Poi ditemi che non e' vero che alle donne piacciono i bastardi.Leggo su corriere.it ALLUCINANTE
"Un necrologio come altri, sulla Nuova Sardegna : «Cristina Berardi è vicina a Maria Grazia e Tina per la tragica scomparsa del fratello Gianfranco con profondo rispetto e affetto». Senonché Cristina Berardi è l'insegnante rapita nel lontano 1987 (aveva 25 anni) e Gianfranco è proprio quel Gianfranco Ara, «telefonista» dell'Anonima sequestri. Anonima davvero, perché Ara è stato il solo a essere catturato e condannato: sarebbe dovuto rimanere 28 anni in prigione, è uscito dopo 16 e sabato è stato trovato riverso su una scalinata vicino all'anfiteatro di Nuoro. Nessun «giallo», «morte per cause naturali» è scritto nel rapporto sul tavolo del magistrato, in attesa che l'autopsia chiarisca.
Ma una donna che partecipa al dolore della famiglia ed «è vicina... con profondo rispetto e affetto» alle sorelle dell'uomo che faceva parte della banda dei suoi rapitori, è evento raro, soprattutto in una terra, la Barbagia, dove non si perdona e non si dimentica. Perdonare i rapitori? Cristina Berardi non ci sta. «Ma quale perdono... Lui è una cosa, le sorelle un'altra. Loro sono persone perbene e sensibili. Conosco Tina da 15 anni, è insegnante e io lavoro in biblioteca, nello stesso circolo didattico. E Maria Grazia è alla biblioteca Satta. Il necrologio l'ho fatto per loro, non per lui». Su Gianfranco Ara scandisce: «Ha sbagliato, ma ha anche pagato; nessun altro è finito in carcere fra quelli che mi hanno sequestrato. Il problema del perdono non me lo sono mai messa e così pure quello dell'astio. Non sono un giudice: non assolvo e non condanno».
Gianfranco Ara, era il «telefonista» dell'Anonima sequestri
Sono passati più di 24 anni. Lei, figlia del presidente dell'Associazione industriali di Nuoro, insegnava in un paese della provincia. Sulla strada del ritorno a casa in auto l'agguato, 5 uomini mascherati, mitra puntati. Quattro mesi dopo liberata dalla polizia. «Una pattuglia casualmente vide una tenda...». Il bandito che la teneva prigioniera fuggì, abbandonando fucile, armamentario e vettovaglie. Non venne pagato riscatto. Erano in corso trattative. Gianfranco Ara, il «telefonista», fu sorpreso in una cabina telefonica, chiamava la famiglia Berardi. Non ha mai voluto «tradire» i complici; dei carcerieri si conoscono soltanto i nomignoli: il Postino, Cracula, Boboreddu, Trik track, così li chiamava Cristina. Ara (12 fra fratelli e sorelle) ha pagato il silenzio con una dura condanna; è morto a 51 anni, era libero da tre.
Dopo il rapimento, i banditi, furibondi per non aver intascato il riscatto, hanno continuato a tenere sotto tiro i Berardi: minacce, intimidazioni, due bombe contro la casa. Imbarazzante l'esito dell'inchiesta giudiziaria: quando poteva aprirsi qualche spiraglio con le nuove tecniche di esame del Dna, si è scoperto che i reperti, custoditi in tribunale, sono scomparsi e inspiegabilmente distrutti con ordinanza urgente. Insensibilità anche nei confronti di Cristina: nel 1995 trasferimento ad Arzana (vicinissimo alla tenda-prigione) dove liberi e indisturbati vivevano i suoi rapitori. E per tornare a casa avrebbe dovuto ogni giorno ripercorrere in auto la strada dell'agguato. «Ho paura - invocò - non fatemi ritornare laggiù». Battaglia contro la burocrazia della Pubblica istruzione e infine nomina a Nuoro in biblioteca.
Difficile dimenticare. «Cerco di vivere la mia vita, ma questi sono bagagli che ci dobbiamo portare appresso, niente si può cancellare. La giustizia il suo corso l'ha fatto, purtroppo è andata così». Su Gianfranco Ara non vuol lasciare ombre: «Lo conoscevo di faccia, Nuoro è una città piccola, forse l'ho visto da lontano qualche volta, ma non gli ho mai parlato. Nel rapimento ha avuto un ruolo di secondo piano; è una cosa grave e non lo giustifico: si è rovinato da solo. Quando ho saputo che era morto e ho letto che lo definivano ancora "sequestratore" non ho pensato a lui, ma al dolore della madre, della famiglia. E soprattutto alle sorelle che lo piangono. Le conosco, le stimo: come potevo non essere vicina a loro con affetto?».
NECROLOGIO DELLA SEQUESTRATA PER IL RAPITORE
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Perchè? avevi dubbi? Il problema non è questo è che c'è anche chi, ipocritamente, dice che non è vero....mubald ha scritto:Poi ditemi che non e' vero che alle donne piacciono i bastardi.....
Se il destino mi è avverso, peggio per lui!!!
http://www.youtube.com/watch?v=06hr11IO" onclick="window.open(this.href);return false; ... dded#at=13
"La mia rielezione sarebbe al limite del ridicolo" Giorgio Napolitano 14/4/2013
http://www.youtube.com/watch?v=06hr11IO" onclick="window.open(this.href);return false; ... dded#at=13
"La mia rielezione sarebbe al limite del ridicolo" Giorgio Napolitano 14/4/2013
per quanto io sia scettico sulle teorie psicoanalitiche, non è una novità, la sindrome di stoccolma. la quale non colpisce solo le donne.
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mi hai precedutosuonatore Jones ha scritto:per quanto io sia scettico sulle teorie psicoanalitiche, non è una novità, la sindrome di stoccolma. la quale non colpisce solo le donne.
@ mubald: se continui a pensarla così muori pazzo
E quindi? Ma poi, fondamentalmente...tu, chi cazzo sei? (cit.)
Nessun dubbio.E perfettamente d'accordo sull'ipocrisiaFalko ha scritto:Perchè? avevi dubbi? Il problema non è questo è che c'è anche chi, ipocritamente, dice che non è vero....mubald ha scritto:Poi ditemi che non e' vero che alle donne piacciono i bastardi.....
Pazzo no.Sconcertato si'rca ha scritto:mi hai precedutosuonatore Jones ha scritto:per quanto io sia scettico sulle teorie psicoanalitiche, non è una novità, la sindrome di stoccolma. la quale non colpisce solo le donne.
@ mubald: se continui a pensarla così muori pazzo
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La sindrome di Stoccolma c'entra poco. Così come non c'azzecca nulla il luogo comune che alle donne piacciono i bastardi.
Semplicemente la rapita ha conosciuto e lavorato insieme nella scuola a madre e sorella del defunto. Ed a loro era rivolta il necrologio. Tra l'altro il defunto fece solo ed esclusivamente una telefonata per chiedere il riscatto. Nè la rapì fisicamente nè tantomeno la custodì durante il rapimento stesso.
Semplicemente la rapita ha conosciuto e lavorato insieme nella scuola a madre e sorella del defunto. Ed a loro era rivolta il necrologio. Tra l'altro il defunto fece solo ed esclusivamente una telefonata per chiedere il riscatto. Nè la rapì fisicamente nè tantomeno la custodì durante il rapimento stesso.
"Nani su iddi e vvonnu a tutti nani;
Nci vannu terra terra, peri e mmani;
E pa malignità brutta e superba,
Ccà non crisci chi erba, erba, erba"
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Ma no, alla fine l'articolo era pure abbastanza chiaro.Pickwick ha scritto:Sempre più schifato da questo modo di fare giornalismo.
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Tanto luogo comune non direiUnVeroTifoso ha scritto:La sindrome di Stoccolma c'entra poco. Così come non c'azzecca nulla il luogo comune che alle donne piacciono i bastardi.
Semplicemente la rapita ha conosciuto e lavorato insieme nella scuola a madre e sorella del defunto. Ed a loro era rivolta il necrologio. Tra l'altro il defunto fece solo ed esclusivamente una telefonata per chiedere il riscatto. Nè la rapì fisicamente nè tantomeno la custodì durante il rapimento stesso.
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Mi sembra invece sia proprio un luogo comune, tra l'altro offensivo per le donne...mubald ha scritto:Tanto luogo comune non direiUnVeroTifoso ha scritto:La sindrome di Stoccolma c'entra poco. Così come non c'azzecca nulla il luogo comune che alle donne piacciono i bastardi.
Semplicemente la rapita ha conosciuto e lavorato insieme nella scuola a madre e sorella del defunto. Ed a loro era rivolta il necrologio. Tra l'altro il defunto fece solo ed esclusivamente una telefonata per chiedere il riscatto. Nè la rapì fisicamente nè tantomeno la custodì durante il rapimento stesso.
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Ce n'e' una marea di casi.Ultimo,in ordine di tempo,le centinaia di lettere d'amore che Parolisi riceve in carcere.Per non parlare delle miriadi di uomini bravi,seri ecc.lasciati perche' "noiosi" a favore di personaggi di un certo tipoUnVeroTifoso ha scritto:Mi sembra invece sia proprio un luogo comune, tra l'altro offensivo per le donne...mubald ha scritto:Tanto luogo comune non direiUnVeroTifoso ha scritto:La sindrome di Stoccolma c'entra poco. Così come non c'azzecca nulla il luogo comune che alle donne piacciono i bastardi.
Semplicemente la rapita ha conosciuto e lavorato insieme nella scuola a madre e sorella del defunto. Ed a loro era rivolta il necrologio. Tra l'altro il defunto fece solo ed esclusivamente una telefonata per chiedere il riscatto. Nè la rapì fisicamente nè tantomeno la custodì durante il rapimento stesso.
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Guarda, stai di nuovo trasformando tutto in argomento da chiacchiere, con tutto il rispetto.mubald ha scritto: Ce n'e' una marea di casi.Ultimo,in ordine di tempo,le centinaia di lettere d'amore che Parolisi riceve in carcere.Per non parlare delle miriadi di uomini bravi,seri ecc.lasciati perche' "noiosi" a favore di personaggi di un certo tipo
E quindi? Ma poi, fondamentalmente...tu, chi cazzo sei? (cit.)
rca ha scritto:Guarda, stai di nuovo trasformando tutto in argomento da chiacchiere, con tutto il rispetto.mubald ha scritto: Ce n'e' una marea di casi.Ultimo,in ordine di tempo,le centinaia di lettere d'amore che Parolisi riceve in carcere.Per non parlare delle miriadi di uomini bravi,seri ecc.lasciati perche' "noiosi" a favore di personaggi di un certo tipo
La seconda parte da "per non parlare"forse,anche se la riferisco alle notizie e queste sono fatti,non chiacchiere
ma chi è questa stronza che ti ha spezzato il cuore?mubald ha scritto:Poi ditemi che non e' vero che alle donne piacciono i bastardi.Leggo su corriere.it ALLUCINANTE
"Un necrologio come altri, sulla Nuova Sardegna : «Cristina Berardi è vicina a Maria Grazia e Tina per la tragica scomparsa del fratello Gianfranco con profondo rispetto e affetto». Senonché Cristina Berardi è l'insegnante rapita nel lontano 1987 (aveva 25 anni) e Gianfranco è proprio quel Gianfranco Ara, «telefonista» dell'Anonima sequestri. Anonima davvero, perché Ara è stato il solo a essere catturato e condannato: sarebbe dovuto rimanere 28 anni in prigione, è uscito dopo 16 e sabato è stato trovato riverso su una scalinata vicino all'anfiteatro di Nuoro. Nessun «giallo», «morte per cause naturali» è scritto nel rapporto sul tavolo del magistrato, in attesa che l'autopsia chiarisca.
Ma una donna che partecipa al dolore della famiglia ed «è vicina... con profondo rispetto e affetto» alle sorelle dell'uomo che faceva parte della banda dei suoi rapitori, è evento raro, soprattutto in una terra, la Barbagia, dove non si perdona e non si dimentica. Perdonare i rapitori? Cristina Berardi non ci sta. «Ma quale perdono... Lui è una cosa, le sorelle un'altra. Loro sono persone perbene e sensibili. Conosco Tina da 15 anni, è insegnante e io lavoro in biblioteca, nello stesso circolo didattico. E Maria Grazia è alla biblioteca Satta. Il necrologio l'ho fatto per loro, non per lui». Su Gianfranco Ara scandisce: «Ha sbagliato, ma ha anche pagato; nessun altro è finito in carcere fra quelli che mi hanno sequestrato. Il problema del perdono non me lo sono mai messa e così pure quello dell'astio. Non sono un giudice: non assolvo e non condanno».
Gianfranco Ara, era il «telefonista» dell'Anonima sequestri
Sono passati più di 24 anni. Lei, figlia del presidente dell'Associazione industriali di Nuoro, insegnava in un paese della provincia. Sulla strada del ritorno a casa in auto l'agguato, 5 uomini mascherati, mitra puntati. Quattro mesi dopo liberata dalla polizia. «Una pattuglia casualmente vide una tenda...». Il bandito che la teneva prigioniera fuggì, abbandonando fucile, armamentario e vettovaglie. Non venne pagato riscatto. Erano in corso trattative. Gianfranco Ara, il «telefonista», fu sorpreso in una cabina telefonica, chiamava la famiglia Berardi. Non ha mai voluto «tradire» i complici; dei carcerieri si conoscono soltanto i nomignoli: il Postino, Cracula, Boboreddu, Trik track, così li chiamava Cristina. Ara (12 fra fratelli e sorelle) ha pagato il silenzio con una dura condanna; è morto a 51 anni, era libero da tre.
Dopo il rapimento, i banditi, furibondi per non aver intascato il riscatto, hanno continuato a tenere sotto tiro i Berardi: minacce, intimidazioni, due bombe contro la casa. Imbarazzante l'esito dell'inchiesta giudiziaria: quando poteva aprirsi qualche spiraglio con le nuove tecniche di esame del Dna, si è scoperto che i reperti, custoditi in tribunale, sono scomparsi e inspiegabilmente distrutti con ordinanza urgente. Insensibilità anche nei confronti di Cristina: nel 1995 trasferimento ad Arzana (vicinissimo alla tenda-prigione) dove liberi e indisturbati vivevano i suoi rapitori. E per tornare a casa avrebbe dovuto ogni giorno ripercorrere in auto la strada dell'agguato. «Ho paura - invocò - non fatemi ritornare laggiù». Battaglia contro la burocrazia della Pubblica istruzione e infine nomina a Nuoro in biblioteca.
Difficile dimenticare. «Cerco di vivere la mia vita, ma questi sono bagagli che ci dobbiamo portare appresso, niente si può cancellare. La giustizia il suo corso l'ha fatto, purtroppo è andata così». Su Gianfranco Ara non vuol lasciare ombre: «Lo conoscevo di faccia, Nuoro è una città piccola, forse l'ho visto da lontano qualche volta, ma non gli ho mai parlato. Nel rapimento ha avuto un ruolo di secondo piano; è una cosa grave e non lo giustifico: si è rovinato da solo. Quando ho saputo che era morto e ho letto che lo definivano ancora "sequestratore" non ho pensato a lui, ma al dolore della madre, della famiglia. E soprattutto alle sorelle che lo piangono. Le conosco, le stimo: come potevo non essere vicina a loro con affetto?».
Allah è grande, Gheddafi è il suo profeta!
Non sono presuntuoso da pensare che la mia e' l'esperienza di tutti.Ma se sento una marea e i fatti ,pubblicati anche dai giornali e visti in TV,lo confermanomohammed ha scritto:ma chi è questa stronza che ti ha spezzato il cuore?mubald ha scritto:Poi ditemi che non e' vero che alle donne piacciono i bastardi.Leggo su corriere.it ALLUCINANTE
"Un necrologio come altri, sulla Nuova Sardegna : «Cristina Berardi è vicina a Maria Grazia e Tina per la tragica scomparsa del fratello Gianfranco con profondo rispetto e affetto». Senonché Cristina Berardi è l'insegnante rapita nel lontano 1987 (aveva 25 anni) e Gianfranco è proprio quel Gianfranco Ara, «telefonista» dell'Anonima sequestri. Anonima davvero, perché Ara è stato il solo a essere catturato e condannato: sarebbe dovuto rimanere 28 anni in prigione, è uscito dopo 16 e sabato è stato trovato riverso su una scalinata vicino all'anfiteatro di Nuoro. Nessun «giallo», «morte per cause naturali» è scritto nel rapporto sul tavolo del magistrato, in attesa che l'autopsia chiarisca.
Ma una donna che partecipa al dolore della famiglia ed «è vicina... con profondo rispetto e affetto» alle sorelle dell'uomo che faceva parte della banda dei suoi rapitori, è evento raro, soprattutto in una terra, la Barbagia, dove non si perdona e non si dimentica. Perdonare i rapitori? Cristina Berardi non ci sta. «Ma quale perdono... Lui è una cosa, le sorelle un'altra. Loro sono persone perbene e sensibili. Conosco Tina da 15 anni, è insegnante e io lavoro in biblioteca, nello stesso circolo didattico. E Maria Grazia è alla biblioteca Satta. Il necrologio l'ho fatto per loro, non per lui». Su Gianfranco Ara scandisce: «Ha sbagliato, ma ha anche pagato; nessun altro è finito in carcere fra quelli che mi hanno sequestrato. Il problema del perdono non me lo sono mai messa e così pure quello dell'astio. Non sono un giudice: non assolvo e non condanno».
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Dopo il rapimento, i banditi, furibondi per non aver intascato il riscatto, hanno continuato a tenere sotto tiro i Berardi: minacce, intimidazioni, due bombe contro la casa. Imbarazzante l'esito dell'inchiesta giudiziaria: quando poteva aprirsi qualche spiraglio con le nuove tecniche di esame del Dna, si è scoperto che i reperti, custoditi in tribunale, sono scomparsi e inspiegabilmente distrutti con ordinanza urgente. Insensibilità anche nei confronti di Cristina: nel 1995 trasferimento ad Arzana (vicinissimo alla tenda-prigione) dove liberi e indisturbati vivevano i suoi rapitori. E per tornare a casa avrebbe dovuto ogni giorno ripercorrere in auto la strada dell'agguato. «Ho paura - invocò - non fatemi ritornare laggiù». Battaglia contro la burocrazia della Pubblica istruzione e infine nomina a Nuoro in biblioteca.
Difficile dimenticare. «Cerco di vivere la mia vita, ma questi sono bagagli che ci dobbiamo portare appresso, niente si può cancellare. La giustizia il suo corso l'ha fatto, purtroppo è andata così». Su Gianfranco Ara non vuol lasciare ombre: «Lo conoscevo di faccia, Nuoro è una città piccola, forse l'ho visto da lontano qualche volta, ma non gli ho mai parlato. Nel rapimento ha avuto un ruolo di secondo piano; è una cosa grave e non lo giustifico: si è rovinato da solo. Quando ho saputo che era morto e ho letto che lo definivano ancora "sequestratore" non ho pensato a lui, ma al dolore della madre, della famiglia. E soprattutto alle sorelle che lo piangono. Le conosco, le stimo: come potevo non essere vicina a loro con affetto?».
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mubald ha scritto:Poi ditemi che non e' vero che alle donne piacciono i bastardi.Leggo su corriere.it ALLUCINANTE
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Ma una donna che partecipa al dolore della famiglia ed «è vicina... con profondo rispetto e affetto» alle sorelle dell'uomo che faceva parte della banda dei suoi rapitori, è evento raro, soprattutto in una terra, la Barbagia, dove non si perdona e non si dimentica. Perdonare i rapitori? Cristina Berardi non ci sta. «Ma quale perdono... Lui è una cosa, le sorelle un'altra. Loro sono persone perbene e sensibili. Conosco Tina da 15 anni, è insegnante e io lavoro in biblioteca, nello stesso circolo didattico. E Maria Grazia è alla biblioteca Satta. Il necrologio l'ho fatto per loro, non per lui». Su Gianfranco Ara scandisce: «Ha sbagliato, ma ha anche pagato; nessun altro è finito in carcere fra quelli che mi hanno sequestrato. Il problema del perdono non me lo sono mai messa e così pure quello dell'astio. Non sono un giudice: non assolvo e non condanno».
Gianfranco Ara, era il «telefonista» dell'Anonima sequestri
Sono passati più di 24 anni. Lei, figlia del presidente dell'Associazione industriali di Nuoro, insegnava in un paese della provincia. Sulla strada del ritorno a casa in auto l'agguato, 5 uomini mascherati, mitra puntati. Quattro mesi dopo liberata dalla polizia. «Una pattuglia casualmente vide una tenda...». Il bandito che la teneva prigioniera fuggì, abbandonando fucile, armamentario e vettovaglie. Non venne pagato riscatto. Erano in corso trattative. Gianfranco Ara, il «telefonista», fu sorpreso in una cabina telefonica, chiamava la famiglia Berardi. Non ha mai voluto «tradire» i complici; dei carcerieri si conoscono soltanto i nomignoli: il Postino, Cracula, Boboreddu, Trik track, così li chiamava Cristina. Ara (12 fra fratelli e sorelle) ha pagato il silenzio con una dura condanna; è morto a 51 anni, era libero da tre.
Dopo il rapimento, i banditi, furibondi per non aver intascato il riscatto, hanno continuato a tenere sotto tiro i Berardi: minacce, intimidazioni, due bombe contro la casa. Imbarazzante l'esito dell'inchiesta giudiziaria: quando poteva aprirsi qualche spiraglio con le nuove tecniche di esame del Dna, si è scoperto che i reperti, custoditi in tribunale, sono scomparsi e inspiegabilmente distrutti con ordinanza urgente. Insensibilità anche nei confronti di Cristina: nel 1995 trasferimento ad Arzana (vicinissimo alla tenda-prigione) dove liberi e indisturbati vivevano i suoi rapitori. E per tornare a casa avrebbe dovuto ogni giorno ripercorrere in auto la strada dell'agguato. «Ho paura - invocò - non fatemi ritornare laggiù». Battaglia contro la burocrazia della Pubblica istruzione e infine nomina a Nuoro in biblioteca.
Difficile dimenticare. «Cerco di vivere la mia vita, ma questi sono bagagli che ci dobbiamo portare appresso, niente si può cancellare. La giustizia il suo corso l'ha fatto, purtroppo è andata così». Su Gianfranco Ara non vuol lasciare ombre: «Lo conoscevo di faccia, Nuoro è una città piccola, forse l'ho visto da lontano qualche volta, ma non gli ho mai parlato. Nel rapimento ha avuto un ruolo di secondo piano; è una cosa grave e non lo giustifico: si è rovinato da solo. Quando ho saputo che era morto e ho letto che lo definivano ancora "sequestratore" non ho pensato a lui, ma al dolore della madre, della famiglia. E soprattutto alle sorelle che lo piangono. Le conosco, le stimo: come potevo non essere vicina a loro con affetto?».
Non trovo il nesso tra un cordoglio per la morte di un parente e il luogo comune della donna che preferisce lo stronzo Sarai un pochino misogino mubald?
Shelob ha scritto:mubald ha scritto:Poi ditemi che non e' vero che alle donne piacciono i bastardi.Leggo su corriere.it ALLUCINANTE
"Un necrologio come altri, sulla Nuova Sardegna : «Cristina Berardi è vicina a Maria Grazia e Tina per la tragica scomparsa del fratello Gianfranco con profondo rispetto e affetto». Senonché Cristina Berardi è l'insegnante rapita nel lontano 1987 (aveva 25 anni) e Gianfranco è proprio quel Gianfranco Ara, «telefonista» dell'Anonima sequestri. Anonima davvero, perché Ara è stato il solo a essere catturato e condannato: sarebbe dovuto rimanere 28 anni in prigione, è uscito dopo 16 e sabato è stato trovato riverso su una scalinata vicino all'anfiteatro di Nuoro. Nessun «giallo», «morte per cause naturali» è scritto nel rapporto sul tavolo del magistrato, in attesa che l'autopsia chiarisca.
Ma una donna che partecipa al dolore della famiglia ed «è vicina... con profondo rispetto e affetto» alle sorelle dell'uomo che faceva parte della banda dei suoi rapitori, è evento raro, soprattutto in una terra, la Barbagia, dove non si perdona e non si dimentica. Perdonare i rapitori? Cristina Berardi non ci sta. «Ma quale perdono... Lui è una cosa, le sorelle un'altra. Loro sono persone perbene e sensibili. Conosco Tina da 15 anni, è insegnante e io lavoro in biblioteca, nello stesso circolo didattico. E Maria Grazia è alla biblioteca Satta. Il necrologio l'ho fatto per loro, non per lui». Su Gianfranco Ara scandisce: «Ha sbagliato, ma ha anche pagato; nessun altro è finito in carcere fra quelli che mi hanno sequestrato. Il problema del perdono non me lo sono mai messa e così pure quello dell'astio. Non sono un giudice: non assolvo e non condanno».
Gianfranco Ara, era il «telefonista» dell'Anonima sequestri
Sono passati più di 24 anni. Lei, figlia del presidente dell'Associazione industriali di Nuoro, insegnava in un paese della provincia. Sulla strada del ritorno a casa in auto l'agguato, 5 uomini mascherati, mitra puntati. Quattro mesi dopo liberata dalla polizia. «Una pattuglia casualmente vide una tenda...». Il bandito che la teneva prigioniera fuggì, abbandonando fucile, armamentario e vettovaglie. Non venne pagato riscatto. Erano in corso trattative. Gianfranco Ara, il «telefonista», fu sorpreso in una cabina telefonica, chiamava la famiglia Berardi. Non ha mai voluto «tradire» i complici; dei carcerieri si conoscono soltanto i nomignoli: il Postino, Cracula, Boboreddu, Trik track, così li chiamava Cristina. Ara (12 fra fratelli e sorelle) ha pagato il silenzio con una dura condanna; è morto a 51 anni, era libero da tre.
Dopo il rapimento, i banditi, furibondi per non aver intascato il riscatto, hanno continuato a tenere sotto tiro i Berardi: minacce, intimidazioni, due bombe contro la casa. Imbarazzante l'esito dell'inchiesta giudiziaria: quando poteva aprirsi qualche spiraglio con le nuove tecniche di esame del Dna, si è scoperto che i reperti, custoditi in tribunale, sono scomparsi e inspiegabilmente distrutti con ordinanza urgente. Insensibilità anche nei confronti di Cristina: nel 1995 trasferimento ad Arzana (vicinissimo alla tenda-prigione) dove liberi e indisturbati vivevano i suoi rapitori. E per tornare a casa avrebbe dovuto ogni giorno ripercorrere in auto la strada dell'agguato. «Ho paura - invocò - non fatemi ritornare laggiù». Battaglia contro la burocrazia della Pubblica istruzione e infine nomina a Nuoro in biblioteca.
Difficile dimenticare. «Cerco di vivere la mia vita, ma questi sono bagagli che ci dobbiamo portare appresso, niente si può cancellare. La giustizia il suo corso l'ha fatto, purtroppo è andata così». Su Gianfranco Ara non vuol lasciare ombre: «Lo conoscevo di faccia, Nuoro è una città piccola, forse l'ho visto da lontano qualche volta, ma non gli ho mai parlato. Nel rapimento ha avuto un ruolo di secondo piano; è una cosa grave e non lo giustifico: si è rovinato da solo. Quando ho saputo che era morto e ho letto che lo definivano ancora "sequestratore" non ho pensato a lui, ma al dolore della madre, della famiglia. E soprattutto alle sorelle che lo piangono. Le conosco, le stimo: come potevo non essere vicina a loro con affetto?».
Non trovo il nesso tra un cordoglio per la morte di un parente e il luogo comune della donna che preferisce lo stronzo Sarai un pochino misogino mubald?
Non mi risulta che fosse un suo parente.Fino a prova contraria e' stato solo il suo sequestratore
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E' collega di madre e sorella del defunto. E chiaramente ha detto che prova stima ed affetto per loro, senza però perdonare il telefonista. Da dove si possano trarre considerazioni generali sui gusti femminili ancora non mi è chiaro. Semmai ci vedo una grande sensibilità femminile.mubald ha scritto:
Non mi risulta che fosse un suo parente.Fino a prova contraria e' stato solo il suo sequestratore
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E pa malignità brutta e superba,
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Ccà non crisci chi erba, erba, erba"
(Nicola Giunta)
Ok.Come le lettere d'amore a ParolisiUnVeroTifoso ha scritto:E' collega di madre e sorella del defunto. E chiaramente ha detto che prova stima ed affetto per loro, senza però perdonare il telefonista. Da dove si possano trarre considerazioni generali sui gusti femminili ancora non mi è chiaro. Semmai ci vedo una grande sensibilità femminile.mubald ha scritto:
Non mi risulta che fosse un suo parente.Fino a prova contraria e' stato solo il suo sequestratore