Penati indagato per corruzione

Notizie dal mondo e dalla città: curiosità, fatti, cronaca...

Moderatori: Bud, NinoMed, Lilleuro

reggino
Non c'è nenti!
Non c'è nenti!
Messaggi: 4467
Iscritto il: 12/05/2011, 19:30
Località: l'isola che non c'è

Regmi ha scritto:
reggino ha scritto:Penati si è autosospeso da tutte le cariche di partito e si è dimesso anche dalla carica di vicepresidente del consiglio regionale della Lombardia.Aspettiamo che un gesto del genere lo facciano anche i tanti inquisiti del pdl.
Bel gesto di penati,per rimarcare le differenze col pdl,anche se ciò non toglie che una bella pulizia nel suo interno il pd deve farla.
Ma non basta. Ancora non basta
Quando l’iscrizione nel registro degli indagati si trasformerà in qualcosa di più corposo (richiesta di rinvio a giudizio) si deve dimettere.
Detto ciò pur al lordo del liquame puzzolente che di tanto in tanto coinvolge uomini del PD la superiorità morale su quella banda di malfattori che ci governa resta immutata e immutabile.

Piuttosto quello che in questa storia emerge in modo devastante è la falsità della propaganda che l’escortiere corruttore e i suoi servi ci propinano dal 1994.
Da quell’infausto anno per il Paese tutto, la difesa del padrone ruotava, e ruota, tutta intorno all’affermazione che la magistratura, in particolare la procura milanese, imbastiva accuse e costruiva processi basati su teoremi astratti in quanto considerata la longa manus dei Komunisti che cercavano di prendere il potere per via giudiziaria e non politica.
Ci hanno sempre falsamente propinato che fosse possibile imbastire processi in base a convincimenti politici e non sulla base di notizie di reato, fatti, riscontri e accuse ben precise dalle quali si è sempre guardato bene dal rispondere.

Ebbene questa inchiesta su Penati costituisce, caso mai ce ne fosse bisogno, una prova incontrovertibile delle loro falsità.
:thumright
Ot

Papa,Palmi,Mantovani,e di tanti altri magistrati del pdl i piddielini cosa ne pensano??

fine ot
https://www.youtube.com/watch?v=-JQINuybHL4" onclick="window.open(this.href);return false;
doddi
Non c'è nenti!
Non c'è nenti!
Messaggi: 4789
Iscritto il: 11/05/2011, 12:55
Località: 38°6′41″N 15°39′43″E

http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/07 ... ti/148313/


La “cassaforte” di Filippo Penati
L'associazione Fare Metropoli, fondata dall'ex capo della segreteria politica di Pierluigi Bersani, ha raccolto finanziamenti per decine di migliaia di euro. E' gestita da un solo dipendente e in pochi nel partito la conoscono. Tra i finanziatori: Gavio, Sarno, Bmg comunicazione, Banca di Legnano
A Milano tra gli iscritti e funzionari del Partito democratico non la conosce quasi nessuno. Non è segreta, ma molto riservata. Nessun sito web, nessun numero sull’elenco telefonico, un ufficio di appena quattro stanze sempre vuote. Eppure Fare Metropoli è la cartina di tornasole per capire la storia dei rapporti, incestuosi secondo la magistratura, tra Filippo Penati e il sistema delle imprese. Si, perché questa associazione culturale senza scopo di lucro, nata nel dicembre del 2008 a ridosso delle elezioni provinciali, è uno dei canali attraverso cui l’ex capo della segreteria politica di Pier Luigi Bersani ha ricevuto, in gran segreto, finanziamenti per decine e decine di migliaia di euro. Soldi regolarmente registrati nei bilanci dell’associazione (non pubblici) che venivano versati anche da imprese e professionisti ai quali la Provincia aveva concesso appalti, incarichi, consulenze. I fondi raccolti venivano poi anche girati al comitato elettorale di Penati. Quindi registrandoli nei rendiconti ufficiali come provenienti dall’associazione. Rendendo così impossibile sapere da dove realmente arrivavano i finanziamenti.

L’elenco è custodito nella sede di Fare Metropoli, al terzo piano di via Galileo Galilei 14. I movimenti maggiori, come ilfattoquotidiano.it può documentare, sono concentrati nei mesi tra febbraio e maggio 2009. Le elezioni si sono tenute il primo fine settimana di giugno.

L’associazione viene creata il 30 dicembre 2008. Presidente è Pietro Rossi. Già designato da Milano Serravalle (quindi Penati) come consigliere d’amministrazione della società Tangenziali Esterne di Milano Spa. Dove siede anche Bruno Binasco, l’imprenditore arrestato nel 1993 per aver finanziato illecitamente il Pci tramite il “compagno G”, Primo Greganti, e oggi indagato dalla Procura di Monza che ritiene abbia finanziato illecitamente con 2 milioni di euro Penati nel 2010. Binasco, storico braccio destro di Marcellino Gavio, è amministratore delegato della cassaforte del gruppo dell’imprenditore scomparso del 2009: gestisce oltre mille chilometri di autostrade, fattura 6 miliardi di euro ed è primo azionista di Impregilo.

Alla campagna elettorale di Penati contribuisce anche Renato Sarno, tra i perquisiti mercoledì scorso per l’inchiesta della procura di Monza. Nel maggio 2009 stanzia a favore dell’allora candidato presidente un importo superiore a 40mila euro. Nel collegio dei revisori dell’associazione, tra gli altri, viene nominato Antonio Franchitti, con incarichi anche in diverse società in cui la Provincia è tra gli azionisti di riferimento: Autostrada Pedemontana, Milano Serravalle, Agenzia Sviluppo Milano Metropoli e altre.

Fare Metropoli, ufficialmente, chiede, ricevendoli, contributi per “l’attività culturale” che svolge. Anche se, in realtà, non ha mai organizzato alcun tipo di evento. In compenso i fondi arrivano. Da numerose società e da diverse enti. La Banca di Legnano, ad esempio, nel giugno 2009 stanzia diecimila euro. Alla guida del Cda dell’istituto di credito siede Enrico Corali. Lo stesso Corali nominato pochi mesi prima da Penati nel consiglio di amministrazione di Expo 2015 come rappresentante della Provincia. Contributi arrivano anche dalla Bmg comunicazione. La società che nel novembre 2007 ha ottenuto dalla Provincia un appalto da 95 mila euro. Gara in cui figurava come unica concorrente. L’elenco è lungo. E per ogni singolo nome è stato registrato il motivo del finanziamento. Dalla semplice donazione alla quota versata per l’iscrizione. E poi: campagna elettorale, elezioni Filippo Penati, contributi volontari, finanziamento eventi culturali e altro. Documenti custoditi in via Galileo Galilei. Dove è registrato il comitato elettorale “Lista Penati Presidente” ma dove mai nessun incontro pubblico è avvenuto. Né la sede è stata utilizzata per incontri con la stampa durante le due campagne elettorali che hanno impegnato negli ultimi anni l’ex capo della segreteria politica di Bersani: le provinciali 2009 e le regionali contro Roberto Formigoni nel 2010.

Su Internet si trova solamente una traccia di vita relativa all’associazione: la deputata democratica Lucia Codurelli appunta sul calendario del suo blog un “incontro Mauri” il 28 febbraio 2011 alle ore 14.30 in via Galilei. Un incontro politico. Ma non pubblico. Tra la deputata eletta in Lombardia e Matteo Mauri. Un fedelissimo dell’ex presidente della Provincia di Milano, tra i più fidati assessori dell’era penatiana a Palazzo Isimbardi. Mauri, dopo la vittoria di Bersani alle primarie, viene portato da Penati nella segreteria politica nazionale. Dove ancora siede. Anche dopo le dimissioni di Penati del novembre 2010, rassegnate dopo la sconfitta di Stefano Boeri (candidato del Pd fortemente voluto e sponsorizzato da Penati) alle primarie di Milano contro Giuliano Pisapia.

In pochi hanno avuto modo di entrare nella sede dell’associazione. Molti esponenti locali del Partito democratico non ne conoscono neanche l’esistenza. Pochi hanno avuto il privilegio di visitare l’ufficio che affaccia su Porta Nuova. Pochissimi hanno libero accesso, solo i collaboratori più stretti dell’ex presidente.

Ma di tutto questo Penati, cui abbiamo chiesto un incontro, non ha voluto rilasciare dichiarazioni ufficiali. L’ex vicepresidente del consiglio regionale anche ieri ha ribadito la sua totale estraneità dai fatti che gli sono addebitati dalla Procura di Monza. Insiste nel bollare le accuse degli imprenditori Pasini e Di Caterina come pure invenzioni. Soprattutto, confermano i pochi fedelissimi rimasti al suo fianco, Penati si sentirebbe una sorta di “agnello sacrificale”, una semplice pedina usata per colpire il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, di cui ha guidato la segreteria politica fino al novembre 2010. Ora però c’è anche l’associazione Fare Metropoli.

Da Il Fatto Quotidiano del 28 Luglio 2011

...ohibò :read:
Se coloro che vincono le gare hanno certificati antimafia ma sono in strette relazioni con altre imprese sottoposte all'attenzione della mafia,tutte munite di certificazioni delle prefetture,allora è un problema diverso che non compete a me valutare. I.F.
Avatar utente
onlyamaranto
Ehi cosa bella!
Ehi cosa bella!
Messaggi: 5042
Iscritto il: 12/05/2011, 8:43

Grande merito al "Fatto Quotidiano", unico e solo giornale che colpisce e critica senza distinzioni di partito e di schieramento, onore a loro!!! :salut

"...e qualcosa rimane
tra le pagine chiare e le pagine scure... "
suonatore Jones

onlyamaranto ha scritto:Grande merito al "Fatto Quotidiano", unico e solo giornale che colpisce e critica senza distinzioni di partito e di schieramento, onore a loro!!! :salut

giornale definito "comunista" dalla destra e "fascista" dalla sinistra (per quanto d'alema possa essere associato alla sinistra) e fondato da un destrino che scriveva solo sull'unità ed è ammirato dagli elettori di sinistra e odiato da quelli di destra. :fifi:
reggino
Non c'è nenti!
Non c'è nenti!
Messaggi: 4467
Iscritto il: 12/05/2011, 19:30
Località: l'isola che non c'è

onlyamaranto ha scritto:Grande merito al "Fatto Quotidiano", unico e solo giornale che colpisce e critica senza distinzioni di partito e di schieramento, onore a loro!!! :salut
Quando non si hanno padroni è così.
https://www.youtube.com/watch?v=-JQINuybHL4" onclick="window.open(this.href);return false;
mubald

Ho saputo,ed essendo di sinistra mi da' molto fastidio,il fatto che lo statuto del PD prevede che gli amministratori di aziende pubbliche di loro area sono obbligati a versare fondi personali al partito.Conflitto d'interessi?Visto che lo diciamo degli altri tocca ammettere di si'
fotina
Apprendista Forumino
Apprendista Forumino
Messaggi: 54
Iscritto il: 22/07/2011, 14:53

mubald ha scritto:Ho saputo,ed essendo di sinistra mi da' molto fastidio,il fatto che lo statuto del PD prevede che gli amministratori di aziende pubbliche di loro area sono obbligati a versare fondi personali al partito.Conflitto d'interessi?Visto che lo diciamo degli altri tocca ammettere di si'
Almeno li versano nelle casse del Partito per la causa comune e non nelle tasche del Milanese di turno.
doddi
Non c'è nenti!
Non c'è nenti!
Messaggi: 4789
Iscritto il: 11/05/2011, 12:55
Località: 38°6′41″N 15°39′43″E

http://www.ilgiornale.it/interni/rutell ... comments=1


sabato 30 luglio 2011, 09:00 A Rutelli i soldi del faccendiere rosso
di Enrico Lagattolla

Nella cassaforte dell'imprenditore Di Caterina, l'accusatore di Penati, trovate tracce di un finanziamento di 100 milioni a Rutelli per la campagna elettorale del 2001. Intanto un'inchiesta sulle multisala di Frascati imbarazza il clan Veltroni.

E Rosy Bindi, la pasionaria giustizialista, lancia la sfida al leader Bersani / Giancarlo Perna


Milano - Il tesoro, ovviamente, stava in una cassaforte. Quando i finanzieri la aprirono, trovarono una lunga lista della spesa. Una contabilità parallela. Strane fatturazioni. E poi, decine di finanziamenti. Alcuni leciti, altri quantomeno sospetti. Un libro mastro che raccontava una lunga storia di opacità. La cassaforte era di Piero Di Caterina, titolare della società di trasporti pubblici Caronte srl, la gola profonda dell’inchiesta monzese sul «sistema Sesto» che ha messo nei guai l’ex braccio destro di Pier Luigi Bersani, Filippo Penati. Come riportato nei giorni scorsi, in quella cassaforte le fiamme gialle scoprirono anche una serie di pagamenti destinati alla politica nazionale. Circa cento milioni di lire, versati in tranches da 10, venti o trenta milioni per volta. E, secondo quanto risulta al Giornale, su quelle carte compariva anche un nome. Quello di Francesco Rutelli.

Perché Di Caterina, considerato dagli inquirenti il collettore delle tangenti per i democratici di sinistra prima, e per il Pd poi, avrebbe dovuto girare dei soldi all’attuale presidente dell’Api? È la data che crea il link. Perché tutto accade nel corso dell’anno 2000. Di lì a poco, gli italiani saranno chiamati a votare. Elezioni politiche nazionali. Da un lato, Forza Italia, Alleanza Nazionale, Centro Cristiano Democratico-Cristiani Democratici Uniti, Lega Nord, Nuovo Partito Socialista Italiano compongono la coalizione di centrodestra. E dall’altra c’è l’Ulivo, con Democratici di Sinistra, Margherita, Federazione dei Verdi, Socialisti Democratici Italiani, Partito dei Comunisti Italiani. E candidato premier - e sfidante di Silvio Berlusconi, che alla fine uscirà vincitore dalle urne - è appunto Rutelli.

Nelle carte sequestrate dalle Fiamme gialle, dunque, si trova traccia di presunti pagamenti effettuati da Di Caterina in favore dell’allora leader della coalizione di centrosinistra. Attenzione, però. Nessun reato è contestato a Rutelli né - almeno per questo specifico episodio - al titolare della Caronte. E il motivo sostanzialmente è uno: la prescrizione. La Gdf, infatti, perquisisce gli uffici della società di trasporti nel maggio dello scorso anno. Quando, cioè, sono passati dieci anni dall’eventuale illecito. Troppo tempo, secondo il codice penale. Per questo, nell’enorme mole di accertamenti necessari all’indagine, la pista di quel finanziamento viene abbandonata. Inutile, per gli investigatori, perdere tempo e risorse per infilarsi in una strada senza uscita. Resta così un appunto ambiguo in una cassaforte, che non dice se la cifra sia stata data effettivamente oppure no. È inoltre possibile - nel caso in cui il passaggio di denaro sia avvenuto - che i 100 milioni di lire siano stati regolarmente registrati come finanziamento, escludendo ogni ipotetico illecito. D’altro canto, un’altra possibilità è che quei soldi nascondessero un reato a monte. Ovvero, che fossero il frutto - così come sostengono i pm di Monza in relazione a molte altre operazioni contestate a Di Caterina e agli altri indagati - di un giro di false fatturazioni e di ingegneria finanziaria che avrebbero comunque «inquinato» quel versamento, rendendolo irregolare. Ma il tempo, come detto, ha sepolto tutto.

Così, i cento milioni - leciti o meno - passano in cavalleria. I pubblici ministeri Walter Mapelli e Franca Macchia, che da sei mesi lavorano all’inchiesta dopo che i colleghi milanesi hanno trasmesso gli atti - si concentrano su piste più attuali, e che coinvolgono direttamente l’ex vicepresidente del consiglio regionale lombardo Filippo Penati: il giro di presunte mazzette per la riqualificazione dell’ex Falck di Sesto San Giovanni, il ruolo delle coop e di Omer Degli Esposti (vicepresidente del Consorzio cooperative costruttori di Bologna, indagato), e la compravendita di Serravalle....

Tutti fronti che fanno tremare i vertici del Pd. A verbale, infatti, il costruttore Giuseppe Pasini - a cui Penati avrebbe chiesto una maxi tangente da 20 miliardi di lire -, ha raccontato di aver pensato che tutti quei soldi rappresentassero «un pagamento a livello nazionale all’interno del partito». Non più, dunque, il «cortile» sestese. Ma Roma.

E anche su queste vicende, Rutelli si è esposto negli ultimi giorni. «Non voglio intervenire in questioni interne ai partiti - ha detto il senatore e co-presidente del Partito Democratico Europeo -, ma credo che siamo tutti interpellati, di fronte a una corruzione che aumenta, ad alzare al massimo la guardia ed essere al massimo intransigenti». Per questo, andrebbero spiegati anche quei 100 milioni che Di Caterina ha annotato sulla sua contabilità. Se siano effettivamente arrivati all’Ulivo. Se l’allora candidato premier ne abbia avuto contezza. Se sia stato a conoscenza del profilo ambiguo dell’imprenditore. O se - come sostiene Penati - Di Caterina abbia chiamato in causa la politica per sgusciare dai propri guai giudiziari. Perché un conto sono gli eventuali reati, altra cosa è la «questione morale». I primi si prescrivono. La seconda no.



... latriceddhi :read:
Se coloro che vincono le gare hanno certificati antimafia ma sono in strette relazioni con altre imprese sottoposte all'attenzione della mafia,tutte munite di certificazioni delle prefetture,allora è un problema diverso che non compete a me valutare. I.F.
Avatar utente
cozzina1
Non c'è nenti!
Non c'è nenti!
Messaggi: 4407
Iscritto il: 11/05/2011, 14:08
Località: santropè

eppure...qualcuno ancora li giustifica....
non sarebbe stato meglio tacere?
:fifi:
:S
L'ignoranza è meno dannosa del confuso sapere.
Cesare Beccaria
un giorno senza un sorriso è un giorno perso(C.Chaplin)
doddi
Non c'è nenti!
Non c'è nenti!
Messaggi: 4789
Iscritto il: 11/05/2011, 12:55
Località: 38°6′41″N 15°39′43″E

http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/07 ... ti/148313/


La “cassaforte” di Filippo Penati

L'associazione Fare Metropoli, fondata dall'ex capo della segreteria politica di Pierluigi Bersani, ha raccolto finanziamenti per decine di migliaia di euro. E' gestita da un solo dipendente e in pochi nel partito la conoscono. Tra i finanziatori: Gavio, Sarno, Bmg comunicazione, Banca di Legnano
A Milano tra gli iscritti e funzionari del Partito democratico non la conosce quasi nessuno. Non è segreta, ma molto riservata. Nessun sito web, nessun numero sull’elenco telefonico, un ufficio di appena quattro stanze sempre vuote. Eppure Fare Metropoli è la cartina di tornasole per capire la storia dei rapporti, incestuosi secondo la magistratura, tra Filippo Penati e il sistema delle imprese. Si, perché questa associazione culturale senza scopo di lucro, nata nel dicembre del 2008 a ridosso delle elezioni provinciali, è uno dei canali attraverso cui l’ex capo della segreteria politica di Pier Luigi Bersani ha ricevuto, in gran segreto, finanziamenti per decine e decine di migliaia di euro. Soldi regolarmente registrati nei bilanci dell’associazione (non pubblici) che venivano versati anche da imprese e professionisti ai quali la Provincia aveva concesso appalti, incarichi, consulenze. I fondi raccolti venivano poi anche girati al comitato elettorale di Penati. Quindi registrandoli nei rendiconti ufficiali come provenienti dall’associazione. Rendendo così impossibile sapere da dove realmente arrivavano i finanziamenti.

L’elenco è custodito nella sede di Fare Metropoli, al terzo piano di via Galileo Galilei 14. I movimenti maggiori, come ilfattoquotidiano.it può documentare, sono concentrati nei mesi tra febbraio e maggio 2009. Le elezioni si sono tenute il primo fine settimana di giugno.

L’associazione viene creata il 30 dicembre 2008. Presidente è Pietro Rossi. Già designato da Milano Serravalle (quindi Penati) come consigliere d’amministrazione della società Tangenziali Esterne di Milano Spa. Dove siede anche Bruno Binasco, l’imprenditore arrestato nel 1993 per aver finanziato illecitamente il Pci tramite il “compagno G”, Primo Greganti, e oggi indagato dalla Procura di Monza che ritiene abbia finanziato illecitamente con 2 milioni di euro Penati nel 2010. Binasco, storico braccio destro di Marcellino Gavio, è amministratore delegato della cassaforte del gruppo dell’imprenditore scomparso del 2009: gestisce oltre mille chilometri di autostrade, fattura 6 miliardi di euro ed è primo azionista di Impregilo.

Alla campagna elettorale di Penati contribuisce anche Renato Sarno, tra i perquisiti mercoledì scorso per l’inchiesta della procura di Monza. Nel maggio 2009 stanzia a favore dell’allora candidato presidente un importo superiore a 40mila euro. Nel collegio dei revisori dell’associazione, tra gli altri, viene nominato Antonio Franchitti, con incarichi anche in diverse società in cui la Provincia è tra gli azionisti di riferimento: Autostrada Pedemontana, Milano Serravalle, Agenzia Sviluppo Milano Metropoli e altre.

Fare Metropoli, ufficialmente, chiede, ricevendoli, contributi per “l’attività culturale” che svolge. Anche se, in realtà, non ha mai organizzato alcun tipo di evento. In compenso i fondi arrivano. Da numerose società e da diverse enti. La Banca di Legnano, ad esempio, nel giugno 2009 stanzia diecimila euro. Alla guida del Cda dell’istituto di credito siede Enrico Corali. Lo stesso Corali nominato pochi mesi prima da Penati nel consiglio di amministrazione di Expo 2015 come rappresentante della Provincia. Contributi arrivano anche dalla Bmg comunicazione. La società che nel novembre 2007 ha ottenuto dalla Provincia un appalto da 95 mila euro. Gara in cui figurava come unica concorrente. L’elenco è lungo. E per ogni singolo nome è stato registrato il motivo del finanziamento. Dalla semplice donazione alla quota versata per l’iscrizione. E poi: campagna elettorale, elezioni Filippo Penati, contributi volontari, finanziamento eventi culturali e altro. Documenti custoditi in via Galileo Galilei. Dove è registrato il comitato elettorale “Lista Penati Presidente” ma dove mai nessun incontro pubblico è avvenuto. Né la sede è stata utilizzata per incontri con la stampa durante le due campagne elettorali che hanno impegnato negli ultimi anni l’ex capo della segreteria politica di Bersani: le provinciali 2009 e le regionali contro Roberto Formigoni nel 2010.

Su Internet si trova solamente una traccia di vita relativa all’associazione: la deputata democratica Lucia Codurelli appunta sul calendario del suo blog un “incontro Mauri” il 28 febbraio 2011 alle ore 14.30 in via Galilei. Un incontro politico. Ma non pubblico. Tra la deputata eletta in Lombardia e Matteo Mauri. Un fedelissimo dell’ex presidente della Provincia di Milano, tra i più fidati assessori dell’era penatiana a Palazzo Isimbardi. Mauri, dopo la vittoria di Bersani alle primarie, viene portato da Penati nella segreteria politica nazionale. Dove ancora siede. Anche dopo le dimissioni di Penati del novembre 2010, rassegnate dopo la sconfitta di Stefano Boeri (candidato del Pd fortemente voluto e sponsorizzato da Penati) alle primarie di Milano contro Giuliano Pisapia.

In pochi hanno avuto modo di entrare nella sede dell’associazione. Molti esponenti locali del Partito democratico non ne conoscono neanche l’esistenza. Pochi hanno avuto il privilegio di visitare l’ufficio che affaccia su Porta Nuova. Pochissimi hanno libero accesso, solo i collaboratori più stretti dell’ex presidente.

Ma di tutto questo Penati, cui abbiamo chiesto un incontro, non ha voluto rilasciare dichiarazioni ufficiali. L’ex vicepresidente del consiglio regionale anche ieri ha ribadito la sua totale estraneità dai fatti che gli sono addebitati dalla Procura di Monza. Insiste nel bollare le accuse degli imprenditori Pasini e Di Caterina come pure invenzioni. Soprattutto, confermano i pochi fedelissimi rimasti al suo fianco, Penati si sentirebbe una sorta di “agnello sacrificale”, una semplice pedina usata per colpire il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, di cui ha guidato la segreteria politica fino al novembre 2010. Ora però c’è anche l’associazione Fare Metropoli.



Ohibò ... :read:
Se coloro che vincono le gare hanno certificati antimafia ma sono in strette relazioni con altre imprese sottoposte all'attenzione della mafia,tutte munite di certificazioni delle prefetture,allora è un problema diverso che non compete a me valutare. I.F.
doddi
Non c'è nenti!
Non c'è nenti!
Messaggi: 4789
Iscritto il: 11/05/2011, 12:55
Località: 38°6′41″N 15°39′43″E

http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/07 ... 9D/148573/



Caso Penati, “Così raddoppiarono le cubature all’ex Falck di Sesto San Giovanni”
Il racconto dell'imprenditore Piero Di Caterina, accusato di essere il collettore delle tangenti: "Il sindaco Oldrini era già d'accordo, ma l'assessore no"
Relazioni e tangenti per ottenere il raddoppio delle volumetrie da costruire sulle aree ex Falck di Sesto San Giovanni. Se all’origine dell’operazione, attorno al 2000, è il costruttore Giuseppe Pasini – stando alle sue accuse – ad aver dovuto pagare l’allora sindaco Filippo Penati, nel 2006 i protagonisti di un copione quasi identico sono diversi.

C’è il costruttore Luigi Zunino, che è subentrato a Pasini nella proprietà dell’immensa area industriale dismessa. E dall’altra parte ci sono i nuovi vertici del comune di Sesto San Giovanni: il sindaco Giorgio Oldrini, il potente direttore generale Marco Bertoli, che occupa la posizione tuttora e fin dall’era Penati, e l’assessore Pasqualino Di Leva, dimessosi nei giorni scorsi, appena raggiunto dall’avviso di garanzia. E naturalmente c’è l’onnipresente imprenditore sestese Piero Di Caterina. Come tra Pasini e Penati, anche tra Zunino e il comune di Sesto è lui l’intermediario. E racconta tutto nei lunghi verbali dell’inchiesta, ora a disposizione di alcuni imputati (pur con molti omissis).

Di Caterina riferisce ai magistrati che l’imprenditore tarantino Stefano Miccolis lo aveva informato della situazione. Il re delle bonifiche Giuseppe Grossi, al lavoro a Sesto per conto di Zunino, aveva problemi di rapporti con l’amministrazione locale: “A quell’epoca Grossi era già presente sul territorio di Sesto, nel senso che aveva avuto alcuni incontri con il sindaco Oldrini e con Bertoli. Di Leva in quel periodo non era in buoni rapporti con Oldrini ed era molto incavolato perché Oldrini teneva i rapporti con Grossi in via autonoma. (…) Nel corso dell’estate 2005 Miccolis mi chiamò e mi disse che sarei dovuto andare in Sardegna dove lui si trovava con Grossi e che mi avrebbero inviato l’elicottero per andare giù”.

Grossi spiega a Di Caterina che Zunino punta a costruire sull’area non i 650 mila metri quadrati concessi a Pasini ma il doppio: un milione e trecentomila metri quadrati (obiettivo che fu poi effettivamente raggiunto). “Grossi mi disse – prosegue Di Caterina – che sull’operazione il sindaco Oldrini e Bertoli erano d’accordo mentre Di Leva si metteva di traverso. Mi chiesero una collaborazione per convincere Di Leva. Ho riferito a Di Leva del mio incontro e lui si è mostrato entusiasta. (…) In quel momento Grossi non aveva accesso a Di Leva e faceva arrivare a Di Leva i messaggi attraverso me. Dissi a Grossi che Di Leva era disponibile a incontrarlo. Ci siamo visti al ristorante Del Pesce a Dalmine, alla presenza di Grossi, Camozzi, Di Leva e mia. In questo incontro si è parlato del progetto e del suo valore. Grossi ha esposto le difficoltà e Di Leva anche. Grossi ha promesso che se fosse passato il progetto non sarebbe stato con le mani in mano. Anzi il progetto doveva passare perché tutti ci stavano lavorando. In questi incontri si faceva riferimento alle delibere che avrebbe dovuto assumere la giunta”.

Rapidamente si arriva a parlare di soldi, e subito alle modalità di trasferimento dei fondi. Racconta Di Caterina: “A un certo punto Di Leva mi disse che aveva necessità di 1,5 milioni di euro per fare fronte alle difficoltà finanziarie della Pro Sesto e di due giornali locali, precisamente la Gazzetta e Il Diario. (…) Ci siamo trovati un paio di volte con Grossi e Camozzi e abbiamo ragionato su come fatturarli. Rappresentai a Camozzi l’esigenza di dare i soldi alla Pro Sesto e ai giornali gestiti da Di Leva e Camozzi disse che non era possibile e che dovevamo trovare un’altra forma, ed elaborammo il contratto di marketing territoriale che fu approvato anche da Di Leva. L’importo del contratto coincideva con la richiesta di Di Leva. A questo punto venne pagata la prima tranche di 750 mila euro e intanto una piccola parte per circa 30 mila euro fu effettivamente spesa sul territorio”. E qui comincia il noioso racconto di come far arrivare i soldi non alla Pro Sesto o ai giornali, ma direttamente, in contanti nelle tasche di Di Leva.

di Gianni Barbacetto e Giorgio Meletti


Cialtroni e ... latriceddhi :read:
Se coloro che vincono le gare hanno certificati antimafia ma sono in strette relazioni con altre imprese sottoposte all'attenzione della mafia,tutte munite di certificazioni delle prefetture,allora è un problema diverso che non compete a me valutare. I.F.
fotina
Apprendista Forumino
Apprendista Forumino
Messaggi: 54
Iscritto il: 22/07/2011, 14:53

Eppure qualcuno si scandalizza con il metodo If Then Else!! :oo: :oo: :oo:
mubald

fotina ha scritto:
mubald ha scritto:Ho saputo,ed essendo di sinistra mi da' molto fastidio,il fatto che lo statuto del PD prevede che gli amministratori di aziende pubbliche di loro area sono obbligati a versare fondi personali al partito.Conflitto d'interessi?Visto che lo diciamo degli altri tocca ammettere di si'
Almeno li versano nelle casse del Partito per la causa comune e non nelle tasche del Milanese di turno.

Non sono assolutamente d'accordo.Anche cosi' non va.Se tu occupi un posto pubblico lo fai in nome di tutti e non per finanziare un partito
doddi
Non c'è nenti!
Non c'è nenti!
Messaggi: 4789
Iscritto il: 11/05/2011, 12:55
Località: 38°6′41″N 15°39′43″E

http://www.ilgiornale.it/interni/la_tan ... comments=1



domenica 31 luglio 2011, 09:00


Ecco la "tangentiale" rossa Si allarga lo scandalo del Pd
di Enrico Lagattolla

L'autostrada Serravalle porta nuove grane al partito di Bersani. E dopo Filippo Penati ora è il sindaco di Genova, Marta Vincenzi (nella foto), a finire nei guai per una storia di strani giri di affari e consulenze. Guarda caso con il solito gruppo Gavio. Nel 1999 l'allora presidente della Provincia di Genova Vincenzi vendette la quota pubblica dell'A7 a Gavio a 1,60 euro ad azione. La stessa quota che Penati ricomprerà sei anni dopo a 8,93 euro...

Milano - La Serravalle è un nastro d’asfalto che piace molto a sinistra. Ne sa qualcosa Filippo Penati, sotto inchiesta della Procura di Monza anche per l’acquisto - nel 2005, da presidente della Provincia di Milano - delle quote della società autostradale da Marcellino Gavio. Ma c’è un’altra storia che si snoda lungo l’asse Milano-Genova. Una storia di dieci anni fa che porta nel capoluogo ligure, fatta di acquisti e vendite, di conflitti di interesse, di politici e imprenditori. Una storia che il Giornale è in grado di raccontare con documenti finora rimasti segreti.

GAVIO RINGRAZIA
È il 1999. L’attuale sindaco di Genova Marta Vincenzi (Pd) è presidente della Provincia del capoluogo. Con una delibera che suscita molte polemiche, vende la quota pubblica nella Milano-Serravalle a Gavio. Chi fa l’affare, lo si capirà pochi anni dopo. Perché il costruttore, nel ’99, acquista le azioni all’equivalente di 1,60 euro.
Sei anni dopo, alla sua porta bussa la Provincia di Milano, che con Penati compra a 8,93 euro. La plusvalenza di Gavio sfiora i 180 milioni di euro. Cinquanta di questi andranno nella tentata scalata di Unipol a Bnl.

AFFARI DI FAMIGLIA
Marta Vincenzi è sposata con Bruno Marchese. Dal 2001, Marchese è amministratore delegato della Igm Engineering Impianti srl, di cui detiene quote nominali per 18.759,52 euro su un capitale di 49.400 euro. La Igm - che nel 2004, quando la Vincenzi viene eletta a Strasburgo, finanzia i Ds con 50mila euro - fa studi di progettazione impiantistica nei settori stradale, ferroviario, portuale, e fa parte del Consorzio Rete, del quale Marchese è direttore tecnico dal 2003 e consigliere dal 2006. Il Consorzio Rete è partecipato dal gruppo Gavio, attraverso la società Sias, che ne detiene il 16,667%. La Sias, a sua volta, ha una partecipazione nella stessa società autostradale. E nel consiglio d’amministrazione della Igm siede anche la figlia del sindaco Vincenzi, Malvina Marchese. «Non ho mai fatto affari con Gavio», disse Bruno Marchese in un intervento sul quotidiano il Secolo XIX. Le carte lo smentiscono.

LA TRIANGOLAZIONE
Come funziona lo schema? In pratica, la parti decidono quali lavori effettuare e quanto pagarli, spartendosi i benefici delle operazioni che riguardano anche le autostrade. Su tutte, una maxi-commessa da 7 miliardi di lire. La Sinelec (controllata dal Gruppo Gavio attraverso la Ssat, il cui presidente del cda è Daniela Gavio, figlia di Marcellino) alla fine del 2000 commissiona alla Igm di Marchese i lavori per «fornitura e posa di sistemi elettrici, caselli e gallerie» lungo l’autostrada Salt (Sestri Levante-Viareggio-Livorno), guidata all’epoca da Francesco Baudone, già presidente (Pci) della giunta provinciale di La Spezia. L’opera è di dubbia utilità (sarà pesantemente rivisitata), viene progettata per conto di Salt dallo stesso Marchese e fatta approvare dall’Anas (perizia n.011375 del settembre 1999) a prezzi generosi. Il progettista e computista dell’opera, poi, rientrerà in gioco come subappaltatore di Sinelec, in violazione della legge Merloni sui lavori pubblici allora vigente. Ancora, l’amministratore delegato della Sinelec è Aldo Piccinini - scomparso nel 2004 - ex presidente del Ccpl (Consorzio cooperative produzione e lavoro), e marito di Giovanna Senesi, senatrice Pd e all’epoca nel cda di Milano-Serravalle. È lui a firmare i documenti che finiscono sulla scrivania di Marchese.
...E c’è la firma di entrambi su un atto del 22 novembre del 2001. Quel giorno, l’affare viene stranamente bloccato.

BINASCO, IL RITORNO
Al tavolo, in quel novembre, siedono in quattro. Per la Igm, Marchese e l’ingegner Montagnoli. Per la Sinelec, Piccinini e Bruno Binasco, l’imprenditore arrestato nel 1993 per aver finanziato illecitamente il Pci tramite Primo Greganti («il compagno G») con 150 milioni di lire e ora nuovamente indagato nell’inchiesta di Monza con l’accusa di aver versato illecitamente a Penati 2 milioni di euro nel 2010. Stando al verbale di riunione, si decide di chiudere anticipatamente l’ordine da 7 miliardi. Versando, in pratica, una maxi-penale: 550 milioni per «il lavoro pregresso già eseguito dalla Igm». E altri 400 milioni giustificati con poca chiarezza: la «Sinelec - si legge - ordinerà a Igm una prestazione di ingegneria per un importo in parti a 400 milioni di lire». Una strana operazione che ricorda i meccanismi di ingegneria finanziaria che avrebbero messo in piedi altri personaggi (Penati, gli imprenditori Giuseppe Pasini e Piero Di Caterina, Binasco) su cui indagano i magistrati di Monza.

CHILOMETRI D’ORO
E a ritornare, è sempre Serravalle. Nel 1999, a Genova, e nel 2005, a Milano. L’allora Ds Marta Vincenzi - ora di nuovo in corsa nelle primarie del Partito democratico per la carica di sindaco del capoluogo ligure - vende a poco. Filippo Penati (Pd) compra a tanto. In mezzo, Marcellino Gavio, che per l’autostrada incassa un assegno stratosferico da Palazzo Isimbardi. Su Penati piovono le censure dell’opposizione, critica verso un’operazione considerata troppo onerosa. Alla fine del suo mandato in Provincia, l’ex sindaco del piccolo comune di Sesto San Giovanni diventa capo della segreteria politica del partito. Poi, di colpo, il braccio destro di Pier Lugi Bersani lascia l’incarico. Siamo a novembre. Ancora pochi mesi, e sarà travolto dalla bufera giudiziaria.


... :read:
Se coloro che vincono le gare hanno certificati antimafia ma sono in strette relazioni con altre imprese sottoposte all'attenzione della mafia,tutte munite di certificazioni delle prefetture,allora è un problema diverso che non compete a me valutare. I.F.
doddi
Non c'è nenti!
Non c'è nenti!
Messaggi: 4789
Iscritto il: 11/05/2011, 12:55
Località: 38°6′41″N 15°39′43″E

http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/07 ... ti/148800/


Troppo contante nella politica di Penati
Ripetuti versamenti cash nei conti dell'associazione "Fare metropoli" e delle liste
Ripetuti versamenti cash sui conti correnti per importi inferiori ai limiti fissati dalla norma antiriciclaggio. Altre somme, tutte superiori a quindicimila euro, ricevute da aziende private di cui le delibere dei soci sono andate smarrite o non sono state mai prodotte. E poi entrate di denaro concentrate nei mesi a ridosso delle elezioni provinciali del 2009 e in quelli delle regionali 2010. Le uscite, invece, sono costanti. In particolare quelle per viaggi, ristoranti, trasferte, biglietti aerei, treni. Le cosiddette spese di rappresentanza, insomma. Per lo più compiute su Roma.

Questa la “lettura” dei movimenti registrati sui conti intestati alle liste elettorali di Filippo Penati e all’associazione Fare Metropoli, riconducibile all’ex vicepresidente del consiglio regionale della Lombardia. Versamenti compiuti anche da società, imprenditori, professionisti già legati da rapporti di collaborazioni, consulenze o appalti con la Provincia di Milano negli anni in cui era presieduta da Penati. Molti dei quali coinvolti nell’inchiesta della procura di Monza che vede indagato per corruzione, concussione e finanziamento illecito l’ex presidente di Palazzo Isimbardi. Tra gli imprenditori che hanno contribuito attivamente ci sono anche Pietro Di Caterina, Bruno Binasco, Renato Sarno. Coinvolti a vario titolo nell’inchiesta.

Ai conti correnti hanno accesso pochissime persone: Angelo Carlo Parma e Pietro Rossi, rispettivamente commercialista e presidente dell’associazione; l’ex capo della segreteria politica di Pierluigi Bersani, Penati. Inoltre ai rendiconti avevano accesso altre due persone: Franco Cazzaniga, uomo del tesoriere Ds Ugo Sposetti a Milano, mandatario per la lista del Presidente, e Nora Radice, responsabile nei panni di mandataria della parte amministrativa della lista per le provinciali, prima, e di quella delle regionali poi. Da decenni fidatissima organizzatrice e responsabile delle feste del partito a Milano. Insomma, una garanzia.

Lei non entra nello specifico dei conti. Registra le entrate. E garantisce che tutto è stato fatto “secondo norma di legge”. Poi certo, dicono al Pd, “spetterà alla procura semmai valutare”. Del resto per le elezioni provinciali non è obbligatorio rendere pubblici i nomi dei finanziatori della campagna elettorale. Quindi l’unica traccia che rimane sono i conti correnti. Per gli importi superiori ai 15mila euro, inoltre, deve esserci anche la delibera dell’assemblea dei soci. Alcune delle quali però sarebbero andate perse. O comunque mancherebbero all’appello.

Dunque tutto regolare? E i versamenti compiuti in contanti? Importi di 12.500 euro. Poi cinquemila. Sempre sotto la soglia imposta dalla norma antiriciclaggio.
Da dove arrivano quei soldi? E perché sono stati versati in contanti? Domande scontate, ovvie. Come la risposta: “Saranno fondi raccolti durante le serate elettorali nelle cassettine dai militanti, contributi volontari dei cittadini”. Certo. A monete di un euro e banconote di piccolo taglio, si possono raggiungere anche 12.500 euro. E a Penati i sostenitori non mancavano, perché in pochi giorni (nel marzo 2009) è riuscito a raccogliere 25mila euro cash. Perché due versamenti si susseguono, entrambe per lo stesso importo. Che bisogno c’era, dunque, se i fondi sono stati raccolti tra i militanti, di dividere gli importi così da fare versamenti al dì sotto del limite fissato dalla norma antiriciclaggio? Anche questa è una domanda scontata, ovvia. Ma rimane senza risposta. Che andrebbe cercata tra le pieghe dei movimenti bancari che hanno fatto transitare sui conti dell’associazione e delle liste diverse centinaia di migliaia di euro.

da Il Fatto Quotidiano del 30 luglio 2011


... :read:
Ultima modifica di doddi il 31/07/2011, 10:30, modificato 1 volta in totale.
Se coloro che vincono le gare hanno certificati antimafia ma sono in strette relazioni con altre imprese sottoposte all'attenzione della mafia,tutte munite di certificazioni delle prefetture,allora è un problema diverso che non compete a me valutare. I.F.
doddi
Non c'è nenti!
Non c'è nenti!
Messaggi: 4789
Iscritto il: 11/05/2011, 12:55
Località: 38°6′41″N 15°39′43″E

http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/07 ... ie/148960/


Penati contrattacca: “Di Caterina la spara grossa. Su di me solo calunnie”
E spunta un versamento da un miliardo di lire che l'imprenditore avrebbe fatto all'ex sindaco di Sesto San Giovanni "in cambio di favori"
Filippo Penati torna a replicare ai suoi accusatori riguardo all’inchiesta in cui risulta indagato su un presunto giro di tangenti legate a operazioni edilizie nella aree ex Falck di Sesto San Giovanni. E dell’imprenditore Piero Di Caterina, “quello delle mazzette ad elastico” dice che “la spara grossa”.

“Dopo aver nei giorni scorsi detto tutto e il contrario di tutto, parlando prima di 100 milioni di lire per poi cambiare versione e accennare a 20, 30 milioni, oggi – scrive Penati in un comunicato -, per fare di nuovo notizia, è obbligato ad alzare il carico e spararla grossa, parlando di un miliardo in una sola volta”. “Ogni giorno che passa – aggiunge l’ex presidente della Provincia di Milano – va in frantumi la credibilità dei miei accusatori; emergono continue falsità e pesanti contraddizioni e così crescono i dubbi sulla veridicità e genuinità delle loro dichiarazioni. Continuano le ricostruzioni parziali, contraddittorie e unilaterali indotte da persone coinvolte nella stessa vicenda giudiziaria che con una montagna di calunnie mi stanno accusando per coprire i loro guai giudiziari. Dalle loro stesse dichiarazioni ogni giorno affiorano sempre più anche sui media i dubbi e i sospetti nei loro confronti”.

Intanto i magistrati indagano su un versamento da un miliardo di lire, la cifra più alta tra quelle anticipate tra il 1997 e il 2003 dall’imprenditore Piero Di Caterina “in cambio di favori” all’allora sindaco di Sesto San e al suo ex braccio destro Giordano Vimercati o ad altre persone da loro indicate. La somma, versata in un’unica soluzione è segnata su un foglio formato A4 consegnato dall’imprenditore titolare della Caronte, la società operativa nel trasporto pubblico e ora agli atti dell’inchiesta dei pm di Monza Walter Mapelli e Franca Macchia. Sul foglio accanto all’indicazione “crediti verso Penati/Vimercati” sono riportati i conti fatti, a quanto pare, con un vecchio modello di calcolatrice. Oltre al miliardo, un’altra volta Di Caterina risulterebbe aver versato in una sola tranche 450 milioni di lire, poi 120 milioni, cento, 79 fino ad arrivare a uno o due milioni. Il tutto per un totale, come lui stesso ha messo a verbale il 26 giugno dell’anno scorso, di circa 2 miliardi e 235 milioni di lire. Cifra che sarebbe stata poi richiesta indietro da Di Caterina e ‘restituita’ in parte anni dopo tramite una ‘finita’ caparra immobiliare versata, secondo la ricostruzione degli inquirenti, da Bruno Binasco, amministratore del gruppo Gavio, su richiesta dello stessa Penati.

... :read:
Se coloro che vincono le gare hanno certificati antimafia ma sono in strette relazioni con altre imprese sottoposte all'attenzione della mafia,tutte munite di certificazioni delle prefetture,allora è un problema diverso che non compete a me valutare. I.F.
doddi
Non c'è nenti!
Non c'è nenti!
Messaggi: 4789
Iscritto il: 11/05/2011, 12:55
Località: 38°6′41″N 15°39′43″E

http://www.corriere.it/politica/11_lugl ... 9d73.shtml


l'INCHIESTA
«Un miliardo di lire a Penati»
Spunta il foglio dei pagamenti
Di Caterina: lui sa di che si tratta. La replica: calunnie




MILANO - «Un miliardo di lire a Filippo Penati e al suo braccio destro Giordano Vimercati? Francamente non me lo ricordo, di quelle cose lì ne ho fatte talmente tante che ora non saprei dire... Certo, di soldi ne ho sborsati una montagna. Facciamo lavorare la magistratura, in quella ho fiducia... alla fine vedremo... C'è tanto marcio da ripulire... E confesso che un po' di paura per la mia persona io ce l'ho... Ho fatto saltare il banco, questa è la verità, e sono tanti, adesso, a non amarmi». Piero Di Caterina, l'imprenditore titolare della «Caronte » di Sesto San Giovanni, società che opera nel settore del trasporto pubblico, vorrebbe che fosse già «l'ora delle sentenze». Ma il tempo, almeno quello giudiziario, è ancora quello delle domande, della ricerca maniacale dei riscontri, dell'analisi dei documenti. Ed è proprio spulciando tra questi ultimi che la Guardia di Finanza, al lavoro per i pm monzesi Walter Mapelli e Franca Macchia, ha trovato il «foglio del miliardo di lire». È in formato A4, bianco. Contiene un elenco interminabile di quelli che l'imprenditore marchia di suo pugno, in stampatello, come «Crediti verso Penati/Vimercati» .


In alto a sinistra l'intestazione, su due righe. A destra, la matrice di quella che pare una vecchia calcolatrice con stampa ad aghi. Oltre quaranta le cifre a molti zeri ammonticchiate una sull'altra. Si apre con 50 milioni di lire, prosegue con una serie di addizioni e chiude col totale: due miliardi e 235 mila lire più spiccioli vari. Sul fondo del foglio le cifre 1 e 298, il progressivo della numerazione. Ma è proprio lì, nel mezzo del foglio del cosidetto «libro mastro delle mazzette» ritrovato a Di Caterina, tra la colonna di numeri a sei e sette zeri, che campeggia il miliardo tondo tondo. Gli anni di riferimento sono quelli che vanno dal 1997 al 2000. Un'unica maxi tangente?
«Anziché chiedere a me - rintuzza velenoso l'imprenditore di Sesto, al lavoro anche di sabato e fin dalle sette di mattina - fatevelo dire da Penati se c'è e che cosa è quel miliardo. Io sinceramente so che ho pagato tanti soldi, e credo che sia ora che questa politica che mi fa vergognare di essere italiano si metta da parte. Dicono che l'economia va male? Lascino lavorare serenamente gli imprenditori che si trovano ad avere a che fare con le amministrazioni pubbliche, li lascino in pace senza avvolgerli nel loro marciume e vedrete tutti che le cose andranno meglio».

Lo scambio soldi-favori, ipotizza l'accusa, sarebbe iniziato all'epoca di Filippo Penati sindaco di Sesto San Giovanni. Sull'area ex Falck e Marelli erano in ballo diverse operazioni edilizie e teneva banco, sempre in quegli anni, la gestione del Servizio integrato trasporto alto milanese, il Sitam. Una ventina gli indagati: Penati, fino a poco fa a capo della segreteria politica del leader Pd Pier Luigi Bersani, ma anche il costruttore sestese Giuseppe Pasini, l'assessore Pasqualino Di Leva (appena dimessosi), l'architetto Marco Magni, l'immobiliarista Luigi Zunino e anche colui che viene definito il suo «socio», il re delle bonifiche Giuseppe Grossi.

«Mi hanno indagato per quattro fatture false che false non sono - dice Di Caterina - è chiaro che potevo starmene zitto o buttare via tutti i documenti che mi hanno ritrovato. Mica sono scemo... Se li ho conservati e consegnati ai magistrati, chili e chili di carte, è perché volevo che questa storia finisse... Sono pugliese e posso dire che certamente il Sud soffre dei suoi mali, ma anche il Nord non sta bene... a camminare scalzo da queste parti ti sporchi i piedi. Stavo male, non ne potevo più... Questa storia sarà il mio ricostituente. I farmaci - grida prima di entrare in riunione - sono il tribunale, i medici sono i giudici. Speriamo nella sconfitta della malattia».

E Penati? Replica che Piero Di Caterina «la spara grossa». «Dopo aver detto tutto e il contrario di tutto parlando prima di 100 milioni di lire per poi cambiare versione e accennare a 20, 30 milioni, oggi alza il carico. Ogni giorno che passa va in frantumi la credibilità di chi accusa». Più che una montagna di soldi, dice lui, una «montagna di calunnie».



Biagio Marsiglia
31 luglio 2011 09:06
© RIPRODUZIONE RISERVATA


...latriceddhi :read:
Se coloro che vincono le gare hanno certificati antimafia ma sono in strette relazioni con altre imprese sottoposte all'attenzione della mafia,tutte munite di certificazioni delle prefetture,allora è un problema diverso che non compete a me valutare. I.F.
doddi
Non c'è nenti!
Non c'è nenti!
Messaggi: 4789
Iscritto il: 11/05/2011, 12:55
Località: 38°6′41″N 15°39′43″E

http://www.corriere.it/editoriali/11_lu ... 9d73.shtml


I PARTITI, LA CORRUZIONE, IL PAESE
La pozzanghera del malaffare



Perché insistere a chiedere all'onorevole Bersani risposte sincere ed esaurienti sui gravissimi sospetti di corruzione che da settimane colpiscono il Pd? Perché correre il rischio di sembrare di avercela per partito preso con la sinistra, quasi che così si volesse fare un favore alla destra? Perché attirarsi l'accusa di essere al servizio niente di meno che di una «macchina del fango» rivolta contro l'opposizione?

Una prima risposta a chi si facesse queste domande (e temo che l'onorevole Bersani sia tra questi) la fornisce il Fatto di ieri: un giornale con il quale spesso si è costretti a non essere d'accordo ma al quale va riconosciuta una notevole indipendenza politica. Ebbene, sul Fatto di ieri Ferruccio Sansa - un giornalista che è a sinistra e ha lavorato al Messaggero , a Repubblica , al Secolo XIX - racconta con abbondanza di particolari come per esperienza personale «chi tocca il centrosinistra muore»: e cioè che «i fastidi che (gli) hanno procurato le inchieste sul centrosinistra non hanno eguali» rispetto a quelle sul centrodestra, dove per «fastidi» si devono intendere «le calunnie, gli insulti, le telefonate a direttori ed editori» che le suddette inchieste gli hanno attirato in un ambiente come quello di Genova, pesantemente e capillarmente dominato dalla macchina politico-burocratica del Pd.

Ecco, fuori dai diffusi opportunismi e dai riguardi malriposti questa è l'Italia vera, quella descritta da Sansa: come sa bene chiunque conosca il Paese, le sue città, i suoi ambienti e le pratiche abituali con cui viene governato. Non foss'altro che per questo, un minimo di decenza vuole che i giornali (proprio come ha fatto il Corriere con il ministro Tremonti per la penna di Sergio Romano) non facciano sconti a nessuno; né alla destra né alla sinistra, e che gli stessi giornali si muovano con la medesima incisività: spregiudicata e forse un po' sbrigativa, se si vuole, ma questo è un altro discorso; che se lo si fa, però, allora lo si deve fare innanzi tutto quando riguarda l'avversario, non già se stessi.

Ma c'è una ragione ancora più importante, d'importanza decisiva, per cui la grande stampa d'informazione non può fare alla sinistra gli sconti che abitualmente e da anni non fa alla destra, pur avendo naturalmente l'obbligo di sottolineare tutte le diversità, se eventualmente emergono, tra i due tipi di corruzione.

La ragione è presto detta. Tutto lascia credere che l'inquinamento della nostra vita pubblica abbia ormai raggiunto livelli spaventosi, quasi vicini al punto di non ritorno. L'esperienza dice altresì che anche a sinistra, cadute le antiche barriere protettive, il fenomeno non ha virtualmente più argini significativi. Di fatto, da anni, le inchieste giudiziarie sui legami tra politica e affari sono divenute l'elemento assolutamente centrale della lotta politica italiana, mentre strumento principe di tale lotta sono sempre più i dossier che ognuno cerca di fabbricare illegalmente sul conto di tutti gli altri. Principalmente per questo è cresciuto di pari passo il ruolo virtualmente politico della magistratura, in modi e misura con ogni evidenza abnormi, e magari, lo si può ammettere, contro la volontà degli stessi magistrati anche se certo non di tutti.

Ruolo di fatto politico, che è divenuto anch'esso elemento assolutamente centrale, e patologico, della lotta tra i partiti: oggetto di polemiche continue, di dispute e ritorsioni ossessive che hanno finito per assorbire quasi ogni altra questione sul tappeto. Corruzione politica da un lato, e prassi e regole dell'azione giudiziaria dall'altro: ecco due giganteschi nodi di problemi che se non vengono sciolti sono destinati a strangolare la democrazia italiana. Ma l'esperienza ormai di decenni mostra che da sole né la destra né la sinistra riescono a farlo. Vittime l'una e l'altra dei rispettivi pregiudizi, delle rispettive convenienze, dei rispettivi legami più o meno espliciti: la destra convinta di poter riuscire prima o poi a mettere il morso alla magistratura, la sinistra convinta che alla fine le inchieste giudiziarie l'avvantaggeranno in modo risolutivo.

S'illudono entrambe. Ma mentre nutrono le loro illusioni il Paese è paralizzato, e, se si muove, è per correre alla rovina. La sola possibile soluzione per sciogliere i due nodi di cui sopra è nella fine delle illusioni sia della destra che della sinistra, e nell'affermarsi dell'idea che è necessario uno sforzo comune per trovare un'intesa all'insegna delle reciproche concessioni: un'intesa, come ripete da tempo il presidente Napolitano, che su tali questioni è un obbligo di carità di patria, di solidarietà nazionale, oltre che una necessità per la salvezza della Repubblica. Su questi temi la grande stampa d'informazione non può né deve avere indulgenza per nessuno, oltre che per le ragioni dette sopra, anche per ciò: perché tanto la destra che la sinistra devono convincersi che i due problemi fin qui considerati riguardano entrambe, che anche in questo caso non ha senso chiedersi per chi suona la campana perché la campana suona per tutti. Se la sinistra si ostina a negarlo non fa che allontanare il bene del Paese per ritrovarsi alla fine in un vicolo cieco.


Ernesto Galli della Loggia
31 luglio 2011 09:28

Pezzo molto interessante :salut
Se coloro che vincono le gare hanno certificati antimafia ma sono in strette relazioni con altre imprese sottoposte all'attenzione della mafia,tutte munite di certificazioni delle prefetture,allora è un problema diverso che non compete a me valutare. I.F.
Avatar utente
Regmi
Non c'è nenti!
Non c'è nenti!
Messaggi: 4207
Iscritto il: 11/05/2011, 16:55

Mi sembra corretto sopperire ad una dimenticanza :read:

http://www.iltempo.it/politica/2011/07/ ... nati.shtml

Dobbiamo molto a Filippo Penati, e sarebbe ingeneroso non riconoscerglielo. Mi spingo oltre: il cielo salvi quest'uomo, nel quale s'incarna il cuore stesso del Partito Democratico e del suo segretario, perché con la sua vicenda segnala il dramma evolutivo di un partito che fatica a conoscersi a valutarsi per quel che è. Quindi, sgomberiamo subito il campo dalla questione penale, perché a noi garantisti doc preme, prima di tutto, ribadire quel che ci sembra ovvio: lui è un innocente, per me è innocente, almeno fin quando un processo, con sentenza definita, non avrà dimostrato il contrario. E ora veniamo alle questioni politiche. La prima è relativa alla vicenda per cui oggi è sospettato, ma che ha una strana caratteristica: la conoscevamo tutti. Tutti, ma proprio tutti, sapevamo che la provincia di Milano aveva comperato azioni autostradali da un imprenditore, Marcellino Gavio. Tutti, oggi, ragionano su quanto è stato pagato e sulla favolosa plusvalenza ottenuta da quel privato, il quale, ma sono solo i casi della vita, subito dopo si ritrova al fianco delle coop e assicurazioni rosse nelle scalate bancarie. Ma il punto realmente interessante non è il malloppo, bensì l'affare in sé. Ditemi: perché in un mondo in cui non si fa che parlare d'abolizione delle province quella di Milano diventa proprietaria di un'autostrada? Perché il capo della segreteria del liberalizzatore Pier Luigi Bersani, l'uomo delle lenzuolate (e lo scrivo senza ironia alcuna, perché mi espressi in suo favore), mette in atto un'operazione di segno diametralmente opposto? Il punto, allora, non è se il protagonista e il suo dante causa fossero, o meno, a conoscenza del marcio, ma se fossero in grado di capire quel che stavano facendo e come questo si concilia con quel che, ora, vanno dicendo. La vicenda penale avrà il suo corso, che spero sia veloce e non preveda di dovere condurre in galera preventiva questo o quello. Tutto quello che c'è da sapere lo sappiamo. Ma quella pubblicamente rilevante è la faccenda politica, l'uso del denaro dei cittadini, un'amministrazione che non investe per fare un'autostrada, ma per comprarla già pronta e premiare il rischio (ammesso che sia stato tale) corso da un imprenditore.

Mettiamo, per puro amore del ragionamento, che Penati sia effettivamente responsabile di avere maneggiato soldi impropri e che, con quelli, abbia finanziato il suo partito, o la sua corrente, o gli amici suoi. È un reato, una brutta cosa. Ma infinitamente migliore, imparagonabilmente meno grave di quel che facevano gli stessi protagonisti almeno fino al 1991, ovvero finanziarsi con soldi sporchi di sangue, provenienti da una potenza politica e militare nemica dell'Italia e dalla libertà. Prendere soldi, o reclamarli quale tangente, è comportamento riprovevole, ma nella scala dei disvalori è un peccatuccio veniale, rispetto a quelli commessi dalla generazione dei comunisti che pretendevano d'essere onesti e migliori, Enrico Berlinguer compreso. I reati di Penati, ammesso che esistano, quelli presupposti dall'accusa, sono interni al mondo democratico e occidentale. I crimini commessi dai suoi padri e fratelli restano infamie contro la dignità umana, compartecipazione all'aggressione e connivenza con una dittatura sanguinaria. Non vorrete mica fare paragoni? Quindi, vada al compagno Penati il nostro affettuoso pensiero, l'auspicio che i processi dimostrino la sua totale innocenza, la convinzione che, in ogni caso, egli è migliore di quelli che pretendono di dargli lezioni.
La speranza appartiene ai figli.
Noi adulti abbiamo già sperato e quasi sempre perso.
Avatar utente
Regmi
Non c'è nenti!
Non c'è nenti!
Messaggi: 4207
Iscritto il: 11/05/2011, 16:55

Un'altra dimenticanza :read:


http://www.libero-news.it/news/793257/L ... ponde.html

Bisogna dare atto a Pierluigi Bersani che da quando è scoppiata la cosiddetta questione morale del Pd, la sua linea non è stata quella del silenzio. O meglio: di fronte alle accuse a carico di Tedesco, Pronzato e Penati, sulle prime il segretario è stato muto come un pesce, ma visto il clamore alla fine ha scelto di parlare. Una lunga lettera al Corriere della Sera, un’altra a il Fatto quotidiano, infine una conferenza stampa per annunciare addirittura una class action contro quella da lui definita una macchina del fango, cioè noi. Riconosciamo che il capo del partito democratico non è stato a perder tempo o, per usare il linguaggio colorito che lo ha reso popolare, a smacchiare i leopardi.


Le dieci domande di Libero a Bersani. Guarda Belpietro su LiberoTv


Rivolta forcaiola contro il Pd. Chi di gogna ferisce... / CERVO

Pur non essendo stato zitto, il leader del maggior partito d’opposizione sulle questioni sollevate dalle inchieste della magistratura in realtà non ha detto quasi niente. Di certo non è entrato nel merito della faccenda che riguarda uno dei suoi uomini di fiducia, quel Filippo Penati che fino a meno di un anno fa era il capo della sua segreteria, dopo essere stato il coordinatore nazionale della mozione che lo portò al vertice del Pd. Bersani ha detto che il Pd ha le mani pulite e non ha nulla da nascondere? Bene, ne siamo lieti. Ci permetta allora di porgli alcune domande atte a chiarire ancor meglio le vicende e le accuse che riguardano l’ex vicepresidente del consiglio regionale della Lombardia. Lo facciamo nel modo più chiaro possibile, sperando che il desiderio di approfondire una delle più controverse operazioni in cui Penati è coinvolto non ottenga in risposta una nuova minaccia di querele.
Ovviamente ci riferiamo al discusso acquisto del 15 per cento della Serravalle, la società autostradale che la provincia di Milano guidata da Penati comprò sei anni fa, regalando a un imprenditore privato, Marcellino Gavio, un utile netto di quasi 180 milioni di euro. L’aggettivo discusso lo usiamo non per spirito di polemica, ma perché effettivamente la decisione all’epoca suscitò molte polemiche e anche una denuncia: innanzi tutto perché alcuni giudicarono il prezzo esorbitante, eppoi in quanto quasi contestualmente Gavio partecipò con 50 milioni alla scalata dell’Unipol a Bnl, quella che, per intenderci, fece dire all’allora segretario Ds Piero Fassino: «Abbiamo una banca!»
Ma veniamo alle domande.
1 - Innanzitutto gradiremmo sapere, a distanza di quasi sei anni, come giudica quell’operazione. È convinto che sia stata una buona scelta usare i soldi della provincia di Milano per comprare le azioni di Gavio? Non sarebbe stato meglio, ed economicamente più conveniente, acquistare quelle detenute dal comune di Milano, che pure erano in vendita?
2 - Come è noto Gavio aveva comprato meno di due anni prima quelle stesse azioni a 2,9 euro. Penati le comprò, indebitando la provincia, a quasi 9. Lei che è stato ministro delle Attività produttive e si picca di capirne di economia, a distanza di anni il prezzo pagato dal suo ex capo della segreteria politica come lo giudica? Equo?
3 - È mai stato a conoscenza che Banca Intesa aveva fissato il valore di quelle azioni a un massimo di 5 euro?
4 - Prima della decisione della provincia di comprare il 15 per cento della Serravalle lei ne discusse mai con Penati? Partecipò a incontri con l’ex presidente della provincia e un consulente a lui vicino?
5 - Nel corso degli anni, le è mai venuta la curiosità di chiedere a quello che poi sarebbe diventato il coordinatore della mozione che le fece vincere il congresso del Pd perché avesse cambiato idea su Gavio? Cioè perché dopo aver dichiarato che l’imprenditore era un «ostacolo alla legalità in Serravalle» (Corriere della Sera di ieri) decise di comprare le azioni a 8,973 euro?
6 - Quando lei decise di nominare Penati coordinatore della mozione congressuale, ci fu qualcuno che la sconsigliò?
7 - Quando Penati si dimise da capo della sua segreteria a causa della sconfitta di Stefano Boeri alle primarie di Milano, non le parve strana quella decisione, dato che Penati non aveva una diretta responsabilità nella scelta di Boeri e non aveva alcun ruolo ufficiale nella scelta dell’architetto come candidato del Pd? Perché dimettersi se nessuno quelle dimissioni le aveva richieste?
8 - Le risulta che Bruno Binasco, ossia il braccio destro di Marcellino Gavio oltre che l’uomo accusato di aver pagato 2 milioni all’intermediario di Penati, abbia finanziato in passato i Ds con contributi in chiaro? O che lo abbia fatto lo stesso Gavio?
9 - Le risulta che Binasco, Gavio o società a loro riconducibili abbiano dato contributi in chiaro a fondazioni vicine a esponenti dei Ds prima e del Pd poi?
10 - Tralasciando eventuali aspetti penali, che non è detto esistano e sui quali comunque tocca alla magistratura esprimersi, non le pare che ci sia un conflitto di interessi tra il partito, i suoi finanziatori e gli amministratori, che da Gavio e soci comprarono le azioni?
Lei forse dirà che le nostre sono domande provocatorie. Ci creda, non è così. Abbiamo solo cercato di mettere in fila alcune questioni, utilizzando voci e indiscrezioni che girano a Milano. Non conoscendone però il fondamento abbiamo pensato che l’unico a poterci illuminare fosse proprio lei. In nome dei propositi di trasparenza e onestà da lei stesso enunciati. Restiamo in attesa delle sue risposte. Ci stia bene.

di Maurizio Belpietro
La speranza appartiene ai figli.
Noi adulti abbiamo già sperato e quasi sempre perso.
Rispondi