I tre strani suicidi con l'acido...
Inviato: 24/08/2011, 10:03
dal corriere della calabria...
I tre "strani" suicidi con l'acido
22/08/2011 20:16
Ha bevuto acido muriatico la testimone di giustizia Maria Concetta Cacciola. Nei giorni scorsi aveva abbandonato la località protetta per recarsi dai figli a Rosarno, la cittadina della Piana dove aveva fatto ritrovare alcuni bunker della cosca Bellocco. Aperta un'inchiesta dalla Procura di Palmi.
Il Cedir, sede della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria
Tre storie diverse, una stessa fine. Maria Concetta Cacciola è l'ultima donna in Calabria che, in meno di un anno, si è tolta la vita in un modo atroce. Ha bevuto acido muriatico dopo essersi chiusa nel bagno dell'abitazione dei suoi genitori.
Maria Concetta da pochi mesi era una testimone di giustizia. Suo marito è Salvatore Figliuzzi che sta scontando otto anni di carcere rimediati nel processo “Bosco Selvaggio”.
È un uomo dei Bellocco così come lo è suo padre, Michele Cacciola, cognato del boss don Gregorio, pezzo da novanta della 'ndrangheta di Rosarno. Lo scorso maggio, la donna di 31 anni si era presentata dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria. Voleva collaborare con la giustizia. Lo ha fatto. È stata interrogata un paio di volte e la Procura della Repubblica aveva chiesto e ottenuto che Maria Concetta Cacciola venisse inserita nel programma di protezione previsto per i testimoni di giustizia. Di cose da raccontare, infatti, la giovane donna ne aveva tante. Aveva vissuto una vita in una delle famiglie che la 'ndrangheta la respira dal di dentro. Prima con il padre poi con il marito. Le sue dichiarazioni avevano portato già al rinvenimento di alcuni bunker ed erano state ritenute importanti dai sostituti procuratori Alessandra Cerreti e Giovanni Musarò i quali, dal 10 agosto, erano stati informati dal Servizio centrale di protezione che Maria Concetta Cacciola aveva abbandonato la località protetta per tornare a Rosarno. Dopo tre mesi, infatti, i figli erano ancora con i nonni nella cittadina della Piana. Non poteva sopportarlo. La donna aveva saltato il fosso per garantire loro un futuro diverso, lontano dagli ambienti e dalle logiche mafiose. Ha avuto il coraggio di rompere con la sua famiglia dalla quale, però, era ritornata per recuperare i suoi figli. Gli inquirenti la descrivono come una donna «forte e coraggiosa». Ecco perché il suicidio della Cacciola ha creato più di qualche sospetto alla Procura di Palmi che ha disposto l'autopsia, eseguita questo pomeriggio dal medico legale Antonio Trunfio.
È stata aperta un'inchiesta. L'ipotesi che Maria Concetta Cacciola si sia uccisa, infatti, sembra concreta. Ma questo non esclude che ci sia stata istigazione al suicidio da parte di qualcuno che, magari, poteva essere interessato al suo silenzio.
«Non rispondo a nessuna domanda – ha affermato il procuratore di Palmi Giuseppe Creazzo. – Istigazione al suicidio? Tutte le ipotesi sono possibili».
Lo stesso reato sul quale sta indagando il procuratore di Vibo Valentia, Mario Spagnuolo, e il sostituto Santi Cutroneo. La loro gatta da pelare è il suicidio di Tita Buccafusca, moglie del boss Pantaleone Mancuso meglio conosciuto come “Luni Scarpuni”.
Anche lei, un mese prima del folle gesto, aveva scelto di collaborare con la giustizia. Si era rivolta ai carabinieri ma, dopo poche ore, era ritornata dal marito, a casa. Nella stessa abitazione in cui, un mese più tardi, avrebbe ingerito acido solforico.
Un modo atroce, forse il più doloroso, per uccidersi. Lo stesso che, lo scorso dicembre, adottò la dirigente del Comune di Reggio Orsola Fallara, finita al centro di un'inchiesta giudiziaria che doveva svelare le ragioni del dissesto finanziario dell'ente dalle cui casse sono scomparsi milioni e milioni di euro, forse volati in un isolotto del Mediterraneo non troppo lontano dalla Calabria. Anche lei era una donna forte che, per mesi, ha sopportato la pressione mediatica e della Procura. Anche lei aveva appena finito una conferenza stampa nella quale aveva detto di voler spiegare tutto.
A differenza delle Procure di Palmi e Vibo, però, i magistrati di Reggio non hanno mai disposto l'autopsia. E di ipotesi di istigazione al suicidio neanche l'ombra.
Lucio Musolino
I tre "strani" suicidi con l'acido
22/08/2011 20:16
Ha bevuto acido muriatico la testimone di giustizia Maria Concetta Cacciola. Nei giorni scorsi aveva abbandonato la località protetta per recarsi dai figli a Rosarno, la cittadina della Piana dove aveva fatto ritrovare alcuni bunker della cosca Bellocco. Aperta un'inchiesta dalla Procura di Palmi.
Il Cedir, sede della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria
Tre storie diverse, una stessa fine. Maria Concetta Cacciola è l'ultima donna in Calabria che, in meno di un anno, si è tolta la vita in un modo atroce. Ha bevuto acido muriatico dopo essersi chiusa nel bagno dell'abitazione dei suoi genitori.
Maria Concetta da pochi mesi era una testimone di giustizia. Suo marito è Salvatore Figliuzzi che sta scontando otto anni di carcere rimediati nel processo “Bosco Selvaggio”.
È un uomo dei Bellocco così come lo è suo padre, Michele Cacciola, cognato del boss don Gregorio, pezzo da novanta della 'ndrangheta di Rosarno. Lo scorso maggio, la donna di 31 anni si era presentata dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria. Voleva collaborare con la giustizia. Lo ha fatto. È stata interrogata un paio di volte e la Procura della Repubblica aveva chiesto e ottenuto che Maria Concetta Cacciola venisse inserita nel programma di protezione previsto per i testimoni di giustizia. Di cose da raccontare, infatti, la giovane donna ne aveva tante. Aveva vissuto una vita in una delle famiglie che la 'ndrangheta la respira dal di dentro. Prima con il padre poi con il marito. Le sue dichiarazioni avevano portato già al rinvenimento di alcuni bunker ed erano state ritenute importanti dai sostituti procuratori Alessandra Cerreti e Giovanni Musarò i quali, dal 10 agosto, erano stati informati dal Servizio centrale di protezione che Maria Concetta Cacciola aveva abbandonato la località protetta per tornare a Rosarno. Dopo tre mesi, infatti, i figli erano ancora con i nonni nella cittadina della Piana. Non poteva sopportarlo. La donna aveva saltato il fosso per garantire loro un futuro diverso, lontano dagli ambienti e dalle logiche mafiose. Ha avuto il coraggio di rompere con la sua famiglia dalla quale, però, era ritornata per recuperare i suoi figli. Gli inquirenti la descrivono come una donna «forte e coraggiosa». Ecco perché il suicidio della Cacciola ha creato più di qualche sospetto alla Procura di Palmi che ha disposto l'autopsia, eseguita questo pomeriggio dal medico legale Antonio Trunfio.
È stata aperta un'inchiesta. L'ipotesi che Maria Concetta Cacciola si sia uccisa, infatti, sembra concreta. Ma questo non esclude che ci sia stata istigazione al suicidio da parte di qualcuno che, magari, poteva essere interessato al suo silenzio.
«Non rispondo a nessuna domanda – ha affermato il procuratore di Palmi Giuseppe Creazzo. – Istigazione al suicidio? Tutte le ipotesi sono possibili».
Lo stesso reato sul quale sta indagando il procuratore di Vibo Valentia, Mario Spagnuolo, e il sostituto Santi Cutroneo. La loro gatta da pelare è il suicidio di Tita Buccafusca, moglie del boss Pantaleone Mancuso meglio conosciuto come “Luni Scarpuni”.
Anche lei, un mese prima del folle gesto, aveva scelto di collaborare con la giustizia. Si era rivolta ai carabinieri ma, dopo poche ore, era ritornata dal marito, a casa. Nella stessa abitazione in cui, un mese più tardi, avrebbe ingerito acido solforico.
Un modo atroce, forse il più doloroso, per uccidersi. Lo stesso che, lo scorso dicembre, adottò la dirigente del Comune di Reggio Orsola Fallara, finita al centro di un'inchiesta giudiziaria che doveva svelare le ragioni del dissesto finanziario dell'ente dalle cui casse sono scomparsi milioni e milioni di euro, forse volati in un isolotto del Mediterraneo non troppo lontano dalla Calabria. Anche lei era una donna forte che, per mesi, ha sopportato la pressione mediatica e della Procura. Anche lei aveva appena finito una conferenza stampa nella quale aveva detto di voler spiegare tutto.
A differenza delle Procure di Palmi e Vibo, però, i magistrati di Reggio non hanno mai disposto l'autopsia. E di ipotesi di istigazione al suicidio neanche l'ombra.
Lucio Musolino