietro Scarpellini, consulente “non pagato” della Presidenza del Consiglio.

Un ruolo centrale nella vicenda lo svolgeva l’imprenditore Antonio Saladino, presidente della Compagnia delle Opere della Calabria, uno che telefonava molto. Dai tabulati, ricostruiti da Gioacchino Genchi, risultò in contatto perfino con Romano Prodi (estraneo all’inchiesta). De Magistris fu accusato di aver speso 9 milioni in intercettazioni telefoniche, agli atti non ce n’era neppure una. Frequenti però i contatti tra il ministro della Giustizia Clemente Mastella e Saladino: il Guardasigilli reagì chiedendo il trasferimento del pm e del capo della Procura Lombardi. Alla fine furono in due a doversi dimettere: De Magistris, costretto ad abbandonare l’indagine e poi la magistratura, ma anche Mastella, la cui decisione provocò la fine anticipata del governo Prodi.

Un terremoto politico-giudiziario, che oggi il presidente della Suprema Corte Giovanni De Roberto, rilegge in maniera totalmente diversa, riconoscendo l’esistenza di quell’associazione per delinquere, fortemente sostenuta da de Magistris e negata dal gup Mellace, di cui facevano parte politici, amministratori e imprenditori. Tra questi gli assessori Ennio Morrione e Nicola Adamo del Pd. Sosteneva il gup che le condotte illecite “sono state poste in essere con l’accordo di pubblici funzionari, ma in virtù di singole intese”.Una sentenza che fece gridare al “flop investigativo” di de Magistris. Il presidente De Roberto capovolge l’assunto: ”La ritenuta mancanza di ogni accordo o vincolo tra gli imputati “soggetti pubblici” non può portare alla negazione dell’esistenza dell’associazione, il legame associativo non va ricercato solo tra tali soggetti, ma tra questi, singolarmente considerati, e i rappresentanti delle società facenti capo al Saladino o ai suoi collaboratori”.

Può sembrare strano che il terremoto di Why Not, con le laceranti guerre tra le procure di Potenza, Salerno, Catanzaro e le sofferte decisioni del Csm, sia dovuto a un’inchiesta che si è conclusa con sole otto condanne. In realtà gli indagati erano 150, i rinviati a giudizio 34. Fu il procuratore generale di Catanzaro, Dolcino Favi, a decapitare Why Not avocando a sé per presunta incompatibilità l’inchiesta. Il processo è ancora in corso. Dice oggi il sindaco di Napoli, raggiunto telefonicamente da Il Fatto Quotidiano: “La decisione della Cassazione ribalta la sentenza del gup sulla parte dell’inchiesta che ero riuscito a preservare dopo l’avocazione illegittima per la quale è ancora in corso un procedimento giudiziario”. Per De Magistris è stata una pagina amara: “La mia vita è cambiata, ma voglio ricordare il prezzo pagato dai colleghi di Salerno, i pm Gabriella Nuzzi, Dionigio Versani e dal procuratore Apicella“. E poi l’ultimo affondo: “Sarebbe bene che si levasse qualche voce di autocritica per quei comportamenti omissivi e censori del Csm, ma anche dall’Associazione nazionale magistrati”. Lui oggi non è più pm, ma il processo riparte.

da Il Fatto Quotidiano del 28 settembre 2011

http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/09 ... ot/160459/
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NinoMed ha scritto:La rivincita di Luigi de Magistris. In Cassazione rivive l’inchiesta Why Not

Il presidente della Suprema Corte, Giovanni De Roberto, ha annullato la decisione del gup di Catanzaro e rinviato gli atti ad altro giudice per un nuovo giudizio. Riconosciuta l'esistenza dell'associazione per delinquere di cui facevano parte politici, amministratori e imprenditori

Il sindaco di Napoli ha altri problemi per la testa, ma può dirsi davvero soddisfatto perché sia pure con ritardo la giustizia gli ha dato ragione. Pochi giorni fa, il 21 settembre, è stata depositata presso la cancelleria della Cassazione una sentenza che annulla la decisione del gup di Catanzaro Abigail Mellace e rinvia gli atti ad altro giudice del tribunale di Catanzaro per un nuovo giudizio.

Non parliamo di una sentenza qualunque, ma dell’inchiesta Why Not, la madre di tutte le inchieste che a dire, non soltanto di de Magistris, aveva sollevato il velo sul “comitato di affari” che dominava la città. Ma soprattutto su un intreccio di politico-affaristico, con contorno di ambienti massonici e servizi deviati, che ha precorso inchieste come la P3 e P4 di Roma e Napoli. Basti dire che nella prima fase dell’indagine compariva anche Luigi Bisignani, quale rappresentante della Ilte spa. L’inchiesta culminò il 18 giugno 2007 con 26 perquisizioni. Anche nello studio di Pietro Scarpellini, consulente “non pagato” della Presidenza del Consiglio.

Un ruolo centrale nella vicenda lo svolgeva l’imprenditore Antonio Saladino, presidente della Compagnia delle Opere della Calabria, uno che telefonava molto. Dai tabulati, ricostruiti da Gioacchino Genchi, risultò in contatto perfino con Romano Prodi (estraneo all’inchiesta). De Magistris fu accusato di aver speso 9 milioni in intercettazioni telefoniche, agli atti non ce n’era neppure una. Frequenti però i contatti tra il ministro della Giustizia Clemente Mastella e Saladino: il Guardasigilli reagì chiedendo il trasferimento del pm e del capo della Procura Lombardi. Alla fine furono in due a doversi dimettere: De Magistris, costretto ad abbandonare l’indagine e poi la magistratura, ma anche Mastella, la cui decisione provocò la fine anticipata del governo Prodi.

Un terremoto politico-giudiziario, che oggi il presidente della Suprema Corte Giovanni De Roberto, rilegge in maniera totalmente diversa, riconoscendo l’esistenza di quell’associazione per delinquere, fortemente sostenuta da de Magistris e negata dal gup Mellace, di cui facevano parte politici, amministratori e imprenditori. Tra questi gli assessori Ennio Morrione e Nicola Adamo del Pd. Sosteneva il gup che le condotte illecite “sono state poste in essere con l’accordo di pubblici funzionari, ma in virtù di singole intese”.Una sentenza che fece gridare al “flop investigativo” di de Magistris. Il presidente De Roberto capovolge l’assunto: ”La ritenuta mancanza di ogni accordo o vincolo tra gli imputati “soggetti pubblici” non può portare alla negazione dell’esistenza dell’associazione, il legame associativo non va ricercato solo tra tali soggetti, ma tra questi, singolarmente considerati, e i rappresentanti delle società facenti capo al Saladino o ai suoi collaboratori”.

Può sembrare strano che il terremoto di Why Not, con le laceranti guerre tra le procure di Potenza, Salerno, Catanzaro e le sofferte decisioni del Csm, sia dovuto a un’inchiesta che si è conclusa con sole otto condanne. In realtà gli indagati erano 150, i rinviati a giudizio 34. Fu il procuratore generale di Catanzaro, Dolcino Favi, a decapitare Why Not avocando a sé per presunta incompatibilità l’inchiesta. Il processo è ancora in corso. Dice oggi il sindaco di Napoli, raggiunto telefonicamente da Il Fatto Quotidiano: “La decisione della Cassazione ribalta la sentenza del gup sulla parte dell’inchiesta che ero riuscito a preservare dopo l’avocazione illegittima per la quale è ancora in corso un procedimento giudiziario”. Per De Magistris è stata una pagina amara: “La mia vita è cambiata, ma voglio ricordare il prezzo pagato dai colleghi di Salerno, i pm Gabriella Nuzzi, Dionigio Versani e dal procuratore Apicella“. E poi l’ultimo affondo: “Sarebbe bene che si levasse qualche voce di autocritica per quei comportamenti omissivi e censori del Csm, ma anche dall’Associazione nazionale magistrati”. Lui oggi non è più pm, ma il processo riparte.

da Il Fatto Quotidiano del 28 settembre 2011

http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/09 ... ot/160459/

:yaho: forza ddocu
Il dolore ci rimette in mezzo alle cose in modo nuovo.
suonatore Jones

ma dai? non era tutta pubblicità che voleva farsi?
suonatore Jones

questo è un articolo di qualche tempo fa.

http://www.ilgiornale.it/interni/linchi ... comments=1
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Questa è stata una delle pagine più tristi, squallide e gravi della storia italiana, mai abbastanza approfondita.

Una guerra tra magistrati che coinvolgeva politici, imprenditori, faccendieri massoni e altro ancora.

Si era andati molto vicini agli intoccabili, una pagina nera in cui il CSM e lo stesso Capo dello Stato devono ancora molto da chiarire. Si era rischiato di far crollare tutte le istituzioni tanto era trasversale da essere messa a tacere con la forza, strano che non ci sia scappato il morto.
S'a Reggina è na malatia, prima Gallo e poi Saladini sunnu i so merici curanti.
doddi
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Io ho sempre rimproverato De Magistris del fatto di aver abbandonato il suo lavoro e di aver cercato "visibilità" sui media.
Coraggio , tenacia, capacità non gli sono mai difettati. Ricordo una blla intervista che gli fece Giusva mentre era PM a Catanzaro.

In Francia o Inghilterra i nomi dei giudici non li ricorda nessuno perchè non li menziona nessuno, e fanno il loro dentro i loro uffici.

Probabilmente adesso ha trovato la sua vera dimensione nella politica attiva, speriamo faccia bene, per Napoli in primis.

Vediamo che verrà fuori a stò giro.
Se coloro che vincono le gare hanno certificati antimafia ma sono in strette relazioni con altre imprese sottoposte all'attenzione della mafia,tutte munite di certificazioni delle prefetture,allora è un problema diverso che non compete a me valutare. I.F.
reggino
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Chissà se Minzolini,Fede,Liguori,Sallusti,Ferrara,ne daranno notizia.
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